Читать книгу L’ascesa Del Prode - Морган Райс, Morgan Rice - Страница 10

CAPITOLO TRE

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Kyra andò lentamente ad attraversare di nuovo i cancelli di Argos, gli occhi di tutti gli uomini su di lei. Si sentiva bruciare di vergogna. Aveva frainteso la sua relazione con Theo. Aveva pensato stupidamente di poterlo controllare e invece lui l’aveva respinta con sdegno davanti a tutte quelle persone. Davanti agli occhi di tutti era apparsa priva di potere, senza alcun dominio sul drago. Era solo un altro guerriero come tutti gli altri. Neanche un guerriero, ma una ragazzina che aveva portato il suo popolo in una guerra che, abbandonati dal drago, non poteva più essere vinta.

Kyra riattraversò i cancelli di Argos sentendo gli occhi puntati su di sé in quel silenzio imbarazzante. Cosa pensavano di lei adesso? Non sapeva cosa pensare neppure lei stessa. Theo forse non era venuto per lei? Aveva combattuto quella battaglia per un suo scopo privato? Lei allora non aveva nessun potere speciale in assoluto?

Kyra si sentì sollevata quando finalmente gli uomini distolsero lo sguardo e tornarono ai loro bottini, tutti impegnati a raccogliere armi e a prepararsi per la guerra. Correvano da una parte e dall’altra raccogliendo l’abbondanza lasciata dagli uomini del Lord e portando via i cavalli. Il clangore dell’acciaio era fortemente presente nell’aria mentre scudi e armature veniva presi a manciate e raccolti in mucchi. Mentre cadeva altra neve e il cielo iniziava a farsi buio erano tutti consapevoli di non avere tempo da perdere.

“Kyra,” disse una voce familiare.

Si voltò e fu sollevata di vedere il volto sorridente di Alvin che le si stava avvicinando. La guardava con rispetto, con la rassicurante gentilezza e il calore di figura paterna che sempre l’aveva contraddistinto. Le mise affettuosamente un braccio attorno alle spalle sorridendo sotto la barba e le porse una spada nuova e scintillante, con la lama decorata da simboli pandesiani.

“Il miglior acciaio che abbia mai tenuto in mano,” sottolineò con un sorriso smagliante. "Grazie a te abbiamo abbastanza armi per cominciare una guerra. Ci hai resi tutti molto più forti.”

Kyra si sentì confortata dalle sue parole, come sempre. Eppure non riusciva ad annullare la sua sensazione di depressione, di confusione dopo essere stata rifiutata dal drago. Scrollò le spalle.

“Non sono stata io a fare tutto questo,” rispose. “È stato Theo.”

“Ma Theo tornerà per te,” le rispose.

Kyra sollevò lo sguardo al cielo grigio, ora vuoto, e pensò.

“Non ne sono sicura.”

Entrambi scrutarono il cielo in un lungo silenzio, spezzato solo dal vento che soffiava.

“Tuo padre ti aspetta,” disse infine Alvin con voce seria.

Kyra si unì a lui mentre camminavano con la neve e il ghiaccio che scricchiolavano sotto i loro stivali, facendosi strada nel cortile nel mezzo di tutta quella frenesia. Passarono accanto a decine degli uomini di suo padre attraversando l’ampio forte di Argos, con uomini ovunque, finalmente rilassati per la prima volta dopo secoli. Li vide ridere, bere e spingersi mentre raccoglievano armi e provviste. Erano come bambini nel giorno di Halloween.

Decine di altri uomini di suo padre si trovavano in fila e si passavano sacchi di denaro pandesiano di mano in mano impilandoli sui carri; un altro carro passò, pieno di scudi che tintinnavano mentre procedeva. Era talmente pieno che un pochi caddero di lato e i soldati si affrettarono a raccoglierli di nuovo. Tutt’attorno a lei i carri venivano portati fuori dal forte, alcuni sulla strada che riportava a Volis e altri verso altre vie, verso luoghi dove suo padre li aveva indirizzati, tutti pieni fino all’orlo. Kyra in qualche modo godeva di quella vista, sentendosi meno male per quella guerra che aveva istigato.

Svoltarono un angolo e Kyra scorse suo padre, circondato dai suoi uomini, impegnato nell’ispezionare decine di spade e lance che gli stavano mostrando per avere la sua approvazione. Si voltò sentendola avvicinarsi e fece un cenno ai suoi uomini che si allontanarono lasciandoli soli.

Suo padre si voltò a guardare Anvin e lui rimase fermo un momento, insicuro, apparente sorpreso dell’occhiata silenziosa del re che lo stava chiaramente invitando ad andarsene come gli altri. Alla fine anche lui quindi si allontanò, lasciando Kyra da sola con lui. Kyra ne fu sorpresa: suo padre non aveva mai chiesto ad Anvin di andarsene.

