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L’APICE DELL’INTRIGO

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Rabinowitz non aprì nemmeno gli occhi quando squillò il telefono. “Qualcuno è dannatamente maleducato” borbotto, poi ad alta voce “Telefono: solo suono. Pronto?”

Una voce sconosciuta le rispose “Parlo con la signorina Debra Rabinowitz?”

“De-bor´-ah,” disse istintivamente. “La defunta Deborah Rabinowitz. È qualcosa di importante Ispettore?”

Ci fu una pausa. “Come ha fatto a sapere...oh, perché ho digitato il suo codice personale. Davvero astuta, signora!”

“I complimenti vanno fatti solo all’ingresso dei domestici. Spero che sia valsa la pena superare il codice della privacy di un comune contribuente per questa telefonata!”

“Beh, credo di sì, signora. Le dispiace se passo da lei?”

“Fisicamente?”

“In persona, sì, è proprio quello che pensavo di fare.”

“Mi richiami fra dodici ore. Sono sicura che per quell’ora il cadavere sarà resuscitato.”

“Veramente pensavo più a qualcosa del tipo fra cinque minuti. Sto attraversando la Baia proprio ora.”

“Cinque minuti? Ha un mandato?”

“Beh, vede, speravo di evitare un rapporto conflittuale in questa prima fase.” Fece una pausa. “Mi serve un mandato?”

“Cinque minuti,” sospirò Rabinowitz. “Telefono: spegniti.”

Si strofinò gli occhi nel tentativo di farli aprire, poi si girò per guardare l’orologio: 14:14. Un orario non insensato per gente che si atteneva all’ora terrestre. “Lo zombie si stira”, disse con un altro sospiro rotolando fuori dal letto ad acqua, incurante delle proteste del proprio corpo.

Barcollò nuda fino al bagno, pisciò, e si passò una spazzola fra i capelli castani, per fortuna corti. Diede un’occhiata al contenitore dei cosmetici e fece una smorfia. “Niente trucco. Gli zombie non si truccano: è contro le regole sindacali.”

Tornò sempre barcollando nella camera da letto. Aprì lo sportello dell’armadio. Restò a fissare l’interno dell’armadio con lo sguardo assente per tre minuti, senza muoversi. Il campanello suonò.

Puntualità. Il folletto delle piccole menti. No, questa è coerenza. Intercom: solo suono, porta d’ingresso. Solo un minuto. Sono subito da lei. Intercom: spegniti.”

Afferrò un semplice copricostume giallo e bianco e se lo fece scivolare sul corpo nudo. Quasi nuda, scese le scale appoggiandosi pesantemente sulla ringhiera, borbottando, “Eh, questo sì che si chiama bussare. Un cristiano che fosse, putacaso, a custodir la porta dell'inferno, starebbe bene a girare la chiave!” Quando arrivò in fondo alla scala, aveva recuperato una buona parvenza di coscienza.

Aprì la porta, e si trovò di fronte ad un uomo eccessivamente curato, in un costoso completo di sartoria. Poteva avere appena passato la trentina, ma è difficile da dire con gli orientali. Nonostante la brezza pomeridiana, non aveva un capello fuori posto.

“Signorina Rabinowitz?” chiese, guardandola con uno sguardo di apprezzamento.

“Sì. E questo definisce una delle nostre identità.”

“Scusi, signora. Sono il Detective William Hoy. Posso entrare?”

“Sarebbe inopportuno insistere per un’identificazione formale, prima?”

“Assolutamente no. È stato maleducato da parte mia non farlo subito.” Fece scivolare la mano in modo naturale nella tasca interna della giacca e ne estrasse un documento di identità e il distintivo. Rabinowitz dovette strizzare gli occhi per leggerla alla luce accecante del sole pomeridiano.

“Interpol?” alzò le sopracciglia con curiosità.

“Esatto, signora. Posso entrare?”

“Solo se mi promette di non chiamarmi più signora. Mi sento abbastanza vecchia questa matt …. Questo pomeriggio.”

“Andata.” Il Detective Hoy entrò. “Vorrei davvero ringraziarla moltissimo per avere accettato di vedermi con un così breve preavviso.”

“Mi ha dato la sottile impressione che avessi ben poca alternativa. Mi segua, prego. Spero che scuserà il disordine. Ricevo veramente pochissime visite.”

