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CAPITOLO SEI

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Felene aveva rubato un sacco di barche e fu piacevolmente colpita di trovare che questa era una delle migliori. Non era molto più di uno schifo, ma navigava meravigliosamente e sembrava rispondere rapida come il pensiero, come un’estensione del suo corpo.

“Ci vorranno più buchi per questo,” disse Felene, spostandosi a tirare fuori l’acqua che si era riversata dal lato. Anche quel movimento le faceva male, e per quanto riguardava le volte che aveva dovuto remare perché il vento era calato…

Felene rabbrividì al solo pensiero.

Toccò esitante la ferita, muovendo il braccio in ogni direzione per allungare i muscoli della schiena. C’erano alcuni movimenti per cui sembrava quasi che se ne potesse ignorare la presenza, ma ce n’erano degli altri…

“Maledizione!” imprecò Felene mentre una fitta di dolore le percorreva il corpo, calda e bruciante.

La cosa peggiore era che ogni lampo di dolore portava con sé il ricordo della pugnalata. Dello sguardo di Elethe mentre Stefania la accoltellava alle spalle. Ogni dolore fisico portava con sé l’agonia del tradimento. Lei aveva osato pensare che…

“Cosa?” si chiese Felene. “Che sarebbe andata a finire bene, felici e contente? Che te ne saresti andata con una principessa e un’adorabile ragazza e che il mondo ti avrebbe lasciato in pace e basta?”

Era un pensiero stupido. Il mondo non offriva i lieto fine che si sentivano nelle storie dei giullari. Certo non per una ladra come lei. Non importava cosa accadeva: ci sarebbe sempre stato qualcos’altro da rubare, che fosse un gioiello, o un pezzo di mappa, o il cuore di qualche ragazza che poi si sarebbe rivelata…

“Finiscila,” si disse Felene, ma era più difficile di quanto sembrava. Alcune ferite non guarivano così e basta.

Non che quella fisica l’avesse già fatto. L’aveva cucita meglio che poteva sulla spiaggia, ma Felene stava iniziando a preoccuparsi del taglio che il coltello di Stefania le aveva lasciato sulla schiena. Alzò la camicia per versarci sopra acqua di mare, stringendo i denti per il dolore mentre la lavava.

Felene era stata ferita prima, e questa sembrava particolarmente brutta. Aveva visto ferite come quella su altre persone, e generalmente non era andata a finire nel migliore dei modi. C’era stata quella guida di arrampicata che si era trovato dilaniato dagli artigli di un leopardo quella volta che Felene stava tentando di rubare dai templi dei morti. C’era stata la schiava che Felene aveva salvato per capriccio dopo che il suo padrone l’aveva frustata a sangue, solo per poi vederla morire poco alla volta. C’era stato il giocatore d’azzardo che aveva insistito per restare al tavolo, anche dopo essersi scorticato la mano con un pezzo di vetro proveniente da un bicchiere rotto.

Felene sapeva che la cosa più sensata da fare adesso era tornare da dove era venuta, cercare un guaritore e riposare quanto serviva per tornare quella di prima. Ovviamente a quel punto l’invasione sarebbe stata di certo conclusa e tutti quelli che vi avevano preso parte sarebbero sicuramente stati sparpagliati al vento, ma Felene sarebbe stata bene di nuovo, libera di andare ovunque volesse.

Dopotutto non le faceva nessuna differenza come l’invasione si sarebbe conclusa. Lei era una ladra. Ci sarebbero sempre state cose da rubare, e ci sarebbero sempre stati coloro che volevano darle la caccia. Addirittura ci sarebbe stato probabilmente ancora di più dopo una guerra, quando le cose tendevano generalmente ad essere un po’ meno sotto controllo, e c’erano sempre spazi perché qualcuno di abbastanza furbo ci si potesse intrufolare.

Lei poteva tornare a Cadipolvere, riposare e poi trovare una qualche nuova avventura da intraprendere. Poteva uscire alla ricerca di isole perdute da tempo, o dirigersi verso le terre tenute strette in pugno dal ghiaccio. Ci sarebbero potuti essere tesori e violenza, donne e bere. Tutte le cose che tendenzialmente si mescolavano insieme così spesso nella sua vita.