Kyra lo guardò, un’espressione imperscrutabile come sempre, il volto distaccato da capo dei suoi uomini, non lo sguardo intimo del padre che conosceva e amava. La guardava e lei si sentì nervosa mentre moltissimi pensieri le passavano tutti insieme per la testa: era fiero di lei? Era arrabbiato perché li aveva portati in quella guerra? Era deluso che Theo l’avesse rifiutata e avesse abbandonato il suo esercito?

Kyra attese, abituata ai suoi lunghi silenzi prima di parlare, e non poté dire nulla: troppe cose erano cambiate tra loro troppo rapidamente. Si sentiva come se fosse cresciuta in una notte mentre lui era stato cambiato dagli eventi recenti. Era come se non sapessero più come relazionarsi l’uno con l’altro. Era il padre che aveva sempre conosciuto e amato, che le leggeva le storie la sera tardi? Oppure ora era diventato il suo comandante?

Rimaneva lì a fissarla e lei si rese conto che non sapeva cosa dirle mentre il silenzio li avvolgeva pesantemente, interrotto solo dal soffiare del vento e dal crepitio delle torce che gli uomini accendevano per illuminare la notte. Alla fine Kyra non poté più sopportare il silenzio.

“Porterai tutto questo a Volis?” chiese mentre un carro passava sobbalzando, pieno di spade.

Lui si voltò a guardare il carro e sembrò risvegliarsi dai suoi pensieri. Non la guardò in volto, ma continuò ad osservare il carro scuotendo la testa.

“Volis ora non ha niente per noi se non la morte,” disse con voce profonda e chiara. “Ora ci dirigeremo a sud.”

Kyra era sorpresa.

“A sud?” gli chiese.

Lui annuì.

“Ad Esefo,” dichiarò.

Il cuore di Kyra si gonfiò per l’eccitazione immaginandosi il viaggio verso Esefo, l’antica fortezza arroccata vicino al mare, il più grande paese vicino se diretti verso sud. Sentì ancora maggiore emozione rendendosi conto che se lui voleva dirigersi lì questo non poteva che significare una cosa: si stava preparando per la guerra.

Suo padre annuì, come leggendole nella mente.

“Non c’è modo di tornare indietro adesso,” disse.

Kyra lo guardò con un senso di orgoglio mai provato negli anni passati. Non era più il guerriero che si accontentava di vivere nella sicurezza del suo piccolo forte: ora era tornato il coraggioso comandante che un tempo aveva conosciuto, pronto a rischiare tutto per la libertà.

“Quando partiamo?” chiese con il cuore che le batteva forte nell’attesa della sua prima battaglia.

Fu sorpresa di vederlo scuotere la testa.

“Non noi,” la corresse. “Partiremo io e i miei uomini. Non tu.”

Kyra rimase pietrificata, le sue parole la colpirono come un coltello piantato nel cuore.

“Hai intenzione di lasciarmi qui?” gli chiese balbettando. “Dopo quello che è successo? Cos’altro devo fare per dimostrarti di cosa sono capace?”

Lui scosse la testa con fermezza e lei rimase devastata nel vedere che il suo sguardo si faceva più severo, uno sguardo che rivelava, come ben sapeva, che non avrebbe cambiato idea.

“Andrai da tuo zio,” le disse. Era un ordine, non una richiesta, e con quelle parole capì all’istante che ora era un suo soldato, non più sua figlia. Questo la feriva.

Kyra fece un profondo respiro: non si sarebbe arresa così rapidamente.

“Voglio combattere insieme a te,” insistette. “Posso aiutarti.”

“Mi aiuterai,” disse, “andando dove c’è bisogno di te. Mi serve che tu stia con lui.”

Kyra corrugò la fronte cercando di capire.

“Ma perché?” chiese.

Lui rimase in silenzio a lungo e alla fine sospirò.

“Possiedi…” iniziò, “… delle doti che non comprendo. Doti di cui avremo bisogno per vincere questa guerra. Doti che solo tuo zio saprà come nutrire.”

Allungò una mano e le strinse significativamente una spalla.

“Se vuoi aiutarci,” aggiunse, “se vuoi aiutare il tuo popolo, quello è il posto dove c’è bisogno di te. Non mi serve un altro soldato. Mi servono i talenti unici che puoi offrirmi solo tu. Le doti che nessun altro possiede.”

Kyra vide la sincerità nei suoi occhi e sebbene si sentisse malissimo all’idea di non poter andare con lui, si sentì rassicurata dalle sue parole e provò una crescente curiosità. Si chiese a quali doti si stesse riferendo e si chiese chi potesse essere suo zio.

“Vai e impara ciò che io non posso insegnarti,” aggiunse. “Torna più forte. E aiutami a vincere.”

Kyra lo guardò negli occhi e provò rispetto, sentì che il calore tornava e iniziò a sentirsi di nuovo bene.

“Il viaggio per Ur è lungo,” aggiunse. “Tre giorni di viaggio buoni verso ovest e nord. Dovrai attraversare Escalon da sola. Dovrai muoverti velocemente, furtivamente, evitando le strade. Si diffonderà presto la notizia di ciò che è accaduto qui e i Lord pandesiani saranno furenti. Le strade saranno quindi pericolose e dovrai stare nei boschi. Vai verso nord, trova il mare e tienilo sempre d’occhio. Sarà la tua bussola. Segui la costa e troverai Ur. Tieniti alla larga dai villaggi, stai lontana dalla gente. Non fermarti. Non dire a nessuno dove stai andando. Non parlare con nessuno.”

