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Capitolo 2: Importante Decollo

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Nei primi tempi del viaggio interstellare umano, non esisteva un modello stabilito. Ma poiché la Natura lancia l’anarchia nella stessa classe abominevole del vuoto, io rapporti di potere hanno cominciato a costruire – imperi commerciali, conglomerati manifatturieri, fortune bancarie. Questi e altri sono cresciuti rapidamente, alcuni nella spazio di una sola vita.

Molto presto, ci furono alcune persone con un valore intrinseco più grande di altre. E mentre il potere si aggrappa al potere, queste preziose persone gravitano l’una verso l’altra.

All’inizio queste persone si vedevano tra di esse come delle minacce, e il combattimento fu feroce. Ma gradualmente si sviluppò una tregua. La fonte originale della loro ricchezza – la gente comune – rimase costante. Disegnarono dei cerchi sociali per distinguersi dalle volgari masse che si stringevano nell’ombra all’esterno. Tutt’insieme formarono la società.

La natura normalmente istituisce controlli e contrappesi sui sistemi sociali. Ma in questo caso, lei fece una battuta – ingrandì troppo le distanze. Mentre le navicelle spaziali potevano attraversare i sistemi stellari in pochi giorni o settimane, nessun metodo di comunicazione era più veloce. La forza che avrebbe dovuto tenere sotto controllo questa Società – un governo forte e centralizzato – non poteva essere organizzata su una scala interstellare.

Furono fatti diversi tentativi per istituire governi interstellari che fallirono miseramente e all’unanimità. Con poche leggi comuni tra le centinaia di pianeti abitati dall’uomo, senza leggi nello spazio interstellare e senza accordi di estradizione adeguati tra sistemi stellari, chiunque potesse viaggiare liberamente da una stella all’altra poteva, in effetti, porsi al di sopra della regola di uomini comuni.

I membri della Società furono gli unici che poterono permettersi di viaggiare liberamente tra le stelle. Con le loro enormi fortune personali, infatti, avevano poco altro da fare se non viaggiare.

Sebbene la mente umana si sforzi costantemente per il tempo libero infinito, non può accettare che questo accada. I membri della Society dovevano trovare qualcosa da fare per occupare il tempo, prima che cominciassero a marcire come dei frutti di un mese. Ciò non poteva essere “lavoro” o qualsiasi altra cosa che assomigliasse in maniera remota ai passatempi delle persone inferiori, per questo motivo loro continuarono a giocare per un sollievo fisico.

Un intricato sistema di protocolli nacque nelle file della Society. Per assicurarsi che ciò fosse usato, furono inventate numerose scuse per riunire le persone – balli, feste, e altre forme di intrattenimento sociale. Questi hanno fornito una logica costante per il salto del pianeta, oltre a un cambiamento necessario nella compagnia e nell’atmosfera.

Ma ancora più importanti delle parti erano i giochi. Gli sport elaborati e spesso subdoli sono stati ideati per fornire eccitazione, materiale di conversazione e uno sbocco per gli impulsi competitivi. Alcuni dei giochi erano prove di resistenza fisica, altri erano prove di agilità mentale, e altri ancora erano una combinazione dei due.

Il culmine di tutto fu l’Isola del Tesoro. Questa cosa si tenne ogni venti anni perché i nervi delle persone non potevano sopportare di tenerlo più spesso o meno. Questa cosa fu così grande che l’interesse in ciò non era limitato ai circoli della Society. Storie di precedenti Isole del Tesoro vendute a macchia d’olio nella stampa comune, e le storie sono state raccontate di continuo fino al punto di renderle leggendarie. Naturalmente non ci furono grandi premi per avere vinto la Caccia, naturalmente – salvo che la deificazione non potesse essere definita come un premio.

Jardine Matthies

Il Bisogno di Decadenza

Il Mondo della Caccia era stato istituito solo per uno scopo: l’amministrazione dell’Isola del Tesoro. C’era solo una città, una popolazione umana di quindicimila abitanti, su un pianeta delle stesse dimensioni della Terra. Era un enorme complesso di computer, composto da settemila persone e ventimila robot. Altre ottomila persone e cinquantamila robot abitavano il Mondo della Caccia, eseguendo servizi non direttamente collegati all’Isola del Tesoro.

In una giornata tipica potevano esserci solo una o due astronavi che punteggiavano l’enorme distesa dell’aeroporto per l’atterraggio delle navicelle spaziali nel Mondo della Caccia – alcune delle navicelle scout venivano costantemente inviate in tutta la galassia per fornire dati al computer d questo mondo, o forse navicelle mercantili giganti, arrivando con cibo o materiali e partendo con quello spazio vuoto nelle loro stive, perché in questo mondo non c’erano esportazioni.

Ma questa non fu una giornata tipica. Era la vigilia della Caccia al Tesoro, ragion d’essere per tutto questo mondo. E così lo spazioporto, normalmente un deserto artificiale, adesso era una giungla di astronavi, i nasi che puntavano verso il cielo, aspettando con impazienza l’ordine futuro che li avrebbe mandati sulla loro strada: c’era l’Egalité, per esempio, la navicella dell’androide, sfregiata e malconcia, era alta solo dieci metri e sembrava terribilmente surclassata dai suoi fratelli maggiori. E c’era la navicella di Ambic Jusser, l’Hermes, un ago lucido e impaziente diretto verso la stella, costruito per la sua velocità, tutti i ventidue metri di altezza che urlavano stile ed eleganza. E ce n’erano anche altri, quasi duecento di loro spinsero insieme indiscriminatamente verso una confusione senza speranza.

Ma anche in questa foresta di navicelle spaziali, Tyla non ebbe problemi a individuare quella di suo fratello. L’Honey B torreggiò molto sopra il resto; con i suoi trentasette metri di altezza e il suo diametro di tredici metri alla base, era di gran lunga il più grande yacht spaziale privato mai costruito. Tre enormi pinne si protese verso il basso dai lati di questo proiettile mostruoso come radici che succhiano il nutrimento dal terreno. Un ponte provvisorio si trovava accanto alla nave, raggiungendo venticinque metri fino alla camera di compensazione principale.

Le lacrime di Tyla si erano asciugate quando raggiunse il cavalletto, lasciandola con una sensazione di vuota frustrazione. Lei entrò nel tubo gravitazionale e s’irritò solo un po’ di più a causa della sua lentezza nel sollevarla verso l’alto. Lei tirò su con il naso e si asciugò il viso con un fazzoletto, togliendo ogni traccia della sua recente umiliazione.

