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CAPITOLO TRE

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Emily era sul portico, a guardar fuori in ansiosa attesa del ritorno di Daniel. Si torceva le mani mentre le peggiori paure le venivano alla mente. Daniel aveva promesso di non farlo, di non andarsene via in moto senza avvertirla. Se stava infrangendo la promessa, poteva essere perché stava scappando da loro? La sua giornata con Chantelle era stata così difficile che aveva deciso di abbandonarla alle cure di Emily? Non voleva pensare cose così terribili, voleva fidarsi di lui, ma lui l’aveva già delusa in passato.

Emily si appoggiò allo stipite per tenersi in piedi, e il respiro le usciva in brevi rantoli. Quando Daniel era tornato era parso un soldato di ritorno dalla guerra. Adesso, mentre Emily lo aspettava con un forte peso sull’addome, le sembrava di aspettare quello stesso soldato di nuovo.

Proprio allora udì il suono del motore della moto in lontananza. Prestò ascolto, con la speranza che impennava. Il rumore si fece sempre più forte, finché non fu convinta che si trattava davvero di Daniel che tornava a casa. Chiuse forte gli occhi dal sollievo ed esalò il respiro che aveva trattenuto.

La moto girò l’angolo e risalì il vialetto verso di lei, cogliendola nei suoi fanali, facendole strizzare gli occhi. Poi si fermò. Il motore si spense e il silenzio li avvolse.

Emily scese veloce i gradini mentre Daniel si toglieva il casco. “Sei sveglia,” disse con un gran sorriso. “Non ero sicuro che stessi ancora dormendo.” Poi il sorriso svanì quando si accorse dell’espressione di Emily.

“Cretino,” ringhiò lei. “Dove sei stato?”

Daniel si accigliò. “A fare benzina. Sono stato via una quindicina di minuti.”

“Non puoi farlo,” urlò Emily. “Andartene così. Non avevo idea di dove fossi.”

“Scusami,” balbettò Daniel. “Ti eri addormentata. Ho pensato di fare benzina e tornare subito.”

Emily fece un altro respiro profondo, cercando di calmarsi. Sentì Daniel che le cingeva le spalle.

“Non puoi sparire così,” rantolò Emily. “Okay?”

“Okay,” disse sopra la sua testa. “Ho capito. Scusa.”

Rimasero così, a tenersi abbracciati sotto la luna e le stelle, per molto, moltissimo tempo.

“Non ho intenzione di lasciarti, Emily,” disse Daniel alla fine. “Devi avere fiducia in me.”

“A volte non me lo rendi facile,” rispose Emily sciogliendosi dal suo abbraccio.

“Lo so,” disse Daniel. “Ma non ho intenzione di andare da nessuna parte. Mi sono trasferito da te, ti ricordi?”

Emily annuì. Era una prova del suo impegno, però non ne era del tutto rassicurata.

Daniel proseguì. “E mentre ero in giro con la moto stavo pensando alla rimessa, a come potremmo farne una casa indipendente, come volevi tu. Ci lavorerò io, per ringraziarti per tutto quello che hai fatto per me e per Chantelle.”

Emily tornò a sentire il calore – l’ansia che si era andata formandosi finalmente si stava dissipando.

“Sarà una buona fonte di reddito per te,” aggiunse Daniel. “Poi, quando Chantelle sarà una teenager, potremmo lasciarla usare a lei, per darle un po’ di spazio lontano dai noiosissimi mamma e papà.”

Quelle parole colpirono Emily nel profondo. Daniel non era stato in grado di proiettare la loro relazione per più di qualche mese alla volta nel futuro. Adesso stata ragionando in termini di decadi. La chiamava “mamma”. Per la prima volta, li stava vedendo davvero come una unità, come le due metà di una squadra.

Però, mentre Daniel ed Emily giacevano l’uno nelle braccia dell’altra a letto, quella notte, le paure di Emily le vorticavano nella mente ancora e ancora. Il trucchetto di Daniel con la moto aveva risvegliato in lei una paura dell’abbandono di vecchia data. Appena poche settimane prima Emily stava progettando una vita senza Daniel. Adesso, improvvisamente, lui sembrava impegnarsi con lei. Poteva davvero essere cambiato così, senza pensarci un attimo, così velocemente? Ed era davvero perché aveva capito quanto importante fosse per lui la loro relazione?