Le strinse le spalle con fermezza e i suoi occhi si incupirono e riempirono di un senso di urgenza, quasi spaventandola.

“Mi capisci?” la implorò. “È un viaggio pericoloso per qualsiasi uomo, tanto più per una ragazza sola. Non posso mandare nessuno ad accompagnarti. Mi serve che tu sia abbastanza forte da fare questa cosa da sola. Lo sei?”

Kyra poteva sentire la paura nella sua voce, l’amore di un padre preoccupato e lacerato. Annuì provando orgoglio per il fatto che si fidasse di lei mandandola a compiere una tale impresa.

“Sì, padre,” gli disse fieramente.

Lui la osservò attentamente, quindi annuì soddisfatto. Lentamente i suoi occhi si colmarono di lacrime.

“Di tutti i miei uomini,” le disse, “di tutti questi guerrieri, tu sei quella di cui ho maggiormente bisogno. Non dei tuoi fratelli e neppure dei miei fidati soldati. Tu sei la persona, l’unica persona, che può vincere questa guerra.”

Kyra si sentiva confusa e sopraffatta: non capiva pienamente cosa intendesse dire. Aprì la bocca per chiederglielo, ma improvvisamente percepì del movimento vicino.

Si voltò e vide Baylor, il maestro dei cavalieri, che si avvicinava con un insolito sorriso. Era un uomo basso e sovrappeso con folte sopracciglia e capelli fini e radi. Si avvicinò a loro con la sua solita camminata da spaccone e le sorrise. Poi guardò suo padre, come se stesse aspettando la sua approvazione.

Suo padre gli fece un cenno e Kyra si chiese cosa stesse succedendo mentre Baylor si girava verso di lei.

“Mi hanno detto che farai un viaggio,” disse Baylor con voce nasale. “Per cui avrei bisogno di un cavallo.”

Kyra si accigliò confusa.

“Ce l’ho un cavallo,” rispose guardando il bel destriero che aveva cavalcato durante la battaglia contro gli uomini del Lord e che ora era legato dall’altra parte del cortile.

Baylor sorrise.

“Quello non è un cavallo,” le disse.

Poi guardò suo padre che gli fece un cenno e Kyra cercò di capire cosa stesse succedendo.

“Seguimi,” le disse. E senza aspettare improvvisamente si voltò e si diresse rapidamente verso le scuderie.

Kyra lo guardò andare, confusa, poi guardò suo padre. Lui annuì.

“Seguilo,” disse. “Non te ne pentirai.”

*

Kyra attraversò il cortile ricoperto di neve insieme ad Anvin, Arthfael e Vidar, dirigendosi felice verso le basse scuderie di pietra in lontananza. Mentre camminava Kyra si chiese cosa avesse inteso dire Baylor, chiedendosi quale cavallo avesse in mente per lei. Nella sua testa un cavallo non era poi tanto diverso da un altro.

Mentre si avvicinavano alla scuderia, ora ad almeno cento metri di distanza, Baylor si voltò verso di lei sgranando gli occhi per il piacere.

“La figlia del nostro signore avrà bisogno di un bel cavallo che la porti ovunque debba andare.”

Il cuore di Kyra iniziò a battere più rapidamente: non le era mai stato dato un cavallo da Baylor prima d’ora, un onore generalmente riservato solo ai guerrieri che spiccavano di più. Aveva sempre sognato di averne uno quando fosse stata abbastanza grande e se lo fosse guadagnato. Era un onore di cui neppure i suoi fratelli più grandi ancora non godevano.

Anvin annuì con orgoglio.

“Te lo sei guadagnato,” le disse.

“Se sei in grado di gestire un drago,” aggiunse Arthfael con un sorrise,” puoi sicuramente fare lo stesso anche con un cavallo da maestro.”

Mentre le scuderie si facevano più vicine, una piccola folla iniziava a raccogliersi lì attorno unendosi a loro mentre camminavano. Gli uomini fecero una pausa dal raccogliere armi, chiaramente curiosi di vedere dove la stessero portando. Anche i suoi due fratelli più grandi, Brandon e Braxton, li seguirono guardando Kyra senza parole e con la gelosia negli occhi. Distolsero subito lo sguardo, come al solito troppo orgogliosi per riconoscere il suo valore, tantomeno per offrirle un qualche apprezzamento. Tristemente Kyra non si sarebbe aspettata niente di diverso da parte loro.

Udì dei passi e sollevò lo sguardo, felice di vedere l’amica Dierdre che pure si univa a lei.

“Ho sentito che te ne andrai,” disse portandosi al suo fianco.

