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ABIGAIL

STREGA PER CASO

Un romanzo di

Sandro Dell'Orto

A Stefano

PREFAZIONE

L'idea di scrivere la storia di Abigail come immaginerete mi è venuta quando ho conosciuto Harry Potter (no, non ho conosciuto lui personalmente anche perché è un personaggio di fantasia come lo è Abigail, però non mi sarebbe dispiaciuto conoscere l'autrice J.K. Rowling).

Ho cominciato a scrivere la storia intorno al 2004 ed inizialmente l'avevo strutturata in tre racconti dal titolo "Abigail, la storia comincia", "Il ritorno di Wilfreda" e "La minaccia di Atlantide", ognuno ambientato in un anno diverso: infatti all'inizio compie 12 anni e nel terzo ha 14 anni. Verso la metà del 2005 avevo già completato i primi due racconti ed ero a un buon punto per il terzo quando mi si è bruciato l'hard disk del computer. Purtroppo non avevo pensato di fare i backup come sono abituato a fare ora, quindi ho praticamente perso tutto quello che avevo scritto fino a quel momento. Ho provato a portare l'hard disk in un negozio che diceva di poter recuperare i files danneggiati ma mi hanno recuperato poco o niente, in compenso mi han fatto pagare una cifra esagerata. Per fortuna quando ho cambiato il pc, ho conservato l'hard disk e nel 2013 ho provato di nuovo a portarlo in un centro assistenza informatica, che nel frattempo aveva aperto vicino a casa mia, dove sono finalmente riuscito a recuperare l'80% dei files tra cui tutto quello che avevo scritto. Solo che ormai mi sembrava un po' obsoleto così ho deciso di rimetterci mano e unificare tutti i racconti facendolo diventare un vero romanzo. Inoltre volevo farvi notare una curiosità: mentre nei libri di Harry Potter le formule magiche sono in latino, io invece le ho messe in gaelico, tranne i monosillabi usati da Abigail e Rachel durante la loro battaglia che sono inventati di sana pianta anche se potrebbero sembrare cinesi o coreani. Detto questo vi auguro buona lettura e buon divertimento.

PROLOGO

Intorno all'anno mille, una vecchia stava percorrendo un sentiero sui Balcani quando venne sorpresa da una tormenta di neve; lei allungò il passo, perché sapeva che lì vicino c'era una caverna in cui avrebbe potuto trovare rifugio finché non fosse passata. Raggiunse la caverna, vi entrò fin dove la luce esterna poteva filtrare e si sedette su un masso in attesa che il tempo cambiasse; una strana inquietudine però la tormentava quando si voltava verso il fondo buio della caverna, i sensi le dicevano che non era sola: qualcuno o qualcosa si nascondeva nell'oscurità. Si alzò e fece per inoltrarsi nella caverna, almeno finché dove i suoi occhi potevano distinguere ciò che la circondava, quando una voce maschile molto profonda venne dal fondo della caverna.

«Fermati. Non voglio farti del male.»

«Mi scusi. Mi sono rifugiata qui per via della tempesta, ma appena smette me ne vado.»

«Mi capisci?» chiese la voce con un tono stupito.

« Certo che la capisco, signore, parliamo la stessa lingua a quanto pare.»

«Non credo proprio, a meno che tu non sia una strega: se fossi stata un semplice essere umano avresti sentito solo dei ruggiti al posto delle parole.»

«Dei ruggiti, signore? Non capisco. Comunque sì, pratico le arti magiche, quindi posso definirmi una strega come dice lei, signore.»

«Signore, ah ah ah. » rise la voce misteriosa «Sei la prima a chiamarmi così e, probabilmente, anche l'ultima. »

«Cosa vuole dire? Chi è lei?»

« Vuoi proprio saperlo? Promettimi che non fuggirai appena mi vedrai e io ti farò un dono.»

«Va bene, glielo prometto, del resto con la tempesta che c'è là fuori morirei di sicuro.»

«Bene, ora accenderò un fuoco così potrai vedermi e anche riscaldarti. Voltati, ti dirò io quando sarò pronto.»

Lei si voltò verso l'ingresso della caverna, osservando la neve che cadeva fitta mentre alle sue spalle una lingua di fuoco raggiunse una catasta di legna accendendola e illuminando la grotta.

«Ecco, ora puoi voltarti.»

La donna iniziò a voltarsi piano e quando vide quello che il fuoco stava rivelando i suoi occhi si riempirono di stupore e di terrore allo stesso tempo, perché quello che stava vedendo era...

«Sei... sei un drago!»

«Proprio così, per l'esattezza l'ultimo drago.»

«Che significa?»

«Io sono l'ultimo della mia specie. » sospirò il drago «Con la mia morte, la mia razza scomparirà per sempre. Per gli uomini saremo solo una leggenda, penseranno che non siamo mai esistiti.»

«Ma troveranno le vostre ossa in futuro...»

«No, quando moriamo di noi non resta nulla. Il fuoco, che è la nostra arma, è anche la nostra maledizione: ogni volta che lo usiamo ci consuma da dentro e quando sentiamo che la fine è vicina ci nascondiamo da qualche parte e aspettiamo la vampata finale che ci ridurrà in cenere in pochi minuti, comprese ossa zanne e artigli. Per questo gli uomini del futuro non crederanno alla nostra esistenza e ci descriveranno come esseri mitici e leggendari che si trovano solo nelle favole che racconteranno ai loro figli.»

«Posso fare qualcosa per aiutare a non dimenticare?»

«Sì, questo è il dono che voglio farti. Hai un contenitore nella tua bisaccia?»

«Penso di avere un barattolo di vetro, sì, eccolo. Cosa devo fare?»

