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La storia sotterrata

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Né uomini né scimmie

Senza uomini ne scimmie Cina si può considerare come la cuna dell’umanità. Nonostante lo sviluppo tardivo degli studi preistorici, il territorio cinese ha dato luce a numerose vestigia della presenza del remoto ante passato dell’essere umano.

Ad intervalli di pochi anni appaiono nuovi resti preominidi, sempre più antichi, sul territorio cinese, fatto questo, che ha spinto alcuni studiosi a considerare che Cina possa essere uno degli scenari dell’evoluzione umana.

Fino ad ora i resti più antichi ritrovati sono quelli dell'Uomo di Renzidong, nella provincia di Anhui, vissuto più di due milioni di anni fa.

Altro testimonio della presenza preumana in epoca remota sono: l'Uomo di Yuanmou, nella omonima provincia, del quale si sono incontrati i denti fossilizzati, vissuto un milione e settecento mila anni fa; l'Uomo di Lantian, nella provincia di Shaanxi, che si stima sia vissuto circa seicento mila anni addietro; l'Uomo di Nihewan, del quale sono stati scoperti solo resti di utensili in pietra fabbricati da ominidi, datati un milione e cinquecento anni fa, e l'Uomo di Nanjing, che, secondo l'esame dei due crani incontrati, dovrebbe essere vissuto vicino all'omonima città, circa mezzo milione di anni fa.

L’Uomo di Pechino

Il più famoso uomo preistorico incontrato in Cina è, senza ombra di dubbio, il chiamato “Uomo di Pechino”. Il nome viene dato dal ritrovamento dei suoi resti nella caverna di Zhoukoudian, nelle vicinanze della capitale cinese. La sua fama è dovuta al fatto che nel momento del ritrovamento archeologico, nel 1929, fu il primo ominide che si potesse identificare come “l’anello mancante”, discendente della scimmia e ante passato dell’essere umano, giustificando così con la sua esistenza la teoria evolutiva. All’incontrare nella zona presenze di resti umani per lungo tempo, gli studiosi affermano che l’Uomo di Pechino è il pezzo mancante nello studio dei cambi fisiologici che renderanno possibile la presenza dell’uomo moderno. L’aumento della capacità cranica (che arriva a 1075 cc, un 80% meno che quella dell’uomo moderno attuale però molto più grande di quella dell’uomo Lantiano, che solo arrivò a 780 cc) e i cambi che implica, relazionati con l’uso del linguaggio, il camminare eretto e l’utilizzo specifico delle mani, si possono sviluppare in un lasso di tempo di 200.000 anni conosciuti per l’Uomo di Pechino. L’uomo di Pechino è un cacciatore e collettore, si alimenta soprattutto cacciando cervi, quelli che perseguita con pali e torce, utilizza utensili di pietra per costruirne altri d’osso e legna, tagliare carne e la pelle degli animali che caccia; sa mantenere acceso il fuoco che usa per cucinare alimenti e per proteggersi dal freddo; taglia boschi e si alimenta anche di altri esseri umani quando non ha nient’altro a disposizione. Le scoperte di resti di ominidi di epoche più recenti si sono moltiplicati durante gli ultimi anni. I suoi studi permettono farci un’idea generale di una serie di processi migratori per i quali, durante milioni di anni, uno o vari tipi di ominidi, adattandosi alle condizioni locali vanno occupando differenti regioni della Cina. Nell’estremo Nord, l’Uomo di Nihewang, nella Mongolia interiore, è diventato famoso per gli studiosi grazie alla capacità di adattarsi ai cambi climatici stagionali, in quegli anni la Mongolia infatti, anche se godeva di un clima più calido che l’attuale, soffriva importanti variazioni climatiche. Nel Sud incontriamo l’Uomo di Dali, nella provincia di Yunnan, vissuto tra 230.000 e 180.000 anni fa; e quello di Maba, nella provincia di Canton. Ad Est, l’Uomo di Fujian dovrebbe essere esistito circa 200.000 anni fa. Ad Ovest l’Uomo di Dingcum, scoperto nella provincia di Shanxi, visse 100.000 anni addietro. Quest’ultimo è molto più evoluto fisicamente e culturalmente degli altri, i suoi strumenti ed utensili, anche se ancora di pietra, risultano rivoluzionari se confrontati con l’Uomo di Pechino. Fisicamente presenta grandi similitudini con l’Uomo di Neanderthal. Si considera che tutti loro appartengono alla specie Homo Erectus.

