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CAPITOLO SEI

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Dal balcone di una casa a Carrick, il Maestro dei Corvi guardava i suoi eserciti che si riunivano, osservandoli attraverso gli occhi delle sue creature. Sorrideva tra sé e sé nel frattempo, pervaso da un senso di soddisfazione.

“I pezzi sono al loro posto,” disse mentre i suoi corvi gli mostravano le navi in raccolta, i difensori che accorrevano a costruire barricate. “Ora è giunto il momento di guardarli cadere.”

Il tramonto color sangue andava a braccetto con il suo umore oggi, come anche le grida che provenivano dal cortile sotto al suo balcone. Le esecuzioni del giorno stavano procedendo a ritmo serrato: due uomini continuavano a tentare di fuggire, un potenziale ladro e una moglie che aveva pugnalato suo marito. Stavano legati a dei pali mentre gli aguzzini lavoravano con spade e funi per strangolare.

I corvi discesero su di loro. C’era probabilmente chi credeva che lui godesse della violenza di quei momenti. La verità era che non gli importava proprio. La cosa che contava era solo il potere che tali morti gli portavano attraverso i suoi animali.

Il Maestro dei Corvi si guardò attorno osservando i comandanti che aspettavano istruzioni da lui, vedendo se qualcuno tremasse o distogliesse lo sguardo dalle scene sottostanti. La maggior parte non lo fece, perché avevano imparato ciò che li aspettava. Un giovane ufficiale però deglutì mentre guardava. Probabilmente avrebbe dovuto tenerlo d’occhio.

Per un momento o due il Maestro dei Corvi riportò la sua attenzione alle creature che sorvolavano Ashton. Mentre ruotavano e sfrecciavano, gli mostravano la distesa della flotta in avanzata, la forza distaccata che cercava di approdare più lontano lungo la costa. Un corvo su un muro gli mostrò un gruppo di uomini di Ishjemme con abiti da mercanti che aprivano un baule nascosto pieno di armi vicino al fiume. Una cornacchia vicino al cimitero della città udì degli uomini che parlavano di ritirarsi quando fosse sopraggiunto l’attacco, lasciando che i nobili si arrangiassero.

Sembrava una combinazione che avrebbe lasciato le sue bestiole a becco asciutto. Non poteva permetterlo.

“Abbiamo un compito da eseguire,” disse agli uomini che aspettavano quando ebbe riportato la sua attenzione a se stesso. “Seguitemi.”

Li condusse giù attraverso la casa, dando per scontato che gli altri lo stessero seguendo. I servitori si facevano da parte, felici di non essere in mezzo ai piedi mentre così tante persone potenti scendevano. Il Maestro dei Corvi poteva percepire il loro risentimento e la loro paura, ma non aveva importanza. Era solo l’inevitabile conseguenza del governare.

Nel cortile, le grida erano svanite tramutandosi in quel silenzio che solo la morte poteva portare. Anche la più silenziosa delle creature viventi portava con sé il minimo suono della respirazione, o la vibrazione di un cuore che batteva. Ora solo il gracchiare dei corvi spezzava il silenzio mentre i corpi pendevano inermi dai pali.

“Bisogna mantenere l’ordine,” disse il Maestro dei Corvi guardando verso l’ufficiale che aveva mostrato un accenno di disgusto. “Siamo una macchina composta di molti pezzi, e ciascuna parte deve giocare il suo ruolo. Ora che sono usciti dai loro confini, il ruolo di questi tre è di nutrire gli uccelli spazzini.”

Quelli stavano volando in grossi numeri ora, posizionandosi sui cadaveri ancora caldi e iniziando a banchettare. Il Maestro dei Corvi poteva già sentire il potere che iniziava a scorrere nel suo stormo grazie alle morti, insieme alle centinaia di altri che si trovavano in tutto l’impero del Nuovo Esercito nello stesso istante. C’erano addirittura alcuni dei suoi uccelli che stavano mangiando nel regno della vedova.

È ora di prendere il controllo,” disse, risucchiando quel potere e tracciando delle linee argentate di conseguenza all’interno della sua mente. Ciascuna di esse rappresentava una possibilità, una scelta. Il Maestro dei Corvi non aveva modo di sapere quale si sarebbe realizzata: lui non era la donna della fontana, né un vero veggente. Però poteva vedere abbastanza da sapere dove andare a esercitare la sua influenza. Dove andare a spingere per gli effetti che desiderava.

Protese i suoi poteri verso gli uccelli svolazzanti attorno ad Ashton. La sua mente cercò i punti in cui alcune parole ben piazzate avrebbero potuto sortire un buon effetto, e corvidi di ogni genere vennero dal cielo per gracchiarle.

Un corvo atterrò vicino al comandante della guardia della città di Ashton, i suoi occhi neri fissi su di lui.

“Settentrionali sul fiume,” gracchiò mentre il Maestro dei Corvi pronunciava le parole. “Settentrionali sul fiume, mascherati da mercanti.”

Decise di non aspettare per guardare lo shock dell’uomo mentre tentava di comprendere il senso di ciò che stava accadendo. Invece il Maestro dei Corvi spostò la propria attenzione verso un corvo nel cimitero, facendolo atterrare su una lapide vicino a dove si trovavano i cospiratori che progettavano di fuggire.