«Stammi a sentire, il mio tempo sta finendo, non interrompermi e non chiedermi nulla: ora con i miei artigli mi strapperò un lembo di pelle, raccoglilo e raccogli il sangue che sgorgherà dalla ferita nel tuo barattolo. Quando sarai a casa tua, prendi la mia pelle, bagnala con qualche goccia del mio sangue per ammorbidirla e crea un oggetto qualsiasi, quello che preferisci, questo oggetto avrà dei poteri magici e ogni cento anni dovrà essere donato a un essere umano meritevole.»

Detto questo, il drago iniziò a incidere la propria pelle con un artiglio staccandone un pezzo mentre la donna raccoglieva il sangue che ne usciva nel barattolo; quando il drago ebbe finito l'operazione, la donna raccolse il lembo di pelle verde e lo mise nella bisaccia insieme al barattolo che nel frattempo aveva chiuso. Intanto, la ferita del drago avevo smesso di sanguinare e dalla carne nera si accendevano tizzoni incandescenti.

«Ora vai. » disse il drago «Il mio tempo è arrivato, se rimani nella caverna brucerai con me. La tempesta è passata, torna a casa e fa come ti ho detto. Addio. »

La donna raccolse la bisaccia e il suo bastone e uscì dalla caverna, il tempo stava migliorando, quando ebbe fatto pochi passi, una vampata di fuoco proruppe dalla grotta seguita da una nuvola di fumo grigio: l'ultimo dei draghi se n'era andato per sempre e con lui la sua stirpe.

1 – Un magico regalo

C’era una volta, anzi, c’è ancora o meglio, potrebbe esserci, perché questa è una storia che si svolge ai nostri giorni o nel prossimo futuro in una cittadina del Galles, della quale vorrei risparmiarvi il nome perché è abbastanza impronunciabile, ma se volete provare ad annodarvi la lingua eccovi il nome: Llanfairpwllgwyngyllgogerychwyrndrobwllllantysiliogogogoch, giuro che esiste come esistono Londra o Parigi, con protagonista una ragazzina di dodici anni chiamata Abigail. Abigail era un tipo molto sveglio per la sua età, con capelli rossi e ricci e fantastici occhi verdi, e ogni giorno, dopo la scuola, andava a fare compagnia ad una vecchia signora che le malelingue del paese dicevano essere una strega. Ma Abigail non badava a queste chiacchiere perché la sua mamma le aveva insegnato che non si possono giudicare le persone senza prima conoscerle.

Questa storia comincia proprio il giorno in cui Abigail compie dodici anni, ma non per questo rinuncia a fare visita alla vecchia signora. Quel giorno, però, Abigail la trovò a letto e perciò le chiese:

«Non si sente bene, signora Carter?»

«Non preoccuparti, Abigail, sono solo un po’ stanca e il dottore mi ha detto che ho bisogno di riposo e di una bella vacanza.»

«E quando intende partire?»

«Domattina presto. Ma dimmi, Abigail, se ricordo bene oggi è il tuo compleanno, vero?»

«Sì, signora Carter, compio dodici anni.»

«Prima di partire voglio farti un regalo molto speciale, si trova in quel cassetto: è una scatola rossa, prendila e vieni a sederti accanto a me.»

Abigail fece come le aveva detto la signora, aprì il cassetto e n’estrasse una scatola rossa con un fiocco dorato, quindi andò a sedersi accanto al letto della signora con la scatola in mano e le chiese:

«E’ davvero per me?»

«E per chi altri? Sei l’unica amica che ho in questo paese.»

«La ringrazio tanto, signora Carter, ma non era necessario che lei si disturbasse.»

«Nessun disturbo. Aspettavo da tempo qualcuno che fosse degno di riceverlo. Ma adesso aprilo, su.»

Abigail cominciò a sciogliere il fiocco e a levare la carta rossa che ricopriva un cofanetto. Aprì anche quest’ultimo e vide che conteneva un paio di guanti di pelle verdi.

«Sono dei guanti.» disse Abigail.

«Sì, ma sono speciali: sono guanti magici.»

«Magici? Ma allora è vero quel che si dice in paese che lei è... una strega?»

«No, non sono una strega, sono una fata, per essere precisi.»

«Ma le fate di solito sono giovani e belle...»

«Che ci vuoi fare? Il tempo passa anche per noi purtroppo, forse un po’ più lentamente, ma passa.»

Suonò il campanello e la signora Carter continuò:

«Questo dev’essere Ken, lo avevo invitato a venire qua per farti imparare ad usare i poteri dei guanti.»

«Chi è questo Ken?»

«Un folletto, un po’ strano ma simpatico. Vai ad aprire, su.»

Abigail andò ad aprire e si trovò davanti un ragazzo biondo, dall’apparente età di circa 18 anni che indossava un giubbotto di pelle nera, jeans, scarpe da tennis e l’orecchino.

«Ciao.» disse il ragazzo «Io sono Ken, Daisy mi ha detto di venire perché devo istruire qualcuno sull’uso dei poteri magici.»

«Daisy? Forse intende la signora Carter?»

«Già, qui è conosciuta così. E tu devi essere Abigail, la mia allieva, vero?»

«Vedo che sa già tutto. Si accomodi, prego.»

«E piantala di darmi del lei, mi fai sentire vecchio. In fondo ho solo 479 anni.»

«Io invece ne compio dodici oggi.»

«Tanti auguri. Si dice così anche da voi, vero?»

«Grazie. Ma ora vieni, lei ti sta aspettando e anch’io sono curiosa di saperne di più su questi guanti e come si usano.»

Lo accompagnò nella stanza della signora che intanto si era alzata accomodandosi ad un tavolino dove aveva portato anche il cofanetto coi guanti e li invitò a sedere con lei. Abigail e Ken si accomodarono.

«Bene. Poiché ci siamo tutti tocca a te, Abigail, chiedere tutte le informazioni che desideri sapere.»

«Prima di parlare dei guanti vorrei chiedere qualcosa a Ken.»

«Che cosa vuoi sapere, Abigail?» chiese Ken.