Sono vestigia di una stirpe che vaga al ritmo stabilito dalle glaciazioni e fenomeni naturali?, o sono gli antenati dei popoli che abiteranno posteriormente le loro regioni? Ancora non abbiamo risposte a queste domande. Il lasso di tempo che intercorre tra la scomparsa dell’ultimo Homo Erectus e l’apparizione dei primi Homo Sapiens, è l’ultima frontiera della paleontologia. Mentre una scuola di pensiero afferma che tutti gli uomini moderni, Homo Sapiens, procedono dall’Africa; un’altra afferma che l’Homo Erectus ha avuto un’evoluzione distinta in ogni continente fino a convertirsi nell’Homo Sapiens. L’analisi genetico dei resti umani ritrovati nelle date cruciali, dovrebbe proporzionarci una risposta definitiva nel prossimo futuro. Alcuni esperimenti hanno potuto analizzare il materiale genetico di numerose popolazioni cinesi e assicurano che tutte appartengono allo stesso tipo di Homo Sapiens che ritroviamo in Africa. D’altra parte, ci sono prove che l’Homo Sapiens arcaico appare nei registri fossili di numerosi siti archeologici del Paleolitico Medio (tra 125.000 e 40.000 anni fa), questo indicherebbe una evoluzione indipendente dello stesso Sapiens in Cina. Come si può notare il dibattito rimane aperto, nel bel mezzo di connotati politici e raziali.

A partire dai 40.000 anni addietro ritroviamo un incremento impronte della presenza umana nel nord e nel sud della Cina. Il suo sviluppo tecnologico e culturale è molto più veloce che quello dei suoi antenati, gli utensili adoperati sono più sviluppati, appaiono le prime vestigie di un sentimento religioso. Uno degli scavi più ricchi è quello della chiamata Caverna Superiore, a Zhoukoudian, vicino a dove si ritrovò l’Uomo di Pechino. L’”Uomo della Caverna Superiore”, ha vissuto circa 18.000 anni fa, si dedicava alla caccia e alla pesca, completando la sua alimentazione con frutti silvestri. I suoi lavori in pietra sono più evoluti, è a conoscenza del levigato, del perforato, dell’intaglio e della colorazione. Tra i suoi ritrovamenti appare un ago di osso usato per cucire pelli e confezionare vestiti, resti di molluschi marini che ci fanno pensare a relazioni commerciali o spedizioni in altre lontane regioni, e si è ritrovato un primo segno di pratiche religiose; giacché colorano di rosso alcuni utensili e cospargono di polvere di ematite i loro defunti. Al tempo dell’Uomo della Caverna Superiore, si iniziano ad acutizzare le differenze tra cultura del sud e quella del nord della Cina, dove quest’ultima svilupperà una maggiore complessità.

Il periodo Mesolitico è la transizione da Paleolitico a Neolitico. In Cina questo è inizio dopo la fine dell’ultima glaciazione. In questo periodo, nonostante la caccia e la pesca siano ancora attività fondamentali, si inizia a sperimentare l’agricoltura e l’allevamento degli animali. Ed infatti in quest’epoca che troviamo tracce di rudimentale agricoltura.

Ci riferiamo a Wuming nella provincia di Guangxi, Djalai Nor in Mongolia interiore, o Guixangtun in Heilongjiang. Siamo approssimatamene tra il 10.000 e il 7.000 a.C.

Cultura Neolitica

Circa diecimila anni fa è quando si inizia a coltivare cereali nel suolo cinese. Possibilmente lo sviluppo dell’agricoltura arrivi dall’osservazione delle collettrici, le donne sono le più indicate, dato il loro ruolo, ad osservare la natura e scoprire il processo della germinazione da un seme caduto accidentalmente. I più antichi segnali della coltivazione del riso si sono ritrovati lungo il fiume Yangtze proprio in questo periodo; e posteriormente la coltivazione del miglio, a nord nella provincia di Henan.