Kyra continuò a camminare accanto alla nuova amica, confortata dalla sua presenza. Ripensò al tempo passato insieme a lei nella cella del governatore e alla sofferenza che aveva dovuto sopportare prima di fuggire. Si sentiva fortemente legata a lei. Dierdre aveva attraversato un inferno ben peggiore del suo e guardandola Kyra si chiedeva cosa ne sarebbe stato di lei. Si rese conto che non poteva lasciarla sola in quel forte e basta. Con l’esercito diretto verso sud, Dierdre sarebbe rimasta sola.

“Potrei usufruire di un compagno di viaggio,” le disse, un idea prendeva forma mentre la esponeva.

Dierdre la guardò sgranando gli occhi per la sorpresa e sorrise facendo scomparire l’aura di oppressione che l’aveva avvolta fino a pochi istanti prima.

“Speravo davvero che me l’avresti chiesto,” rispose.

Anvin, udendo, si accigliò.

“Non so se tuo padre approverebbe,” si intromise. “Hai degli importanti affari che ti attendono.”

“Non mi intrometterò,” disse Dierdre. “Devo attraversare Escalon in ogni caso. Ho intenzione di tornare da mio padre. E preferirei non viaggiare da sola.”

Anvin si accarezzò la barba.

“A tu padre non piacerà,” disse a Kyra. “Potrebbe essere d’intralcio.”

Kyra posò una mano sul polso di Anvin con fare rassicurante, ma comunque risoluta.

“Dierdre è mia amica,” disse ponendo fine alla questione. “Non la abbandonerò, proprio come tu non abbandoneresti uno dei tuoi uomini. Cos’è che mi hai sempre detto? Mai lasciarsi qualcuno alle spalle.

Kyra sospirò.

“Posso anche aver contribuito a liberare Deirdre da quella cella,” aggiunse, “ma anche lei mi ha salvata. Sono in debito con lei. Mi spiace, ma ciò che pensa mio padre in questo caso conta poco. Sono io che devo attraversare Escalon da sola, non lui. Lei verrà con me.”

Dierdre sorrise. Si avvicinò a Kyra e la prese sottobraccio con un nuovo moto di orgoglio nel modo di avanzare. Kyra si sentiva bene all’idea di averla con sé nel suo viaggio e sapeva di aver preso la giusta decisine, qualsiasi cosa potesse ora accadere.

Kyra notò i suoi fratelli che le camminavano vicini e non poté fare a meno di sentirsi in un certo modo contrariata che non fossero più protettivi nei suoi confronti, che anche loro non si proponessero per accompagnarla. Erano troppo in competizione con lei. La rattristava che questa fosse la natura della loro relazione, eppure non poteva cambiare le persone. Si rendeva comunque conto che sarebbe stata meglio lontana da lì. Erano pieni di boria e avrebbero solo fatto cose avventate per crearle problemi.

“Anch’io vorrei accompagnarti,” disse Anvin con voce carica di senso di colpa. “L’idea che attraverserai Escalon non mi fa stare per niente bene.” Sospirò. “Ma tuo padre ha bisogno di me ora più che mai. Mi ha chiesto di andare con lui a sud.”

“E io,” aggiunse Arthfael. “Anche io vorrei venire con te, ma mi è stato assegnato il compito di andare a sud con gli uomini.”

“E io invece dovrò restare di guardia a Volis in sua assenza,” aggiunse Vidar.

Kyra era commossa dal loro sostegno.

“Non preoccupatevi,” rispose. “Non ho che tre giorni di cammino davanti a me. Andrà tutto bene.”

“Certo,” si intromise Baylor avvicinandosi. “E il tuo nuovo cavallo lo assicurerà.”

Detto questo Baylor aprì la porta delle scuderie e tutti lo seguirono all’interno del basso edificio di pietra dove l’aria era pregna dell’odore di cavalli.

Gli occhi Kyra lentamente si abituarono alla penombra del posto seguendolo. Le scuderie erano umide e fresche e vi riecheggiavano i rumori dei cavalli eccitati. Sollevò lo sguardo guardandosi attorno e vide davanti a sé file di cavalli meravigliosi, i più belli che avesse mai visto, grandi e forti, morelli e bai, tutti campioni. Era come uno scrigno del tesoro.

“Gli uomini del Lord hanno sempre riservato il meglio per se stessi,” spiegò Baylor mentre camminava dirigendosi baldanzoso verso le poste, a suo agio in quello che era proprio il suo elemento. Toccò un cavallo da una parte e ne accarezzò un altro da un’altra e gli animali sembrarono prendere vita dalla sua presenza.

Kyra camminava lentamente osservando tutto con attenzione. Ogni cavallo era come un’opera d’arte, più grande della maggior parte dei cavalli che aveva visto in vita sua, tutti incredibilmente belli e forti.

“Grazie a te e al tuo drago questi cavalli adesso sono nostri,” disse sentendo il peso della responsabilità, sapendo che sarebbe stata la scelta che poteva capitarle una volta nella vita.

Camminò lentamente accarezzando le loro criniere e sentendo quanto fossero soffici e lisce, sentendo quanto fossero potenti quelle bestie. Era difficilissimo sceglierne uno.