«Quando lei mi ha detto che eri un folletto, mi aspettavo di vederti vestito di verde con un berretto a sonagli e alto all’incirca 20 centimetri.»

«Conciato così ci vado in giro solo a Carnevale. A me piace stare al passo coi tempi. Sono giovane e moderno, io. E poi ad essere alti solo 20 centimetri rischi di farti spiaccicare dalle auto e questa non è una prospettiva che mi attrae.»

«Avrai tutto il tempo per soddisfare la tua curiosità su Ken, lui starà con te finché non avrai imparato ad usare bene i tuoi poteri.»

«Ha ragione, signora Carter, da dove devo cominciare?»

«Perché non cominci con l’indossare i guanti?» ribatté Ken.

Abigail indossò i guanti, li rimirò e poi disse:

«Come sono morbidi. E ora cosa devo fare? »

«Il potere più facile è la lettura del pensiero.» disse Ken.

«E come si fa?» chiese ancora Abigail.

«Devi solo tenere per mano la persona alla quale vuoi leggere il pensiero, così capirai le sue intenzioni.»

«Posso fare una prova con Ken?»

«Naturalmente, sono qui apposta.»

Abigail strinse la mano di Ken nella sua, dopo un po’ disse:

«Pensi che io sarò la tua migliore allieva.»

«Brava, ho pensato proprio così. Ma ora andiamo avanti.»

«Cos’altro posso fare?»

«In pratica tutto quello che vuoi, ma devi stare molto attenta perché non devi usare i tuoi poteri per soddisfare desideri egoistici: la magia dei guanti funziona solo se è usata per fare del bene, se la usi per soddisfare i tuoi capricci o per fare del male a qualcuno essi perderanno i loro poteri e diventeranno guanti normali.»

«Ha la mia parola, signora Carter, li userò solo quando sarà necessario. A casa non ho problemi coi miei genitori, quindi ricorrerò alla magia solo in caso d’emergenza o pericolo.»

«Sapevo che potevo fidarmi di te. Sei una cara ragazza, Abigail.»

«Grazie, signora, ma faccio solo il mio dovere verso il prossimo.»

Il pomeriggio passò in fretta tra una spiegazione e l’altra e per Abigail si era fatta l’ora di tornare a casa e disse:

«Ora devo andare. Non la rivedrò più, allora, signora Carter?»

«Già, il mio dovere qui l’ho compiuto. Ora mi riposerò un poco e poi andrò dove ci sarà ancora bisogno del mio aiuto.»

«Ken resterà qui al suo posto?»

«Sì, si farà passare per mio nipote quindi potrai rivolgerti a lui ogni volta che vorrai. Ma ora vai, i tuoi genitori ti staranno aspettando.»

«Addio, signora Carter.»

«Addio, Abigail.»

Ken accompagnò Abigail alla porta e le disse:

«Mi raccomando, non dire a nessuno che i guanti sono magici, altrimenti cercheranno di rubarteli.»

«Stai tranquillo, Ken, sarà il nostro segreto.»

«Va bene, ci vediamo domani pomeriggio per un’altra lezione.»

Si salutarono e Abigail si avviò verso casa canticchiando.

Il giorno dopo, a scuola, sentì le sue compagne più pettegole dire che la strega se n’era andata lasciando a casa sua un nipote che non era poi tanto male. Sapendo che Abigail era l’unica a frequentare quella casa, quando la videro arrivare le chiesero se aveva conosciuto anche il nipote della signora.

«L’ho conosciuto ieri quando è arrivato.» rispose Abigail «Si chiama Ken.»

«Ken? Bel nome.»disse Wanda «E che tipo è?»

«Molto simpatico e spiritoso.»

«Ce lo faresti conoscere?» chiesero le altre in coro.

«Vedrò cosa posso fare. Vedete, lui sa com’era considerata sua zia qui in paese quindi non so se avrà la voglia di conoscere proprio le persone che ne sparlavano di più.»

«Faremo di tutto per farci perdonare, vero ragazze?»

Le altre annuirono.

«Va bene, oggi pomeriggio gliene parlerò e domani a scuola vi farò sapere cosa ha deciso.»

«Grazie, Abigail.»

La campanella suonò e le ragazze si avviarono in classe.

Nel pomeriggio Abigail riferì a Ken quanto le avevano detto le sue compagne di scuola e lui rispose:

«Beh, se vogliono conoscermi potresti invitarle qui.»

«Anche se sparlavano della signora Carter?»

«Hai ragione, dovremo dar loro una lezione prima.»

«Un bell’incantesimo, per esempio?» propose Abigail.

«Alt! Ferma lì. Prima regola: niente incantesimi contro le persone, nemmeno per scherzo. Io pensavo invece che questa casa ha bisogno di una ripulita, quindi, puoi spargere la voce tra le tue compagne che cerco qualcuno che mi aiuti nel sistemare la casa.»

«Con la magia potrei ripulire la casa in un attimo, ma mi piace di più vedere quelle tre pettegole lavorare.»

«Non preoccuparti, vedrai che ti occorrerà anche la tua magia domani. Il fatto per cui cerco di limitarti nell’uso dei poteri dei guanti è perché potrebbero essere individuati da Rachel.»

«Rachel? Chi è questa Rachel?»

«Rachel è una strega e viaggia sempre in compagnia del suo orco Rudolph. Vogliono impossessarsi dei guanti per distruggerli.»

«Una strega e il suo orco? Che aspetto hanno?»

«Rachel è in grado di assumere qualsiasi aspetto, ma il suo reale è quello di una ventenne con capelli neri lunghi e lisci e occhi azzurri, e forse riuscirebbe di più come top model, perché come strega è piuttosto maldestra e qualche volta finisce per combinare pasticci. Del resto si è diplomata da poco all’Istituto Professionale Stregonesco e l’esame l’ha passato col minimo dei voti.»

«E l’orco, come si chiama, Rudolph?»