Quello che le faceva mantenere la piccola imbarcazione puntata verso Delo era semplice: era dove Stefania ed Elethe dovevano essere tornate. Stefania l’aveva ingannata riguardo a Tano. L’aveva usata per arrivare a Cadipolvere, e poi aveva cercato di ucciderla. Ancora peggio, aveva tentato di uccidere Tano, anche se le voci a Cadipolvere suggerivano che lui fosse sopravvissuto alla conquista della città da parte dei ribelli.

Felene aveva la sensazione di non poter lasciar correre ciò che Stefania aveva fatto. Stefania si era lasciata un sacco di nemici alle spalle quando era partita, ma lei non amava lasciare dei debiti da pagare. Una volta si era battuta in duello a Guadaquercia per un insulto ricevuto un anno prima, e un’altra volta aveva dato la caccia a un fabbro che aveva cercato di privarla della sua parte, seguendolo per metà delle Terre Erbose.

Stefania sarebbe morta per ciò che aveva fatto. Per quanto riguardava Elethe…

Per un sacco di ragioni quel tradimento era ancora peggio…. Stefania era una serpe, e Felene l’aveva capito dal momento in cui aveva messo piede nella barca. Elethe aveva effettivamente osato farle provare qualcosa. Per una delle prime volte in vita sua, Felene aveva osato pensare oltre al furto successivo, e aveva iniziato a sognare.

“E che sogno,” disse Felene tra sé e sé. “Viaggiare per il mondo, salvare meravigliose principesse e sedurre belle damigelle. Chi pensi di essere? Un qualche genere di eroe?”

Sembrava più il genere di cose che Tano avrebbe potuto fare per quelli come lei.

“La mia vita sarebbe tanto più semplice se non ti avessi incontrato, principe Tano,” disse Felene. Tirò una delle funi facendo virare la barca verso una nuova direzione.

Ma non intendeva davvero pensarlo. L’unica realtà era che la sua vita sarebbe stata più breve se non avesse incontrato Tano. Sarebbe morta sull’Isola dei Prigionieri senza di lui, e poi…

Era un uomo che sembrava avere una causa. Che lottava per qualcosa, anche se Felene aveva dovuto ricordargli di cosa si trattasse. Era un uomo che era stato pronto a combattere contro tutto quello per cui si era preparato. Aveva combattuto contro l’Impero, anche se gli sarebbe stato molto più facile non farlo. Era stato pronto a dare la sua vita per salvare una come Stefania, che era proprio il genere di cosa che fanno gli eroi.

“Suppongo che se avessi un minimo di sale in zucca, mi innamorerei di te,” disse Felene pensando al principe. Era di certo una persona migliore di cui innamorarsi rispetto a quelle come Elethe. Ma non hai ottenuto quello che volevi in questa vita. Certo non hai potuto scegliere in materia d’amore.

Era sufficiente che Tano fosse un uomo da rispettare, addirittura da ammirare. Pensare al genere di cose che avrebbe era anche sufficiente a tramutare Felene in una persona migliore.

“Se non proprio migliore, almeno più cosciente.”

Felene sospirò. Non aveva senso tutto questo tentativo di mettersi in discussione. Sapeva cosa avrebbe fatto.

Stava andando a Delo. Avrebbe trovato Tano, se per qualsiasi colpo di fortuna fosse stato ancora vivo. Avrebbe trovato Stefania, avrebbe trovato Elethe e ci sarebbe stato sangue per il sangue, morte per la morte. Probabilmente Tano avrebbe obiettato per qualcosa di più gentile e civilizzato, ma non si poteva fare così tanto per imitare le persone. Neanche i principi.

Ora c’era solo la questione di arrivare a Delo ed entrarvi. Una volta lì, Felene non aveva alcun dubbio di trovare una città in guerra, se non addirittura già caduta. La flotta di Cadipolvere sarebbe probabilmente stata una barricata galleggiante davanti alla città, ed era una tattica da tempo stabilita in tempi di guerra per bloccare i porti.

Non che a Felene interessassero quel genere di cose. Occasionalmente si era costruita un buon profitto facendosi strada contrabbandando tra le barricate. Cibo, informazioni, gente che voleva uscire, era sempre la stessa storia.