“Come faccio a decidere?” chiese a Baylor.

Lui sorrise e scosse la testa.

“Alleno cavalli da una vita,” rispose. “Li cresco pure e se c’è una cosa che so è che non ci sono due cavalli uguali. Alcuni vengono allevati per la velocità, altri per la resistenza; alcuni hanno una struttura forte e altri sono fatti per portare carichi. Alcuni sono troppo fieri per trainare qualcosa. E altri ancora sono fatti per la battaglia. Alcuni prosperano solo nei tornei, altri vogliono combattere e basta, altri ancora sono nati per vere e proprie maratone di guerra. Alcuni saranno i tuoi migliori amici, altri ti si rivolteranno contro. Il tuo rapporto con un cavallo è una cosa magica. Devono fare appello a te e tu a loro. Scegli bene e il tuo cavallo sarà per sempre accanto a te, nei momenti di battaglia e nelle guerre vere e proprie. Nessun bravo guerriero è completo senza un cavallo.”

Kyra camminava lentamente, con il cuore che le batteva forte per l’emozione, passando di cavallo in cavallo. Alcuni la guardavano, altri distoglievano lo sguardo; alcuni nitrivano e scalpitavano impazienti, altri stavano fermi. Aspettò di percepire una connessione, ma non sentiva nulla. Si sentiva frustrata.

Poi, improvvisamente, provò un brivido lungo la schiena, come un fulmine che la attraversasse. Avvenne quando un suono acuto smosse le scuderie, un suono che le diceva che quello era il suo cavallo. Non aveva il verso di qualsiasi cavallo, ma sembrava più oscuro, più potente. Passò attraverso il rumore, al di sopra dei nitriti degli altri cavalli come un leone selvaggio che cercasse di liberarsi da una gabbia. La terrorizzava e allo stesso tempo la attirava.

Kyra si voltò verso la fonte del suono, dall’altra parte della scuderia, e improvvisamente si udì anche il rumore di legno spezzato. Vide la posta spaccarsi e pezzi di legno volare ovunque. Questo generò il caos mentre numerosi uomini accorrevano cercando di chiudere la porta spaccata. Ma c’era un cavallo che continuava a colpirla con gli zoccoli.

Kyra corse verso quella confusione.

“Dove stai andando?” le chiese Baylor. “I cavalli migliori sono qui.”

Ma Kyra lo ignorò prendendo velocità, con il cuore che le batteva sempre più forte. Sapeva che la stava chiamando.

Baylor e gli altri accorsero per raggiungerla mentre si avvicinava all’estremità delle scuderie e quando fu arrivata si girò e sussultò alla vista che aveva davanti. Lì c’era quello che sembrava essere un cavallo, ma era grande due volte gli altri e aveva le gambe spesso come tronchi. Aveva due piccoli corni affilati come rasoi dietro alle orecchie, appena visibili. Il suo manto non era nero o marrone come gli altri, ma scarlatto scuro. Gli occhi, diversamente dai suoi simili, erano verdi e luccicanti. La guardava intensamente, un’intensità che la colpiva al petto togliendole il fiato. Kyra non riusciva a muoversi.

La creatura, torreggiante su di lei, emise un suono simile a un ringhio e mostrò le zanne.

“Che cavallo è mai questo?” chiese a Baylor con voce poco più alta di un sussurro.

Lui scosse la testa con atteggiamento di disapprovazione.

“Questo non è un cavallo,” disse accigliandosi, “ma una bestia selvaggia. Molto rara. Si tratta di un solzor. Importato dai remoti confini di Pandesia. Il Lord governatore lo ha tenuto come un trofeo da mettere in mostra. Non poteva cavalcare questa creatura, nessuno poteva. I solzor sono bestie selvagge e non possono essere domati. Vieni, stai sprecando tempo prezioso. Torniamo dai cavalli.

Ma Kyra rimase ferma, radicata sul posto, incapace di distogliere lo sguardo. Il cuore le martellava nel petto capendo che quella creatura era destinata a lei.

“Scelgo questo,” disse a Baylor.

Baylor e gli altri sussultarono, tutti fissandola come se fosse pazza. Seguì in silenzio carico di stupore.

“Kyra,” iniziò Anvin. “Tuo padre non ti permetterà mai…”

“È la mia scelta, no?” rispose lei.

Lui si accigliò e si portò le mani ai fianchi.

“Quello non è un cavallo,” insistette. “È una creatura selvaggia.”

“Ti ucciderà all’istante,” aggiunse Baylor.

Kyra si voltò verso di lui.

“Non sei stato tu a dirmi di fidarmi del mio istinto?” gli chiese. “Bene, questo è ciò che il mio istinto mi dice. Questo animale e io ora ci apparteniamo.”

Il solzor tirò improvvisamente indietro le grosse gambe, calciò contro un altro cancello di legno e fece volare schegge ovunque addosso agli uomini. Kyra era impressionata. Era selvaggio e indomito, magnifico, un animale troppo grande per quel posto, troppo grande per stare in cattività e molto superiore agli altri.