“Non sono di House Glamorous. Anche se la sua casa da fuori è abbastanza pretenziosa.”

“Grazie. Ha più di duecento anni. L’élite della San Francisco Vittoriana amava costruire le case estive qui, su Alameda.”

Gli fece strada verso il salotto e lo invitò a sedersi. Lui si sedette sulla poltrona di sinistra, mentre lei prese posizione alla grande scrivania antica. Il ripiano, almeno, non era troppo in disordine.

Ammirò gli scaffali intorno a lui. “Non penso di avere mai visto tanti libri stampati tutti insieme in un unico posto.”

“La chiami ostentazione…. Senta, normalmente sono bravissima nei convenevoli, ma la stanchezza mi rende stranamente impaziente. Ho dormito solamente due ore dopo avere viaggiato virtualmente in tutta la galassia per le precedenti trentasei. Lei comunque non è venuto qui per discutere della mia casa o della mia libreria. Non sono affari dell’Interpol. Avanti, mi dica perché è qui.”

Hoy sorrise. “E mi dicevano che lei sarebbe stata un tipo difficile. ‘È la figlia di un diplomatico, evasiva, e piena di mezze verità.” Mi piace una persona che dice quello che pensa.”

“Lo farò molto di più se non arriva al punto.”

“Secondo la compagnia telefonica, lei ha virtualvagato un bel po’ verso il pianeta Jenithar negli ultimi quattro mesi. In particolare all’ufficio di Path–Reynik Levexitor.” Scosse la testa. “Diamine, quello è veramente un soggetto particolare.”

Guardò Rabinowitz. “Beh, è vero, no?”

“Statista, e al contempo amico della verità. Lungi da me l’idea di mettere in dubbio l’attendibilità della compagnia telefonica. Levexitor ed io abbiamo negoziato un affare a più controparti per dei diritti editoriali su Jenithar. Tutto perfettamente legale, posso aggiungere. Levexitor è un cittadino che occupa un’alta posizione nel suo mondo.”

“È già successo che cittadini che occupavano alte posizioni cadessero.” sottolineò Hoy.

“Sia come sia,” disse Rabinowitz. “I miei affari con lui sono sempre stati onesti.”

“Lei vende solo opere protette da copyright?”

“Principalmente sì. Mi piace essere il capo di me stessa, e non un’impiegata dell’ONU. Mi è capitato di fare da intermediario per il WLO—”

“Il suo dovere patriottico, naturalmente.”

“Per una commissione—ma la Terra ha beneficiato di ognuna delle trattative.”

“Quindi i pirati letterari non le piacciono?”

“È una domanda o un’affermazione?”

“Mi prende in giro, signorina Rabinowitz?”

“La risposta è no. L’arte e le idee sono la nostra sola valuta nei mercati interstellari. Se boicottassi questo concetto sarebbe come tagliarmi la gola da sola.”

“Suona come un’altissima forma pratica di patriottismo.”

“Oh, mi spiace, penso che lei cercasse Deborah Rabinowitz l’Idealista. Beh, lei vive a circa dodici ore di sonno da qui. Le farò sapere che è passato.”

Hoy rise. Era una bella risata, una risata sincera. “Lei è divertente, lo sa? Sono contento di essere venuto fin qui.”

“Almeno uno di noi è soddisfatto. Il mio “pratico patriottismo” è liso e consunto e io non mi diverto nemmeno un po’

“Andrò diritto al punto, allora. Ho ragione di credere che il suo amico Levexitor stia cercando di acquistare del materiale di dominio mondiale attraverso il mercato nero.”

Rabinowitz si sporse verso di lui. “E la questione non dovrebbe essere di competenza dell’IPC piuttosto che dell’Interpol?”

“Beh, in un secondo momento, sì. Stiamo cercando di evitare che ci si arrivi.”

“Fate tutto in famiglia all’ONU,” suggerì Rabinowitz.

“Qualcosa del genere,” concordò Hoy allegramente. “Non ha mai avuto a che fare con l’IPC?”

Rabinowitz fece una smorfia. “Un paio di volte.”

“Allora sa di cosa si tratta.” Si alzò dalla sedia e iniziò ad esaminare accuratamente gli scaffali di libri. “Ma va, penso di aver letto alcuni di questi libri a scuola.”

“Sono considerata ufficialmente una sospettata, detective?”

