Читать книгу Per Te, per Sempre - Sophie Love, Софи Лав - Страница 8
CAPITOLO TRE
ОглавлениеIl sole brillava sulla superficie dell’acqua mentre la barca tagliava le piccole onde. Ondeggiavano su e giù, ed Emily si tenne la pancia con fare protettivo. Fortunatamente non ebbe il mal di mare.
“Penso che non ci siano mai state così tante persone su questa barca,” fece notare Chantelle. “Quattro adulti, una bambina, due cani. E una bambina piccola nella pancia della mamma, ovvio.”
Emily rise. “È una bella avventura,” fu d’accordo.
Amy fu silenziosa durante il viaggio, le braccia incrociate, il viso rivolto all’oceano. Aveva un’espressione di profonda contemplazione. Era chiaramente persa nei suoi pensieri, ed Emily si chiese di nuovo quali fossero. Starsene fuori sull’oceano, aveva scoperto lei stessa, invitava alla riflessione tranquilla nel migliore dei casi, e poteva facilmente condurre la mente verso una crisi esistenziale. Osservò l’amica con ansia.
Harry, dal canto suo, o non aveva nulla per la testa o era bravissimo a nasconderlo. Chiacchierava apertamente con Daniel e Chantelle dei tipi di pesce che potevano essere pescati nell’oceano, dei progetti per l’isola e della navigazione in generale.
“Adesso che abbiamo una destinazione per le gite in barca ne faremo molto più spesso,” stava dicendo Daniel. “Traghetteremo la gente qui continuamente, per feste e picnic.”
“Sembra meraviglioso,” disse Harry alla sua solita maniera allegra.
Chantelle stava guardando in alto verso il padre con espressione estasiata. “Possiamo fare il Ringraziamento qui?” chiese, con gli occhi spalancanti.
“Ne dubito,” rispose Daniel. “Ci vorrà molto tempo per installare il pozzo, sistemare le tubature e i generatori solari per l’elettricità. È un lavoro per molti più di pochi mesi, e il tempo invernale che arriverà presto non aiuterà. Mi spiace, piccola, c’è troppo da fare tra adesso e il Ringraziamento perché sia una cosa possibile.”
Chantelle si imbronciò, triste.
“Però possiamo assolutamente venire a visitare l’isola, per quanto ce lo permette il tempo,” le disse Emily. “E dato che non navigheremo più a caso, ma avremo un posto dove andare, penso che riusciremo a uscire più spesso di prima.”
Chantelle meditò sulle parole per un momento, poi assunse di nuovo un’espressione felice.
Emily sorrise a Daniel. Sembrava sollevato che avesse gestito la situazione così bene, ed Emily sentì un moto di orgoglio. Il suo istinto materno sembrava affinarsi a mano a mano che la data del parto si avvicinava.
Dopo un momento raggiunsero l’isola e il vecchio molo che si reggeva a malapena. Il cartello sbiadito che proclamava che l’isola era in vendita c’era ancora.
“Puoi cominciare col togliere quello!” disse Emily a Chantelle.
Chantelle non ebbe bisogno di farselo dire due volte. Balzò giù dalla barca e lo strappò via dal terreno.
Mentre legava la barca, Daniel fece un cenno in direzione di una catasta di vecchie casse marcescenti per il pesce. “Mettilo lì. Possiamo fare un falò.”
L’idea del falò sembrò elettrizzare Chantelle. Saltò su e giù dall’entusiasmo.
Emily scese con cautela dalla barca fin sulla terraferma, cercando di assorbire la strana realtà che adesso possedeva l’isola, che era sua. A differenza della locanda, che aveva ereditato, e della casa di Trevor, che era venuta in suo possesso attraverso il testamento, questa era la prima cosa che aveva davvero comprato, insieme a Daniel. Era loro, e la rilevanza soverchiante della cosa la colpì ancor più profondamente adesso che si trovava sul suo bagnasciuga.
Alle sue spalle, Amy e Harry scesero dalla barca. Avevano entrambi addosso delle espressioni sconvolte mentre guardavano l’incolta e trascurata isola, con i detriti degli anni passati sparpagliati. Amy in particolare doveva aver pensato che Emily fosse impazzita a comprare quel deserto lotto di terra, circondato dall’oceano, pieno di scoiattoli e uccelli. Se pensava che Sunset Harbor non fosse civilizzata, che cosa accidenti doveva pensare dell’isola?
