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CAPITOLO OTTO

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Merk si teneva stretto al corrimano mentre stava alla prua della piccola nave insieme alla figlia dell’ex re Tarnis, entrambi perduti nel loro mondo, in balia delle violente onde della Baia della Morte. Merk fissava l’acqua nera e mossa dal vento, chiazzata di spuma bianca, e non poteva fare a meno di farsi delle domande sulla donna che aveva vicino. Il mistero che la circondava si era solo infittito da quando erano partiti dalla Torre di Kos e si erano imbarcati su quella nave, diretti verso un qualche luogo misterioso. Nella mente aveva un sacco di domande che la riguardavano.

La figlia di Tarnis. Per Merk era difficile da credere. Cosa ci faceva lì, all’estremità del Dito del Diavolo, rinchiusa nella Torre di Kos? Si stava nascondendo? Era in esilio? La proteggevano? E da chi?

Merk sentiva che lei, con i suoi occhi trasparenti, la sua pelle pallidissima e il suo portamento flemmatico, apparteneva a un’altra razza. Ma se era così, allora chi era sua madre? Perché l’avevano lasciata da sola a guardia della Spada di Fuoco e della Torre di Kos? Dov’era andata tutta l’altra gente?

E cosa ancora più urgente: dove lo stava portando adesso?

Con una mano sul timone, la giovane faceva virare la nave portandola sempre più lontana, verso qualche destinazione all’orizzonte che Merk poteva solo intuire.

“Non mi hai ancora detto dove stiamo andando,” le disse con voce alta, in modo da poter essere sentito anche sopra il rumore del vento.

Seguì un lungo silenzio, così lungo che Merk era insicuro che lei avrebbe mai risposto.

“Almeno dimmi il tuo nome allora,” aggiunse, rendendosi conto che non glielo aveva mai detto.

“Lorna,” rispose.

Lorna. Gli piaceva quel suono.

“I Tre Pugnali,” aggiunse voltandosi verso di lui. “Ecco dove stiamo andando.”

Merk si accigliò.

“I Tre Pugnali?” chiese sorpreso.

Lei si limitò a guardare fisso davanti a sé.

Ma Merk era frastornato dall’informazione. Le isole più remote di tutta Escalon. I Tre Pugnali erano così lontani, nella Baia della Morte, che non aveva mai realmente sentito di qualcuno che vi fosse andato. Knosso, ovviamente, la leggendaria isola e fortezza, era l’ultima di quell’arcipelago e una leggenda narrava che lì si trovassero i più feroci guerrieri di Escalon. Erano uomini che vivevano su un’isola desolata, staccata da una penisola altrettanto desolata, nel tratto di mare più pericoloso che esistesse. Erano uomini che si diceva fossero grezzi come il mare che li circondava. Merk non ne aveva mai incontrato uno di persona. A nessuno mai era capitato. Erano più leggenda che realtà.

“I tuoi Sorveglianti si sono ritirati lì?” chiese.

Lorna annuì.

“Ci aspettano,” disse.

Merk si voltò per guardarsi alle spalle, volendo dare un’ultima occhiata alla Torre di Kos, e così facendo il cuore subito gli sprofondò nel petto per ciò che vide: lì all’orizzonte, intente a seguirli, c’erano decine di navi con le vele spiegate.

“Abbiamo compagnia,” disse.

Lorna, con sua sorpresa, non si voltò neppure e si limitò ad annuire.

“Ci inseguiranno fino ai confini della terra,” disse con calma.

Merk era confuso.

“Anche se hanno la Spada di Fuoco?”

“Non è mai stata la spada l’obiettivo della loro caccia,” lo corresse. “Ma la distruzione. La distruzione di tutti noi.”

“E quando ci raggiungeranno?” chiese Merk. “Non possiamo batterci da soli contro un esercito di troll. Né può farlo una piccola isola di guerrieri, sebbene forti e valorosi.”

Lei annuì, ancora impassibile.

“È chiaro che potremmo morire,” rispose. “Ma dobbiamo farlo in compagnia dei nostri amici Sorveglianti, combattendo per ciò che sappiamo essere vero. Ci sono ancora tanti segreti da sorvegliare.”