“Perché dovrebbe ottenerlo?” chiese Brandon facendosi avanti e spingendo gli altri da parte. “Io sono più grande, dopotutto. Lo voglio io.”

Prima che lei potesse rispondere, Brandon si fece avanti come per prenderlo. Fece per saltargli in groppa e quando fece così il solzor sgroppò selvaggiamente e lo disarcionò. Brandon volò dall’altra parte della scuderia e andò a sbattere contro una parete.

Allora accorse Braxton, anche lui come per impossessarsene e subito la bestia fece ruotare la testa di lato e gli ferì un braccio con le affilate zanne.

Sanguinante Braxton gridò e scappò correndo dalla scuderia tenendosi stretto il braccio. Brandon si rimise in piedi e lo seguì dappresso mentre il solzor lo mancava per un pelo nel tentativo di morderlo.

Kyra rimase al suo posto, come ipnotizzata, ma in qualche modo senza provare alcuna paura. Sapeva che per lei sarebbe stato diverso. Provava un collegamento con quella bestia, lo stesso legame che aveva con Theo.

Improvvisamente si fece avanti coraggiosamente portandosi dritto davanti a lui, alla portata delle sue fauci letali. Voleva dimostrare al solzor che poteva fidarsi di lei.

“Kyra!” gridò Anvin con voce preoccupata. “Stai indietro!”

Ma Kyra lo ignorò. Rimase lì guardando la bestia negli occhi.

Il solzor ricambiò lo sguardo emanando un sommesso ringhio dalla gola, come se dibattuto sul da farsi. Kyra tremava dalla paura, ma non lo diede a vedere.

Si sforzò invece di dimostrare il suo coraggio. Sollevò lentamente una mano, fece un passo in avanti e toccò il pelo scarlatto. La bestia ringhiò con maggiore vigore, mostrando le zanne, e Kyra poté sentire la sua rabbia e frustrazione.

“Slegatelo,” ordinò agli altri.

“Cosa?” chiese uno degli altri.

“Non è una saggia decisione,” esclamò Baylor con voce colma di paura.

“Fate come dico!” insistette lei sentendo la forza salire dentro di sé, come se la volontà della creatura le passasse attraverso.

Dietro di lei i soldati si affrettarono con le chiavi e aprirono le catene. Per tutto il tempo la bestia non le levò mai gli occhi di dosso, ringhiando come se la stesse chiamando, come per sfidarla.

Non appena si trovò slegata, la creatura pestò le gambe a terra come a minacciare un attacco.

Ma stranamente non fece nulla. Invece continuò a guardare Kyra fissando i propri occhi nei suoi e il suo sguardo di rabbia lentamente si trasformò in un’occhiata di tolleranza. Forse addirittura di gratitudine.

Sebbene leggermente, sembrò abbassare la testa: si trattava di un gesto di sottomissione, quasi impercettibile eppure tale che lei potesse scorgerlo.

Kyra si fece avanti, si tenne alla criniera e con una rapida mossa montò in sella.

Tutti nella stanza sussultarono.

Inizialmente la bestia rabbrividì e iniziò a scalpitare. Ma Kyra sentiva che lo faceva per mettersi in mostra. Non voleva veramente disarcionarla. Voleva solo far capire chi comandava e farla stare sulle spine. Voleva farle sapere che lui era una creatura selvaggia, una creatura che non poteva essere domata da nessuno.

Non ho alcuna intenzione di domarti, disse Kyra con il pensiero. Desidero solo essere tua compagna in battaglia.

Il solzor si calmò, continuando a scalpitare ma non così selvaggiamente, come se l’avesse udita. Presto smise di muoversi, perfettamente immobile sotto di lei, soffiando nei confronti degli altri come a volerla proteggere.

Kyra, seduta sul dorso del solzor, ora calmo, abbassò lo sguardo e osservò gli altri. Un mare di volti scioccati e bocche aperte la guardavano.

Kyra mostrò un largo sorriso provando un enorme senso di trionfo.

“Questo,” disse, “è quello che scelgo. E si chiama Andor.”

*

Kyra cavalcava Andor al passo verso il centro del cortile di Argos e tutti gli uomini di suo padre, forti soldati, si fermavano a guardarla con ammirazione mentre avanzava. Chiaramente non avevano mai visto una cosa del genere.

Kyra si teneva delicatamente alla criniera cercando di tenerlo calmo mentre lui ringhiava sommessamente verso tutti, guardandoli torvo, come a volersi vendicare di essere stato tenuto prigioniero. Kyra si teneva in perfetto equilibrio dopo che Baylor aveva sistemato una sella completamente nuova su di lui e si stava cercando di abituare a cavalcare da quell’altezza. Si sentiva più potente che mai con quella bestia sotto di sé.