O era solo spinto a farlo per via di Chantelle?

*

La mattina dopo Emily si svegliò presto, quasi di colpo. Quando si accorse che Daniel era nel letto accanto a lei si rilassò e si ributtò sul cuscino, respirando profondamente. Non avrebbe dovuto sentirsi sollevata alla vista di Daniel nel letto con lei. Avrebbe dovuto sentirsi appagata.

Osservò il viso addormentato di lui e l’angoscia svanì. Era così giusto averlo lì, di nuovo con lei, che fossero tutti insieme. Non avrebbe dovuto dubitare quando le aveva detto che sarebbe tornato da lei. E non avrebbe dovuto reagire a quel modo per via del suo giro in moto della scorsa notte.

Daniel stava ancora dormendo profondamente, quindi Emily decise di lasciarlo stare. Doveva essere esausto dal lungo viaggio e da tutte le emozioni provate, e doveva aver bisogno di recuperare tutto il sonno perduto. Era sicura di essere in grado di vestire Chantelle e prepararle la colazione da sola. Poi avrebbe potuto mostrare alla bambina le galline e avrebbero potuto portare insieme i cani alla spiaggia.

Entusiasta alla prospettiva, Emily si fece una doccia veloce e si mise addosso qualcosa. Una volta pronta per la giornata, lasciò la camera da letto e Daniel, che ancora russava, e aprì la porta della stanza accanto. Con suo orrore, il letto di Chantelle era vuoto.

Emily venne attraversata da una brutta sensazione. Dove poteva essere la bambina?

Scossa dal panico, Emily cominciò a pensare a milioni di scenari possibili: Chantelle aveva trovato la porta del belvedere ed era precipitata dal tetto; aveva trovato uno dei fatiscenti granai abbandonati ed era rimasta spappolata sotto a dei rottami; aveva seguito il sentiero fino alla costa ed era stata portata via dal mare. Ma prima che avesse la possibilità di urlare il nome di Daniel, Emily udì il suono di una risata che veniva da fuori.

Corse alla finestra e scostò le tende. Lì, nel cortile sul retro, c’era Chantelle che giocava con Mogsy e Rain, ridendo e gridando mentre i cani le saltavano addosso e le correvano intorno in cerchi agitati. Chantelle indossava ancora la grande t-shirt che Emily le aveva fatto indossare per la notte. Aveva i piedi completamente scalzi.

Emily uscì dalla porta e fece le scale di corsa. Non voleva spaventare Chantelle ma pensava pure che non fosse una buona idea che la bambina stesse fuori senza supervisione e a malapena vestita. Anche se sentiva che Sunset Harbor era una zona sicura, lei era cresciuta a New York City e avrebbe sempre provato ansia al pensiero delle terribili cose che le persone potevano farsi a vicenda.

Facendo capolino dalla porta sul retro, Emily chiamò Chantelle. La bambina alzò lo sguardo, sorridendo felice. Aveva i piedi verdi per aver corso nell’erba bagnata di rugiada.

“Vieni dentro, tesoro,” gridò Emily. “È ora dei pancake.”

“Voglio giocare!” rispose Chantelle.

“Tra un attimo,” disse Emily cercando di mantenere il tono calmo e amichevole. “Prima devi fare colazione. Poi, una volta vestita, possiamo portare i cani alla spiaggia e giocare lì. Ti va?”

Chantelle guardò Emily accigliata e la faccia le diventò rossa. Per la prima volta Emily intuì i problemi di cui Chantelle doveva aver fatto esperienza in passato. Nel suo viso scuro, vide rabbia e acredine. Sapeva che non erano dirette a lei ma a questo terribile mondo, alla terribile gente che aveva conosciuto e alle terribili esperienze che aveva fatto. Probabilmente stavano emergendo solo adesso perché Emily e Daniel le avevano fornito una rete di sicurezza in cui Chantelle potesse esplorare quel lato di se stessa senza temere di essere punita.