Progressivamente una serie di comunità assicureranno la loro sussistenza con l’agricoltura, che poi diventerà la loro attività principale, dove la caccia e la pesca e la raccolta diventeranno azioni secondarie. Si calcola che l’allevamento di animali è posteriore, intorno al 7.000 a.C., originandosi possibilmente con al cattura di animali feriti o cuccioli abbandonati, che, tenuti vicina all’uomo daranno una scorta di carne nel futuro.

L’agricoltura, invece, si sviluppa rapidamente a nord del Fiume Giallo, che in quel periodo era notevolmente più caldo e umido che oggi giorno; con selve, laghi, paludi e montagne piene di foreste e ricche di animali selvaggi.

Tra il 6000 e il 5000 a.C. nasce in Cina la prima civiltà Neolitica, ci riferiamo alle scoperte di Peiligang e Cishan. I suoi abitanti, che dimostrano realizzare attività proprie della vita sedentaria, sviluppano l’agricoltura e l’allevamento simultaneamente. Coltivano il miglio, raccolgono noci silvestri e allevano cani, suini e polli come animali domestici. Cacciano cervi e altri animali più piccoli. Elaborano tripodi di ceramica non ancora decorati. Vivono in villaggi con case rotonde o quadrate, hanno magazzini sotterranei e cimiteri, con tombe semplici, dove alcune ceramiche ed utensili del quotidiano accompagnano il defunto. Queste culture sono considerate le ante passate della cultura Yangshao, che si sviluppa posteriormente in un’area simile.

Nello stesso periodo nasce nella provincia di Gansu la cultura Dadiwan (5300 a.C.), della quale, nonostante il suo sviluppo, non si riesce a identificare l’influenza che possa aver avuto in culture precedenti. Della cultura Dadiwan si sono ritrovati un buon numero di piatti di ceramica decorata, la più antica fino ad ora scoperta in Cina, alcune addirittura con segni che potrebbero appartenere ad una scrittura primitiva. Il principale sito archeologico di Dadiwan ha 240 case divise in tre zone. Una per i capi del villaggio, una per i capi del clan e la terza per la gente comune. Nella prima zona si ritrovano i resti di un “palazzo”: una struttura di 420 metri quadrati di superficie possibilmente utilizzata per cerimonie pubbliche o private.

Cultura Yangshao

La prima cultura neolitica che si estende in un amplio territorio è quella di Yangshao, si sono scoperte numerosi villaggi in un’area del centro, nord e nord- ovest della Cina che sono esistiti tra il 5000 e il 3000 a.C. Questi villaggi, generalmente situati lungo i fiumi, sono un insieme di case semi sotterrate, spesso organizzate secondo i distinti clan o gruppi che li abitano, circondati da un piccolo muro. Per i suoi abitanti l’agricoltura rotativa è già l’attività economica fondamentale. Ancora la caccia e il raccolto costituiscono un’attività importante. Quando la terra non è più fertile il villaggio viene abbandonato e si sposta, non lontano, per cercare nuove terre. Coltivano specialmente miglio e canapa, con la quale elaborano, con utensili in pietra, tessuti per vestirsi. Gli animali domestici sono il maiale e il cane; ed in alcune zone registriamo la presenza della vacca, capra e pecora. In alcuni villaggi della cultura Yangshao si allevano bachi da seta.

Con la cultura Yangshao si da inizio all’utilizzo della ceramica con forme più variate sia per cucinare che per conservare alimenti. Fatte a mano e con alcune incisioni che potrebbero essere le precursore della scrittura cinese. Realmente sono segni primitivi che curiosamente presentano alcune similitudini con la scrittura attuale dei Nuosu (una etnica minoritaria) di Liangshan. La gente dei villaggi lavorano insieme e consumano collettivamente il frutto del loro lavoro. Quando muoiono vengono sepolti con alcuni utensili di uso quotidiano, segnale questo che denota una credenza di un’altra vita dopo la morte. È una società senza differenze di classe. Il ruolo delle donne è più importante che quello dell’uomo.

Yangshaoè stata considerata per lungo tempo una società matriarcale che perfettamente aderisce alla teoria marxista dell’evoluzione dell’umanità. Nonostante tutto, recenti analisi su resti ossei realizzati da M.K. Jackes hanno ritrovato un anormale numero di ferite, specialmente su ossa di donne, fatto per il quale si potrebbe supporre un’elevata violenza domestica. D’altra parte, una più elevata usura nelle vertebre femminili, conferma un maggior lavoro agricolo.