«Beh, lui è il risultato dell’esame di Rachel: l’esame consiste appunto nel creare un orco, ma non le è venuto molto bene, al di fuori dell’aspetto tipico dell’orco.»

«Cioè, spiegati meglio.»

«Volevo dire... di solito gli orchi assomigliano a degli scimmioni deformi, notevolmente brutti e stupidi, mentre Rudolph...»

«...è venuto bello e intelligente. E’ così?»

«A dir la verità, proprio bello bello non è, ma intelligente sì, è calvo, ed assomiglia più ad un essere umano che ad un orco tradizionale, però è un vero mostro di cultura tanto che ha conseguito ben quattro lauree! Di solito si fa assumere come insegnante, soprattutto di letteratura, in qualche scuola del posto dove Rachel pensa di aver individuato i guanti. Purtroppo Rachel possiede la capacità di individuare le onde magiche emesse da loro anche a parecchi chilometri di distanza. Più il loro utilizzo è prolungato, più è facile per lei individuarli. E’ come quando la polizia tiene sotto controllo il telefono per individuare da dove viene una chiamata.»

«Adesso ho capito: devo usare i poteri dei guanti poco alla volta, magie brevi e non prolungate.»

«Brava. Anche se prima o poi potrebbe capitare un’emergenza che ti costringerà ad una magia prolungata.»

«Per esempio?»

«Esempio: se vedi qualcuno che sta precipitando lo dovrai salvare frenandolo e facendolo arrivare a terra incolume, in quel caso dovrai usare i poteri finché il malcapitato non sia salvo. Mettiamo che sia caduto dal sedicesimo piano di un grattacielo, tu lo dovrai sorreggere con la magia fin quando non sia atterrato.»

«Qui in paese non ci sono grattacieli.»

«Lo so, come esempio è un po’ fuori luogo qui, ma l’imprevisto è sempre in agguato.»

A proposito di Rachel e Rudolph, li troviamo a bordo di un’auto guidata da Rudolph a pochi chilometri dal paese di Abigail intenti in una delle loro solite discussioni.

«Certo che come orco tu sei proprio un fallimento.» disse Rachel.

«Il fallimento è stato tuo: sei tu che mi hai creato. E poi a me piacciono i bambini.»

«Anche agli altri orchi piacciono i bambini, nel senso però che se li mangiano e non che insegnano loro a non fidarsi degli sconosciuti. Adesso fermati che ho voglia di guidare io.»

«Va bene, ma allacciati la cintura di sicurezza perché quest’auto ha l’airbag e se non hai la cintura allacciata può romperti l’osso del collo.»

«Se è per quello, io sono una strega e posso riaggiustarmi le ossa come e quando voglio: la magia di guarigione è l’unica che mi riesce sempre.»

«Allora non ti conviene mettere su uno studio ortopedico?»

«Ma che stai dicendo? La magia di guarigione la uso solo per me stessa, non m’importa degli altri: una vera strega dev’essere egoista.»

«Ok, fa come vuoi.»

Rudolph ferma la macchina per effettuare il cambio di guida, Rachel si siede al volante e ripartono in direzione proprio del paese di Abigail.

A scuola, Abigail disse alle sue compagne che Ken acconsentiva a conoscerle a patto che loro gli avrebbero dato una mano a pulire la casa e le ragazze acconsentirono. Così quel pomeriggio Abigail si recò da Ken in compagnia di Wanda, Kathryn e Deanna; quando arrivarono Ken mostrò loro quello che dovevano fare e quindi se ne andò in cucina con Abigail.

«Intanto che le tue compagne lavorano, che ne dici di preparare una torta per tutti?»

«Una torta? Ma come...»

«Con la magia, no? Nella credenza c’è un libro di ricette: crea prima gli ingredienti e poi li unisci con la magia, vedrai che verrà fuori una bella torta.»

«Non potrei creare direttamente la torta già bell’e fatta?»

«Potresti, ma non avrebbe alcun sapore e sarebbe immangiabile: devi immaginare che il libro di ricette sia un libro di incantesimi e le ricette le formule magiche.»

«Va bene, Ken.»

Abigail prese il libro dalla credenza, scelse una ricetta che le sembrava promettente, s’infilò i guanti e cominciò a creare gli ingredienti per la torta.

Destino volle che proprio in quel momento l’auto con a bordo Rachel e Rudolph entrò in paese.

Rachel frenò di colpo.

«Che ti succede, Rachel?» chiese Rudolph.

«Sono qui.» rispose Rachel.

«Lo so che sei qui, anch’io sono qui.»

«Ti metti a fare anche lo spiritoso, adesso? Sto parlando dei guanti magici; qualcuno li ha usati, anche se per pochi minuti.»

«Ne sei sicura?»

«Sì, non posso sbagliarmi. La sensazione era troppo forte, devono essere vicinissimi.»

«Allora ci conviene fermarci in questo paese.»

«D’accordo. Cerchiamo un albergo.»

Intanto le compagne di Abigail avevano finito i mestieri e si stavano chiedendo dove fossero finiti Ken e Abigail quando li videro entrare con una magnifica torta.

«Ecco qua, una torta per sancire la nostra amicizia. Che ne dite, ragazze?» chiese Ken.

«Diciamo che è magnifica, sia la torta, sia l’amicizia.» risposero in coro e si avventarono come falchi sulla torta.

Il giorno dopo, a scuola, mentre Abigail era in classe ad aspettare che iniziassero le lezioni, quando suonò la campanella invece del professor Brown entrò il preside accompagnato da un’altra persona.

«Buongiorno, ragazzi.» cominciò il preside «Purtroppo il signor Brown si è ammalato e per un po’ di tempo vi farà supplenza il professor Rudolph.»