Improvvisamente, Chantelle inclinò all’indietro la testa e si mise a strillare forte. Emily fece un respiro profondo. Non poteva fare a meno di pensare a tutte le migliaia di madri che aveva visto nella sua vita combattere contro i capricci dei bambini, l’aria sfinita negli occhi, l’imbarazzo misto alla rabbia. Ma sapeva che se voleva che Chantelle si fidasse di lei e crescesse felice e psicologicamente sana perdere il controllo non era un’opzione percorribile.

Avanzò decisa nel giardino e prese la mano di Chantelle. “Vieni, tesoro,” disse come se i pianti di Chantelle non le stessero sfondando i timpani.

Proprio allora Emily notò qualcuno risalire il vialetto. Trevor. Certo. Un classico che scegliesse quel momento per venire a schernirla.

“Che c’è, Trevor?” sibilò Emily, senza farsi scrupoli di perdere il controllo con lui.

“Che cosa crede che ci sia?” borbottò Trevor. “Non sono neanche le sette del mattino e questa bambina fa chiasso nel giardino. Sta disturbando il mio diritto alla pace.”

Chantelle si fece immediatamente silenziosa. Si allungò per prendere la mano di Emily, quasi come scusandosi per averla messa nei guai.

“Ci stiamo ancora abituando,” disse Emily con un sospiro, stupefatta da quanto poco si curasse dei giochetti di Trevor, ultimamente. “E Chantelle domani comincia la scuola, perciò non accadrà più.”

“C’è sempre il weekend,” sogghignò Trevor.

“Ci assicureremo di non svegliarla più prima delle sette.” Sospirò Emily. “Non lo faremo, vero, Chantelle?”

Ma quando abbassò lo sguardo sulla bambina, vide che aveva le lacrime che le rigavano il viso e che stava tremando dalla paura. Vederla così esaurita fece esplodere qualcosa in Emily, un’improvvisa pulsione materna a difendere la sua piccola.

Si voltò verso Trevor, d’un tratto fumando dalla rabbia, sentendo il calore che le saliva alle guance. “Sa una cosa, Trevor? Chantelle può giocare nel suo giardino quando diavolo vuole. La mia casa, la mia bambina, le mie regole.”

Trevor sembrò preso un po’ di sorpresa dallo scatto di Emily. Ma si riprese subito, e sul viso gli tornò la solita espressione sogghignante. “Però non è sua figlia, vero?”

“È sotto la MIA custodia,” urlò Emily. “Sono la sua tutrice e farò tutto ciò che posso per proteggerla da uomini abietti come lei.”

Per la prima volta in assoluto, Trevor sembrò umiliato. Emily non era pronta a sentire altro da lui, quindi sollevò Chantelle dalla vita e la prese in braccio. La bambina tremava così tanto che Emily stette male dall’ansia. Ne aveva passate così tante nella sua breve vita – l’ultima cosa che le serviva era fare esperienza di quella mostruosità che si chiamava Trevor Mann.

Emily portò dentro Chantelle e sbatté la porta. Non aveva mai provato una tale esplosione di emozioni, di desiderio di amare e proteggere la bambina che aveva in custodia.

“Scusa!” escalmò subito Chantelle non appena furono dentro. La stringeva così forte che Emily pensò che le avrebbe rotto il collo.

“Chantelle, va tutto bene,” disse Emily, con delicatezza. “Trevor si arrabbia per tutto. E tu non sapevi che l’avresti svegliato. Però facciamo che in futuro chiedi il permesso prima di uscire, eh? D’accordo?”

Chantelle annuì con tanta foga che sembrava non voler altro che sistemare le cose con Emily.

“La mamma mi diceva sempre di giocare fuori,” disse Chantelle tra le lacrime. “Non voleva mai che le stessi tra i piedi.”

A Emily pianse il cuore. La poverina doveva essere stata davvero molto confusa quando Emily le aveva detto di entrare. Si sentì male per averla turbata.

“Be’, io e Daniel vogliamo giocare sempre con te,” disse Emily. “Okay?”

Chantelle annuì. Alla fine le lacrime le si asciugarono ed Emily sistemò a terra la bimba.

Emily la portò in cucina, dove stava entrando Daniel. “Che succede?” disse. “Ho sentito piangere. Ti sei fatta male, Chantelle?”

La bambina scosse la testa in segno di diniego.