Nel Libro dei Riti, un classico di Confucio che verrà molti secoli dopo, ritroviamo un passaggio dove dice: “La gente non solo amava i suoi genitori ma anche quelli degli altri. Cresceva non solo i propri figli, ma anche a quelli degli altri”. Molti studiosi cinesi assicurano che Confucio si riferisce proprio a quest’epoca.

A Bampo, vicino a Xian, troviamo una delle rovine più conosciute della cultura Yangshao. Si possono chiaramente vedere resti di una zona residenziale, una industriale e un’altra funeraria. Al centro del villaggio c’è una gran sala comune di 160 metri quadrati. Tutto intorno c’è un fosso che li protegge da attacchi esterni di eventuali nemici o animali selvaggi. I suoi abitanti utilizzano abbondantemente la ceramica, nella quale predomina il colore rosso.

Considerando questi aspetti generali della cultura Yangshao, troviamo altra cultura che si sviluppano con alcune differenze locali, delle quali probabilmente la più interessante è la denominata Majiayao, che si estende lungo l’attuale provincia di Gansu e Qinghai. Il suo sviluppo è più lento della prima, rimane nella stessa regione più a lungo e fino ad epoca più recente, da ciò si è potuto pensare che abbia dato origine ai popoli Rong-Qiang della zona, che decisamente influenzeranno la formazione della cultura cinese posteriore.

Cultura di Hongshan e Dawenkou

Ad est della Cina, appaiono culture, nello stesso periodo di quella Yangshao, con uno sviluppo umano più complesso ed originale, delle quali però si perdono le tracce nelle successive culture e quindi non abbiamo strumenti per sapere quanto hanno influito nella civilizzazione cinese. Da nord a sud sono: Hongshan, Dawenkou e Liangzhu.

La cultura Hangshan, si estende lungo il fiume Liao, dal 4000 fino al 2500 a.C. in un’area molto estesa. Utilizza, come la Yangshao, l’agricoltura la caccia e il raccolto. I suoi abitanti vivono in case seminterrati, utilizzano utensili di pietra ed elaborano ceramica. Grazie agli scavi realizzati a Niuheliang, uno dei centri più importanti della cultura Hongshan, sappiamo che nel 3500 a. C. questa società si trasforma radicalmente, appaiono diverse classi sociali, deducibile dal gran sviluppo delle cerimonie funebri. A Niuheliang ci sono altari, templi con statue e piramidi di pietra, troviamo grandi pietre funerarie allineate sulle cime delle montagne. Intorno al Tempio della Dea si sono ritrovati numerosi frammenti di grandi statue femminili. Fatto questo che lascia pensare all’esistenza di artigiani specializzati, come di personaggi poderosi capaci di utilizzarli e di dirigere i lavori dei contadini. Ad Hongshan potrebbero essere stati presenti almeno tre classi sociali: i capi, gli artigiani e i contadini.

A Niuheliang si sono ritrovati numerosi oggetti di giada, utilizzati per scopi rituali. La popolarità della giada era tale che praticamente tutti erano sepolti con un pezzo della stessa. Nella zona però, non è presente questo minerale, così che si può pensare ad una forma di commercio con altre regioni. Una delle figure più curione ritrovate nell’arte della cultura Hongshan, è un tipo di drago-maiale. Il notevole sviluppo raggiunto dalla cultura Hongshan lascia perplessi gli storici. Tanto quanto la sua repentina scomparsa.

L’assenza di eredità da parte di altre culture rispetto a quella di Hongshan, spinge gli storici a pensare che la loro scomparsa sia dovuta ad una catastrofe naturale. Cho-yun Hsu, sostiene, data l’estensione raggiunta nel Basso Xiajiadian, e la scoperta di una serie di fortificazioni che rappresentano una linea difensiva, per alcuni aspetti simili alla Grande Muraglia; che potrebbero essere esistiti una serie di proto stati nella valle del Fiume Liao, ereditari della cultura Hongshan, dei quali la storia non ha nessuna notizia.

