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CAPITOLO TRE

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Con i piedi doloranti e i polmoni che bruciavano, Ceres risaliva la ripida collina più velocemente che poteva senza versare una goccia d’acqua dai secchi che teneva ai fianchi. Normalmente si sarebbe fermata per una pausa, ma sua madre l’aveva minacciata di non darle la colazione se non fosse tornata prima dell’alba. E niente colazione significava che non avrebbe mangiato fino a cena. Ad ogni modo non si curava del dolore: quello almeno le permetteva di tenere fuori dalla testa il pensiero di suo padre e del nuovo miserabile stato delle cose da quando se n’era andato.

Il sole stava proprio facendo capolino da dietro il monte Alva in lontananza, dipingendo le nuvole sparpagliate di oro e rosa, mentre un vento debole soffiava appena attraverso l’erba alta e gialla che cresceva da entrambe le parti della strada. Ceres inspirò la fresca aria del mattino con il naso e si spinse ad andare più veloce. Sua madre non avrebbe accettato la scusa che il solito pozzo era prosciugato o che c’era una lunga fila all’altro che si trovava a quasi due chilometri da lì. Non si fermò fino a che non raggiunse la cima della collina, e arrivata lì si immobilizzò, stupita da ciò che si trovò davanti.

Lì in lontananza c’era la sua casa e davanti ad essa si era fermato un carro color bronzo. Sua madre si trovava davanti allo stesso e parlava con un uomo che era così sovrappeso che Ceres pensò di non aver mai visto nessuno che arrivasse neppure alla metà della sua stazza. Indossava una tunica di lino bordeaux e un cappello di seta rossa. La barba era lunga, arruffata e grigia. Strizzò gli occhi cercando di capire. Era un mercante?

Sua madre aveva indosso il suo abito migliore, una veste di lino verde che arrivava fino a terra e che aveva comprato anni prima con i soldi che si sarebbero dovuti usare per le scarpe nuove di Ceres. Non aveva senso.

Con esitazione Ceres iniziò a scendere la collina. Teneva gli occhi fissi sull’uomo e quando vide che quello porgeva a sua madre un pesante borsello di pelle e notò il volto emaciato della donna illuminarsi, si fece ancora più curiosa. La loro sfortuna era mutata? Suo padre sarebbe potuto tornare a casa? Quel pensiero le alleggerì di un poco il petto, ma non si concesse di provare alcuna eccitazione fino a che non avesse appreso i dettagli della faccenda.

Quando Ceres fu più vicina alla casa, sua madre si voltò verso di lei e le sorrise calorosamente. Immediatamente Ceres sentì un nodo di preoccupazione allo stomaco. L’ultima volta che sua madre le aveva sorriso in quel modo – i denti brillanti e gli occhi luminosi – le era arrivata una frustata.

“Cara figliola,” le disse con tono eccessivamente dolce, aprendo le braccia verso di lei con un sorriso che le fece gelare il sangue.

Questa è la ragazza?” chiese l’uomo con sorriso bramoso, gli occhi luccicanti e neri che si spalancavano guardando Ceres.

Ora che era vicina, Ceres poteva vedere ogni singola ruga sulla pelle di quell’obeso. Il suo naso largo e piatto sembrava occupargli tutta la faccia e quando si tolse il cappello la sua testa calva e sudata brillò alla luce del sole.

La madre quasi danzò raggiungendo Ceres, le prese i secchi di mano e li appoggiò sull’erba riarsa. Solo quel gesto confermò a Ceres che c’era qualcosa che veramente non andava. Iniziò a sentire una sensazione di panico crescerle dentro.

“Ecco il mio orgoglio e la mia gioia, la mia unica figlia Ceres,” disse sua madre fingendo di asciugarsi una lacrima da un occhio anche se non ce n’era nessuna. “Ceres, questo è Lord Blaku. Ti prego di portare rispetto per il tuo nuovo padrone.”

Uno scatto di paura pugnalò Ceres al petto. Fece un improvviso respiro. Guardò sua madre e dando le spalle a Lord Blaku la donna le sorrise in modo estremamente malvagio.