Appena sentì quel nome Abigail ebbe un sobbalzo e il suo sguardo incrociò per un attimo quello di Rudolph, ma poi riuscì a ricomporsi. Durante la lezione, Abigail e Rudolph si lanciavano di tanto in tanto occhiate furtive per distogliere lo sguardo appena uno dei due si accorgeva di essere osservato.

«Ti dico che quella ragazzina sa qualcosa.» disse Rudolph a Rachel.

«Ne sei sicuro? Cosa te lo fa pensare?»

«Quando il preside mi ha presentato alla classe, lei ha avuto una reazione come se mi conoscesse o avesse già sentito parlare di me, e durante la lezione avevo il suo sguardo sempre addosso.»

«Potresti anche aver fatto colpo su di lei.»

«Andiamo, Rachel, è una ragazzina di 12 anni e io ho l’aspetto di un umano di mezza età e nemmeno tanto attraente.»

«Però tu sei anche un orco.»

«Cosa vorresti dire con questo?»

«Che qualche volta potresti comportarti come un vero orco.»

«E come sarebbe un vero orco? Un troglodita analfabeta dall’aspetto neandertaliano, oppure sono io un vero orco? Ti ricordo che la commissione d’esame ti ha promosso con il beneficio del dubbio.»

« …e così è stata promossa col beneficio del dubbio.» concluse Ken.

«Cosa vorresti dire?» chiese Abigail.

«Che la commissione era indecisa se la creazione di Rudolph era da considerarsi un errore oppure poteva essere vista come un miglioramento o un'evoluzione della razza degli orchi.»

Ken stava informando Abigail su quanto sapeva di Rachel e Rudolph. Lei gli aveva detto che quella mattina il preside aveva presentato un certo professor Rudolph e glielo aveva descritto. Ken aveva confermato che si trattava proprio di lui, quindi anche Rachel doveva essere in paese e questo complicava le cose, perché una simile vicinanza le avrebbe permesso di individuare i guanti anche se usati pochissimo e Abigail doveva continuare il suo addestramento; ma l’addestramento comprendeva anche piccole magie che però avrebbero portato Rachel dritto da loro. E Abigail non era ancora pronta per uno scontro magico diretto.

Il giorno dopo, a scuola, Abigail ebbe un’altra sorpresa: il sedicente professor Rudolph arrivò in classe in compagnia di una ragazzina dai lunghi capelli neri e bellissimi occhi azzurri e disse:

«Ragazzi, lei è mia figlia Rachel, starà con noi finché sarò il vostro supplente.»

La ragazzina andò a sedersi in un banco della fila accanto a quella dove stava seduta Abigail.

Nel pomeriggio, Abigail riferì a Ken quanto era successo quella mattina.

«Se prima c’era il dubbio che potesse essere solo un caso di omonimia, ora abbiamo la certezza che si tratta proprio di loro.»

«Già,» disse Abigail «a parte il fatto che utilizzino i loro veri nomi mi ha incuriosito il fatto che Rachel ha sempre indossato dei guanti neri di pelle, sono magici anche quelli?»

«No, la verità è che lei, come ogni strega che si comporta male, ha delle mani brutte e se ne vergogna. In quanto al fatto che usino i loro veri nomi è solo perché qui non sono conosciuti come nel nostro mondo magico.»

«Che si fa adesso con loro?»

«Niente, per ora, aspettiamo la loro prossima mossa: noi li abbiamo già individuati e quindi ci sarà più facile controllarli. L’importante è che tu ti comporti normalmente come hai sempre fatto prima di conoscere tutta la storia.»

«Va bene, Ken, farò come dici.»

Intanto, in una camera d'albergo del paese, Rachel, ancora nelle sembianze di una dodicenne, e Rudolph stavano discutendo.

«Allora, Rachel, hai voluto fare la parte di mia figlia per controllare la mia classe. Ti è servito a qualcosa almeno?»

«Non saprei, tu ieri mi dicevi che era la rossa, come si chiama, Abigail, che continuava a fissarti, mentre io stamattina continuavo a sentirmi gli occhi addosso di quella biondina, Deanna.»

«Secondo me ti osservava tutta la classe, perché è piuttosto inusuale una ragazzina di 12 anni che si tiene indosso i guanti per tutta la durata delle lezioni.»

«Ma lo sai che noi streghe cattive ci riconoscono dalle verruche sulle mani.»

«Nel nostro mondo, ma qui tra gli umani ormai non c’è quasi più nessuno che crede alle streghe, alle fate o agli orchi. Ho visto donne normali con mani più brutte delle tue.»

A questa osservazione Rachel ebbe uno scatto e saltò sul letto dov’era seduto Rudolph atterrandolo, quando lui fu sdraiato lei gli saltò sopra e gli strinse il mento con la mano:

«Ah, pensi questo delle mie mani, che sono brutte?»

«Sei stata tu la prima a dirlo.» bofonchiò Rudolph.

Lei, con l’altra mano, prese quella di Rudolph e gli disse:

«Lo sai che con un incantesimo potrei trasformare la tua bella manina in una zampa di gallina?»

«No, ti prego, non farlo. Ti chiedo scusa.»

«Non è ancora abbastanza. Toglimi il guanto da questa mano.» disse Rachel senza mollargli il mento con l’altra.

«Cosa hai intenzione di fare?»

«Voglio solo che mi baci la mia mano piena di verruche e pustole.»

«Va… va bene.»

Rudolph fece come lei gli aveva chiesto, dopodiché lei mollò la presa, si rimise il guanto ed uscì dalla stanza mentre Rudolph corse in bagno a vomitare.

Intanto, anche Ken ed Abigail stavano discutendo sul da farsi.

«Mi sa che domani dovrò venire a scuola con te.» disse Ken.

«Ci vieni come insegnante o come pluriripetente?» chiese ridendo Abigail.

«Nessuno dei due, Rachel e Rudolph mi conoscono e vedendomi capirebbero al volo che sono nel posto giusto.»

«E allora come fai, diventi invisibile?»