Dawenkou, nell’attuale provincia di Shandong, si evidenzia specialmente per la sua ceramica rossa, fatta a mano e con forme diverse, e la sua ascia di pietra levigata con un buco al centro della stessa. È una società più complessa e sempre più stratificata, che coltiva il miglio ed addomestica suini, bovini e polli. Catturano cervi, tartarughe, coccodrilli, procioni e tassi, così come molluschi e lumache. I riti funebri sono diversi, le sepolture non sono in posizione fetale ma bensì prono, con polvere di ematite rossa cosparsa sopra. Nelle sue tombe notiamo la crescente presenza di manufatti rituali che dimostrano la conseguente stratificazione della società. Nell’ultima fase della cultura Dawenkou, sviluppandosi l’agricoltura e i lavori più pesanti, si nota il declive del ruolo dominante delle donne. L’eccedenza agricola crea differenze sociali, e rende possibile la creazione di liquore partendo dall’eccesso di grano.

Cultura di Yangtze: Hemudu e Liangzhu

Nel delta del Yangtze la cultura agricola più antica è quella di Hemudu, sviluppatasi tra il 5000 e il 3000 a.C. si tratta di un matriarcato ugualitario al quale si attribuisce l’inizio del coltivo del riso, con palafitte, vasi e travi laccati. Hemudu è una civiltà relativamente complessa, che utilizza utensili di legno, ossi, pietre e ceramica. I suoi abitanti hanno addomesticato cani, suini, bufali; catturano numerose specie di mammiferi, volatili e pesci; costruiscono barche per pescare e intagliano delicati ornamenti di avorio. Esistono alcuni indizi che gli abitanti di Hemudu erano capaci di navigare l’oceano, sono state scoperte rovine tipo Hemudu nell’isola Zhoushan, nella vicina costa, la presenza di ceramica “fu”, tipica di Hemudu, a nord della costa della provincia di Shandong, e la presenza di un tipo di asce, inventate ad Hemudu, per tutta la costa cinese, sia a nord che a sud; persino nelle isole della Polinesia. Di fatto, molti archeologi, situano l’origine delle culture del Pacifico nella costa sudest della Cina.

Erede di Hemudu è la cultura di Liangzhu, sviluppatasi tra il 3200 e il 2200 a.C. nella zona del delta del fiume Yangtze e la baia di Hangzhou, estendendo considerabilmente la sua influenza nelle regioni vicine. Liangzhu probabilmente fu il palcoscenico della creazione di una delle federazioni di tribù dentro della quale i suoi leader, dalla capitale Mojiaoshan, accumulavano sempre più ricchezze e potere, dirigendo la vita di altri centri secondari, che a loro volta avevano potere su villaggi minori. Siamo in presenza di una élite potente, con ricche tombe e piccole piramidi, che utilizzava il lavoro degli schiavi e realizzava sacrifici umani. Il popolo, nel mentre, coltivava riso, produceva ceramica di una certa qualità e utilizza barche per pescare sempre più al largo. Ritroviamo artigiani con grandi capacità per lavorare la giada, specialmente pezzi rotondi chiamati “bi” ( che simbolizzano il cielo) e altri quadrati “cong” ( che rappresentano la terra). La fine di questa cultura probabilmente fu accelerata da contraddizioni interne tra le classi sociali ed alcune inondazioni.

L’abbondanza di oggetti di giada scoperti nei luoghi principali di questa cultura, generalmente usati a scopo rituale, fan pensare in una società con un profondo impegno religioso, dove gli sciamani hanno un ruolo importante. Per alcuni autori si può chiamare la Età della Giada, che corre parallela a quella progressione politica che va dalla società comunista al potere degli sciamani e posteriormente ai primi capi, corrisponderebbe nell’ambito materiale con l’utilizzo della pietra lavorate e levigata, la giada, e il bronzo. Neolitico, Età della Giada ed Età del Bronzo.

Cultura di Longshan

Si crede che le precedenti tre culture nominate non abbiano avuto uno sviluppo posteriore ma che tra di loro abbiano sviluppato tendenze a collegarsi ed espandersi. Questo processo però si cristallizza intorno al 3000 a.C.; data che vede nascere la cultura di Longshan; nella quale ritroviamo tracce delle culture del nord e influenze in quelle del sud.