“Lo so che non è granché a vedersi, al momento,” confessò Emily. “Ma c’è tantissimo potenziale.”
“Certo,” disse Amy con aria turbata mentre procedeva con leggerezza sul terreno accidentato. I suoi abiti d’alta moda sembravano più fuori luogo che mai.
“Volete fare il tour, ragazzi?” chiese Emily.
Harry annuì con entusiasmo, ma Amy fece solo uno smorto suono di conferma.
“Ve la mostro io!” urlò Chantelle.
Aprì la strada lei, puntando fra gli alberi con Harry e Amy a rimorchio. I loro passi e le voci rumorose disturbavano gli scoiattoli neri che abitavano l’isola, facendoli correre su per gli alberi.
Mentre Emily camminava dopo di loro, più lenta per via dell’andatura a papera della gravidanza, sentiva Chantelle fare annunci entusiasti.
“Qui faremo una casa sull’albero,” disse loro Chantelle. “Sarà una nave dei pirati perché ci giochiamo io e Charlotte. E lì si troverà la sala da ballo del castello magico delle fate.”
Daniel, avendo finito di assicurare la barca, giunse accanto a Emily e la aiutò per la selva. Affiancarono gli altri, Emily ansimando leggermente per lo sforzo e l’euforia che provava dal trovarsi lì.
Amy sollevò le sopracciglia quando si avvicinarono, sorpresa e interessata.
“Farai tu tutto il lavoro?” chiese a Daniel. “Pare che ce ne sia molto da fare. Troppo per un uomo solo, soprattutto per un futuro padre.”
Emily sorrise tra sé e sé; la sua amica aveva sempre i suoi migliori interessi a cuore, e sapeva quante difficoltà patisse Emily ogni volta che Daniel era fuori di casa.
“No!” esclamò Daniel con una risata. “Abbiamo dei fantastici impresari per il lavoro. Due ragazzi, freschi di college. Vogliono disperatamente aggiungere qualcosa al portfolio, perciò da loro ci aspettiamo cose davvero favolose.”
“E oltre a navi dei pirati e castelli magici,” disse Harry, “dove saranno le parti della locanda?”
“Be’, ci sarà un capanno da tre stanze che vogliamo iniziare come una specie di ritiro per scrittori. Poi Tracy farà dei laboratori di yoga sull’isola, come ritiri benessere di una giornata.”
“Pare fantastico,” disse Harry. “Quanto pensate di fare durante l’inverno?”
“Dipende dal tempo,” disse Daniel. “È un peccato che ci sia voluto tanto per la vendita, davvero. Quest’estate di San Martino avrebbe potuto farci partire in anticipo, ma sono sicuro che sarà finita per quando avremo organizzato tutti i macchinari e i materiali.”
Pensare al futuro preoccupò Emily. L’isola non era più una fantasia o un sogno. Era reale. Adesso tutto doveva essere pratico. C’era tantissimo da organizzare e pagare, così tanti componenti da allestire. Avevano appena finito il restauro della casa di Trevor. Sembrava un po’ come se fossero saltati dalla padella alla brace!
Eppure, era elettrizzata. Non riusciva quasi a credere che lei e Daniel avessero avuto il coraggio di comprare un’isola. Non solo erano stati abbastanza coraggiosi da fare un figlio insieme, erano stati abbastanza coraggiosi da seguire i loro sogni, a prescindere da quanto folli potessero sembrare. Emily sorrise tra sé, sapendo che sopra ogni altra cosa loro erano una squadra, e che insieme erano indistruttibili.
“Adesso andiamo ad accendere il fuoco,” disse Daniel sfregandosi contento le mani. “Chantelle, puoi raccogliere tutti i pezzi di legno sulla spiaggia?”
Lei annuì e corse via, sempre bisognosa di un’occupazione, volendo sempre fare la sua parte per aiutare. Poi Daniel prese un pacchetto di marshmallow dalla tasca della giacca. Emily rise deliziata, sapendo quanto sarebbe stata felice Chantelle, tornata dal giro in spiaggia, di scoprire il progetto di Daniel di tostare marshmallow attorno al falò.
“Avresti dovuto portare la chitarra!” disse Emily.
Ma Daniel si limitò a sorridere e la baciò teneramente. “Ci saranno tantissime altre occasioni di cantare attorno al fuoco,” disse, con gli occhi che si facevano sognanti. “Tu, io, e le ragazze.”