Padrone?” chiese Ceres.

“Per salvare la nostra famiglia dalla rovina finanziaria e dall’imbarazzo pubblico, il benevolo Lord Blaku ha offerto a tuo padre e a me un generoso accordo: un sacco d’oro in cambio di te.”

“Cosa?” sussultò Ceres, sentendosi sprofondare in terra.

“Ora fai la brava ragazza che tutti conosciamo e mostra rispetto,” le disse lanciandole un’occhiata di avvertimento.

“No,” disse Ceres facendo un passo indietro e spingendo il petto in fuori, sentendosi stupida per non aver immediatamente capito che quell’uomo era un mercante di schiavi e che la transazione riguardava la sua vita.

“Mio padre non mi venderebbe mai,” aggiunse a denti stretti, con crescente orrore e indignazione.

Sua madre si accigliò e le afferrò un braccio affondandole le unghie nella pelle.

“Se ti comporti bene quest’uomo potrebbe prenderti come moglie, il che è una cosa molto fortunata,” mormorò.

Lord Blaku si leccò le labbra sottili e screpolate mentre i suoi occhi gonfi scorrevano avidamente lungo il corpo di Ceres. Come poteva sua madre farle una cosa del genere? Sapeva che non le voleva tanto bene quanto ai fratelli, ma proprio questo?

“Marita,” disse l’uomo con voce nasale, “mi hai detto che tua figlia era bella, ma non mi aveva detto che era una creatura così meravigliosa. Oserei dire di non aver mai visto una donna con labbra succulente come le sue, con occhi così pieni di passione e con un corpo così perfetto e delizioso.”

La madre di Ceres si mise una mano sul cuore facendo un sospiro e Ceres ebbe l’impressione di poter vomitare in quel preciso istante. Strinse i pugni e strappò il braccio dalla presa di sua madre.

“Forse avrei dovuto chiedere di più, se le piace così tanto,” disse la madre di Ceres abbassando gli occhi avvilita. “Dopotutto è la nostra unica e adorata figlia.”

“Sono intenzionato a pagare bene per questa bellezza. Sono sufficienti altri cinque pezzi d’oro?” chiese l’uomo.

“Molto generoso da parte vostra,” rispose la donna.

Lord Blaku si diresse verso il carro per prendere altro oro.

“Mio padre non sarebbe mai d’accordo con questo,” sibilò Ceres.

Sua madre fece un passo minaccioso verso di lei.

“Oh, ma è stata un’idea di tuo padre,” disse lei di scatto, con le sopracciglia sollevate a metà della fronte. Ceres sapeva che adesso stava mentendo. Ogni volta che faceva quell’espressione stava mentendo.

“Pensi davvero che tuo padre ami te più di quanto ami me?” le chiese.

Ceres sbatté le palpebre, chiedendosi cosa questo avesse a che fare con quel discorso.

“Non potrei mai amare una che pensa di essere meglio di me,” aggiunse.

“Non mi hai mai voluto bene?” chiese Ceres con la rabbia che mutava in scoraggiamento.

Con l’oro in mano Lord Blaku si portò davanti alla madre di Ceres e glielo porse.

“Tua figlia vale ogni singolo pezzo,” disse. “Sarà una brava moglie e mi darà molti figli.”

Ceres si morse l’interno del labbro e scosse più volte la testa.

“Lord Blaku verrà a prenderti in mattinata, quindi va’ dentro e prepara le tue cose,” disse la madre di Ceres.

“No!” gridò Ceres.

“È sempre stato questo il tuo problema, ragazza mia. Pensi sempre e solo a te stessa. Quest’oro,” disse sua madre facendole tintinnare il borsello davanti al viso, “terrà in vita i tuoi fratelli. Terrà integra la nostra famiglia, permettendoci di restare nella nostra casa e rimetterla in sesto. Non ci hai pensato?”

Per una frazione di secondo Ceres pensò che forse si stava comportando da egoista, ma poi si rese conto che sua madre stava giocando con la sua mente, usando il suo affetto per il suoi fratelli contro di lei.