In questo modo si crea, nel centro della Cina, una cultura dalla quale ne usciranno i processi della formazione statale dei secoli a venire, quel processo che arriverà all’unità territoriale.

Nella cultura di Longshan, si evidenzia un aumento della ricchezza e del potere politico, ora più importante che il potere spirituale, più violenza nelle relazioni sia interne che esterne, più sviluppo dell’agricoltura e dell’allevamento, così come nell’artigianato del bronzo, dove appaiono le mostruose figure “taotie”, con un significato ancora sconosciuto, e della giada, con una popolarizzazione del disegno “cong” (terra) e “bi”(cielo). Si sono ritrovati resti di rudimentali muraglie di terra pressata intorno ad alcuni villaggi. La produzione di ceramica è molto più sviluppata e qui ritroviamo i diversi tipi di ceramica riprodotto posteriormente dal popolo cinese. Ci sono segni di riti di divinazione, riscaldando ossa; credono nell’esistenza degli spiriti della natura, i quali sono venerati come dei. Gli abitanti del villaggio vengono sepolti con la testa all’ingiù. Il bue e la pecora sono ora animali domestici. Ci sono varie centinaia di località nel nord della Cina dove si sono ritrovato resti della cultura Longshan, da qui possiamo pensare in comunità di agricoltori, contadini, che vivono in contatto tra di loro, che affrontano gli stessi ostacoli materiali e che comunicano con il commercio , intercambio umano per matrimoni o associazioni di guerra. Questo tipo di società è guidata da un capo, generalmente un anziano del clan. Con il passare del tempo la società si gerarchizza, costruisce in alcuni casi delle muraglie che dividono la zona nobile dal resto del villaggio. L’ultima fase della cultura Longshan si colloca tra il 2400 e il 199 a.C. e rappresenta la base della cultura dinastica che sorgerà nei prossimi secoli. La cultura agricola di Longshan si mantiene praticamente inalterata durante i secoli occupati dalla dinastia Xia (s XXI- s XVI a. C.) e quella Shang (s XVI- S XII a.C.), dove le coltivazioni, le case e le modalità di costruzione sono praticamente le stesse. Quello che si trasforma sono i centri di potere.

Il sorgere delle prime entità politiche

Il processo formativo dei primi stati del centro della Cina, pare si sia sviluppato proprio nei villaggi della cultura di Longshan. Sembrerebbe infatti che inizialmente le tribù si radunassero per occasioni concrete, per realizzare alcune attività. Il motivo potrebbe essere la difesa comune contro altri nemici, proteggersi dalle inondazioni del Fiume Giallo, come la mitologia da ad intendere, o altre attività menzionate dai testi classici.

Addirittura potrebbero essersi formate unioni occasionali solo per alcuni di questi motivi in un determinato momento, e poi dissolte al terminare il pericolo o la necessità. È anche possibili che alcune di queste unioni perdurino perché i propri partecipanti si resero conto del miglioramento sociale tenendo in vita l’unione. Gli scavi archeologici sui villaggi di Longshan ci mostrano una gerarchia degli insediamenti, con l’esistenza di un centro primario circondato da centri secondari e quest’ultimi da piccoli villaggi. I capi acquisiscono sempre più potere temporali e gestiscono le eccedenze della produzione. Le federazioni di villaggi iniziano ad essere permanenti sotto la guida dei capi. Le eccedenze agricole permettono mantenere un sistema schiavista, creato generalmente con i nemici di guerra. Nei centri primari dove vivono i capi si sono ritrovati resti di muraglie, altari per sacrifici, bronzi, scritture, manufatti di oracoli, giada, ecc.. Con la presenza del bronzo, nell’ultima fase della cultura Longshan, si denota una forma di aristocrazia che consolida il suo potere grazie alle armi. Il sud della Mongolia, in quel periodo prevalentemente agricola, soffre numerosi cambi climatici che trasformano la zona, diventando sempre più arida e fredda. Ovviamente questi cambi climatici mettono fine all’agricoltura nella zona, da qui la posteriore migrazione di popolazioni nomade che si dedicheranno all’allevamento.