«Non proprio, è una cosa che odio, ma sarò costretto a riprendere la mia forma originale: cioè ad essere alto solo venti centimetri o poco più così potrò nascondermi nel tuo zainetto.»

«E se qualcuno ti nota lo stesso?»

«Sono in grado di restare immobile e sembrare un pupazzetto. Se qualcuno mi nota puoi dirgli che sono un regalo che ti han fatto per il tuo compleanno e che sono un portafortuna.»

«È così pericolosa Rachel?»

«Finché ha le sembianze di una ragazzina della tua età no, in quanto la trasformazione molecolare le impegna tutte le sue energie magiche e non può fare magie quando non è con il suo vero aspetto. Però lei è anche un tipo molto teatrale e si esalta a trasformarsi in pubblico perché si diverte a spaventare la gente, e questo potrebbe farlo durante una lezione di Rudolph se le venisse il ghiribizzo.»

«Allora da domani mi terrò un nuovo bambolotto portafortuna nello zainetto, sperando che non mi mangi la merenda.»

«Stai tranquilla, non mi piacciono le merendine moderne. Piuttosto, non è che potesti prestarmi i vestiti di qualche tuo bambolotto? Non vorrei essere un portafortuna nudo in quanto siamo a gennaio e fa piuttosto freddo da queste parti.»

«Ho solo quelli della Barbie, potrebbero andarti bene?»

«Veramente preferirei vestiti più maschili, però pantaloni, maglioncino e una giacca potrebbero andar bene.»

«Allora corro a casa a cercare e appena trovo qualcosa te li porto. Ciao Ken.»

«A più tardi, Abigail.»

2 - E fu battaglia

Il giorno dopo, Abigail si recò a scuola con uno strano ospite nello zainetto, ma la mattinata procedette tranquilla: Rachel si comportò come una ragazzina normale e sembrava non sospettare nulla di Abigail. Anche le altre sue compagne non notarono lo strano bambolotto che aveva nello zainetto.

Nel pomeriggio, Ken fece il punto della situazione:

«Ci troviamo in una posizione di stallo.»

«Cosa vuoi dire?»

«Che siamo ad un punto morto: tu non puoi usare i guanti perciò io non posso continuare l’addestramento e Rachel non li può individuare. Si potrebbe continuare così finché Rachel non se ne vada, ma avendo sentito la loro energia non se ne andrà tanto presto.»

«E non c’è proprio nulla che si può fare per uscire da questa situazione?»

«Lasciami pensare… ma sì!! La bilocazione… che stupido a non averci pensato prima.»

««Bilocazione? Cosa sarebbe?»

«È una magia che serve a far credere alle persone che sentono l’energia magica, come Rachel, che ti trovi in un altro posto rispetto a dove sei.»

«Quindi, con questa magia posso far credere a Rachel di essere da qualsiasi altra parte?»

«Proprio così. »

«E come si fa?»

«È molto semplice: innanzitutto infilati i guanti, poi metti la mano sinistra sul cuore e infilati l’indice della destra nell’orecchio, pensa a un luogo qualsiasi e pronuncia la parola “fantagirus”; dopodiché tutta l’energia magica che produrrai usando i guanti verrà sempre localizzata nel luogo che avrai scelto.»

«Sempre quel luogo? E se volessi cambiarlo?»

«Non dovrai fare altro che ripetere quanto ti ho detto prima pensando a un posto diverso dal precedente. Come vedi è molto semplice.»

«Già, voglio provarci subito.»

Abigail si infilò i guanti, si mise nella posizione suggerita da Ken e pronunciò la parola magica.

«Che magia posso fare, ora?» chiese Abigail.

«Una qualsiasi.» rispose Ken «Fai apparire qualcosa, per esempio. Posso sapere dove hai indirizzato la tua energia?»

«A scuola.»

Abigail si concentrò e fece apparire una pallina da ping-pong.

«Bene,» disse Ken «se adesso fai apparire anche il tavolo e le racchette ci facciamo una partita.»

Nel momento in cui Abigail fece apparire la pallina, Rachel ebbe un sobbalzo.

«Eccoli! Ho sentito la loro energia, sono proprio qui.»

«Riesci ad individuare il luogo esatto?» chiese Rudolph.

«Lasciami concentrare… Sì, li stanno ancora usando… sono a scuola! Andiamo!»

Rachel prese Rudolph per mano e se lo trascinò dietro. Arrivati alla scuola scoprirono però che era già chiusa.

«La scuola è chiusa.» disse Rudolph.

«Lo vedo anch’io. Eppure sono sicura che l’energia veniva da qui.»

«Ma dentro non c’è nessuno.»

«Ci deve essere una spiegazione. Un momento, mi sta tornando in mente qualcosa a proposito di una lezione… ma sì, la bilocazione!»

«È vero, la tecnica per indirizzare l’energia magica in un luogo diverso da quello in cui viene effettuata la magia.»

«Quindi chi ha i guanti e il folletto che lo sta istruendo ci hanno già riconosciuto e sanno che siamo qui.»

«Già, chi sarà il folletto istruttore?»

«La bilocazione… uhm… di solito è una magia che viene insegnata al secondo anno e i folletti istruttori sono sempre pignoli nel seguire il programma d’insegnamento alla lettera… tranne uno!»

«KEN!!!» dissero in coro Rachel e Rudolph guardandosi in faccia.

«Cosa hai intenzione di fare, ora? » chiese Rudolph.

«Voglio mandare un messaggio telepatico magico a quel dannato folletto per fargli sapere che io so che è qui, e se la sua allieva indossa ancora i guanti lo sentirà anche lei.»

«Un messaggio telepatico magico? Ti rendi conto di quello che può provocare?»

«Lo so benissimo e non me ne importa niente. Anzi, a pensarci bene, potrebbe essere un sistema per farli uscire allo scoperto. Conoscendo Ken, si precipiteranno a rimediare ai danni.»