Emily lo guardò, meravigliata dall’uomo che era, dal suo splendore, e così elettrizzata per il loro futuro insieme, per tutte le avventure che li aspettavano.
*
Con le bocche appiccicose per via dei marshmallow fusi e pance e guance che dolevano per il ridere, il gruppetto tornò alla barca. Lo aveva suggerito Daniel, dicendo che presto avrebbe fatto buio. Inoltre non c’erano ancora tubature sull’isola, e la piccola Charlotte aveva la tendenza a prendere a calci la vescica di Emily con regolarità, perciò era stata sollevata di tornare nelle vicinanze di un bagno.
Quando ebbero raggiunto il sentiero principale, Daniel trovò il loro posto al porto. C’erano pochissime barche in acqua adesso, anche se molte di più del solito per quel periodo dell’anno. Tutti stavano approfittando al massimo del caldo, facendo più gite in acqua che potevano prima che arrivasse l’inverno e li privasse di quel piacere.
“Grazie dell’improvvisato giro sulla vostra isola,” disse Amy abbracciando Emily per salutarla. “Penso che non mi abituerò mai a quanto sia folle la cosa.”
Emily le sorrise, levandole delle ciocche di capelli dagli occhi. “Quando possiamo uscire solo noi due?” chiese.
Anche se Amy si faceva vedere spesso, erano sempre circondate da gente. Emily non riusciva neanche a ricordare l’ultima volta che loro due si erano trovate per una bella chiacchierata, e sapeva bene che Amy aveva bisogno di qualcuno con cui parlare, in quel momento.
“Chantelle domani torna a scuola,” aggiunse Emily, “quindi potremo trovare un po’ di privacy più facilmente. Che ne dici di un caffè da Joe dopo che l’abbiamo portata a scuola?”
Amy annuì ed Emily notò lo sguardo di sollievo che aveva negli occhi nel sapere che finalmente avrebbe potuto sfogarsi di qualsiasi cosa le girasse per la mente.
Si separarono da Amy e Harry, abbracciandosi e salutandosi tutti, poi passeggiarono con calma fino alla locanda, esausti dalla lunga giornata. Persino i cani trascinavano le zampe.
“Sono stanca,” disse Chantelle con uno sbadiglio mentre risalivano pigramente il vialetto.
Davanti a loro c’era la locanda, un’ombra contro il cielo azzurro che si scuriva. Le finestre splendevano di luce gialla, sembrando brillanti stelle in lontananza. Emily sorrise, soddisfatta. Vedere la locanda le dava sempre un senso di pace, e la faceva sentire a casa.
“Prima ceniamo, e poi puoi salire in camera tua,” disse Emily. “Domani è il primo giorno di scuola dell’anno, perciò devi fare una bella notte di sonno.”
Chantelle sembrava un po’ triste. “L’estate è già finita?”
Emily annuì. “Temo di sì, tesoro. Però non ti preoccupare, tu adori la scuola! Vedrai Bailey e Toby di nuovo ogni giorno. E Gail.”
“La signorina Glass sarà ancora la mia insegnante?” chiese Chantelle.
Emily scosse la testa. “Sarai in una nuova classe con una nuova insegnante. Ti preoccupa?”
Chantelle si bloccò, e l’espressione chiariva che ci stava riflettendo su. “No,” disse alla fine. “Vedrò comunque la signorina Glass in giardino, a volte.”
Emily sorrise, poi colse lo sguardo di Daniel. Sorrideva anche lui.
Entrarono nella locanda, l’atrio luminoso, caldo, e accogliente. Bryony era nel salottino di lato sul suo divano preferito, circondata da tazze di caffè mezze vuote come la solito. Balzò su quando li vide, i braccialetti di metallo tintinnarono, e si precipitò da loro. Il suo profumo odorava di spezie.
“Ragazzi, non ci credo!” disse, tutta agitata. “Un’isola!” Abbracciò Emily. “Lo sapete quante poche isole ci sono nel mondo alberghiero? Sarà una miniera d’oro!”
“Sono contenta di sentirlo,” rispose Emily. “In caso contrario avremmo fatto un errore molto costoso.”
Daniel e Chantelle andarono in cucina a preparare da mangiare. Emily decise di salire nella stanza della bambina mentre loro cucinavano. Voleva studiare un altro degli scatoloni di Charlotte per vedere se c’erano giocattoli che potesse passare alla piccola.