Accanto a lei Dierdre cavalcava una bellissima giumenta, una cavalla che Baylor aveva scelto per lei, e le due camminavano nella neve fino a che Kyra scorse suo padre in lontananza, in piedi accanto al cancello in attesa. Era lì con i suoi uomini, tutti aspettando di vederla partire e anche loro sollevarono lo sguardo con paura e ammirazione, impressionati che potesse cavalcare quell’animale. Kyra vide l’ammirazione nei loro occhi e questo le diede coraggio per il viaggio che aveva davanti a sé. Se Theo non fosse tornato da lei almeno avrebbe avuto quella magnifica creatura con sé.

Quando raggiunse suo padre Kyra scese e guidò Andor per la criniera vedendo la preoccupazione negli occhi dell’uomo. Non sapeva se fosse per quella bestia o per il viaggio che la attendeva. Il suo sguardo di preoccupazione la rassicurò, le fece capire che non era l’unica ad avere paura di ciò che la aspettava e dopotutto si preoccupava per lei. Per un brevissimo istante lasciò andare la tensione e le rivolse uno sguardo che solo lei poteva riconoscer: l’amore di un padre. Capì che era combattuto nel mandarla a compiere quell’impresa.

Si fermò a qualche passo da lui e tutto rimase in silenzio mentre gli uomini si raccoglievano attorno a loro e li guardavano.

Lei gli sorrise.

“Non preoccuparti, padre,” gli disse. “Mi hai cresciuta per essere forte.”

Lui annuì, fingendo di essere rassicurato, ma lei vide che non era così. Era ancora, soprattutto, suo padre.

Lui sollevò lo sguardo scrutando il cielo.

“Se solo il tuo drago venisse da te adesso,” le disse. “Potresti attraversare Escalon in pochi minuti. O meglio ancora, potrebbe unirsi a te nel tuo viaggio e incenerire chiunque sopraggiungesse nel tuo cammino.”

Kyra sorrise tristemente.

“Theo ora se n’è andato, padre.”

Lui la guardò con occhi pieni di meraviglia.

“Per sempre?” le chiese, ponendo la domanda di un signore che doveva condurrei suoi uomini in battaglia ma che era timoroso di domandare.

Kyra chiuse gli occhi e cercò di mettersi in sintonia, di ottenere una risposta. Desiderò che Theo le rispondesse.

Ma non sopraggiunse che un intorpidito silenzio. Per questo si chiese se avesse mai avuto una connessione con Theo fin dall’inizio o se l’avesse solo immaginata.

“Non lo so, padre,” rispose onestamente.

Lui annuì, accettando, con lo sguardo di un uomo che aveva imparato ad accettare le cose com’erano e a fare affidamento su se stesso.

“Ricorda cosa…” iniziò suo padre.

“KYRA!”. Un gridò eccitato squarciò l’aria.

Kyra si voltò mentre gli uomini si facevano da parte e le si gonfiò il cuore di piacere vedendo Aidan che attraversava di corsa i cancelli della città con Leo alle calcagna, saltando giù da un carro guidato dagli uomini di suo padre. Le corse incontro barcollando nella neve, Leo ancora più veloce e ben più avanti di lui, già pronto a saltarle tra le braccia.

Kyra rise quando Leo la buttò a terra mettendole le zampe sul petto e leccandole ripetutamente la faccia. Dietro di lei Andor ringhiò, già protettivo nei suoi confronti, e Leo balzò di lato pronto ad affrontarlo, ringhiando in risposta. Erano due creature temerarie, entrambe ugualmente protettive nei suoi confronti. Kyra se ne sentiva onorata.

Balzò in piedi e si mise trai due, tenendo Leo indietro.

“Va tutto bene, Leo,” disse. “Andor è mio amico. E tu Andor,” aggiunse voltandosi verso l’altro, “anche Leo è mio amico.

Leo si fece indietro con riluttanza, mentre Andor continuava a ringhiare, sebbene in modo diverso.

“Kyra!”

Kyra si girò e Aidan le corse tra le braccia. Lei lo abbracciò stretto mentre le piccole mani del fratellino si aggrappavano alla sua schiena. Era così bello abbracciare il fratello che era stata certa di non rivedere mai più. Era il pezzetto di normalità che le era rimasto nel vortice che era diventata la sua vita, l’unica cosa che non era cambiata.

“Ho sentito che eri qui,” le disse di corsa, “e ho subito chiesto un passaggio per venire a trovarti. Sono così contento che tu sia tornata.”

Lei sorrise tristemente.

“Temo non per molto, fratello mio,” gli disse.

Un lampo di preoccupazione attraversò il volto di Aidan.

“Stai partendo?” le chiese impietrito.

Il padre si intromise.

“Sta partendo per andare a trovare suo zio,” spiegò. “Lasciala andare ora.”

Kyra notò che suo padre aveva detto suo zio e non vostro, e si chiese il perché.

“Allora vado con lei!” insistette Aidan coraggiosamente.

Suo padre scosse la testa.

“No,” rispose.

Kyra sorrise al fratellino, così coraggioso come sempre.

“Nostro padre ha bisogno di te da qualche altra parte,” gli disse.