Lui si girò per guardarla. “Oh, odio usare la parola “sospettata” così all’inizio di un caso. Trasmette un’idea sbagliata alla gente.” Riprese a guardare attentamente la libreria, poi prese un libro dal suo posto e lo riposizionò prima di altri due titoli a destra. “Scusi, quello non era al suo posto. È una cosa che non sopporto. Lei li mette in ordine alfabetico, giusto?”

“Grazie. Venga a spolverarli quando vuole. Se non sono una sospettata. —”

“Diciamo solamente che lei è qualcuno che volevo veramente incontrare e con cui volevo parlare. Non sono deluso, d’altronde. Lei è tanto bella quanto affascinante. Anche più bella che nella foto della sua scheda.”

“Bene, ora la mia giornata è perfetta. Adesso se vuole…—”

“Alcune persone possono essere una tale delusione, sa? Tu pensi che dovrebbero affascinarti e invece ti annoiano terribilmente. Ma lei no. Lei —”

Rabinowitz si alzò dalla scrivania. “Se non ha altre domande—”

Hoy rifiutò il suggerimento. “Beh, una o due. Non c’era nessun altro della Terra coinvolto nel suo affare con Levexitor?”

Rabinowitz si risedette. “No. Stavo lavorando per conto dell’Agenzia Adler, ma ero la sola a rappresentare interessi umani in questa trattativa.”

Hoy annuì. “Levexitor ha fatto riferimento ad altri nomi, contatti umani?”

“Non che mi ricordi.”

“Altre trattative che aveva in corso?”

“No, perché dovrebbe? Non sono la sua socia. Nemmeno io gli ho detto di altre trattative che ho in corso.”

“Capisco. Bene, è praticamente tutto quello che mi interessa per il momento.” Hoy si alzò e le sorrise. “È stato bello incontrarla, signorina Rabinowitz. Un vero piacere. Se ricorda qualcos’altro, mi può raggiungere tramite l’ufficio locale, proprio al di là della Baia.”

Rabinowitz si alzò dalla sedia per accompagnarlo verso l’uscita. “Naturalmente, se dovesse saltare fuori che lei è coinvolta nella vendita al mercato nero,” continuò Hoy, “le assicuro che la metterò dentro per molto tempo. Ma se non è quella che sto cercando, verrebbe a cena con me? Dopo che il caso sarà risolto, ovviamente.”

“Mi dispiace. Io non mangio mai,” disse lei nel chiudergli la porta alle spalle.

***

Mentre la porta si chiudeva, lei si girò, si accasciò contro di essa, chiuse gli occhi e sospirò, “Così infastidita da un damerino.” Poi si rese conto di essere sveglia e di muoversi scatti, mentre il mento le colpiva il petto. Si raddrizzò e spalancò volutamente gli occhi. Proprio di fronte a lei c’era la scala, che portava su alla camera da letto. Di fianco alla scala, il corridoio portava alla cucina sul retro della casa. I commenti di Hoy sulla cena avevano suscitato l’interesse del suo stomaco.

“Ho più bisogno di dormire,” mormorò, “ma ci sono tutti quei gradini.”

Si diresse lentamente verso la cucina, sicura che se si fosse mossa troppo velocemente avrebbe inciampato e si sarebbe addormentata prima di toccare il pavimento. Trovò due lastre inamidate che erano probabilmente pane, le farcì con qualcosa di non identificabile e divorò l’ammasso prima di guardarlo troppo da vicino. Sfortunatamente, mentre le si riempiva lo stomaco, le si riaccesero i sensi, troppo per tornare a dormire. E c’era una trappola in attesa prima che potesse tornare alla scala.

Si fermò di fianco alla porta aperta della stanza dei Viaggi Virtuali. Guardò all’interno. “Domani lo rimpiangerò,” mormorò. “Cavoli, lo rimpiango già adesso.” E così dicendo, entrò. “Viaggi Virtuali: Jenithar, Ufficio di Path–Reynik Levexitor”.

“Se sono fortunata,” aggiunse, parlando a sé stessa, “non lo troverò.”

Si ritrovò in un’anticamera nello spazio virtuale, proprio all’esterno dell’ufficio di Levexitor. Di fronte a lei due portoni di legno senza alcuna decorazione. Il fatto che lei si trovasse lì significava che l’impianto di Visita Virtuale di Levexitor era sintonizzato e che il suo arrivo gli era già stato annunciato.