“Stavo proprio dicendo a Chantelle che io e te vogliamo giocare con lei quando esce, quindi dovrebbe chiedere a uno dei due di andare con lei,” disse Emily rivolgendo a Daniel un’occhiata che gli diceva di non prendere iniziative in merito.

Lui sembrò capire cosa gli stava dicendo e annuì. “Be’, sono contento che tutti siano di nuovo felici,” disse. “Preparo la colazione?”

Chantelle annuì entusiasta e lei ed Emily si misero a tavola ad aspettare la colazione.

“Dunque,” disse Daniel un momento dopo sedendosi con una pila di pancake. “Cosa facciamo oggi, visto che la scuola comincia solo domani?”

Emily andò in agitazione. Capì che anche Daniel non aveva idee dall’espressione leggermente ansiosa che aveva. Nessuno dei due si era dovuto occupare di un bambino prima, ed entrambi subivano la pressione di assicurarsi che Chantelle si divertisse il più possibile per farle dimenticare la terribile vita che aveva vissuto fino a quel momento.

“Credo che a Chantelle farebbe piacere andare da qualche parte con i cani,” disse Emily guardando la bambina in cerca di consenso.

Chantelle annuì.

“Mi è venuta un’idea,” disse Daniel. “Jason e Vanessa non hanno portato Katy alla raccolta delle mele ieri all’Autunno in fattoria? Che ne dite?”

“Non sono mai stata in una fattoria!” disse Chantelle con un sussulto. “Hanno gli animali? Mi piacciono tanto gli animali! I miei preferiti sono i maiali. Hanno i maiali?”

Emily sgranò gli occhi. Non aveva mai sentito Chantelle dire così tante parole in una volta sola. L’idea di trascorrere del tempo con gli animali la stava tirando fuori dal suo guscio.

“Hanno anche una fattoria didattica,” disse Emily. “Con i conigli e i porcellini d’India.”

“I conigli!” urlò Chantelle. “I conigli sono i miei più preferitissimi!”

“Bene allora,” disse Daniel con un largo sorriso. “Immagino che oggi andremo all’Autunno in fattoria.”

*

Mogsy e Rain abbaiarono di gioia per tutto il viaggio fino alla fattoria. Emily e Daniel non li portavano spesso in luoghi che non fossero la spiaggia e il parco dove fare due passi, quindi sentivano che stava accadendo qualcosa di entusiasmante. Ma per quanto i cani sembrassero felici, ciò non era niente in confronto alla gioia di Chantelle. Per tutto il tragitto guardò fuori dal finestrino con gli occhi spalancati, scrutando il panorama fatto dalle bellissime strade costeggiate dagli alberi, le cui foglie si stavano facendo da verdi ad arancioni. Emily adorava guardare la bambina fissare meravigliata l’ambiente. Le scaldava il cuore sapere che l’avevano tolta dalla privazione, che l’avevano salvata dalla sua orribile vita, e che potevano adesso mostrarle quanto potesse essere bello davvero il mondo.

Daniel si fermò al parcheggio della fattoria, che era poco più di un campo infangato. C’erano tonnellate di automobili già lì, nonostante l’ora; chiaramente ogni genitore di Sunset Harbor e delle zone vicine aveva pensato che la raccolta delle mele sarebbe stata l’ultima attività con i figli prima della scuola.

Come Daniel ebbe parcheggiato, Chantelle fu rapida a togliersi la cintura e ad afferrare la maniglia della portiera.

“Non così veloce,” disse Daniel. “Dobbiamo prima mettere il guinzaglio ai cani o scapperanno, e non li vedremo più.”

“Scusa,” disse Chantelle abbassando il viso dalla vergogna.

Daniel guardò Emily in cerca di aiuto. Emily si limitò a scuotere la testa, per dirgli silenziosamente che non dovevano esagerare, che non c’era nulla che potessero dire per far sentire meglio la bambina, e che l’amore, il tempo e la pazienza erano le uniche cose che potevano insegnare a Chantelle a non provare tanta vergogna per se stessa. Le dispiaceva per Daniel, per la sua apparente mancanza di intuito in quelle situazioni. Sembrava così fuori rotta, a volte, eppure Emily sentiva di assumersi il compito di madre con semplicità.