Lo stesso Felene non poteva immaginare che i soldati di Cadipolvere sarebbero stati molto accomodanti con lei se fosse stata abbastanza stupida da lanciarsi all’attacco della città. Felene poteva già vedere frammenti della flotta di Cadipolvere davanti a sé, vascelli legati tra loro in acqua tra Cadipolvere e l’Impero come delle perle su una collana. La flotta principale era salpata ormai da tempo, ma ora procedevano in blocchi, formando gruppi di tre o quattro, navigando insieme nel tentativo di creare il grosso dell’invasione.

Per molti motivi erano probabilmente i più sensati. Felene aveva sempre avuto più di un’affinità con la gente che arrivava dopo un combattimento per rubare, piuttosto che per coloro che amavano rischiare la vita. Erano quelli che sapevano come badare a se stessi. Erano la gente di Felene.

Allora le venne in mente un’idea, quindi fece virare il suo schifo in direzione di uno dei gruppi. Con il braccio buono tirò fuori il coltello.

“Ehilà!” gridò nel suo migliore accento di Cadipolvere.

Un uomo apparve al parapetto con un arco puntato contro di lei. “Penso che prenderemo tutto quello che tu…”

L’uomo gorgogliò dopo che Felene ebbe tirato il suo pugnale interrompendolo a metà frase. Cadde dalla barca, colpendo l’acqua con un tonfo.

“Era uno dei miei uomini migliori,” disse la voce di un uomo.

Felene rise. “Ne dubito, o non avresti chiesto a lui di sporgersi dal parapetto per vedere se ero una minaccia. Sei il capitano qui?”

“Sì,” rispose lui.

Era una buona cosa. Felene non aveva tempo per contrattare con quelli che non erano in posizione per farlo.

“Siete tutti diretti a Delo?” chiese.

“E dove altro dovremmo essere diretti?” chiese il capitano. “Pensi che siamo qui fuori a pescare?”

Felene pensò ad alcuni degli squali che le avevano dato la caccia mentre si dirigeva verso riva. Pensò al corpo che ora galleggiava tra loro. “Potrebbe essere. C’è un’esca in acqua, e ci sono delle belle ricompense da queste parti.”

“E alcune di molto più grosse a Delo,” rispose la voce. “Hai intenzione di unirti alla nostra carovana?”

Felene si costrinse a scrollare le spalle come se non gliene fregasse niente. “Immagino che una spada in più vada bene per voi.”

“E un cinquantino in più va sicuramente bene per te. Ma pare che tu sappia combattere. Non ci rallenti e ti mangerai le tue scorte. A posto così?”

Più che onesto, dato che Felene aveva così trovato il suo modo per entrare a Delo. Per quanto attento fosse il cordone attorno alla città, la flotta di Felene non l’avrebbe poi tanto sorvegliata quando lei ne fosse stata parte.

“A posto,” rispose. “Basta che non siate voi a rallentare me!”

“Brama di oro. Mi piace.”

Gli poteva piacere quello che volevano, fintanto che lasciavano stare Felene. Che pensassero pure che lei era lì per l’oro. L’unica cosa che contava era…

Lo spasmo di tosse la colpì di sorpresa, quasi costringendola a piegarsi a metà per lo sforzo. La squarciò dentro, i polmoni come se fossero in fiamme. Si mise una mano sulla bocca e la ritrasse intrisa di sangue.

“Tutto a posto là sotto?” chiese il capitano della nave di Cadipolvere con voce chiaramente sospettosa. “È sangue quello? Non avrai mica addosso una qualche peste, vero?”

Felene non aveva dubbio che l’avrebbe fatta viaggiare da sola se fosse stato così. Quello, oppure dare fuoco alla sua nave per essere certo che la malattia non arrivasse loro vicino.

“Sono stata accoltellata in un combattimento sul molo,” mentì, asciugandosi la mano sul corrimano. “Non è niente di serio.”

“Se sputi sangue a me sembra abbastanza serio,” rispose il capitano. “Dovresti andare a cercarti un guaritore. Non puoi spendere l’oro se sei morta.”

Era probabilmente un buon consiglio, ma Felene non era mai stata tipa da dare ascolto a cose del genere. Soprattutto non quando aveva cose migliori da fare. Se si fosse trattato solo di oro, avrebbe potuto fare proprio come quell’uomo le consigliava.

“Così dicono,” scherzò. “Io dico che non ci provano bene.”

Lasciò che il capitano della nave ridesse. Aveva cose più importanti da fare.

Era ora di uccidere Stefania ed Elethe.

Eroina, Traditrice, Figlia

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