“Sul fronte di guerra?” chiese Aidan voltandosi speranzoso verso il padre. “Stai partendo per Esefo,” aggiunse di fretta. “Ho sentito! Voglio venire con te!”

Ma lui scosse la testa.

“C’è Volis per te,” rispose. “Starai qui, protetto dagli uomini che resteranno. Il fronte della battaglia non è posto per te ora. Un giorno.”

Aidan si fece rosso per la delusione.

“Ma io voglio combattere, padre!” protestò. “Non ho bisogno di starmene confinato in qualche forte vuoto con donne e bambini!”

Gli uomini ridacchiarono, ma suo padre era serio.

“La mia decisione è presa,” rispose brevemente.

Aidan si accigliò.

“Se non posso andare con Kyra e non posso venire con te,” disse rifiutandosi di cedere, “allora perché sto imparando come si combatte e come si usano le armi? Ha cosa serve tutto il mio allenamento?”

“Lascia che ti crescano i peli sul petto prima, fratellino,” rise Braxton facendosi avanti insieme a Brandon.

Le risate si levarono tra gli uomini e Aidan arrossì, chiaramente imbarazzato di fronte agli altri.

Kyra, sentendosi male per lui, si inginocchiò davanti a lui e gli mise una mano sulla guancia.

“Sarai un guerriero molto migliore di tutti loro,” lo rassicurò sottovoce in modo che solo lui potesse sentire. “Sii paziente. Nel frattempo sorveglia Volis. C’è bisogno anche di te. Rendimi orgogliosa di te. Tornerò, te lo prometto, e un giorno combatteremo battaglie grandiose insieme.”

Aidan parve ammorbidirsi un poco e si chinò ad abbracciarla di nuovo.

“Non voglio che tu vada via,” le disse sottovoce. “Ho fatto un sogno su di te. Ho sognato…” Sollevò lo sguardo con riluttanza, gli occhi colmi di paura. “… che morivi là fuori.”

Kyra si sentì scioccata a quelle parole, soprattutto dopo aver visto lo sguardo nei suoi occhi. Si sentì oppressa. Non sapeva cosa dire.

Anvin si fece avanti e le mise attorno alle spalle una pesante e spessa pelliccia che la scaldò subito. Kyra si alzò sentendosi quasi cinque chili più pesante, ma era riparata dal vento e dai brividi alla schiena. Sorrise.

“Le tue notti saranno lunghe e i fuochi saranno distanti,” le disse dandole un rapido abbraccio.

Suo padre si fece avanti velocemente e la abbracciò, un abbraccio forte da capitano. Lei ricambiò la stretta, persa tra i suoi muscoli, sentendosi sana e salva.

“Sei mia figlia,” le disse con fermezza, “non dimenticarlo.” Poi abbassò la voce in modo che gli altri non potessero udire e aggiunse: “Ti voglio bene.”

Kyra si sentiva sopraffatta dall’emozione, ma prima di poter rispondere lui si voltò rapidamente e si allontanò. Nello stesso istante Leo piagnucolò e le balzò addosso spingendole il naso contro il petto.

“Vuole venire con te,” disse Aidan. “Prendilo: avrai più bisogno tu di lui che io, qui confinato a Volis. In ogni caso è tuo.”

Kyra abbracciò Leo, incapace di rifiutare dato che sembrava non volerla lasciare. Si sentì confortata dall’idea che venisse con lei, dato che ne aveva sentito fortemente la mancanza. Poteva avere a disposizione altri due occhi e due orecchie e non c’era nessuno di più leale di Leo.

Pronta, Kyra montò in sella ad Andor e gli uomini di suo padre si fecero da parte. Avevano disposto delle torce in suo onore lungo tutto il ponte tenendo lontana la notte e illuminando il sentiero per lei. Guardò oltre e vide il cielo che si oscurava, le terre selvagge davanti a sé. Provava eccitazione, paura e soprattutto un senso di dovere. Una certa finalità. Davanti a lei si trovava l’impresa più importante della sua vita, un’impresa che teneva in ballo non solo la sua identità, ma il destino di tutta Escalon. Non poteva esserci posta più elevata.

Con il bastone legato attorno alla spalla, l’arco dall’altra parte, Leo e Dierdre accanto a lei, Andor sotto di lei e tutti gli uomini di suo padre che la guardavano, Kyra iniziò ad indirizzare Andor verso i cancelli della città. Inizialmente avanzò lentamente, tra le torce, oltre gli uomini, sentendosi come se stesse camminando in un sogno, verso il proprio destino. Non si guardò alle spalle non volendo perdere convinzione. Un basso corno venne fatto suonare dagli uomini di suo padre, un corno di partenza, in suono di rispetto.

Si preparò a spronare Andor, ma lui la anticipò. Si mise prima al trotto e poi ruppe al galoppo.

Nel giro di pochi istanti Kyra si trovò a correre in mezzo alla neve, oltre i cancelli di Argos, sopra al ponte, nei prati aperti, il vento freddo nei capelli e niente davanti a lei se non una lunga strada, creature selvagge e la notte che incombeva buia.

L’ascesa Del Prode

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