Emily legò i cani al guinzaglio e poi tutti scesero dalla macchina. C’erano altre famiglie che girovagavano, con i bambini che ridevano e giocavano, correndo in cerchio attorno ai genitori. Mentre avanzavano verso l’entrata della fattoria, circondati dal chiacchiericcio delle altre famiglie, Emily provò un momento surreale di realizzazione per via di quanto la sua vita si fosse trasformata nell’ultimo anno. Era passata dall’essere un’assistente al marketing di New York a proprietaria di locanda nonché specie di mamma del Maine. Era passata dall’attendere per sette lunghi anni un anello da parte di Ben a ciò che stava cominciando a sentire come la migliore relazione della sua vita.

“Vieni, Emily!” urlò Chantelle.

Emily alzò lo sguardo, distolta dal suo sogno a occhi aperti, per vedere Chantelle e Daniel al chiosco in attesa di avere i cestini per la raccolta delle mele. Chantelle strattonava la mano di Daniel, proprio come Rain strattonava il guinzaglio. Daniel rideva, e sorrideva in un modo in cui Emily non gliel’aveva mai visto fare. Chiaramente era felicissimo di essere con Chantelle, di essere lì, come una famiglia.

Emily corse verso di loro e prese l’altra mano allungata da Chantelle. Quando fu il loro turno presero il cestini, poi si diressero verso il frutteto.

“Troviamo le mele più succose e più rosse,” disse Emily a Chantelle con un sussurro entusiasta. “Vedrai che sono alla fine del campo.”

Chantelle annuì con gli occhi sgranati, entusiasmata dal tono cospiratorio di Emily.

Emily alzò lo sguardo su Daniel. Le sorrideva apertamente, e aveva un bagliore di orgoglio negli occhi. Emily non poté evitare di arrossire.

Mentre si mettevano a riempire i cestini con le succose mele, Emily capì che si stava divertendo più di quanto avesse fatto in anni. Anche Daniel rideva come un allegro bambino. Correva di qua e di là, sollevando Chantelle e facendola girare, mettendosela a cavalcioni sulle spalle in modo che potesse raggiungere i rami più alti. Emily non aveva mai visto il lato giocoso di Daniel. Vederlo adesso era una gioia per gli occhi.

“Divertente, vero?” disse Daniel senza fiato correndo verso Emily.

“Credo di non divertirmi così da quando ero piccola,” rispose Emily.

“Neanch’io,” disse Daniel.

Emily sentì calore. In qualche modo avere Chantelle con loro stava guarendo le ferite delle loro vite traumatiche.

*

Dopo la raccolta delle mele, Emily decise che Chantelle poteva prendersi dei vestiti nuovi. La bambina non poteva dormire con le magliette di Daniel tutte le notti, soprattutto adesso che stava arrivando il freddo. Aveva bisogno di pigiami, e di biancheria, di un cappotto e di guanti, e di abiti per la scuola. Aveva portato uno zaino così piccolo con sé, con così poche cose dentro – Emily avrebbe dovuto comprarle praticamente un intero guardaroba di vestiti.

“Possono venire solo le ragazze,” disse Chantelle mentre andavano alla macchina.

Emily sapeva che il commento avrebbe ferito Daniel, soprattutto ora che le belle ore passate alla fattoria erano passate. Che Chantelle adesso scegliesse di escluderlo l’avrebbe disorientato e sarebbe stato doloroso. E sebbene Emily sapesse che lui non voleva perdere quella opportunità di creare un legame, allo stesso tempo lui non sarebbe andato contro i desideri di Chantelle e non avrebbe costretto la bambina a fare qualcosa che non voleva fare.

Emily abbassò lo sguardo su Chantelle, stringendole forte la mano. “Papà non ha un gran senso della moda, eh?” disse cercando di alleggerire la situazione.

Chantelle si mise a ridacchiare.

“Immagino che vi lascerò trascorrere una giornata tra ragazze, allora,” disse Daniel con tono rassegnato.

“Ti faremo una sfilata al nostro ritorno,” disse Emily cercando di risollevargli l’umore includendolo.

