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Capitolo 4

Inizio luglio 1148, Mahdia

Giorgio d’Antiochia sapeva che se avesse voluto ottenere una rapida vittoria non avrebbe dovuto permettere che le altre città dell'Ifrīqiya si organizzassero. Sicuro quindi che la situazione a Mahdia si fosse ormai stabilizzata, spostò il grosso dell'esercito per mandarlo sia a Susa che a Sfax, o altrimenti chiamata Safāqis. Per certo sperava di sbrigare la questione in poco tempo e di ritornare al suo quartier generale in pochi giorni.

Benché Giordano fremesse dentro e volesse partecipare all'azione, venne lasciato a Mahdia. Il nobile siciliano doveva adesso mettere da parte l'affare della spada per mettere mano a quello della penna.

Kamal aveva sentito parlare di Giordano di Rossavilla già al suo rientro in città. Sapeva che costui era una persona in grazia a Giorgio d’Antiochia e che era stato nominato ‘amil di Mahdia. Credette perciò bene che proprio l’agente del Re fosse la persona adatta per tentare la sua scalata al prestigio e ai privilegi del Regnum. D'altronde l'occasione per incontrarlo non si sarebbe fatta aspettare a lungo...

Dopo alcuni giorni venne anche per Kamal il turno di presentarsi al cospetto di Giordano per depositare la jizya; trattandosi di un testatico dovette farlo per sé e per ciascuno della sua casa. L'obiettivo dell'Amiratus era infatti quello di censire la popolazione, per cui bisognava presentarsi con tutta la famiglia, uomini, donne e bambini. Se si fosse trovato qualcuno dentro le mura non censito o insolvente riguardo alla tassa dei dhimmi33 avrebbe pagato il suo reato con pene severe.

Quando Kamal si recò all'ufficio dell’‘amil, un gruppo di cristiani della città se ne stava sull'ingresso, insultando e gettando terra sui saraceni in fila. La sorte si era invertita e la jizya, il tributo per la protezione degli infedeli, adesso dovevano pagarla coloro che fino a qualche giorno prima la riscuotevano.

Arrivò poi il momento di Kamal, che dunque si presentò al cospetto di Giordano. Quest'ultimo, seduto e chino sui registri, mostrava la lunga chioma castana dai riflessi rame a chi si avvinava, mentre Yasir, accomodato accanto, annotava e conteggiava nomi ed entrate. Era inusuale che un uomo del rango di Giordano dovesse assolvere personalmente la funzione di esattore, ma tutto era stato attentamente organizzato secondo il fine della missione.

«Come ti chiami?» domandò Yasir, intanto che Giordano, a braccia conserte, guardava il nuovo giunto.

«Kamal ibn Umar, e questi sono i miei figli: Salman e Talal. Lei è Basma, moglie di Salman, e questi sono i loro figli, Musad, Maisa ed il piccolo Samir.»

Quindi l'attenzione di Yasir venne rivolta ad una donna, una giovane forse ventenne che se ne stava dietro a tutti gli altri. Yasir era un ragazzo, ma avvertiva pur sempre le pulsioni degli uomini; non seppe staccare gli occhi da quel viso bruno che timidamente osservava oltre le spalle degli altri.

«E lei chi è?» chiese il giovane contabile.

Kamal si voltò, vide la ragazza e, stringendola per le guance affettuosamente, la presentò:

«Lei è mia figlia Faiza... il fiore di Mahdiyya!»

La vide adesso anche Giordano, ma lui, uomo di mondo, non le diede lì per lì tanto peso.

Faiza era davvero un fiore di bellezza: occhi neri e lucenti come l'ossidiana di Cossyra, capelli crespi come le gorgonie dei fondali marini e labbra del colore dei coralli più preziosi. Vestiva di nero e si stringeva al capo un velo della stessa tinta... inoltre era scalza.

«Non hai moglie?» chiese piuttosto Giordano.

«Non più da molti anni, ma rivivo ogni giorno il ricordo della mia prediletta scrutando il viso somigliante di mia figlia Faiza.»

Effettivamente la ragazza doveva somigliare maggiormente alla defunta madre; la tonalità della pelle e i tratti facciali erano differenti sia dal padre che dai suoi fratelli. Yasir, pur senza mai indagare, giunse alla conclusione che quell’uomo avesse avuto tutti gli altri figli da una moglie diversa.

«Qual è il tuo mestiere?» domandò ancora Giordano.

«Vedilo tu... mio Signore!» rispose Kamal, presentandogli una stupenda collana di coralli rossi intagliata a piccoli dadi disposti in sette fili d'oro intessuti in parallelo.

«Per certo hai una signora a cui puoi regalarla.» cercò di accattivarselo l'artigiano.