Le scoperte archeologiche dimostrano come la competizione tra diversi gruppi potrebbe essere la causa dell’aumento delle dimensioni degli insediamenti umani, i quali continuano sviluppandosi fino a creare i primi stati, centri artigianali e commerciali. Questi primitivi stati, venuti dai risultati agglomerativi dei piccoli villaggi, si sono trasformati in un fenomeno permanente nel nord della Cina; tutto questo crea un ambiente adeguato al sorgere di sistemi politici più complessi, come quella che poi sarà la dinastia Xia. Ci sono ancora villaggi che si mantengono ai margini di queste strutture federali, però sembrerebbe che la tendenza ad unirsi ha le caratteristiche delle zone adiacenti o vicine, della vicinanza parentale, dell’identificazione etnica, culturale o per interessi.

L’Imperatore Giallo

In un momento dato dell’anno 2600 a.C. sorge una federazione di stati sommamente stabile, che fa capo ad un unico leader, considerato il padre della Cina. È l’imperatore Giallo (Huangti).

Questa teoria riunisce numerosi storici che concordano nel localizzare questa figura emblematica in una nuova gerarchizzazione della cultura Longshan; un processo storico questo, soggetto ad influenze politiche, del proprio governo cinese, che desidera cimentare l’esistenza e l’unità di una Cina nella più remota antichità.

Esistono numerosi dubbi, infatti, sull’esistenza dell’Imperatore Giallo, però, la maggior parte delle gesta che la leggenda gli attribuisce, effettivamente sono successe in un periodo che più o meno corrisponde a quello in cui l’imperatore dovrebbe essere vissuto; si dovrebbe più correttamente parlare dell’esistenza del concetto di “Imperatore Giallo”; e quindi riferirlo ad una persona o a gruppi di persone o incluso ad un’epoca. Alcuni autori sono convinti della provenienza dell’imperatore dai monti Kunlun, ad ovest, ancora oggi venerati dai cinesi come residenze degli dei, localizzazione questa che lo trasforma in un invasore delle pianure centrali. È un capo di un popolo guerriero che invade le pianure centrali e sottomette i suoi abitanti, domina una gran massa di agricoltori. L’Imperatore Giallo, secondo narra la leggenda, è unto con poteri speciali dalla sua nascita, lo si adora per aver saputo portar la pace e unire le tribù del nord e di combattere i suoi nemici, i Miao, costruendo così il primo concetto di identità cinese. La leggenda narra come Huang Di e suo fratello Yan Di combattono e vincono il re dei Miao, Chiyou, spingendolo al sud. I Miao saranno costretti a migrare lungo il corso del Fiume Giallo in direzione sud, saranno di nuovo vinti dall’imperatore Yao ed inizieranno un lungo periodo di migrazioni che finirà solo nel secolo XX. Nella stessa leggenda sui Miao rimane vivo il ricordo di queste battaglie.

Si attribuisce all’Imperatore Huang Di e a sua moglie l’invenzione della seta, i caratteri cinesi, il primo compasso, alcune opere mediche ed alcuni concetti filosofici che posteriormente svilupperanno la scuola taoista. Com’è evidente queste sono attribuzioni posteriori che vogliono rappresentare il pensiero di quell’epoca più che una realtà storica.

Altri capi tribù verranno quasi deificati, tenendo successo in questioni più pratica, prima dai diretti discendenti e poi da tutti i cinesi. È il caso di Fuxi, primo uomo a tessere una rete da pesca, Nuwa, creatore dell’umanità che ricostruisce i pilastri della terra, o Shennong, dio dell’agricoltura e della medicina. Dopo un tempo di leader assoluti che rappresentano le prime conquiste della civiltà cinese, i libri dei classici evidenziano il sorgere di tre re: Yao, Shun e Yu, quest’ultimo è il fondatore della prima dinastia Xia.

I tre sovrani: Yao, Shun e Yu

I tre Re sono il risultato della nuova organizzazione della società; i loro principali compiti sono organizzare il calendario, la base della società agricola, e ristrutturare le tribù sotto il loro mandato; un mandato questo che è sempre accompagnato dall’esigenza di far fronte a catastrofi naturali quali le inondazioni. Organizzano e stabilizzano la successione pacifica al governo della federazione, nei libri classici ritroviamo la dicitura “successione per abdicazione”, che nella realtà si avvicina di più ad un concetto di governo per turni, una specie di rotazione al comando della federazione organizzata dagli stessi leader, verosimilmente per elezione tra gli stessi.