Quando lei finalmente raggiunse la serratura, trovò il portello chiuso. Si guar6dò intorno alla ricerca dio un modo per aprirlo, ma perse la pazienza. Suonò il cicalino che non fornì una risposta immediata; lei picchiettò sempre più forte e la sua rabbia aumentò a ogni spinta. Alla fine una voce arrivò attraverso l’interfono. “Chi è?”

“Sono Tyla deVrie. Fammi entrare!”

Il portello si aprì lentamente. In piedi sulla soglia c’era il piccolo Dru Awa-om-anoth, la tecnologia informatica dell’astronave. Era alta appena centocinquantacinque centimetri, e la sua massa da sessanta chili le dava un aspetto un po’ aspro. Aveva una faccia tonda e pallida, con gli occhi tristi e un’espressione cupa che non sembrava cambiare mai. Era vestita con un’uniforme grigia scura e quella fu l’unica cosa che Tyla le aveva mai visto indossare. Il materiale normalmente liscio apparve corrugato, e appeso a lei come un sacco. “Canterò la mia Canzone di Scuse, Signora,” lei disse. “Fuori era buio e il tuo viso non si vedeva bene sullo schermo.”

“Com’è che ci hai m esso così tanto a rispondere?” sbottò Tyla.

“Io stavo nella mia cabina, a cantare la mia canzone di speranza per la nuova avventura. Non è bello fermarsi nel bel mezzo di una canzone.”

“Io mi fermai qui, ad aspettare, per cinque minuti.” Tyla fece uno sforzo cosciente per rimanere arrabbiato, ma qualunque rabbia fosse rimasta in lei fu rapidamente assorbita dalla spugna di non emulazione di Dru.”

Il portello può essere aperto dall’esterno, se si prende il tempo necessario per apprendere la procedura. Oppure avresti potuto usare l’uscita dell’ingegnere nella coda. Ma io canterò per te la mia canzone di scuse per due volte.”

Tyla si dimenò leggermente. Lei semplicemente non riuscì a trattenere la propria rabbia contro un grumo così irresistibile quanto Dru. “Non sarà necessario. Dov’è Bred?”

“Nella stanza alta con il Capitano Kirre.”

Tyla oltrepassò il boccaporto ed entrò nel Salotto. Un lieve fastidio si stava di nuovo costruendo, ma non diretto. “Va bene, puoi tornare alla tua cabina adesso. Posso gestire la cosa da qui.”

Tyla osservò Dry attraversare il Salotto fino al Nucleo. Come quasi tutte le camere a bordo dell’Honey B, il Salotto aveva la forma del settore di un cilindro di neanche dieci metri di diametro con un soffitto alto quattro metri. Le pareti erano tappezzate di carta da parati di velluto nei toni del verde; “ritratti di famiglia” ed imitazioni di fiammate di gas appese ad intervalli. Diversi tappeti orientali erano disposti sopra il pavimento di marmo intarsiato. I mobili erano delle imitazioni di arredamento antico – non perché i deVries non potevano permettersi il vero vittoriano, ma perché questi mobili dovevano resistere a diverse zone di accelerazione. C’era un lungo divano contro una parete e sei sedie imbottite distanziate intorno alla stanza, tutte tappezzate di pesante stoffa felpata di colore verde. In un angolo c’era una piccola spinetta e un orologio a pendolo in vero legno dentro un altro.

Tyla rimase sola in questa opulenza per un lungo minuto, cercando di decidere che cosa fare. Se la sua tensione aumentava, lei sentiva che sarebbe esplosa. Voleva andare da qualche parte e fare qualcosa, ma non c’era nessun posto dove andare e niente da fare per lei. Strinse e serrò i pugni per la frustrazione.

Alla fine lei prese una decisione. Con passi decisi, attraversò il Salotto ed entrò nel Nucleo, un tubo di due metri di diametro che correva praticamente lungo l’intera lunghezza al centro dell’astronave.

Invece di andare avanti verso il Settore II, dove si trovavano le cabine per dormire, Tyla usò le maniglie per arrampicarsi all’indietro – “giù” poiché l’astronave era sotto il tiro della gravità. Ci sono voluti solo un paio di passi per raggiungere il Settore V, l’Area Specializzata. Lei si fermò sulla sporgenza che correva lungo il muro del Nucleo a questo livello. Alla sua sinistra c’era la porta contrassegnata “Stanza Principale,” l’unica chiusa a questo livello. Tyla si accigliò. Quella stanza sfoggiava un letto grande e opulento e l’atmosfera all’interno era intrisa di euforia, dando agli occupanti una vertiginosa sensazione di benessere per migliorare il loro amore. Anche se era insonorizzata come tutte le stanze a bordo di quest’astronave, immaginava di potere sentire i suoni della passione tra suo fratello e il capitano del suo gruppo tutto al femminile.

Tyla camminò intorno alla sporgenza fino all’Utero. Si tolse la parrucca rossa e verde con una mano, scostò l’abito dal suo corpo con l’altra e li appese entrambi su uno degli appigli accanto alla porta. Nuda, ora, prese la mascherina per l’aria dal piolo e se la mise sopra il suo viso, dopodiché fece scivolare il suo corpo nell’apertura tubolare.

Il meccanismo nell’Utero intuì il calore del suo corpo e reagì di conseguenza. Le pareti lisce e morbide crollarono dolcemente intorno a lei, avvolgendo tutta la sua sagoma in un elegante abbraccio. Delle gocce di olio aromatico attraversarono la pelle dell’Utero riunendosi su di lei. Milioni di piccole dita meccaniche presero vita e iniziarono il suo lavoro, sfregando, accarezzando e massaggiando ogni centimetro del suo corpo in un movimento dolce e rilassante. Tyla piagnucolò e gemette dal piacere quando l’Utero tirò fuori le sue carezze. Tutte le cure della sera furono messe da parte. La sua mente si concentrò unicamente sul proprio corpo mentre un’onda di sensualità dopo l’altra rotolò su di lei.

* * *

Ci fu un forte e insistente ronzio nell’interfono. Tyla lottò per uscire da un labirinto di sonno per raggiungere la sua testa e premere il touchplate. “Ummnh?” mormorò lei.

La voce di Bred rimbalzò allegramente dall’altoparlante. “Buongiorno, sorellina. C’è una visita per te.”

La sua mano ricadde sul letto con un pesante tonfo. “Checos’è?” lei chiese, troppo stanca per separare le parole.

“Scendi e guarda di persona. Sono nel salotto” Bred riattaccò il citofono.

Tyla si mise a sedere lentamente, ancora non completamente sveglia. Era nuda, di nuovo nella sua cabina per dormire. I suoi ricordi dopo che l’Utero cominciò il suo lavoro furono sfocati al meglio. Sapeva che l’Utero avrebbe operato solo per un’ora alla volta, quindi pensò che fosse uscita dopo la fine e si arrampicò sul Nucleo fino ai suoi alloggi. La sua parrucca e il vestito plastiglo erano drappeggiati con noncuranza sui uno dei ganci a forma di amaca, a conferma di tale ipotesi.

