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CAPITOLO OTTAVO Una rapina finita male

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Solo il capitano Roberto Velarde sa quando è stata l'ultima volta che ha sparato con la sua pistola contro qualcuno. Fu nella fredda mattina del 15 gennaio 1972, durante una rapina in banca da parte di tre malviventi, che fu misteriosamente sventata.

Andò così: si trattava di un gruppo di giovani anarchici radicali, che per diversi mesi si erano

metodicamente

infiltrati

tra

il

personale della banca e avevano preso nota di ogni maneggiamento di denaro, compreso quello che sarebbe rimasto in cassaforte il giorno in questione. Velarde non era in servizio, perché si stava occupando a tempo pieno di un serial killer nella città di Ciudad Juárez - entro i confini del corso principale della città, cioè via 15 settembre - ma dato che quel giorno si era trovato per caso nella capitale l’allora governatore Óscar Flores Sánchez

gli

chiese

personalmente

di

partecipare ad una missione “speciale”.

"Vai e lascia che i militari facciano le loro cose, è un ordine che viene dall'alto ... ma non voglio essere escluso dal gioco. Inoltre, 44

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quel bastardo di Fernando vuole trasformare la città in un fottuto Egitto. Va bene, facciano pure quello che vogliono, ma controlla che non ne abusino!”

Quella mattina sul presto tre militari in abiti civili passarono a prendere Velarde su una berlina VW bianca - secondo quanto convenuto – davanti a una delle tante bancarelle che si trovano nello storico parco Lerdo, sul lato di Avenida Ocampo. Velarde indossava un abito marrone scuro, non aveva con sé il portafoglio ma solo il suo distintivo, nascosto nell’interno della borsa, i suoi occhiali Persol 649 e il suo revolver Nagant m1895, una rarità sovietica da sette colpi 7,62 x calibro 38 mm, da cui non si separava mai..

Sulla canna dell’arma erano incisi due simboli molto importanti per lui: da un lato il

"Cap. R. Velarde ", dall'altra parte" Cmdt.

Supreme G.D.O. 1969 ", trofeo ricevuto dalle stesse mani dell'allora presidente della Repubblica Gustavo Díaz Ordaz per l’

"eccezionale lavoro" effettuato nei sei anni del suo mandato.

Velarde, insieme a tre soldati in borghese, stava di guardia fuori della succursale Chuviscar del Banco Comercial Mexicano, ma 45

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l'impazienza lo sopraffece e decise di entrare in banca e si mise in coda come un cliente qualsiasi, sebbene tra tutti i presenti fosse l'unico civile che portava sotto l’ascella un'arma a canna corta. Almeno fino a quel momento. All'interno della banca scorse la guardia di turno, un ragazzo molto giovane, e alcuni clienti - troppi per i suoi gusti.

"Mi piacerebbe che non ci fosse nessuno."

pensò.

Era in fila da poco quando tre persone si avvicinarono alla porta urlando "Questa è una rapina!” Da quel momento in poi le cose accaddero molto rapidamente: una donna che era davanti a lui in fila venne presa dal panico e cercò di scappare, ma fu subito colpita alla schiena da un proiettile e crollò a terra, morta. Allora la guardia tirò fuori la pistola, ma fu immediatamente colpita da uno dei malviventi e si trascinò dietro a uno degli

schermi

protettivi,

dove

morì

dissanguata poco dopo. Dall’esterno della banca qualcuno cominciò a sparare e un altro cliente cadde a terra ferito mentre Velarde, istintivamente, fece un balzo all’indietro per sfuggire al fuoco incrociato, e si appiattì al muro, da dove velocemente riuscì a fare il punto della situazione.

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In mezzo a tutta quella confusione vide uno dei malviventi col volto coperto da un passamontagna rosso e bianco, che stava sparando senza sosta verso l’esterno dell’edificio... I militari avevano aperto il fuoco prima che i criminali uscissero dalla banca, ma perché? Questo, a suo avviso, fu il primo grave errore. Il secondo fu sparare da fuori senza capire come fossero le cose all’interno. Se avessero continuato tutti a sparare ci sarebbero stati altri morti, perché alcuni clienti e un paio di impiegati erano rimasti paralizzati dalla paura, e quindi erano un bersaglio facile.

Con cautela e senza movimenti affrettati, Velarde fece come da manuale: estrasse la sua Nagant dalla fondina che teneva sotto l’ascella e la impugnò lentamente con la mano destra, premette il cane dell’arma con il pollice destro, fece inclinare il caricatore posizionandolo direttamente sulla canna e sigillando qualsiasi fuoriuscita di gas -

caratteristica peculiare di questo modello -

poi prese la pistola con entrambe le mani, mirò con precisione e sparò un unico colpo pulito in direzione di uno dei malviventi che stavano terrorizzando gli ostaggi.

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Un corpo cadde a terra, ucciso all’istante dal proiettile, che lo aveva colpito in fronte e fracassato il cranio.

Minotauro

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