Emily e Chantelle salutarono Daniel e i cani, poi si misero in cammino per le strade di Sunset Harbor. Non c’erano moltissimi negozi di vestiti per bambini in città, anche se Emily ne conosceva uno buono nascosto in una via secondaria che vendeva abiti vintage e un po’ di roba per bambini. Riusciva a immaginare quanto sarebbe stata bella Chantelle con un montgomery in stile vittoriano, anche se temeva che Chantelle avrebbe trovato antiquati i suoi gusti. Emily non aveva la più pallida idea di cosa indossassero i bambini ultimamente.

Svoltarono nella stradina ed Emily portò Chantelle nel negozio di vestiti vintage.

“Ora, se non ti piace la roba che ti prendo, puoi dirmelo,” le disse Emily. “Non voglio che tu ti metta qualcosa con cui non ti senti a tuo agio o che non ti piace.”

Emily voleva che Chantelle si adattasse ai bambini che avrebbe conosciuto a scuola. Partiva già in svantaggio, avendo sofferto per un’infanzia trascurata; l’ultima cosa che Emily voleva adesso era che venisse isolata per le sue scelte in fatto di moda!

“Oh, Chantelle, che ne pensi di questo cappotto?” disse Emily prendendo in mano un montgomery blu dai grossi bottoni. Immaginava che fosse il tipo di cappotto indossato da Sara Crewe nella Piccola principessa.

Chantelle sembrava rapita. Si allungò per prendere il cappotto, poi si strofinò il tessuto contro la guancia. La fodera era un bellissimo collage di fiori rosa, verde e giallo pastello.

“La fodera ti piace?” chiese Emily.

Chantelle annuì ed Emily prese nota mentalmente di cercarle dei vestiti a motivi floreali.

Chantelle tolse il cappotto dalla gruccia e lo indossò. Proprio come aveva pensato Emily, col cappotto addosso era assolutamente deliziosa, come se fosse uscita da una pagina di un romanzo di Dickens. Mentre Chantelle si rimirava allo specchio, cominciarono a splenderle delle lacrime negli occhi.

“Non dobbiamo prenderlo per forza, se non ti piace,” disse Emily, improvvisamente preoccupata.

Chantelle scosse la testa. “Non è quello. È che non sapevo che potevo essere carina.”

Per la centesima volta da quando la ragazzina era entrata nella sua vita, Emily sentì il cuore spezzarsi. Chantelle aveva trascorso la sua intera esistenza senza che le venisse detto che era bella? Era un sacco di tempo perso da recuperare se volevano ricostruirle la fiducia in se stessa.

Emily e Chantelle trascorsero un’ora abbondante nel negozio vintage, provandosi vestiti e canotte, pantaloni a pinocchietto molto carini e dolcevita. Emily non sapeva se fosse di parte o meno, ma pensava che Chantelle stesse benissimo con tutto quanto, come una modella bambina. Era sorprendente assistere alla sua trasformazione, non solo fisica ma anche nei modi, come se si sentisse più a suo agio, più sicura di sé e ardita nelle sue scelte. Per una bambina che non aveva mai avuto la possibilità di vestirsi bene, brillava di una vera e propria luce creativa. Per la fine dell’ora avevano cinque nuovi completi.

“Faremo meglio ad andare al grande magazzino, adesso,” disse Emily. “Per prendere un po’ di biancheria, di calzini e di pigiami.”

Insieme, lasciarono il negozio vintage, Emily con le braccia piene di borse, e puntarono in direzione del grande magazzino. Per strada Emily vide Vanessa con Katy nel passeggino. Vanessa faceva i turni di pulizia alla locanda da settimane, ormai. Emily la salutò con la mano dall’altro lato della strada.

“Chantelle, lei è la mia amica Vanessa,” disse Emily. “Lavora al Bed and Breakfast, quindi probabilmente la vedrai al mattino.”

Vanessa sembrava un po’ confusa. “Ciao, Chantelle,” disse un po’ forzatamente. Poi alzò lo sguardo su Emily. “È tua nipote?”

Emily fece un largo sorriso e scosse la testa in segno di diniego. “È la figlia di Daniel.”

“Emily è la mia nuova mamma,” disse Chantelle stringendosi al corpo il braccio di Emily e sorridendo.