Un sistema questo, ritrovato nelle tribù di Donghu nel nordest, e perpetuato dai suoi successori Kitan del X secolo. I tre Re applicano questa metodologia politica abdicando prima della loro morte, e segnalando quindi il successore. Il nuovo capo non potrà appartenere alla stessa tribù. Questo tipo di successione ci ricorda quella descritta da James Frazer nel libro “Il ramo d’oro”, è un tipo di cambio al potere comune a tutta l’umanità, anche da questa pratica possiamo supporre una maggiore influenza tra Oriente ed Occidente rispetto a questo modello. Secondo la leggenda, Yao non nomina suo figlio erede, bensì Shun, un uomo di umili origini. Il figlio di Yao si ribella alla decisione, ma Shun posteriormente si sposa con due figlie di Yao, impiantando una successione matrilineare, rafforzando così l’ordine per turni. Con Yao assistiamo all’unione delle tribù, importante significato per le aristocrazie che perdono i loro legami di consanguineità con il popolo originario, ma creano lacci sociali che li uniscono ai nobili di villaggi vicini. Shun, nel momento dell’abdicazione, lascia il potere a Yu, uomo importante nella lotta contro le inondazioni, che costruisce dighe e canali; la sua dedicazione al lavoro e al popolo sono proverbiali. La leggenda racconta che durante tredici anni si dedicò a lavori di bonifica, senza tornare a casa per conoscere il figlio nato dopo la sua partenza, nonostante per tre volte sia passato di fronte alla porta di casa.

Le notizie che abbiamo di questi Re ci arrivano dall’opera di Confucio. Como segnala Che Huan-Chang “Confucio non trova dati certi sui quali basare le sue dottrine, le descrizioni delle civilizzazioni antiche sono il prodotto della sua mente.... ai tempi di Confucio non esisteva l’autentica storia delle civilizzazioni Xia e Shang”. E come dice lo stesso Confucio “parlo umilmente per evitare pericoli e mi riferisco agli antichi Re per poter prender prestata la loro autorità” Chen Huan-Chang pensa che Confucio abbia creato questi racconti “frutto della sua mente per la propria dottrina religiosa”. È un fatto accertato che i cinesi considerino veritiere tutte le leggende riportateci da Confucio, nonostante non si abbiano riscontri con fonti storiche accertate.

Joseph Campbell ha evidenziano similitudini con culture di altre latitudini: “l’analogia è ovvia con i dieci re sumeri, patriarchi biblici; così come la leggenda del diluvio che arriva alla fine di questa serie…non è curioso che tanto Noè come Yu, durante i loro sforzi e durante il diluvio rimangano zoppi… questo concetto è basato nella storia del re che, assassinato, in riti posteriori, era solo lasciato zoppo o castrato… sia Yu che Noè si ubriacarono… cosi come Noè sopravvisse al diluvio rappresenta sia la fine che l’inizio del nuovo mondo. Lo stesso farà il grande Yu. Rispetto all’epoca posteriore al diluvio, tanto la Bibbia come la vecchia lista dei re sumeri, si avvicinano al piano della storia, esattamente come succede nella cronaca cinese, seguendo il periodo di Yu.”

L’archeologia, evidenzia la gerarchizzazione dei villaggi, la concentrazione di popolazione ed il suo aumento numerico, concentrazione del potere politico, oggetti sontuosi, mentre diminuisce la varietà di ceramica. Il commercio è a grande scala, come viene dimostrato dall’apparizione di conchiglie di ciprea e da motivi decorativi tipici dell’Asia centrale. Fu così che nasce in Cina il primo vero stato di cui ci da notizia la storia. Lo stato di Xia è sicuramente il più conosciuto ma non l’unico nella Cina centrale. Da questa regione è da dove nasce il primo stato cinese, che non si espande ma stabilizza il suo potere sul territorio. In questo periodo probabilmente esistono già le linee dinastiche degli Shang e Zhoi, che governano ad est e ovest dei primi Xia, come sicuramente esistono altre linee dinastiche, che però, non arriveranno ad un protagonismo storico. Di altre entità politiche più lontane solo abbiamo notizie frammentate.

Breve Storia Della Cina

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