“Signorina Rabinowitz,” disse la voce eterea di Levexitor. “Non mi aspettavo un’altra sua visita così presto.”

“La prego di scusarmi se la disturbo, Altissimo. Posso tornare in un altro momento.”

Ci fu una pausa stranamente lunga prima della risposta. “Non vedo alcun motivo perché non dovremmo parlare ora. Non è che io fossi impegnato con altre cose. Può entrare.”

Rabinowitz si diresse verso la porta virtuale di fronte a lei, che oscillò verso l’interno per ammetterla alla realtà che Levexitor aveva scelto di mostrare a suoi visitatori.

Alcune erano creature di fantasia, che creavano degli habitat virtuali elaborati dal design esotico. I Jenitharp non erano fra queste. L’ufficio di Levexitor era esattamente come era stato ogni volta che lei lo aveva visitato negli ultimi quattro mesi. Le pareti erano color granata spruzzate d’oro, mentre il pavimento era liscio e grigio ardesia. C’erano due porte – quella da cui era entrata e una all’altra estremità della stanza – e nessuna finestra.

Una luce diffusa proveniva da una fonte non identificata. La stanza era piccola, qualcuno di tale importanza sulla terra avrebbe avuto un ufficio spazioso. Era una stanza cupa, triste, quasi come una cantina ammobiliata alla bell’e meglio, ma d’altronde lo stesso Levexitor non era il massimo della personalità.

Contro la parete di fondo, c’era una postazione bassa, dove stava normalmente l’assistente di Levexitort, Chalnas. Chalnas era il tipo di impiegato che passava tutto il suo tempo a scrivere su di un taccuino. Rabinowitz non ricordava di averlo mai sentito pronunciare cinque parole consecutive, ed anche in quei casi era solamente per chiedere dei chiarimenti.

Chalnas non c’era in quel momento. Era una di quelle persone che non noti se c’è, ma la cui assenza stona.

Nel centro della stanza, alla sua scrivania, c’era Path–Reynik Levexitor. I Jenitharp erano bipedi, ma umanoidi solo per una definizione generosa del termine. Erano cilindri irsuti, ricoperti da un piumaggio un po’ simile al marabù. Due lunghissime braccia, collegate al corpo nel punto in cui ci dovrebbe essere la cintura; potevano raggiungere con la stessa facilità la sommità delle loro teste bulbose e le suole dei loro grandi piedi. Gli occhi erano nascosti meglio di quelli di un cane da pastore e le voci sembravano risuonare dal loro intero corpo.

La proiezione di Levexitor nello spazio virtuale era altissima, una spanna più alta di Rabinowitz. Il suo marabù era screziato di lavanda, molto più elegante del marrone plebeo di Chalna. Era così nobile che non aveva bisogno molto di muoversi.

Non c’erano sedie nella stanza. Rabinowitz era in piedi, Levexitor era in piedi, Chalnas— quando era presente – stava in piedi. L’attitudine di rendersi deliberatamente più bassi davanti agli altri era chiaramente impossibile su Jenithar. Se Rabinowitz non fosse stata in grado di sedersi comodamente nella sua sedia reclinabile a casa, anche mentre stava in piedi nello spazio virtuale di Levexitor, alcune delle sue lunghe sessioni di trattativa non sarebbero andate così bene.

“Benvenuta, Signorina Rabinowitz. Non mi sarei aspettato di trovarmi di nuovo di fronte a lei così presto.”

“Le chiedo veramente scusa per l’intrusione Altissimo. C’erano ancora alcuni piccoli dettagli da sistemare, e pensavo potessimo farlo una volta per tutte, … ma se Chalnas non è qui per registrarli.”

“È il giorno di riposo di Chalnas, ma posso ricordare bene quello che diremo. Continui, la prego.”

Rabinowitz passò i successivi 10 minuti a discutere le definizioni precise di diritti teatrali in nero, per tutti e tre i romanzi Tenger e la durata esatta delle opzioni.

Anche se era un esercizio senza senso, le dava una scusa legittima per essere lì.

Nelle risposte di Levexitor c’erano delle insolite lunghe pause, e lui sembrava piuttosto a disagio.

C’era evidentemente qualcosa nel suo spazio reale che preoccupava almeno una parte della sua mente. Quando Rabinowitz commentò che probabilmente lui avrebbe preferito occuparsi delle sue cose personali e rifarsi vivo con lei più tardi, lui respinse l’idea con un gesto della mano e continuò la discussione.