Lei si alzò e si stirò meglio che poteva nella cabina confinata. Essendo nel Settore II, vicino alla punta dell’astronave, i cubicoli non erano molto grandi. C’erano tre metri di “altezza” nella parte posteriore, e il “pavimento” e il “soffitto” erano entrambi nello schema trapezoidale che predominava a bordo dell’astronave. All’interno di questo spazio c’era un bagno e un lavandino, un letto per l’uso in condizioni di gravità che si ripiegava nel muro, ganci per amache, un visualizzatore privato di holie, uno schermo di libri e un piccolo set di cassetti incorporato per i vestiti e gli effetti personali. Non rimaneva molto spazio per vivere, ma queste cabine erano destinate esclusivamente al sonno e alla privacy personale; il vivere fu fatto nelle altre stanze più esotiche.

Tyla andò verso il lavandino e si schizzò un po’ di acqua sulla faccia per svegliarsi, borbottando maledizioni contro suo fratello e chiunque altro potesse giocare a indovinare giochi a quell’ora del mattino. Poi guardò l’orologio a muro – erano le cinque meno dieci, ora locale. La Caccia al Tesoro sarebbe cominciata entro poco più di due ore, e qui lei stava ancora dormendo.

Velocemente, raggiunse un cassetto e ne estrasse una delle divise da lavoro. Tutte le uniformi spaziali erano essenzialmente tute di un pezzo che coprivano il corpo dal collo in giù, con stivali e guanti incorporati. L’uniforme era abbastanza larga da permettere al corpo di muoversi liberamente, ma era stretta da un elastico ai polsi, alla vita e alle caviglie per prevenire una mongolfiera ingestibile. Davanti era tutta sigillata con una cucitura e si trasformava facilmente in una tuta spaziale con la semplice aggiunta di serbatoi d’aria e un casco.

Sebbene il design delle uniformi spaziali fosse standard in tutto lo spazio umano, gli individui erano codificati a colori. Il tipico motivo di Tyla, ad esempio, era un viola originale della Bracht con sottili ghirlande argentate su tutto il corpo e bande argentate che simulavano i gioielli. Ci scivolò dentro, poi si passò un pettine tra i capelli che, spogliati della parrucca rossa e verde, erano corti e castani. Lasciò la sua cabina e corse dal Nucleo al Salotto due livelli più in basso.

All’inizio, l’unica persona che aveva visto nella stanza fu Bred. Anche suo fratello gemello indossava una divisa spaziale, ma fu lì che lui e la convention separarono la compagnia. L’uniforme di Bred era di un nero lucido con riflessi grigi, piuttosto che i colori vivaci che andavano di moda per gli uomini- Bred lasciò crescere i suoi capelli in modo naturale, senza la parte centrale rasata; erano castani, di media lunghezza, e avevano la tendenza ad arricciarsi inaspettatamente sulla sua fronte. I pizzi erano di moda, ma la barba di Bred era piena. Non indossava gioielli. In un’epoca in cui la microchirurgia ottica correggeva facilmente i problemi agli occhi, quelli di Bred sbirciavano i gufi da dietro gli occhiali con la montatura di corno marrone. Aveva visto una coppia in un holie storico ed era attratto dalla loro decadenza, e furono la sua più particolate ostentazione. Il suo corpo e le sue caratteristiche erano abbastanza rotondi da renderlo coccoloso senza essere grasso. Gli angoli della bocca gli si increspavano quando sorrideva. Il che accadeva spesso.

Egli stava sorridendo ora mentre guardava sua sorella entrare nel Salotto. Il suo occhio acuto si accorse che lei stava facendo la sua camminata da prostituta dal sangue freddo, ma anche quello e il completo distanziatore non riuscirono a smascherare la sua straordinaria bellezza. “Spero di non averti svegliata,” disse lui in maniera piacevole.

“Sai dannatamente bene di averlo fatto.” Stamattina Tyla era di cattivo umore, non proprio come era uscita la sera prima, piena di gioia per la prospettiva di conquistare il mondo sociale ancora una volta. Bred si chiese cosa le fosse successo in quel modo.

“Dovresti alzarti presto tra un po’,” disse scrollando le spalle.

“Questo non lo rende più piacevole. Chi è questo visitatore che hai detto ho incontrato io?”

Bred indicò con il pollice un robot in piedi accanto al lungo divano. Era non più alto di un metro, con una griglia che fungeva da bocca e numerosi arti retrattili. L’ovoide era incastonato in cima a tre gambe corte che permettevano il libero movimento in ogni direzione.

“Che cos’è?” chiese Tyla sospettosa.

“Io, Gentildonna,” disse il robot, “sono Bred deVrie l’Arbitro assegnato all’Isola del Tesoro come da Articolo VII, Sezione 4 delle Regole sulla Caccia. Il mio numero di matricola è J17-H12C5. Possiedo l’elenco degli articoli che il Partecipante deve acquisire durante l’Isola del Tesoro come previsto dagli Articoli VIII e IX, ed io sono l’unico giudice se ogni articolo è stato ottenuto con successo, ai sensi dell’articolo X punti da 20 a 25. Sono anche io l’arbitro ufficiale delle Regole della Caccia, e l’autorità finale su qualsiasi questione che la riguardi, ai sensi dell’articolo XII, sezioni da 1 a 3.”

“In altre parole,” interruppe Bred, “è il Guastafeste Ufficiale della Festa.”

“Come parte delle mie funzioni,” proseguì il robot, “l’Articolo Vii, Sezione 23 mi richiede di riassumere, prima del decollo, le Regole della Caccia al gruppo intero che assiste il Partecipante ufficiale. Tutto il gruppo ora è riunito?”

“Non ancora,” rispose Bred.

Tyla si guardò intorno, sorpresa. “Partiamo tra due ore. Dove sono tutti?”

“Quello,” disse una voce severa dal Nucleo, “è qualcosa che vorrei sapere anche io.”

Il capitano Luuj Kirre entrò nel Salotto. Il Capitano Kirre era una donna nera, alta e ben proporzionata con un taglio di capelli corto e naturale e una scopa come spina dorsale. La sua postura era spaventosamente eretta e la sua uniforme di un colore d’oro metallizzato – con il suo distintivo nero da capitano e lo stemma nero e argento in evidenza sopra il seno sinistro – era premuta così con cura che a volta scoppiettava quando camminava. Aveva la faccia tonda e sensualmente bella, ma l’effetto era corrotto da occhi infuocati e una maschera di rabbia giusta.