“Segreti?” chiese Merk.

Ma lei rimase in silenzio a guardare le acque.

Stava per chiederle altro, quando un’improvvisa folata di vento fece quasi capovolgere la barca. Merk cadde prono, andando a sbattere contro lo scafo e scivolando oltre il bordo.

Barcollando, si aggrappò al corrimano per tenersi in piedi, mentre le gambe affondavano nell’acqua, acqua così gelida da fargli pensare che sarebbe morto congelato. Si tenne con una sola mano, per lo più sommerso, e mentre si guardava alle spalle il cuore gli balzò in gola vedendo un branco di squali rossi che improvvisamente gli si avvicinavano. Provò un tremendo dolore mentre i denti iniziavano ad affondargli in un polpaccio e vide nell’acqua del sangue che seppe essere il suo.

Un attimo dopo Lorna si avvicinò e colpì l’acqua con il suo bastone. Subito una luce bianca e brillante si propagò sulla superficie e gli squali si allontanarono. Con lo stesso movimento Lorna afferrò la mano di Merk e lo trascinò di nuovo a bordo.

La barca si raddrizzò mentre il vento calava e Merk sedeva sul ponte, bagnato e infreddolito, respirando affannosamente e con un terribile dolore al polpaccio.

Lorna esaminò la ferita, strappò un pezzo di stoffa dalla propria camicia e glielo avvolse attorno alla gamba tamponando il sangue.

“Mi hai salvato la vita,” le disse Merk con immensa gratitudine. “Ce n’erano a decine di quei cosi là sotto. Mi avrebbero ammazzato.”

Lei lo guardò con i suoi grandi e ipnotici occhi azzurri.

“Quelle creature sono la minima delle tue preoccupazioni qui,” gli disse.

Continuarono a navigare in silenzio e Merk si rimise lentamente in piedi guardando l’orizzonte, tenendosi saldo al corrimano, questa volta con entrambe le mani. Scrutava l’orizzonte, ma per quanto guardasse non vedeva alcun segno dei Tre Pugnali. Guardò in basso ed esaminò le acque della Baia della Morte, ora con nuovo rispetto e paura. Guardò con attenzione e vide branchi di piccoli squali rossi sotto la superficie, appena visibili, per lo più nascosti dall’acqua. Ora sapeva che immergersi in quelle acque significava morte certa, e non poteva fare a meno di chiedersi quali altre creature popolassero quel mare.

Il silenzio si fece più profondo, interrotto solo dall’ululare del vento. Dopo che furono passate altre ore, Merk, sentendosi desolato là fuori, provò la necessità di parlare.

“Cos’hai fatto con quel bastone?” chiese voltandosi verso Lorna. “Non ho mai visto niente di simile.”

Lorna rimase impassibile e continuò a guardare l’orizzonte.

“Dimmi di te,” insistette lui.

Lei gli lanciò un’occhiata, poi si rigirò verso l’orizzonte.

“Cosa vorresti sapere?” gli chiese.

“Qualsiasi cosa,” rispose Merk. “Tutto.”

Lei fece silenzio a lungo, poi alla fine disse: “Inizia tu.”

Merk la guardò sorpreso.

“Io?” chiese. “Cosa vuoi sapere?”

“Dimmi della tua vita,” gli disse. “Qualsiasi cosa che tu voglia raccontarmi.”

Merk fece un respiro profondo e si voltò a guardare l’orizzonte. La sua vita era argomento del quale non voleva parlare.

Alla fine, rendendosi conto che avevano un lungo viaggio davanti a loro, sospirò. Sapeva di dover affrontare se stesso prima o poi, anche se non ne era fiero.

“Per la maggior parte della mia vita sono stato un assassino,” disse lentamente, con rammarico, fissando l’orizzonte. La sua voce era greve e piena di ripugnanza per se stesso. “Non ne sono fiero. Ma ero il migliore in ciò che facevo. Venivo richiesto da re e regine. Nessuno poteva rivaleggiare con me quanto ad abilità.”

Merk fece silenzio a lungo, intrappolato nei ricordi di una vita che rifiutava, ricordi che avrebbe volentieri dimenticato.