Quando arrivarono al punto cruciale e lo affrontarono in modo più dettagliato di quanto fosse necessario, Rabinowitz disse, “Altissimo, ho qualche esitazione a sollevare delle questioni così delicate davanti a qualcuno così alto, ma qualcosa mi ha disturbato così tanto che sento di doverle parlare di questo.”

“La prego di sentirsi libera di parlare apertamente.” Disse Levexitor.

“Molto bene, Altissimo,” disse Rabinowitz. “Sulla Terra ci sono voci che dei criminali stiano cercando di contrabbandare la nostra letteratura su mercati dei mondi esterni. Non ho sentito nomi, ma solo i più infimi dei nostri si abbasserebbero a svolgere un’attività di questo genere.”

“È curioso che lei parli di questo argomento proprio adesso, Signorina Rabinowitz. Continui, la prego.”

“So che lei naturalmente è al di sopra di certe cose. Come amica, tuttavia, ero preoccupata che Lei potesse inconsapevolmente essere raggirato da questi esperti criminali e commettere azioni che potrebbero certamente sminuirla. Pensavo anche che potesse sapere come diffondere queste notizie fra i suoi colleghi più bassi, alcuni dei quali potrebbero cedere alla tentazione. Questi criminali sono privi di scrupoli e sminuirebbero chiunque trattasse con loro.”

“Infatti,” disse Levexitor. “Posso capire fin troppo bene che qualcuno, persino il più alto fra noi, potrebbe essere momentaneamente tentato da queste offerte, in particolare se provengono da alte fonti.” Ci fu un’altra lunga pausa. “Sì,” continuò infine, “e posso anche capire lo sminuire di cui parlava. Per parlare in tutta franchezza, Signorina Rabinowitz—”

Levexitor si fermò improvvisamente e si girò. La testa si piegò all’indietro, come se stesse guardando in alto. Poi, emettendo un piccolo grido, si chinò in avanti sulla scrivania e restò fermo, fermissimo.

“Altissimo? Altissimo?” La stanza era completamente silenziosa. Nessun movimento, nessun rumore. Rabinowitz si guardò intorno. Non c’era nessuno nella stanza virtuale, a parte Levexitor e lei. E Levexitor non si muoveva.

Rabinowitz avanzò fino a trovarsi proprio di fianco al grande alieno. Si sporse per toccarlo. Era massiccio, come toccare un albero indossando spessi guanti di gomma, ma nessun’altra sensazione oltre a quella. Il corpo proiettato di Levexitor era reale come le pareti – e non più vivo.

Camminando lentamente, fece il giro della stanza. I suoi passi non facevano rumore. Levexitor non faceva rumore. Le sole cose che udiva erano le sue pulsazioni che le fluivano nelle orecchie e il respiro che stava cercando di tenere controllato.

Non sarebbe stato un bene gridare o chiedere se ci fosse qualcuno. In questo spazio virtuale c’era solo la sua proiezione e la proiezione di Levexitor. Qualcuno o qualcosa poteva essersi introdotto nello spazio reale di Levexitor e poteva in effetti essere ancora lì, ma lei non poteva vederlo.

Doveva informare qualcuno. Si guardò intorno nella stanza scarsamente arredata, cercando qualche dispositivo di comunicazione. Non sembrava essercene nessuno. La scrivania di Chalnas era vuota e anonima. C’erano alcuni comandi digitali sul tavolo di Levexitor, ma lui era sdraiato su di loro e lei non poteva muoverlo. Anche se avesse potuto, i comandi non sarebbero stati proprio intuitivi.

Improvvisamente il corpo di Levexitor sobbalzò sul tavolo. Non era un movimento consapevolmente controllato. Mentre Rabinowitz guardava, mani invisibili si muovevano sul pannello di controllo della scrivania. Poi l’ufficio alieno improvvisamente scomparve e lei si ritrovò nella sua stanza dei Viaggi Virtuali.

Si avvolse le braccia intorno al corpo e sedette sulla sedia reclinabile, tremando come una foglia. In effetti batteva i denti: non riusciva a ricordare di averlo più fatto da quando aveva letto per la prima volta “Il cuore rivelatore” quando aveva quattordici anni. Chiuse gli occhi e cercò di controllare gli improvvisi boccheggi, in cerca di fiato. Lentamente, molto lentamente riprese il controllo. Obbligò le labbra tremanti: “Telefono: San Francisco, Interpol, Detective Hoy.” Dopo pochi istanti, il viso sorridente del detective le apparve davanti.