Emily sentì il cuore sciogliersi. Ma quando guardò il viso di Vanessa si accorse che la sua amica si era fatta di sasso.

“La figlia di Daniel del Tennessee?” disse Vanessa.

Emily annuì, rattristandosi. Vanessa era stata lì durante le settimane in cui Daniel l’aveva abbandonata, durante quelle sei lunghe settimane in cui Emily era stata lasciata in subbuglio, incerta se rimanere o chiudere tutto e tornare di corsa a New York, per accettare l’offerta di lavoro di Amy e la proposta di matrimonio di Ben fingendo che il viaggio nel Maine non fosse stato che un sogno. Insieme a Serena, Vanessa aveva sostenuto Emily, offrendole conforto e amicizia, occupandosi di ciò che Daniel aveva lasciato a metà. Chiaramente disapprovava che Emily avesse accettato di accogliere nella sua vita senza alcuna esitazione Daniel e sua figlia.

“Chantelle, tesoro,” disse Emily, “perché non entri nel negozio e non ti compri delle caramelle? Ecco.” Le porse qualche banconota. “Papà adora soprattutto le cioccolate al burro d’arachidi.”

Non appena Chantelle se ne fu andata, Emily tornò a rivolgersi a Vanessa. “Lo so che cosa pensi,” cominciò. “Pensi che io sia stata una pazza a permettere a Daniel di tornare nel mio cuore senza discussioni. Credi che mi stia comportando come fossi il suo zerbino.”

Vanessa scosse la testa. “Non è quello, Emily. Lo so che lo ami. Chiunque se ne accorgerebbe. Non ho mai dubitato che voi due sareste stati insieme.”

“Allora qual è il problema?” chiese Emily sentendo freddo.

“La bambina,” rispose Vanessa. “Pensi davvero che sia giusto portarla via da casa sua? Da sua madre?”

Emily incrociò le braccia. “Sua madre ha rinunciato a occuparsene. È una drogata e ha problemi mentali. Daniel ha cercato di aiutarla a ripulirsi e a cominciare un programma di trattamento, ma non ha funzionato. Lei ha capito che Chantelle sarebbe stata meglio con noi. Ma non escluderò Sheila fingendo che non esista. Se vuole far parte della vita di Chantelle può farlo, non appena si sarà ripulita. Non permetterò che una tossica rovini la vita di quella ragazzina.”

Vanessa sembrava incerta. “Però non so se capisci in cosa ti sei ficcata,” disse. “Chantelle non sarà una bambina facile da crescere.”

“Ne sono ben cosciente,” disse Emily risentita, sebbene Chantelle non fosse stata altro che deliziosa, fino a quel momento. “È ovvio che ci saranno delle sfide. Ma io e Daniel siamo pronti ad affrontarle insieme.”

“E i tuoi, di figli? Tuoi e di Daniel? Riuscirete ancora ad avere una famiglia vostra se siete impegnati a occuparvi dei problemi di Chantelle? E la locanda? È un luogo sicuro per una bambina difficile?”

“Chantelle non è difficile,” ribatté Emily, sulla difensiva e improvvisamente protettiva nei confronti della bambina che stava cominciando a vedere come una figlia. “Ha bisogno di amore e cure. Io e Daniel siamo le persone migliori per fornirle queste cose.”

Vanessa sospirò profondamente. “Non lo dubito neanche per un momento,” disse con rassegnazione. “Temo solo che tu non ci abbia pensato bene. Hai visto che stress è Katy, e lei è carne della mia carne. Io ho scelto di averla. Chantelle ti è stata buttata addosso. È praticamente un ultimatum da parte di Daniel. Tu tutto questo non l’hai mai chiesto. Credo solo che tu debba fare un passo indietro per prenderti un attimo per capire se è quello che vuoi.”

Si sporse e le strinse un braccio. Proprio allora tornò Chantelle, con una borsa del negozio piena di caramelle e barrette di cioccolato.

“Wow,” disse Emily, “guarda tutti questi dolci.”

Ma non aveva più il tono disinvolto e spensierato di prima. Le parole di Vanessa l’avevano innervosita, erano penetrate nella sua felicità e le avevano lasciato dentro un macigno. Poteva davvero crescere bene Chantelle?

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