Rachel iniziò a concentrarsi. Appena fu pronta, alzò le braccia al cielo e trasmise il messaggio:

“So che tu sei qui, Ken, se vuoi la guerra l’avrai, e per il bene della tua allieva è meglio che le consigli di darmi subito i guanti altrimenti potrebbe farsi molto, molto male. Se entro la prossima luna piena non avrò quello che voglio distruggerò l’intero paese e i suoi abitanti.”

Ken e Abigail, che indossava ancora i guanti, ricevettero il messaggio.

«Cosa facciamo, ora?» chiese Abigail.

«Per ora nulla, ma domani preparati a rimediare ai danni provocati da questo messaggio.»

«Danni? Come può provocare danni un messaggio telepatico?»

«Questo era un messaggio telepatico magico, la sua onda d’urto può provocare effetti imprevedibili. Tra meno di ventiquattro ore in questo paese succederanno cose strane. »

Il mattino dopo, a scuola, sembrava che fosse tutto normale fino a che Abigail sentì un urlo. Si diresse nella direzione in cui proveniva e si trovò davanti un’insegnante terrorizzata da alcuni banchi imbizzarriti che scalpitavano come cavalli. Abigail si nascose dietro un angolo e chiese a Ken, che si trovava nel suo zaino, cosa dovesse fare.

«Devi far tornare quei banchi alla normalità.» rispose Ken.

Abigail si infilò i guanti e, seguendo le istruzioni di Ken, riportò i banchi al loro stato naturale. Dopo un po’ sentì l’insegnante aggredita borbottare qualcosa come “esaurimento nervoso… periodo di riposo…”.

Naturalmente Rachel, che quel giorno aveva deciso di non recarsi a scuola, aveva percepito l’energia magica, ma dato che Abigail aveva fatto la magia a scuola dove aveva scelto la bilocazione, lei pensò che fosse un altro tentativo di sviarla e quindi non ci fece molto caso.

La mattinata a scuola proseguì normalmente, o quasi, se non si vuole far caso alle lavagne allergiche al gesso che starnutivano in faccia ai professori e all’auto del preside che si arrampicava sugli alberi.

Ogni volta che succedeva qualcosa, Abigail riusciva a sistemarla senza farsi notare.

All’uscita tutto sembrava normale, fino a che lo scuolabus arrivò volando e anche lì Abigail sistemò ogni cosa, ma quello fu un errore.

Infatti Rachel insospettita dalle diverse magie effettuate a scuola, decise che era comunque meglio andare a darci un’occhiata, naturalmente con le sue vere sembianze, e arrivò proprio nel momento in cui Abigail stava facendo atterrare lo scuolabus.

«Finalmente ti ho beccato.» disse una voce alle spalle di Abigail, che si voltò e si trovò di fronte alla vera Rachel «Forse il tuo amico Ken ha dimenticato di dirti che se fai tre magie nel luogo in cui hai indirizzato la bilocazione, questa viene automaticamente annullata. A proposito di Ken, dove si nasconde? Oh, non importa, vedo che il tuo zainetto si sta agitando.»

«Cosa vuoi farmi, Rachel?» chiese Abigail.

«Per ora niente, ma fatti trovare qui a mezzanotte e faremo un duello magico. Io adesso so chi sei e come trovarti, perciò ti consiglio di venire stanotte, se non vuoi che succeda qualcosa di male alla tua famiglia.»

Detto questo, Rachel se ne andò lasciando Abigail pensierosa.

Nel pomeriggio Abigail e Ken stavano discutendo sul da farsi.

«Cosa devo fare ora, Ken?» chiese Abigail.

«Non abbiamo scelta, devi fare il duello magico con Rachel.»

«E come si fa?»

«Non è molto difficile, devi scegliere le formule da battaglia. Resteremo insieme fino all’ora del duello e te le insegnerò.»

«Già, l’ora del duello. Credi che i miei genitori mi lasceranno uscire a mezzanotte?»

«È vero. C’è anche questo problema ma non preoccuparti, ti teletrasporterò.»

«Teletrasportarmi? Puoi farlo?»

«Tutti i folletti possono farlo quando sono nelle loro vere sembianze. E sono in grado di portare una persona con loro. Solo quando assumiamo sembianze umane non possiamo usare la magia.»

«Qual è il piano, allora?»

«Ritornerò alle mie dimensioni normali da folletto e mi sistemerò nel tuo zainetto. Verrò a casa con te e intanto ti insegnerò le formule che puoi usare. Poi quando sarà l’ora ci teletrasporteremo nel cortile della scuola.»

Ken si sedette sul tavolo e cominciò a rimpicciolire fino a raggiungere i suoi venti centimetri scarsi, dopodiché si infilò nello zainetto che Abigail gli aveva messo accanto.

Intanto anche Rachel e Rudolph stavano discutendo.

«Davvero hai sfidato quella ragazzina a un duello magico?» chiese Rudolph.

«Sì, ora che ho trovato la mia preda non me la lascerò sfuggire.»

«Ma è solo una ragazzina, non conosce ancora bene la magia.»

«Vedrò di non farle troppo male. Del resto io voglio solo i guanti, se me li darà spontaneamente posso anche rinunciare al duello. Ma ho notato che è molto sveglia e impara in fretta, sono sicura che Ken l’avrà preparata per bene per stanotte.»

«Verrò anch’io stanotte.»

«Vieni pure, così ti godrai un bello spettacolo.»

Fu così che si giunse alfine alla resa dei conti e i contendenti si preparavano allo scontro in maniera diversa: Rachel che pregustava già la vittoria e Abigail che non perdeva una parola di Ken e

prendeva un sacco di appunti per memorizzare meglio le formule da battaglia. Ken spiegò anche che ad ogni formula si formava un dardo magico luminoso che partiva dal dito indice dei contendenti e doveva essere scagliato contro l’avversario che cercherà di schivarlo perché se viene colpito verrà trasformato in qualcosa temporaneamente, per circa un’ora.