“Che bella sorpresa, Signorina Rabinowitz,” disse. “Non pensavo di risentirla così presto.”

“Non bella,” rispose lei. “Per niente. Dovrà contattare le autorità di Jenithar. Qualcosa è appena successo a Levexitor. Penso sia stato assassinato.”

***

“Mi sento così stupida,” disse Rabinowitz. “Sono andata in panico come un’adolescente svitata. Non ero in pericolo. Non mi avrebbe potuta toccare. —”

“Lei era presente quando è finita violentemente la vita di qualcuno!” disse Hoy in modo confortante dalla scrivania del salotto. “O almeno telepresente. Penso che non sarebbe normale se lei non fosse rimasta scioccata.”

“Era proprio lì con me,” continuò Rabinowitz. “L’assassino. Non potevo vederlo, non potevo sentirlo, non potevo toccarlo. Ma comunque era lì. Lui era nel mondo reale e io in uno virtuale, ma avevamo un collegamento in comune—Levexitor. Lei pensa che mi abbia vista??”

Hoy fece una pausa. “Beh, potrebbe avere controllato il computer di Levexitor senza essere nello spazio personalmente. La sua immagine proiettata è fedele alla realtà?”

“Sostanzialmente sì. Sono abbastanza soddisfatta del mio aspetto.”

“Allora siamo in due.” Hoy le rivolse un ampio sorriso.

“Grazie, detective. Ogni volta che penso lei potrebbe anche non essere un totale fastidio, lei gentilmente mi smentisce. Immagino non importi se mi abbia visto o no. Levexitor ha pronunciato il mio nome abbastanza spesso. L’assassino deve essere stato lì tutto il tempo. Questo spiegherebbe le strane pause di Levexitor. Almeno questo significa che io non sono nella sua lista dei sospettati.”

“Ecco, mi spiace deluderla, ma no. Potrebbe avere ucciso lei stessa Levexitor per coprire poi le sue tracce una volta saputo che stavo diventando sospettoso.”

“Lei ha una mente veramente paranoica.”

“È la vita. È scesa comunque più in basso nella lista.”

“Grazie.” Rabinowitz lo guardò dritto negli occhi. “Cosa c’è ancora in quella lista? Chi mi fa compagnia?”

“Non deve preoccupare la sua bella testolina a questo proposito.”

“Se uno dei suoi sospettati ha ucciso Levexitor e se sa chi sono, potrebbe cercare di mettermi a tacere. Devo proteggere me stessa. Sono sempre un testimone, anche se non ho visto niente.”

Hoy era pensieroso. “Beh, se lei è colpevole non sarà una grande sorpresa. Jivin Rashtapurdi è definitivamente da qualche parte nello schema.”

“Il criminale?”

“No, il droghiere. E stiamo tenendo d’occhio un altro broker dal nome Peter Whitefish. Lo conosce?”

“Ho trattato alcuni affari con lui.”

“E la sua opinione su di lui?”

“Rappresenta i suoi clienti in modi che ritiene siano i migliori per il loro interessi.”

“Vale a dire?”

“vale a dire che c’è una cosa che si chiama cortesia professionale. Nessun altro sulla lista?”

“Ci sono alcune cose che scelgo di non dire, anche.”

“È una lista breve.”

“Le donne dicono sempre che è la qualità che conta, non la lunghezza.”

“Lo diciamo solo per compassione. Nessun nome dal mondo esterno?”

“Non investigo nel mondo esterno, solo nel nostro. Sono dell’Interpol, non dell’IPC, ricorda?”

Rabinowitz si alzò. “Bene, è stato gentile a venire a tenermi la mano durante il mio piccolo attacco di panico. —”

“Vorrei averle davvero tenuto la mano, sarebbe stato divertente.”

“—ma ho dormito solo due ore nelle ultime quarantadue. Fra sette minuti circa la mia sveglia isterica si attiva, e Lei non vorrà sicuramente essere presente quando lo farà. Anche la mia sveglia PMS impallidisce a confronto.”

“Allora cercherò di beccarla di umore migliore prima o poi. La porta è in quella direzione, giusto?”