“Non si preoccupi,” disse la donna girandosi verso Lord Blaku. “Ceres acconsentirà. Dovete solo essere fermo e deciso con lei, e diventerà docile come un agnellino.”

Mai. Mai sarebbe stata la moglie né tantomeno la proprietà di quell’uomo. E mai avrebbe permesso a sua madre di scambiare la sua vita per cinquantacinque pezzi d’oro.

“Non andrò mai con questo schiavista,” disse seccamente Ceres, lanciandogli un’occhiata di disgusto.

“Figlia ingrata!” gridò sua madre. “Se non farai come ti dico, ti picchierò così forte che non potrai più camminare. E adesso entra!”

Il pensiero di essere picchiata da sua madre le riportò ricordi orribili e cruenti: venne riportata dalla memoria al terribile momento di quando aveva cinque anni e sua madre l’aveva picchiata fino a farle perdere i sensi. Le ferite per quelle botte e per molte altre in seguito erano guarite, ma le ferite nel cuore di Ceres non avevano mai smesso di sanguinare. E ora che sapeva per certo che sua madre non le voleva bene, e che mai gliene aveva voluto, il suo cuore si era frantumato una volta per tutte.

Prima di poter rispondere, la madre di Ceres fece un passo avanti e le diede uno schiaffo in viso così forte da farlo risuonare nelle orecchie.

All’inizio Ceres fu sbalordita dall’assalto di sua madre e quasi arretrò. Ma poi qualcosa scattò dentro di lei. Non si sarebbe permessa di tirarsi indietro come aveva sempre fatto.

Ceres colpì sua madre sulla guancia, così forte da farla andare in terra sussultando per l’orrore.

Rossa in viso la donna si rimise in piedi, afferrò Ceres per le spalle e per i capelli e le diede una ginocchiata nello stomaco. Quando Ceres si piegò in avanti per il dolore, sua madre le piantò un ginocchio in faccia, facendola cadere a terra.

Il mercante di schiavi stava in piedi a guardare con gli occhi sgranati, chiaramente deliziato dalla lotta.

Ancora tossendo e ansimando per il primo assalto, Ceres si tirò in piedi. Gridando si gettò verso sua madre spingendola al suolo.

Tutto questo finirà oggi, fu tutto ciò che poté pensare. Tutti gli anni che non era stata amata e che era stata trattata con sdegno alimentavano la sua rabbia. Ceres prese sua madre a pugni più e più volte mentre lacrime di furia le scendevano dagli occhi e singhiozzi incontrollati le uscivano dalle labbra.

Alla fine la donna si accasciò.

Le spalle di Ceres si scuotevano a ogni gemito e aveva lo stomaco aggrovigliato. Con la vista annebbiata dalle lacrime, sollevò lo sguardo verso lo schiavista con odio ancora più intenso.

“Sarai veramente perfetta,” disse Lord Blaku con un sorriso mentre sollevava la borsa d’oro da terra e se la legava alla cintura di pelle.

Prima che Ceres potesse reagire, le sue mani le erano già addosso. La afferrò e la mise sul carro, spingendola dentro con una mossa rapida, come se fosse un sacco di patate. La sua stazza massiccia e la sua forza erano troppo per permetterle di opporre resistenza. Tenendole i polsi con una mano e l’estremità di una catena con l’altra, disse: “Non sono tanto stupido da pensare che domani mattina sarai ancora qui.”

Lei guardò la casa che era stata sua per diciotto anni e i suoi occhi si riempirono di lacrime al pensiero dei suoi fratelli e di suo padre. Ma doveva prendere una decisione se voleva salvarsi, prima che la catena le finisse attorno alla caviglia.

Quindi con una rapida mossa raccolse tutta la sua forza e strappò il braccio dalla presa dell’uomo, sollevò una gamba e gli diede un calcio in faccia più forte che poté. Lui cadde indietro giù dal carro ed atterrò al suolo.

Ceres saltò dal carro e corse più veloce che poté lungo la strada terrosa, lontano dalla donna che aveva giurato di non chiamare mai più madre, lontano da tutto ciò che aveva sempre conosciuto e amato.

Schiava, Guerriera, Regina

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