“Vacci piano, Luuj,” le disse Bred con un sorriso. “Si presenteranno in tempo. Lo fanno sempre.”

“Certo,” disse il capitano, sbuffando. “E senza dubbio con le stesse scuse deboli che hanno sempre. Maestra deVrie, ti sei presa la briga di assumere delle donne estremamente competenti. So che io potrei modellarti in un equipaggio di volo efficiente se solo mi permettessi di stabilire una disciplina adeguata.”

Bred la guardò con un certo interesse. Tu non hai mai smesso di affascinarlo come una donna appassionata, tenera e insicura di se stessa in privato come Luuj Kirre potesse essere così duro quando c’era un pubblico. A letto, lei era creatura piena di emozioni – una volta, l’aveva vista persino piangere. Ma quando indossava la sua uniforme, non c’era traccia di quella sua femminilità umana. Suppongo, egli pensò, tutti noi abbiamo le nostre espressioni pubbliche, per nascondere la debolezza che pensiamo di avere. Se solo noi avessimo imparato che quella “debolezza” rappresenta il nostro punto di forza.

“Spazio proibito,” egli disse ad alta voce. “Sei già abbastanza efficiente per l’intero loro gruppo. Temo che sia una persona efficiente a bordo dell’astronave.”

“Dru è a bordo,” si offrì Tyla. “Mi ha fatto entrare ieri sera.”

“Sì, l’hop vista poco fa,” aggiunse Bred, cercando di calmare la rabbia del suo capitano. “Come al solito lei era seduta nella sala di registrazione, a comporre le sue Canzoni.”

“Non mi aspettavo che lei potesse procurare qualche problema,” disse il Capitano Kirre. “Lei è la persona più affidabile di tutte. Vorrei solo che gli altri fossero così coscienziosi come lei.”

“Loro svolgono il proprio lavoro abbastanza bene,” disse Bred. “Ma si sta facendo tardi. Mi chiedo che cosa sia successo loro.”

Il cicalino della camera di compensazione suonò prima che lui avesse finito di parlare. Bred, in piedi vicino al muro, guardò lo schermo ma non riconobbe la faccia del visitatore. Premette ipl pulsante dell’interfono. “Chi è?”

“Polizia.”

“Forse non me lo sarei mai chiesto,” egli mormorò a se stesso. Colpì un altro pulsante e il cancello esterno si aprì per fare entrare i visitatori.

Una piccola parata entrò nell’Honey B. Cominciò con un poliziotto umano, dall’aspetto abbastanza importante nella sua uniforme blu aderente con i bottoni argentati. Il tutto finì con due pattuglie robotizzate, macchine robuste alte due metri che pesavano almeno centocinquanta chili l’una. Nel mezzo, in apparenza inzaccherate ma non pentite, c’erano due delle donne scomparse dell’equipaggio.

Sora Benning, l’astronauta dell’Honey B, era una rossa alta e flessuosa con gli occhi verdi e disinvolti e un aspetto talmente sicuro che sarebbe stato definito arrogante se non fosse stato così rilassato. Sotto il suo viso, aveva un corpo quasi fanciullesco, un conglomerato di linee rette dove ci sarebbero dovute essere delle curve. Ma quello che sarebbe potuto essere goffo era smentito dalla grazia naturale dei suoi movimenti. Lei non ha mai camminato – lei scorse.

Nezla Lustik, l’ingegnere, era l’estremo opposto, un’esplosione in miniatura e con un travestimento femminile. Aveva una testa più corta di Sora e costruita su una scala pesante. Aveva i capelli castani, la faccia tonda, e il suo corpo, ben dotato di attributi da mammifero, era lussureggiante ma non morbido. Lei era robusta come un robot da costruzione, i suoi movimenti erano energici; afferrò la vita con entrambe le mani e continuò a tornare.

“Queste due donne appartengono al tuo equipaggio?” chiese a Bred il poliziotto umano.

“Non conosco nessun altro che li abbia,” ammise Bred. “Qual è la carica? Oppure, conoscendoli, dovrei dire “cariche”?”

Il poliziotto estrasse una lista dalla tasca e iniziò a leggere. “Condotta immorale, linguaggio osceno, rissa in un luogo pubblico, disturbo della quiete pubblica, resistenza all’arresto, minacce a pubblico ufficiale –”

“Tutti resati minori, presumo?” interruppe Bred.

“Sissignore.”

“E suppongo che se le loro multe fossero pagate, sarebbero liberi di andare?”

Il poliziotto si agitò. “Be’, normalmente due donne così turbolente dovrebbero servire anche un po’ di tempo. Ma non vogliamo interferire indebitamente con la Caccia, e, visto che sei coinvolta, Maestra deVrie, questa volta lasceremo che tutto finisca bene.”

Bred aveva già allungato il pollice verso il poliziotto. L’uomo estrasse lo scanner e lo sollevò per leggere la scheggia. Ci furono un paio di clic e un ronzio, dopodiché si accese una luce verde.

“Grazie, Maestra deVrie,” disse il poliziotto. “Lascerò questi due sotto la tua custodia, ma devi promettere che non faranno più guai in questo posto.”

“Ci riprenderemo entro due ore,” la rassicurò Bred. “Saranno troppo occupati per disturbare chiunque tranne il mio capitano.”

Il poliziotto annuì bruscamente, e lui con i due robot se ne andarono.

Anche prima che la porta del portello si chiudesse, Sora Benning si avvicinò con disinvoltura a una delle sedie imbottite, vi si sedette con le gambe protese e chiuse gli occhi. Ciò lasciò Nezla da sola in piedi, circondata da un pubblico che stava discutendo. L’ingegnere si guardò intorno. Tyla aveva un’espressione impaziente, il Capitano Kirre di rabbia bollente. Bred le fece un sorriso che al massimo era imparziale.

“Non è stata colpa nostra,” iniziò Nezla prima che chiunque altro potesse parlare. “Ci sedemmo in quel bar, badando ai fatti nostri, a bere un paio di drink…”

“Stavi bevendo un paio di drink,” arrivò la voce di Sora dalla sedia. L’astronauta non si preoccupò nemmeno di aprire gli occhi. “Io stavo dormendo.”

“Certamente. Bene, comunque, ci siamo seduti lì tranquillamente quando questo grande e meschino guastafeste si è avvicinato al nostro tavolo, mi ha schiaffeggiato sulla schiena e provò ad azzuffarsi. Adesso tu sai che io godo tanto quanto il prossimo, ma fu solo per un momento sbagliato del ciclo, quindi gli dissi di no, grazie –”

“Tuo gli hai detto di badare alle sue imprese di percussioni,” interruppe Sora ancora una volta dalla sua sedia.