Entrò nella stanza e sedette sul pavimento accanto a una delle molte scatole che contenevano i vecchi giocattoli e vestiti di sua sorella, che erano stati portati giù dalla soffitta, dove erano stati accuratamente immagazzinati.
Questo compito era sempre venato di malinconia. Anche se Emily sentiva che lo spirito di Charlotte si trovava con lei in quella casa, a guardar giù e sorridere a lei e alla famiglia che si era costruita, sembrava sempre un po’ come se sparisse di più ogni giorno che passava. Il tempo avrebbe dovuto lenire il dolore, ma a Emily pareva che più giorni passassero senza la sorella più le mancasse, perché l’ultima volta che si erano parlate era un po’ più lontano nel passato.
Aprì la scatola di cartone, un odore di polvere ne uscì. Come la maggior parte degli scatoloni, questo era pieno di peluche. Emily fu sorpresa di vedere che Charlotte aveva avuto così tanti giochi di pezza. Aveva a malapena ricordi della sorella che giocava con orsacchiotti o bambole. Trascorrevano la maggior parte del tempo immaginando mondi e recitando storie. A parte le bambole di pezza gemelle e l’orsacchiotto preferito di Charlotte, Andy Pandy, Emily non ricordava che avessero mai giocato con giocattoli del genere.
Ma quando si allungò per estrarre un giocattolo rosa sbiadito, Emily sentì l’improvviso insorgere di un ricordo. Rivoltò il gioco nelle mani e vide che era un unicorno, col corno un tempo brillantemente paillettato ormai opaco.
“Brillantini,” mormorò a voce alta, il nome del giocattolo le apparve sulla lingua ancor prima che la testa si fosse messa in moto.
Poi improvvisamente provò una sensazione familiare di vertigini, che non sentiva da molto tempo. Stava scivolando nel passato, nei suoi vecchi ricordi.
I flashback erano cominciati la prima volta che era tornata alla locanda. All’inizio erano stati terrificanti, spaventosi ricordi come quello della notte in cui era morta Charlotte e quelli dei litigi sempre più violenti tra i suoi genitori. Però poi, a mano a mano che il tempo passava, a mano a mano che processava quei ricordi repressi, Emily aveva cominciato a sperimentarne alcuni di più piacevoli. Volte in cui lei e Charlotte avevano giocato insieme; erano state spensierate. Questo ricordo riempì Emily di una sensazione di calma, e seppe che sarebbe stato un ricordo bello.
Lei e Charlotte erano in soffitta, in una delle stanze che suo padre aveva riempito di antichità. Sul pavimento accanto a loro c’era un mappamondo di bronzo, e Charlotte lo faceva ruotare pigramente con un dito. Seduta vicino a Charlotte c’era Brillantini, il bellissimo unicorno giocattolo. Nuovissimo, di un soffice rosa, con un corno paillettato.
“Brillantini è triste,” disse Charlotte a Emily.
“Perché?” chiese Emily curiosamente, udendosi uscire dalla gola una voce da bambina.
“Perché lei è l’ultimo unicorno,” spiegò Charlotte. “Non ha nessun altro amico unicorno.”
“È una cosa triste,” rispose Emily. “Perché non la porti all’avventura per tirarla su di morale?”
Charlotte parve riprendersi al suggerimento. “Dove vuoi andare, Brillantini?” chiese al giocattolo. Poi fece girare il mappamondo dorato e lo fermò puntando un dito. Era un’isoletta a est del continente americano. “Brillantini vuole andare su un’isola,” informò Emily.
Emily annuì. “In questo caso, faremmo meglio a salire in barca.”
Recuperarono delle vecchie sedie e dei tavoli da caffè, agitando la polvere e sollevando odore di muffa, poi le sistemarono in modo che soddisfacessero la loro fantasia di aver costruito una barca. Poi usarono una logora tenda come vela e si arrampicarono sulla barca con Brillantini.
Emily sentiva quasi il vento nei capelli mentre navigavano per l’oceano verso una spiaggia lontana. Charlotte usava un caleidoscopio come telescopio, scrutando la stanza come alla ricerca di qualcosa.
“Terra!” urlò improvvisamente.
Emily gettò l’ancora – che in realtà era una gruccia di legno per cappotti legata a una corda della tenda. Poi smontarono dalla barca e nuotarono fino alla spiaggia.