Giordano allungò una mano e afferrò la collana per osservarla meglio da vicino.

«Davvero splendida!» esclamò.

«Le fai tu queste?» chiese poi incuriosito.

«Ho due barche che i miei figli, Salman e Talal, sanno governare a dovere e condurre fino alle foreste di corallo della zona. Ma io sono anni che non prendo il largo, in quanto preferisco rimanere nella mia bottega a dar vita a questi splendidi monili.»

Dunque Kamal cambiò espressione e tono.

«Riguardo a questa collana, mio Signore, considerala un dono all'amicizia che lega da qualche giorno le nostre genti. E poi, mio Signore, se non è troppo, vorrei mostrarti quali altre meraviglie custodisco nella mia bottega.»

«Non è stato già abbastanza ricco il bottino?» rispose con sufficienza Giordano, il quale chiaramente aveva compreso lo scopo delle lusinghe dell'altro.

«Guarda nel tuo bottino allora, e vedi se riesci a trovare qualcosa come ciò che tieni in mano. Non credere, mio Signore, che le mani dei soldati siano arrivati dovunque... io ho saputo ben custodire i gioielli della mia bottega.»

«Il prossimo!» urlò Yasir, comprendendo che la presenza dell'artigiano stesse diventando molesta.

Kamal sconfortato guardò per l'ultima volta Giordano e gli disse:

«La collana che tieni in mano, mio Signore... sappi che era destinata ad una donna che tu conoscevi bene, e che le doveva essere consegnata per mano di un uomo che conoscevi altrettanto bene.»

Giordano valutò immediatamente l'ipotesi che quel tizio fosse chi cercavano, quindi chiese:

«A cosa ti riferisci?»

«Non era tuo padre Rabel di Rossavilla?»

Giordano si alzò e domandò ancora:

«Come fai a sapere il suo nome?»

E Kamal, sorridendo e cambiando il tono della voce, rispose:

«Te ne parlerò se sarai mio ospite.»

Giordano non seppe proferire altro, impietrito da quelle parole lo vide andarsene senza poter ricevere spiegazioni.

«Credete che sia lui?» domandò Yasir, fissando dal basso il volto inquieto dell’altro.

«Oppure è solo uno che sa il fatto suo e che vuole ottenere prestigio per mezzo del regalo e della lusinga.»

«Conosceva il nome di vostro padre però...»

«Quanto ci metteresti tu a conoscere l'ascendenza di uno qualsiasi dei nostri baroni?»

«Beh... non è una cosa difficile. A questo punto mi chiedo se non sarebbe meglio bandire il nome di ibn Abbād e promettere lauti compensi ai suoi discendenti.»

«Se lo facessimo saremmo circondati da gente che si spaccia per chi cerchiamo... e quel tale Kamal sarebbe il primo a ripresentarsi, vantando un sangue che non è il suo.»

Giordano allora riprese a guardare il dono lasciato sul tavolo.

«A Corcira ho acquistato una schiava molto bella... una fanciulla che era la figlia di un notaio dell'isola. Una ragazzina talmente intelligente da sapere leggere e scrivere, e che ha imparato il latino di Sicilia in pochissimi mesi. Sono sicuro che questa collana le starà d'incanto!»

«E di quel Kamal che ne facciamo?»

«Accettiamo il suo invito. D'altronde per adesso non abbiamo altre strade da percorrere.»

«Non temete che uno sconosciuto possa rivelarsi un nemico?»

«Lo temo, Yasir... Manderò perciò questo pomeriggio stesso un manipolo di soldati a perquisire la sua abitazione e a spogliare la sua bottega di questi magnifici gioielli. Vedremo se gli starà ancora a cuore la mia amicizia!»

«È questo che vogliamo, Signore?» chiese il ragazzo, più perplesso che mai.

«Giovane Yasir, non sempre ciò che è saggio è anche la cosa giusta da fare. Lascia la pratica del bene ai religiosi e scegli quello che è risolutivo per la causa.»

Con quella lezione di pragmatico cinismo, Giordano concludeva la questione dell’intagliatore di coralli. L’avrebbe rimandata a quando si sarebbe presentato al suo cospetto dicendogli di aver accettato l'invito.

Intanto Kamal aveva lasciato il segno, un tarlo nella mente di Giordano che non l'avrebbe reso sereno. Dal momento che conosceva suo padre, era davvero lui l'uomo che cercavano? Oppure tutto era solo dovuto al fatto che l'artigiano cercasse una comoda via per il successo? La stessa sera il nobile siciliano si convinse che non avrebbe aspettato altro tempo e che l'indomani avrebbe bussato alla porta di Kamal... proprio a quella dimora che tanto si era preoccupato di far devastare dai suoi sottoposti.

Il Cercatore Di Coralli

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