“Pensavo che avessi detto di esserti addormentato,” si lamentò Nezla.

Sora aprì l’occhio sinistro. “Ma io non sono sordo,” lei disse. Chiuse di nuovo l’occhio.

“Be’, comunque, il barbone non accetta un rifiuto come risposta. Lui cominciò a essere troppo intraprendente – probabilmente pensava che qualsiasi donna in un bar fosse una puttana, giusto? Alla fine, sono stato costretto a colpirlo per difendere il mio onore.”

“In realtà per difendere la tua reputazione. Egli disse che tu eri un gelido –”

“Non importa quello che ha detto,” Nezla continuò rapidamente. “Ad ogni modo, l’ho buttato giù. Poi un suo amico si avvicinò e cominciò a fare rumore, così anche lui fu costretto a colpirlo. A questo punto il primo ragazzo si alzò di nuovo in piedi accusandomi, ma perse –”

“Io lo feci inciampare,” intervenne Sora.

“… e andò a sbattere contro altri due cretini al bar. Allora cominciò la lotta. Devono essercene state una quarantina o una cinquantina che stavano venendo verso di noi –”

“Diciassette.”

“TIENILO!” urlò il Capitano Kirre. “A me non interessa più come a voi due progenie ingiustificate di uno zylothote gobbo siete arrivate al vostro attuale stato di cose. Entrambi allo stato attuale avete una responsabilità penale. Durante il tempo libero a tua disposizione spazzerai via il Settore III, e mi aspetto di vedere ogni centimetro quadrato di duracciaio lucido e pulito alla mia prossima ispezione. Capito?

“Ma Capitano –” Nezla cominciò a protestare.

“Non ci sono appelli contro quella decisione,” Luuj disse.

Nezla guardò Bred, ma lui semplicemente sorrise, alzando le spalle e allargando leggermente le mani. Il capitano gli lanciò uno sguardo di ringraziamento.

“Voi due dovreste indossare le vostre divise e fare rapporto qui,” disse loro Bred. “Partiremo presto.”

Sora balzò lentamente fuori dalla sedia e si fece strada mentre i due delinquenti lasciavano il Salotto per salire nelle loro cabine letto.

“Bene, ora sappiamo dov’erano quei due,” disse Luuj con uno sbuffo. “Ma non c’è ancora alcun segno del dottor Curdyn.”

“Sento qualcuno che sta prendendo inutilmente il mio nome?” squillò una voce allegra da contralto dal Nucleo, e il medico della nave entrò nel Salotto.

Vini Curdyn era bionda con le guance rosate, gli occhi azzurri e un naso delicato, a metà altezza e forma tra Sora e Nezla. Lei stava già indossando la sua uniforme, blu chiaro con le strisce trasparenti in posti interessanti e un caduceo rosso e bianco sopra il seno sinistro. Mentre percorreva la stanza, la sua camminata aveva un’andatura arrogante.

“Quando sei salito a bordo?” Luuj domandò.

“Oh, circa cinque minuti fa mi sono cambiata l’uniforme, Cap, ed è per questo motivo che torno così tardi.”

“Devi chiamarmi la mia qualifica completa, dottor Curdyn. E come hai fatto a salire a bordo senza passare di qui?”

“Ho lasciato la scala d’emergenza quando sono uscito la scorsa notte,” disse Vini. “Ho pensato che avrei potuto tornare sulla nave in fretta.”

“È proibito usare quella scala, tranne che nelle emergenze.” Il Capitano Kirre era irsuto dalla rabbia.

“Giusto, Cap. Dipende da ciò che intendi per emergenza, vero?”

“Che cosa intendi per emergenza, dottore?”

“Due perdenti doloranti mi inseguono attraverso i vicoli con le armi cariche. Ma non ti preoccupare – li seminerò prima di ritornare qui.”

Luuj Kirre alzò le mani, si girò a guardare Bred per un momento, poi uscì furiosamente dalla stanza. “Vai a prendere Dru e dille di venire qua,” la chiamò Bred. Il capitano si schiarì brevemente la gola in maniera rumorosa mentre spariva nel Nucleo.

Bred si girò verso il dottore. “Veramente non dovresti farle questo, Vini. Scardinare la sua autorità la rende molto infelice.”

“Scusa, Capo.” Le parole di Vini potevano essere state apologetiche, ma il suo tono pungente smentì il loro significato. “Io sono stata una ragazza molto cattiva. Suppongo che dovrai licenziarmi, adesso, giusto?”

“Che cosa faresti se io lo facessi?”

“Perché, io sarei potuto essere un famoso chirurgo del cervello se non avessi lasciato che tu mi parlassi di firmare a bordo di questa residenza per le persone con problemi mentali. Io potrei avere ancora il tempo per imparare la lobotomia dell’ago prima che la senescenza mi raggiunga.”

“Scusa, Vini,” le sorrise Bred. “Non questa volta. Noi potremmo davvero avere bisogno di un dottore per questa crociera.”

Lei scrollò le spalle e si mise a sedere con un tonfo sopra la sedia. “Be’, non posso uccidere una ragazza per averci provati. Per quale motivo stiamo da questa parti? Non dovremmo sbrigarci a decollare?”

“Questa cosa qui,” Bred indicò la persona che stava controllando, “vuole darci una lezione sull’Isola del Tesoro prima di andarci. Ci dovremmo incontrare tutti quanti e stare ad ascoltare.”

Il Capitano Kirre tornò nel Salone, continuando a fissare vini. Dietro di lei, Dru aveva sempre lo stesso aspetto, come un cucciolo che era stato preso a calci. Pochi istanti dopo, Sora e Nezla riapparvero entrambe con indosso un’uniforme. L’uniforme di Sora, a differenza di quella usuale, era attillata, e accentuava le sue curve. Aveva un coloro rosso acceso con una striscia bianca che correva da una parte all’altra, da uno stivale all’altro. Una sottile linea bianca le circondava il collo per diventare un paio di frecce bianche che puntavano da entrambi i lati alla sommità della sua giuntura anteriore. La divisa di Nezla aveva un colore blu scuro sul lato sinistro e verde brillante a destra, con un disegno di collegamento verde e blu lungo la cucitura.

“Ok,” disse Bred. “La banda è tutta qui. Dacci il tuo spunto.”

“L’Isola del Tesoro,” il robot cominciò con una voce metallica, “è un concorso che si tiene una volta ogni venti anni come descritto nell’Articolo III del regolamento completo, e una copia ti è stata data dopo che è stata accettata la tua domanda di iscrizione e a cui si può fare riferimento di volta in volta. È aperto a qualsiasi creatura senziente maschile che possa pagare la quota di iscrizione richiesta, come stabilito nell’Articolo V, Sezione 2, Paragrafo 1 ter, 1 quater, e 1 septies.