«In che cosa, esattamente?» chiese Abigail.

«Qui nessuno può dirlo, come hai notato le formule magiche da battaglia sono formate da settanta monosillabi che vanno combinati tre a tre. Le combinazioni possibili sono oltre trecentomila.»

«Se Rachel schiva il colpo e io colpisco qualcos’altro si trasforma anche quello?»

«Sì, ma il dardo perde potenza allontanandosi, se non incontra un ostacolo da trasformare si esaurisce. E più l’ostacolo è lontano, meno la trasformazione dura. Adesso però è ora di andare all’appuntamento.»

Abigail diede un’occhiata all’orologio e vide che segnava le 23,50. Prese Ken delicatamente e se lo mise sulla testa secondo le sue istruzioni, appena si fu sistemato Ken allargò le braccia e si mise a recitare frasi incomprensibili mentre un alone luminoso cominciò ad avvolgerli.

Intanto Rachel e Rudolph erano già sul posto e attendevano gli avversari.

«Te lo ripeto, Rachel, è una ragazzina: i suoi genitori non la lasceranno uscire a quest’ora.»

«Non sottovalutare Ken, sono sicura che in un modo o nell’altro saranno qui.»

Appena Rachel ebbe finito di dire così videro materializzarsi una macchia luminosa che quando si affievolì mostrò loro Abigail con in testa Ken.

Abigail prese Ken e lo posò a terra in modo di potergli permettere di tornare a dimensioni umane.

Intanto cominciava a nevicare.

«Ci mancava la neve, adesso.» sbuffò Rachel «Comunque, carina, se mi dai subito i guanti ti faccio tornare a casa sana e salva e io me ne andrò subito da qui.»

«Niente da fare, Rachel, conosco le tue intenzioni e non intendo darteli.» rispose Abigail.

«Come vuoi. Ti avevo offerto la possibilità di salvarti, che il duello abbia inizio.»

Le ragazze si misero in posizione mentre Ken e Rudolph controllavano a distanza.

«A te il primo colpo, carina.» disse Rachel.

«Tron kar dut!» esclamò Abigail, ma Rachel fu svelta a schivare il… pollo arrosto.

«Dhon kan katt! » Stavolta fu Abigail a schivare la torta che finì in faccia a Ken.

«Pil thor duv!» e Rachel se la vide davvero brutta con una lancia zulù che le passò vicino all’orecchio.

«Van zer tol!» Ma Abigail evitò il pallone da basket che però fini nelle parti basse di Rudolph.

«C’è qualcosa che non quadra.»disse Ken a Rudolph.

«Cosa?»

«I dardi magici dovrebbero trasformare gli ostacoli che incontrano, eppure ci sono delle trasformazioni prima che raggiungano un bersaglio.»

«È vero. Un momento, forse ho capito: la neve!»

«La neve?»

«Sì, i fiocchi di neve sono dei cristalli di ghiaccio e quindi sono solidi. I dardi magici li considerano ostacoli.»

«E li trasformano. Sono state fortunate finora che le trasformazioni sono state piccole, a parte la lancia zulù naturalmente.»

Ken e Rudolph vennero distratti dalla loro discussione dalle grida delle ragazze. Si voltarono e videro i due dardi magici a mezz’aria che si stavano compenetrando l’un l’altro. Anche le ragazze li guardavano allibite.

«Non è possibile!» esclamò Ken.

«Cosa non è possibile?» chiese Rudolph.

«Che i dardi si siano centrati l’un l’altro proprio al centro delle loro punte, una probabilità su cento miliardi.»

«E allora cosa succede?» chiese Abigail.

Le ragazze, affascinate e allo stesso tempo spaventate, avevano interrotto le ostilità.

«Non so, non è mai successo finora. Stiamo a vedere.»

I quattro osservavano i due dardi accorciarsi alle estremità e gonfiarsi al centro dove la luminosità spariva gradatamente e quando l’oscurità si avvicinò al terreno cominciò a risucchiare la neve e le foglie.

«Mondo troll!» esclamò Ken «Ma quello è un buco nero! Avete creato un maledetto buco nero.»

«Un buco nero, dici?» ribatté Rudolph «In effetti può essere: l’energia positiva e quella negativa si annullano a vicenda. Vado a dargli un’occhiata più da vicino.»

«Potrebbe essere pericoloso.»

«Starò attento e poi è piccolo, non credo che mi possa risucchiare.»

«È piccolo per il momento, ma a me sembra che si ingrossi sempre più.»

Rudolph, con la tipica curiosità dello studioso, si avvicinò al buco nero che, come aveva notato Ken, si era ingrossato.

«Però, sembra di stare davanti a un gigantesco aspirapolvere… EHI!!»

«Cosa succede, Rudolph?» chiese Ken.

«Non riesco più ad allontanarmi, mi sta trascinando dentro, AIUTATEMI!»

Ken capì la gravità della situazione e si rivolse alle ragazze:

«Dobbiamo aiutarlo o verrà risucchiato.»

«Dici davvero, Ken?» chiese Abigail.

«Sì, il buco nero si allarga sempre più, se non lo distruggiamo inghiottirà l’intero pianeta e poi il Sistema Solare.»

«Cosa possiamo fare?» chiese Rachel, per la prima volta con aria preoccupata.

«Dobbiamo unire i nostri poteri, solo così potremo salvare Rudolph e la Terra.»

«E come si fa?» chiese ancora Abigail.

«Mettete un vostro braccio sotto il mio e avviciniamoci così a Rudolph, poi quando gli saremo vicini voi allungate le vostre mani in modo che lui possa afferrarle.»

Abigail e Rachel fecero come aveva detto Ken. Appena furono abbastanza vicini a Rudolph, Abigail gridò:

«Prendi le nostre mani»

Abigail Strega Per Caso

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