“Siate coraggiosi,” gracchiò l’uccello. “Vi stanno sorvegliando.”

Per equilibrare la cosa, inviò un altro uccello vicino a uno dei muri principali, e gli fece pronunciare una premonizione di morte. Riuscì a intessere coraggio e codardia, diede degli slanci e raccontò bugie, intrecciando il tutto in un incantesimo di cose note del tutto o per metà.

Non tutti gli uccelli ebbero successo. Inviò un uccello nero verso la finestra del principe Rupert, ma la trovò sbarrata. Mandò un corvo verso le navi che aspettavano nel porto, lo fece ruotare basso attorno all’ammiraglia di Ishjemme, ma colse l’attenzione di un giovane che sollevò lo sguardo. Il Maestro dei Corvi conosceva quel giovane. Era quello che l’aveva ferito con una lama a Ishjemme. Ora fissava l’uccello e la sua mano andò alla cintura, da dove estrasse una pistola con velocità inumana…

“Dannazione!” ringhiò il Maestro dei Corvi mentre ritraeva di scatto l’attenzione dall’uccello appena in tempo.

Lasciò stare la flotta degli invasori. Concentrò invece la propria attenzione sulla città, trovando piccole cose che potessero dare o prendere il coraggio alle persone, che potessero alimentare la loro rabbia o renderli negligenti. Fece rubare da una gazza l’anello nuziale di una donna che lavava dei bicchieri, poi lo fece cadere ai piedi del soldato con cui era sposata. Non c’era dubbio che l’uomo avrebbe trascorso la battaglia chiedendosi perché non ce l’avesse al dito, e se lui dovesse piuttosto stare a casa. Fece sollevare una candela accesa a un corvo, che la lasciò cadere in mezzo a un gruppo di edifici abbandonati dove le fiamme fecero subito presa.

“Lasciamo che decidano se vogliono salvare le loro case dagli invasori o dal fuoco,” disse.

C’erano cento altri uccelli intenti in cento altre commissioni, ciascuno che impiegava un briciolo di potere, ma tutti un investimento nel caos che ne sarebbe scaturito. Alcuni parlavano con i soldati, altri a uomini e donne che aveva inviato per quel momento, quelli che stavano a raccontare storie degli orrori di Ishjemme a coloro che le ascoltavano, o che suggerivano una ribellione sanguinaria contro la linea della vedova, o entrambe le cose.

Il Maestro dei Corvi prese una battaglia che sarebbe stata una facile vittoria per gli invasori e la trasformò in qualcosa di più complesso, più pericoloso e più letale.

Quando tornò a se stesso, stava sorridendo per quello che aveva ottenuto. Gli uomini pensavano ai grandi lavori di magia e pensavano ai simboli sui tomi antichi, eppure lui aveva appena eseguito qualcosa di molto più grandioso, e con molto meno. Si guardò attorno osservando i suoi ufficiali, sempre guardando con espressione diligente i corvi che beccavano i morti.

“Il nemico avrà la sua battaglia ad Ashton domani,” disse. “Sarà una cosa sanguinaria, con molti morti da entrambe le parti.”

Non poté trattenere una nota di soddisfazione a quel pensiero. Dopotutto lui era il motivo principale per cui così tanti sarebbero morti.

“Quando colpiremo, mio signore?” chiese uno dei comandanti della sua flotta. “Ha degli ordini per noi?”

“Sei desideroso di attaccare?” gli chiese il Maestro dei Corvi.

“Sì, mio signore,” disse l’uomo. Si batté un pugno sul petto. “Li voglio schiacciare per l’umiliazione che ci hanno inflitto l’ultima volta.”

“Anche io,” disse un generale. “Voglio che sappiano che il Nuovo Esercito è più forte.”

Seguì un coro di assenso, ogni uomo sembrava mirare con sempre maggior forza verso la battaglia, per mostrare quanto fosse impegnato nel riparare per il fallimento dell’attacco al regno della vedova. Forse era quello il punto. Forse tutti volevano mostrare di poter fare di meglio. Forse pensavano che ci fossero in ballo le loro pelli se avessero fallito di nuovo.

Non si sbagliavano del tutto in quella ipotesi. Lo stesso il Maestro dei Corvi alzò una mano per richiamare la calma. “Siate pazienti. Tornate ai vostri uomini e alle vostre navi. Assicuratevi che tutto sia pronto per un attacco. Vi dirò io quando sarà il momento.”

Se ne andarono in gruppo, ciascuno correndo a prepararsi. Il Maestro dei Corvi li lasciò andare. Per ora la sua attenzione era sulla tinta rosso sangue del tramonto e su ciò che lasciava presagire. Ci sarebbe stato sangue, un sacco di sangue la mattina dopo, non c’era dubbio. Grazie agli sforzi delle sue creature ci sarebbe stato un massacro di tale scala da trasformare in rosso il colore delle acque del fiume di Ashton. Le sue creature avrebbero banchettato.

“E quando avranno finito,” disse, “aggiungeremo al nostro impero quello che sarà rimasto.”

Un Bacio per le Regine

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