“A ciascun Partecipante viene assegnato un arbitro robot come da Articolo VII, Sezione 4. Ciascun arbitro porta all’interno di esso un elenco di oggetti o esperienze che il Partecipante deve ottenere durante il corso della Caccia come spiegato negli Articoli VIII e IX, compresi. Questi elenchi sono assegnati ai concorrenti a caso, come previsto dall’Articolo IX, Sezione 4. Non esistono due elenchi identici come specificato all’Articolo IX, Sezione 6, ma l’analisi al computer per l’Articolo IX, Sezioni 8 e 9, ha stabilito che tutte le liste hanno una difficoltà uguale.

“Ogni lista può contenere da cinque a dieci articoli come previsto nell’Articolo IX, Sezione 7, che il concorrente deve ottenere con ogni mezzo possibile, facendo riferimento all’Articolo X Sezioni da 1 a 17.

“Gli oggetti sono rivelati al concorrente uno alla volta come previsto nell’ASrticolo XI, Sezione 1, e il prossimo oggetto non viene rivelato fino a quando il concorrente non ha ottenuto tutti gli oggetti precedenti come stabilito nell’Articolo XI,- Sezione 3 e 5, o ha rinunciato al diritto di elencarli secondo quanto previsto dall’Articolo XI, Sezione 6.

“L’Articolo XV, Sezione 5 afferma che non è obbligatorio ottenere tutti gli oggetti per vincere, il vincitore dell’Isola del Tesoro, come spiegato nell’Articolo XV,- Sezioni da 1 a 3, è il primo concorrente che atterra qui con più oggetti ottenuti rispetto a chiunque altro. L’Articolo VII, Sezione 8, mi impone di sottolineare, tuttavia, che delle precedenti sette caccie che sono state eseguite, solo la prima è stata vinta senza possedere tutti gli elementi della lista.

“Il Partecipante ufficiale può ricevere assistenza da qualsiasi creatura che sceglie nel corso della Caccia come da Articolo X, Sezioni 14 e 15, ma deve partecipare egli stesso alla raccolta di oggetti come stabilito nell’Articolo X, Sezioni 1 e 2. Qualsiasi domanda riguardante le procedure può essere riferito a me; come persona che controlla, io sono l’unico e l’autorità finale su tutte le questioni relative all’Isola del Tesoro, come spiegato nell’Articolo XII, Sezioni da 1 a 3. Qualsiasi tentativo di perpetrare la frode vi squalificherà dalla Caccia, secondo l’Articolo XIII, Sezioni dall’1 fino all’82. Ogni tentativo di alterare fisicamente i miei circuiti mi farà esplodere, e ti squalificherà dalla Caccia, come previsto dall’Articolo XIII, Sezioni da 83 a 102. Ci sono domande?”

“Io mi sento pienamente articolato,” mormorò Vini sottovoce.

“Qual è il primo elemento della nostra lista?” chiese Tyla.

“L’Articolo IX, Sezione 11 mi proibisce di rivelare quell’informazione fino a dopo il Grand Liftoff, quando tutte le astronavi dei partecipanti sono in orbita attorno a Huntworld.”

Nezla guardò l’orologio a pendolo ornato di vero legno. “Manca solo un’ora da adesso!”

“Un’ora, undici minuti e quarantatré secondi, per essere più precisi,” concordò l’Arbitro.

Luuj Kirre si alzò in piedi, imprecando. “E abbiamo ascoltato una macchina mentre c’è del lavoro da fare. Benning e Computech Awa-om-anoth, iniziano immediatamente i calcoli per un corso fino all’orbita di richiesta mantenuta. L’ingegnere Lustik, mi aspetto che il tuo controllo prima del volo sia completato entro quarantacinque minuti.”

“Vuoi dire che devo controllare tutta l’astronave entro quarantacinque minuti?” strillò Nezla. “Non posso riuscirci!”

“L’Ingegnere Capo Erin a bordo dell’Explorer ha completato la disdetta totale in trentasette minuti,” commentò Sora, alzandosi facilmente dalla sedia. “E l’Explorer era dieci volte più grande dell’Honey B.”

I commenti di Nezla a proposito delle cose interessanti che Sora poteva fare con il suo prezioso Explorer andarono persi mentre l’ingegnere si arrampicava sul Nucleo fino al Settore VI per cominciare il suo lavoro.

* * *

C’erano quattro divani di accelerazione davanti alla console principale nella cabina di controllo dell’Honey B. All’estremità sinistra, di fronte alla consolle, sedeva Dru Awa-om-anoth, il tecnico del computer. Sebbene l’Honey B avesse diversi piccoli computer per gestire l’archiviazione dei dati e le funzioni e la manutenzione ordinaria della nave, non ne aveva bisogno per i calcoli astrologici. Dru era quella che veniva chiamata una “persona dotata,” sebbene la sua mente fosse perfettamente normale sotto molti aspetti. Aveva la singolare capacità di svolgere qualsiasi funzione matematica nella sua testa e ottenere la risposta corretta entro pochi secondi. Un computer umano, forse non abbastanza veloce come una macchina – ma il cronometraggio non era necessario a bordo dell’Honey B.

Accanto a lei c’era Sora Benning, l’astronauta. Parlava a bassa voce, rapidamente ma senza fretta. Lesse le equazioni a Dru, quindi fornì i parametri per questa particolare orbita. Dopo appena un secondo, Dru le restituì la risposta e Sora inserì i numeri nel pannello dell’astronauta. I due trascorsero molte lunghe ore a praticare e perfezionare questa procedura fino a questo momento in cui fu completamente meccanica.

Sul bordo destro della consolle era seduta Nezla Lustik, l’ingegnere. Il suo tabellone misurava il funzionamento di una miriade di sistemi, meccanici ed elettrici, che resero l’Honey B un’unità funzionante. Durante i momenti critici delle operazioni di volo, il suo compito era quello di assicurarsi che tutti i sistemi rispondessero esattamente ai comandi come previsto, e se non lo facevano, era compito suo correggerli o compensarli senza lasciare il proprio posto.

Tra Sora e Nezla sedeva Luuj Kirre. Il capitano doveva suonare la consolle di comando come un musicista su una tastiera, coordinando tutti i parametri dati-orbitali dall’astronauta e le informazioni sul funzionamento dell’astronave dall’ingegnere – cosicché l’Honey B potesse effettivamente volare.