Ansimando dalla fatica, le due bambine si misero a esplorare l’isola, facendo capolino tra le cataste di oggetti antichi, fingendo che fossero un vulcano.
“Guarda qui dentro,” urlò Charlotte a Emily. “Dentro al vulcano!”
Emily scrutò dietro all’appendiabiti che Charlotte stava indicando. “Non ci credo!” esclamò, stando al gioco.
Charlotte aveva gli occhi sgranati. “È il resto degli unicorni,” disse. Poi parlò rapidamente a Brillantini. Le crollò la faccia. “Brillantini vuole scendere nel vulcano per stare con loro,” disse a Emily.
“Oh,” disse Emily, un po’ triste. “Anche se così ci lascerà?”
Charlotte guardò la cara amica unicorno e annuì. “Dice che questa è la sua isola casa. Le manca molto, e anche tutti i suoi amici. Vuole vivere qui. Però noi possiamo venire a farle visita.”
“Allora okay,” disse Emily.
Legarono le maniche dei loro cardigan insieme per fare un’imbracatura per Brillantini. Poi fecero scendere l’unicorno lungo il dorso del mobile e la lasciarono lì.
“Ti rattrista salutarla?” chiese Emily a Charlotte mentre rimontavano sulla barca di fortuna.
Charlotte scosse la testa. “No. Perché so che la vedrò ancora.”
Emily tornò improvvisamente al presente. Teneva Brillantini forte contro il petto, e la testa del giocattolo era bagnata delle sue lacrime. Da un lato si sentiva disperatamente triste, perché sapeva che Charlotte non aveva mai più avuto la possibilità di rivedere Brillantini. Ma l’altra parte di lei si sentiva lieve di gioia. Il giocattolo era un segno da parte di Charlotte, Emily ne era certa. Brillantini era stata lasciata su quell’isola, sul fondo del dorso del mobile, completamente dimenticata fino a quel momento, forse persino proprio per quel momento.
Abbracciò forte Brillantini, poi la posò, in modo commovente, sullo scaffale che dava sulla culla della piccola Charlotte. Sentì il cerchio della vita proseguire, e sorrise sapendo che, una volta arrivata, Charlotte avrebbe avuto un angelo custode a controllarla mentre dormiva.
*
Emily si rannicchiò nel letto accanto a Daniel. Era stata una giornata lunga e stancante, e si ritrovò a scivolare subito nel sonno.
“Non ci credo che siamo i proprietari di un’isola,” borbottò nel buio mentre si addormentava. “Il mio futuro non è per niente come una volta pensavo che sarebbe stato.”
Daniel se ne uscì con una risata assonnata. “In che senso?”
“Be’, non avevo mai pensato che sarei stata sposata e incinta. Non avevo mai pensato che avrei avuto Chantelle, o questa locanda.” Accarezzò il petto di Daniel, che saliva e scendeva lentamente.
“Non avevo mai pensato neanch’io che avrei avuto Chantelle o la locanda,” rispose.
“Ma sei felice che sia così?”
“Certo.”
“Sei felice che avremo un’altra bambina?”
Lui le baciò la fronte. “Ne sono molto felice,” la rassicurò.
“E che nostra figlia domani tornerà a scuola dove sta andando meravigliosamente?”
Daniel rise di nuovo. “Sì. Sono contento che Chantelle vada bene a scuola.”
Emily sorrise, soddisfatta. Il sonno sembrava pronto a prenderla.
“Sono triste solo per una cosa,” disse.
“Quale?”
“Che mio padre non ci sarà per godersi tutto quanto con noi.”
Daniel allora rimase zitto. Lei sentì le sue braccia stringersi attorno al suo corpo.
“Lo so,” disse. “Ne sono triste anch’io. Ma cerchiamo di prendere il meglio dal tempo che abbiamo con lui, adesso. Assicuriamoci che ogni giorno sia il migliore possibile. Facciamo che ogni giorno conti.”
Emily annuì in conferma. “Penso che abbiamo fatto che oggi contasse,” disse, sbadigliando. “Abbiamo comprato un’isola, dopotutto. Non accade tutti i giorni.”
Sentì il petto di Daniel fremere per una risata. Si strinse ancor di più contro di lui, felicissima e gonfia d’amore. Avvolti uno nelle braccia dell’altra, i battiti dei loro cuori si sincronizzarono. Si addormentarono all’unisono, in perfetta armonia, due persone unite dall’amore.