“E ora?” chiese lei sottovoce.

Merk fu grato di non trovare alcun giudizio nella sua voce, diversamente da quanto accadeva solitamente con altre persone. Sospirò.

“Ora,” disse, “non lo faccio più. Non sono più quella persona. Ho giurato di rinunciare alla violenza. Di mettermi al servizio di una causa. Eppure, per quanto ci provi, sembra che non mi ci possa allontanare. Sembra che la violenza mi trovi ovunque. Sembra che ci sia sempre un’altra causa.”

“E qual è la tua causa?” chiese Lorna.

Merk ci pensò.

“Inizialmente era di diventare Sorvegliante,” rispose. “Di dedicarmi al servizio. Di sorvegliare la Torre di Ur, di proteggere la Spada di Fuoco. Quando la torre è crollata, ho sentito che la mia causa era di raggiungere la Torre di Kos, di salvare la spada.”

Sospirò.

“E ora eccoci qui, nel mezzo della Baia della Morte, la spada sparita, i troll al seguito, diretti verso un desolato arcipelago di isole,” continuò Lorna.

Merk si accigliò, per niente divertito.

“Ho perso la mia causa,” disse. “Ho perso lo scopo della mia vita. Non mi riconosco più. Non so dove andare.”

Lorna annuì.

“Questo è un buon punto,” disse. “Un luogo di incertezza è sempre un luogo di possibilità.”

Merk la fissò pensieroso. Era toccato dalla sua mancanza di condanna. Chiunque sentisse la sua storia lo disprezzava.

“Tu non mi giudichi,” osservò, stupefatto, “per ciò che sono.”

Lorna lo fissò con occhi così intensi che pareva di avere di fronte la luna.

“Questo è ciò che eri,” lo corresse. “Non ciò che sei adesso. Come posso giudicarti per ciò che eri un tempo? Io giudico solo gli uomini che ho di fronte.”

Merk si sentì rincuorato dalla sua risposta.

“E chi sono adesso?” chiese, desideroso di conoscere la risposta, insicuro lui stesso di quale fosse.

Lei lo fissò.

“Vedo un bravo guerriero,” rispose. “Un uomo generoso. Un uomo che vuole aiutare gli altri. E un uomo pieno di desideri. Un uomo perduto. Un uomo che non si è mai conosciuto.”

Merk soppesò le sue parole e quelle calarono profondamente dentro di lui. Sentiva che erano tutte vere. Verissime.

Calò un lungo silenzio tra loro, mentre la piccola imbarcazione dondolava tra le acque dirigendosi lentamente verso occidente. Merk ricontrollò la situazione dietro di loro e vide che la flotta dei troll era sempre all’orizzonte, ancora a discreta distanza.

“E tu?” chiese alla fine. “Sei la figlia di Tarnis o no?”

Lei scrutò l’orizzonte con occhi luccicanti e alla fine annuì.

“Sì,” rispose.

Merk era stupito di sentirlo.

“Allora perché eri lì?” chiese.

Lei sospirò.

“Sono stata nascosta lì fin da bambina.”

“Ma perché?”

Lorna scrollò le spalle.

“Suppongo fosse troppo pericoloso tenermi nella capitale. La gente poteva venire a sapere che ero la figlia illegittima del re. Qui ero più al sicuro.”

“Più al sicuro qui?” chiese Merk. “Ai confini della terra?”

“Mi è stato consegnato un segreto da sorvegliare,” spiegò lei. “Ancora più importante del regno di Escalon.”

Il cuore di Merk batteva forte mentre pensava di cosa potesse trattarsi.

“Me lo dirai?” le chiese.

Ma Lorna si voltò lentamente e indicò davanti a loro. Merk seguì il suo sguardo e lì, all’orizzonte, vide il sole che illuminava tre isole desolate che si ergevano dal mare, l’ultima con l’aspetto di una fortezza di solida roccia. Era il luogo più desolato ma bello che Merk avesse mai visto. Un luogo abbastanza lontano per detenere i segreti della magia e del potere.

“Benvenuto,” disse Lorna, “a Knosso.”

Il Regno Delle Ombre

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