Dietro i quattro divani di accelerazione per l’equipaggio delle operazioni di volo c’erano altri cinque divani, anche se solo quattro fossero attualmente in uso. Bred giaceva comodamente nel divano centrale, osservando solo parzialmente l’esibizione del suo equipaggio. Aveva già visto tutto in precedenza. Alla sua sinistra c’era Vini Curdyn; il medico non prese parte al funzionamento effettivo dell’astronave e quindi è stato relegato in un divano per i passeggeri nel settore di controllo. Tyla era seduta alla destra di Bred, a mordersi le labbra a causa del nervosismo per l’attesa. Alla sua destra, la persona che controllava era legata a fatica in uno dei divani, anche se non richiedeva protezione dall’accelerazione del decollo.

La stanza stessa era un capolavoro tecnologico. Il settore di controllo era situato nella prua dell’astronave, dove si stringeva a forma di pinta di proiettile. I finestrini non erano pratici per una nave spaziale, quindi Bred si stabilì per la cosa migliore successiva. L’intera parete interna, ad eccezione della consolle di comando, c’era un enorme schermo tridimensionale. Tre dozzine di minuscole telecamere attorno allo scafo trasmettevano le immagini dei dintorni della nave che si sovrapponevano a questo schermo. L’effetto fu la mancanza di pareti, come se i divani per l’accelerazione fossero all’aperto, non protetti dallo spesso guscio in duracciaio. Nella profondità dello spazio l’effetto era impressionante; ora, tuttavia, con l’Honey B ancora parcheggiato nello Huntworld Spaceport, l’unica vista visibile era un susseguirsi di astronavi lungo svariati chilometri in attesa che lo spunto fosse sulla loro strada.

Il Grand Liftoff era un evento in sequenza. Come vincitore della precedente Caccia, Ambic Jusser aveva ricevuto l’onore cerimoniale di essere il primo a decollare. I deVrie, a causa della prodezza di vecchia data della loro famiglia nella Caccia, erano stati assegnati al secondo punto di decollo. L’ordine esatto non aveva alcuna influenza sulla gara, dal momento che nessuno dei concorrenti sarebbe stato informato del proprio primo oggetto fino a quando tutte le astronavi non avessero raggiunto l’orbita. Ma fare decollare contemporaneamente tutte le astronavi sarebbe stato catastrofico quindi, per la Società folle, il Grand Liftoff era la soluzione perfetta.

Quindici minuti prima dell’inizio del decollo, gli occhi acuti di Vini avvistarono qualcosa sullo schermo scuro. “Guarda quello.”

Bred e Tyla seguirono il suo sguardo. Trentacinque metri più in basso, una figura solitaria stava correndo tra le forme lucenti delle astronavi. Si stava avvicinando all’Honey B, e nel frattempo videro che stava trasportando qualcosa. Stava salutando e urlando, ma i microfoni dell’interfono non erano abbastanza sensibili da permettere alle persone di capire quello che stava dicendo.

“Non so chi sia,” continuò Vini con il suo sarcasmo strascicato, “ma ha ovviamente degli impulsi suicidi. Se è là fuori quando inizia il decollo, sarà cucinato vivo.”

“Sembra che stia cercando di dirci qualcosa,” osservò Bred. “Qualcuno sa chi sia?”

Tyla aggrottò le sopracciglia e distolse lo sguardo. “Sì,” disse lei disgustata. “È un androide che è riuscito a entrare nella Caccia. Credo si chiami Johnatan R.”

“Mi chiedo che cosa voglia da noi,” meditò Vini.

L’androide aveva raggiunto il cavalletto accanto all’Honey B e aveva iniziato la salita fino alla canna gravitazionale. “Lo scopriremo all’incirca tra un minuto,” disse Bred. Egli aveva cominciato a slegarsi. “Sarà meglio che vada laggiù per farlo entrare.”

“Sei pazzo,” esclamò Tyla. “Mancano meno di quindici minuti al decollo.”

“Be’, se il Maestro R può rischiare la propria vita correndo attraverso il campo in un momento come questo, il minimo che possa fare è scoprire quello che pensa sia così importante.” Bred aprì la porta sul retro della cabina e scese dal Nucleo verso il Salotto.

Egli arrivò quasi contemporaneamente allo squillo della camera di decompressione. Aprendo il portello esterno, egli guardò il visitatore. L’androide stava anche indossando un’uniforme spaziale, di colore grigio chiaro e rattoppata in diversi punti. Piuttosto malandato, ma abbastanza piacevole, pensò Bred. Ma da quando hanno iniziato a curare l’aspetto di un androide? “Ciao,” disse ad alta voce. “A cosa devo l’onore di questa visita?”

“Io… io ho qualcosa da dare a Signora deVrie,” balbettò l’androide. Lui sembrava decisamente a disagio, spostandosi nervosamente il peso da un piede all’altro.

“È occupata al momento, in preparazione del decollo. Io sono suo fratello. Se le darai questa cosa, lei capirà.”

L’androide esitò un momento, poi tese all’infuori un mazzo di fiori. Ce n’erano anche veri; Bred potrebbe dire dalla sottigliezza del loro profumo. “Questi sono per lei,” disse Johnatan. “Per scusarmi, dille che mi dispiace per come sono andate le cose ieri sera. Non avevo alcun desiderio di insultarla o ferire i suoi sentimenti. È solo che a volte non riesco a controllarmi.”

Bred prese il bouquet. L’androide si voltò bruscamente e tornò giù lungo la canna gravitazionale. Bred fissò stupefatto i fiori per diversi secondi, dopodiché risalì lungo il Nucleo fino al Settore di Controllo.

“Bene, di cosa si tratta?” chiese Vini nel momento in cui infilò la testa nella stanza.

“È venuto per consegnare una cosa,” rispose Bred. Gettò delicatamente il bouquet sulle ginocchia della sorella. “Ecco qui. Questi sono per te.”

Tyla reagì come se le avesse lanciato una lattina aperta di scarafaggi. “Non voglio niente da quella creatura.”

“Perché no? In questi giorni è difficile trovare dei fiori veri.”

“Per quale motivo un androide dovrebbe portarti dei fiori?” chiese Vini, suscitando il suo perverso senso di curiosità.

La faccia di Tyla divenne di un rosso acceso. Spinse via rapidamente i fiori dalle proprie ginocchia, e caddero sule retro della cabina. “Perché dovrei sapere perché un andino fa queste cose?”

“Mi ha detto che ti voleva fare le sue scuse,” aggiunse Bred, più per alimentare il fuoco di Vini che per edificare sua sorella. “Non intendeva offenderti o ferire i tuoi sentimenti.”

“Che cosa è successo tra te e quell’androide?” Vini pungolò Tyla.

Tyla avrebbe voluto sciogliersi sul pavimento. “Niente. Niente. NIENTE!”

