Читать книгу L'Ascesa Di Mercurio - Rebekah Lewis - Страница 4

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CAPITOLO UNO


"Hermes!"

Pessimo tempismo. Hermes si fermò quando riconobbe la voce. Solo una persona poteva racchiudere così tanta disapprovazione e giudizio in sole due sillabe. Sfortunatamente, la voce apparteneva all'unica dea nella quale non era disposto a imbattersi. Preparandosi, lui si voltò e la affrontò.

Hybris, la dea dell'arroganza, gli lanciò un'occhiataccia, con le braccia incrociate e tacchi a spillo rosso sangue che picchiettavano impazientemente. I suoi lunghi capelli scuri ondeggiavano in modo innaturale nella brezza. Lei non si scompose; ricadde in una posizione perfetta, senza che un capello fosse fuori posto. Le donne umane devono odiarla.

Un adolescente mortale, a qualche metro dietro di lei, diede una gomitata al suo amico che rideva in modo odioso. "Fratello ... Penso che quella bella ragazza abbia appena detto a quel tizio che lui le ha attaccato l'herpes!" Il suo amico rimase a bocca aperta mentre fissava la schiena di Hybris.

"Tenete i vostri commenti per voi, per favore", mormorò Hermes mentre si lanciava in volo.

Nel giro di tre secondi, le ali tatuate intorno alle sue caviglie si estesero dalla sua carne e lui si avvicinò ai ragazzi, colpì la loro testa e poi tornò nel punto preciso di prima. Missione compiuta, le appendici piumate bianche svolazzarono contro la sua pelle, affondando di nuovo in essa e lasciando il contorno scuro come unica prova visibile della loro esistenza.

"Era necessario?" Hybris fece un sorrisetto mentre gli umani strofinavano i loro crani e cercavano di alzare se stessi e i loro skateboard da terra. "Avresti potuto creare un danno cerebrale a quei poveri ragazzi".

"Come se davvero ti importasse. Pensavano che tu avessi detto herpes. Mi ha fatto incazzare".

"A loro difesa, il tuo nome è diverso per una lettera da herpes. È divertente. Dovrò ricordarmi di chiamarti così quando mi fai incazzare. Il che succede spesso". Sentì il bisogno di aggiungere qualcos’altro. "Come adesso".

"Possiamo uscire dalla strada popolata? Ho bisogno di bere alcolici e di una vasca idromassaggio se devo ascoltare qualunque cosa tu sia venuta qui ad insinuare". Le afferrò il braccio e la tirò contro il suo petto. Il centro di una strada di Los Angeles piena di turisti e paparazzi non era la migliore location per il loro inevitabile scontro. Il suo sussulto di sorpresa lo fece sorridere mentre la sollevava nel suo abbraccio e si allontanò troppo velocemente perché gli umani sottostanti se ne accorgessero. Prima che la dea avesse qualcosa da dire sul suo comportamento da macho, Hermes scese nel patio posteriore della sua casa privata sulla spiaggia di Malibu.

Per capriccio, lui lasciò cadere Hybris nella piscina, nella zona poco profonda.

Sembrava perfetto.

Lo schianto che fece ritornando in superficie per prendere aria fu sorprendentemente più forte e meno aggraziato di quello che aveva fatto quando era entrata. Sinceramente, non c'era mai stato suono di indignazione più bello.

"Figlio di puttana!"

"Ora questo è grave, non credi? Mia madre non c'entra niente".

Hybris si lanciò fuori dalla piscina e tentò di buttarcelo dentro, ringhiando mentre lo attaccava. Hermes cercò di sfuggirle e lei quasi cadde di nuovo.

"Potrei farlo tutto il giorno, ma arriva al punto. Che cosa ho fatto questa volta? Tagliarmi i capelli troppo corti? Indossare troppe infradito in inverno? Portare un costume da bagno alla moda? Ogni volta che ti presenti c'è sempre qualcosa che non va". La sua semplice presenza gli ricordava cose che aveva dato per scontato tanto tempo prima. La sua vista lo faceva soffrire, costringendolo a distogliere lo sguardo, fingendosi distratto. Sapere cosa gli aveva fatto le avrebbe fatto solo che piacere.

Hybris scosse l'acqua dal suo corto prendisole nero, un accostamento assurdo. I prendisoli dovevano essere solari, estivi. Il nero non era nessuna di quelle cose, ma nemmeno lei. Hybris personificava la sensualità. Lei aveva perso una delle sue scarpe nel fondo della piscina. Rendendosene improvvisamente conto, lei allungò la mano e rimosse l'altra, borbottando sul fatto che si erano rovinate e la lanciò sopra la sua testa. Hermes si abbassò, ma la finestra dietro di lui fu meno fortunata frantumandosi per lo schianto.

"Quanto mi piacerebbe rimproverarti per quegli orribili ... ‘costumi da bagno’ li hai chiamati?" Indicò i suoi pantaloncini arancioni, non più lunghi delle sue ginocchia e chiazzati di ancore blu scuro. "Sono orribili. Quel colore è così ... è così ... orribile alla mia vista. Non importa. Non è il motivo per cui sono qui". Lei raddrizzò la postura, preparandosi all'attacco. "Hai detto a Pan di me. Avevamo concordato che non lo avrebbe mai saputo".

Un dolore lancinante gli attraversò la parte sinistra del petto. Abbassò lo sguardo e vide che nulla lo aveva trafitto veramente, sebbene le affilate parole di lei lo avessero fatto. La vita che avrebbero potuto avere, o presumibilmente avrebbero dovuto avere, lo perseguitava. "Stai per avere un nipote. Vuoi davvero passare l'eternità senza mai conoscere la tua famiglia?"

Lei alzò il mento altezzosamente. "Ti sembro una nonna? Sono giovane. Sono stupenda. Io ho bisogno di vivere nel mondo usando i miei incantesimi sugli umani e non sprecare la mia vita in casa su un dondolo mentre la vita vola senza essere goduta".

Hermes non fu sorpreso. Le motivazioni di Hybris sul perché non voleva stare vicino a Pan erano sempre ferme. Nondimeno, lei non avrebbe mai ammesso di essere ogni tanto tornata di nascosto, quando Pan era bambino per passare del tempo con lui. Lei era convinta che Hermes non lo sapesse. Per lungo tempo, lui si era chiesto se era fuggita da Pan, o se non potesse più sopportare lo stare con lui. Tuttavia, in vita sua, Hermes non riusciva a capire cosa avesse fatto di sbagliato. Cosa l’aveva costretta a lasciarlo? Cosa l'aveva costretta a lasciare suo figlio?

Eppure lei era andata a trovare Pan in segreto, quando era bambino. Non aveva mai aggiunto altro, parole o azioni.

"Lui è innamorato della madre di suo figlio", disse Hermes. Hybris lo guardò e lui capì che lei voleva maggiori dettagli. L'arrogante inclinazione del mento lasciava intendere che fosse troppo orgogliosa per chiederli. Forse l'idea dell'amore l'aveva incuriosita, ma Hybris era paralizzata da un orgoglio abbastanza forte da tirar fuori il peggio dagli altri, se fosse rimasta in un posto troppo a lungo. Era costantemente influenzata dai suoi stessi poteri, quindi Hermes credeva che la sua capacità di amare fosse assolutamente imperfetta.

"Il bambino è in arrivo da un giorno all'altro, ci sono già stati due falsi allarmi, ma è ora. Celebreranno il matrimonio dopo che Katerina avrà recuperato la sua forma fisica, o almeno così dice".

"Beh, non la biasimo affatto", disse Hybris. "Chi vuole sposarsi e affrontare lo stress quando hai un'anguria che sta per cadere dal tuo inguine?"

"Sempre simpatica, amore".

"La simpatia è debolezza".

Hermes roteò gli occhi. "Altri direbbero che la più grande debolezza di tutti è l'arroganza". Mai parola più vera. Se ci fosse stata una batteria nelle vicinanze, avrebbe suonato un pezzo per amplificare il suo aspro commento.

"Dice così chi non è come me", si indicò con entrambi i pollici. "Non sono debole".

Penso che la signora stia protestando troppo.

"Dubito che pensassero a quanta arroganza tu abbia". Lui non ci avrebbe pensato. Non lo avrebbe fatto. E ci sto pensando. Dannazione.

Lei sospirò. "Lo stiamo facendo di nuovo. Continuare a battibeccare. Perché non possiamo stare insieme per cinque minuti senza farlo?"

Si mise le mani intorno al collo e fece finta di soffocare. Tosse. "Arroganza!" Tosse. Tosse.

"Ti odio veramente".

"Non è quello che hai detto la notte che hai concepito".

"Fanculo".

Per quanto fosse divertente innervosirla, lui non era proprio dell'umore giusto per avere nostalgia di lei. "Non ho tempo per questo, Hy. Ho delle cose da fare. Cose importanti". Una promessa fatta a un satiro, che Hermes intendeva mantenere. Una fanciulla in pericolo. Eroismo e tutto il resto.

Hybris sbadigliò. "Sì. Capisco. Girovagare per la California e nuotare in spiaggia è una questione di vita o di morte".

Scuotendo la testa, lui aprì la porta a vetri della casa e sfrecciò dentro. Tentò di chiuderla alle sue spalle, ma Hybris passò oltre. Hermes fece un grande sforzo per non notare che aveva ancora l'odore dei melograni.

Le mancava.

"Beh, stavo aspettando che Zeus mi chiamasse prima che tu ti presentassi con il tuo giudizio ... giudizioso". Lui chiuse la porta e si girò di nuovo per trovarla rilassata sul suo divano, nonostante i suoi vestiti bagnati fradici. Maleducata.

Lei si studiò le unghie. "E lui l’ha fatto?"

"Non ancora".

"Allora non stai facendo nulla di importante". Il suo sguardo si spostò sul suo inguine. "Ancora". In piedi, Hybris avanzò verso di lui.

"No. Oh, no, no, no. No". Hermes schizzò via e si librò fuori dalla sua portata. "Non lo faremo più. Non questa volta. Non questo giorno. Non sta succedendo". Stava facendo sul serio? Dopo tutto quello che lei aveva fatto, voleva fare sesso con lui?

Incerto se lo stesse colpendo nel suo ego o se stesse influenzando la sua arroganza personale, una calda compiacenza prese piede. Lui era sempre stato arrogante, ma lei poteva farlo diventare ancora di più.

"E perché no? Sono una donna bellissima, mi desideri e non hai impegni al momento. Togliti i pantaloni e fottimi".

Piuttosto avrebbe lasciato la sua adorata casa ma non sarebbe rimasto lì con lei. Era così affamata da colmare la sua umiliazione e il suo dolore?

"Non sono il tuo schiavo d'amore. Vai a trovare un essere umano spiritoso da dominare. Ci vediamo". E con un saluto beffardo, Hermes non passò dal Via o Incassa duecento dollari uscendo di corsa dalla porta e dirigendosi verso l'Olimpo. Almeno poteva scappare da Hybris con il pretesto di incontrare il capo. E se fosse stato fortunato, Zeus l’avrebbe incontrato oggi stesso per la questione di Daphne.

L'Ascesa Di Mercurio

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