Fino a quel momento, i quattro ufficiali delle Operazioni di Volo avevano ignorato la situazione alle loro spalle, concentrandosi sull’attività di gestione dell’astronave. Ora, tuttavia, il disturbo era sfuggito di mano. Il Capitano Kirre si voltò per osservare i passeggeri. “Mi aspetto di avere un totale silenzio nel corso delle operazioni precedenti il decollo.”

“Egli disse anche,” Bred continuò senza pietà, “di essere dispiaciuto per come sono andate le cose. A volte non riesce a controllarsi.”

“Che cosa ti ha fatto?” Vini era completamente incuriosito dalla storia, adesso.

Tyla, ormai, aveva oltrepassato il normale rossore ed era molto lontana dall’infrarosso. Il Capitano Kirre venne inavvertitamente in suo soccorso urlando, “CALMA!”

Tutte le attività nella stanza si sono fermate. Luuj lanciò un’occhiataccia a facinorosi per un momento, poi disse, “Maestra deVrie, non posso manovrare quest’astronave con tali distrazioni. Se vuoi decollare nei tempi previsti, dovrai essere tranquillo mentre vengono eseguite le operazioni di volo.”

“Mi dispiace, Luuj,” si scusò Bred mentre si legò ancora una volta. “Tu sei il capo.” Diede una rapida occhiata alla sua sinistra. Vini stava ribollendo dalla curiosità e sorrise.

Dall’altra parte del campo, poté vedere Johnatan R correre dietro verso la sua astronave malconcia, per raggiungendola e salendo dentro appena pochi minuti prima che iniziasse il decollo. Bred scosse leggermente la teste al gesto melodrammatico dell’androide.

Arrivò il momento del decollo. A mezzo chilometro di distanza, l’astronave di Jusser, piccola, elegante e costruita per resistere alla velocità, si sollevò dolcemente in aria. Non c’erano fiamme, nessun potente ruggito, nessuna vibrazione tonante scosse il terreno. Al contrario, i motori gravitazionali sembrarono sollevare la navicella spaziale senza sforzo verso il cielo.

La serenità della scena fu solo un effetto visivo. Se l’occhio umano potesse rilevare delle radiazioni provenienti dalle parti più estreme dello spettro elettromagnetico, gli spettatori avrebbero assistito a una scena di violenza incalcolabile. Un’incredibile interazione di forze gravitazionali, magnetiche ed elettriche stava avvenendo all’interno della risacca di Hermes. Qualsiasi creatura vivente catturata in quel campo si sarebbe bruciata in pochi secondi. Qualsiasi dispositivo meccanico potrebbe cortocircuitarsi o fondersi. Molte erano le storie di persone e macchine accidentalmente catturate in una risacca causata da una nave spaziale, e tutto era lontano dall’essere piacevole.

Ci vollero due minuti perché l’Hermes svanisse nel cielo azzurro. Poi arrivò il turno dell’Honey B. Il Capitano Kirre toccò un interruttore e i generatori gravitazionali ronzavano silenziosamente per ravvivarsi. Per uno strano paradosso della fisica, era necessario costruire una gravità artificiale all’interno dell’astronave per generare un campo antigravitazionale all’esterno. Gli occupanti della cabina furono spinti più a fondo nei loro divani. Quando Nezla annunciò che il campo interno si era sufficientemente sviluppato, Luuj toccò un altro interruttore. Il terreno all’esterno cadde dolcemente mentre il blu del cielo si approfondì gradualmente. Le donne delle Operazioni di Volo tenevano gli occhi incollati alle loro consolle; non potevano permettersi di essere ipnotizzati dal panorama che cambiava mentre c’era ancora del lavoro da fare.

Sora, controllando il suo tabellone, annunciò finalmente che la loro orbita era stata stabilita. Il Capitano Kirre interruppe il viaggio. Nezla, monitorando l’attrezzatura confermò un attimo dopo che l’unità esterna si era effettivamente interrotta e adesso era possibile rimuovere il campo artigrav. Luuj toccò di nuovo l’interruttore, tagliando il campo all’interno eccetto per quelle parti dell’astronave che erano state permanentemente incise.

Il cambio fu brusco. Un secondo, i passeggeri dell’Honey B furono spinti dall’accelerazione, e alla successiva furono completamente senza peso. Le molle dei divani di accelerazione esercitarono una leggera spinta in avanti, e tutti si spostarono leggermente avanti contro le cinghie.

Ora che erano fuori nello spazio e le operazioni di volo erano cessate, Vini non riuscì più a trattenere la sua curiosità. “Che cosa è successo tra te e quell’androide?” lei chiese a Tyla.

Con le lacrime agli occhi, Tyla armeggiò con le cinghie che la tenevano sul divano. “Lasciami in pace!” lei gridò. Alzandosi dal suo divano, lei barcollò ubriaca per la stanza mentre la caduta libera la esasperava in ogni tentativo selvaggio di raddrizzarsi. Le pareti del planetario rendevano fin troppo facile credere che lei potesse allontanarsi per sempre nel vuoto, e lei andò nel panico. Più per caso che non per il design, la sua mano colpì il touchplate della porta. Tirando su con il naso follemente, nuotò all’indietro verso la sua cabina.

Vini sembrò perplessa ai volti dei suoi compagni. “È stato per qualcosa che ho detto?”

Ci impiegò quasi quattro ore per completare la partenza, e Johnatan R sarebbe stata l’ultima astronave a decollare. Ma alla fine anche questa raggiunse l’orbita intorno a Huntworld, e tutti i partecipanti si rivolsero ai rispettivi controllori per sapere quale sarebbe stato il primo oggetto delle loro liste.

Tyla non era tornato al Settore di Controllo, e Bred stava cominciando a preoccuparsi. Quella faccenda con l’androide doveva averla ferita profondamente, egli pensò. Questa Caccia significa molto per lei, e di solito non perderebbe un momento come questo.

L’Arbitro, che aveva attraversato l’intera procedura del Grande Decollo seduto tranquillamente nel suo malconcio divano dell’accelerazione, improvvisamente iniziò a cliccare. “Secondo l’Articolo IX, Sezione 12, ora hop il potere di rivelare le coordinate della tua prima destinazione.”

Sora aveva uno stilo pronto in mano. “Vai,” lei disse.

“1.021; 0,2471; 0,6735; 7; 6, 2913; 0, 10194; epoca attuale. Secondo pianeta.” Sora ebbe i suoi tavoli quasi prima che il robot finisse, controllando le equazioni per calcolare un percorso da qui a lì.

Il robot continuò, “Al pianeta è stato dato il nome di Lethe. L’articolo che devi ottenere è un Sogno.”

L’isola Del Tesoro

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