“Sta imparando…. Ecco un segno di speranza.”

Questa volta Rabinowitz riuscì a dormire sei ore senza che un funzionario di polizia la chiamasse.

***

“Voglio solo prendere a noleggio un corpo.” disse Rabinowitz con fare scorbutico, “non sottoscrivere un mutuo bancario.”

“Ci sono delle leggi molto severe,” disse l’alieno. Il Jenitharp non alzò le spalle, ma l’atteggiamento della sua immagine virtuale era di impotenza nei confronti della burocrazia. “Se mi sbagliassi e le fornissi un corpo della misura errata, perderei la mia licenza. E il mio governo ha delle leggi molto severe riguardo al lasciare che dei pregiudicati si telepresentino su Jenithar. Sia gentile e risponda a tutte le domande.”

“La vostra polizia mi ha chiesto di venire. Vogliono che ispezioni il luogo di un omicidio.”

“Allora la cosa migliore è compilare velocemente il modulo.”

“Sono contenta di non dovere fare questa cosa ogni volta che visito Jenithar” borbottò Rabinowitz. “Il sistema dei Viaggi Virtuali è molto più civile.”

Porse all’impiegato il suo bio datastar standard e controllò per assicurarsi che le risposte fossero inserite nelle caselle giuste. “Nome completo: Deborah Esther Rabinowitz. Numero del documento di identità: 5981–5523–5514–2769467–171723. Data di nascita: 17/46/3/22/54 interstellare. Formazione: laurea di primo livello, Università della California a Los Angeles, Studi Interstellari; Lauree di secondo e terzo livello, Istituto Policulturale su Pna’Fath, Norme Commerciali Galattiche e Dinamiche Interculturali. Progenitori: Daniel Isaac Rabinowitz e Barbara Samuelson Rabinowitz. Padre ancora vivo, madre deceduta. Occupazione/i dei progenitori: padre diplomatico, livello plenipotenziario, incarico generale; madre, docente di letteratura mondiale comparativa, Università della California a Los Angeles. Fratelli/sorelle: nessuno. Prole: nessuno. Occupazione: agente letterario. Banca: Takashiro World Savings. Reddito: ...”

Fece una pausa. “Questo viene tenuto riservato, presumo.”

“Oh sì. Abbiamo leggi molto severe contro rivelazioni non autorizzate.”

Diede le informazioni richieste, sia sulle sue finanze personali che professionali. Ma si tirò indietro quando andò avanti a leggere nel questionario. “Non posso accettare questo. Guardi questa lista. Il soggetto ha condanne penali? Che livello scolastico aveva? Che titoli detiene? Che premi ha vinto? Chi sono i membri della mia famiglia per due generazioni precedenti e future fino al terzo cugino, e nessuno di loro è un pregiudicato, chi sono i miei soci in affari e i clienti, quali sono i loro ceti sociali, e va avanti così per un po’. Mi chiedete tutto, tranne se il mio cliente molesta i suoi animali. Controllate l’elenco del Chi è chi di mio padre se volete sapere della mia famiglia, ma non vi darò nessuna informazione sui miei clienti.”

“Devo calcolare esattamente il suo ceto sociale così saprò che misura di corpo dovrebbe avere. Deve essere fatto solamente una volta. Dopo di questo, tutti i suoi dati saranno per sempre su file.”

“Senza troppo badare all'etichetta… Non me ne frega …. guardi, mi dia un corpo di una misura qualsiasi misura. Oppure rifiuti e andrò da uno dei suoi concorrenti.”

“Probabilmente riesco a collegare i suoi dati con altre informazioni pubbliche sufficienti per sapere quello che mi serve,” disse l’impiegato al noleggio. Guardò in modo vacuo lo schermo del computer per alcuni secondi, poi continuò, “Credo sia possibile. Ho materiale a sufficienza per analizzare l’equivalente della sua altezza. Aspetti un attimo, mentre la abbino ad un corpo adeguato.”

Rabinowitz rimase in attesa per un tempo molto più lungo di un attimo. Poi l’impiegato riprese: “È tutto pronto. Si prepari per l’abbinamento.”

Nonostante l’avesse fatto spesso – e l’aveva fatto molto più spesso della maggior parte della gente sulla Terra – fondersi con un corpo alieno era sempre disorientante. Gli abitanti di ogni pianeta costruivano i corpi meccanici a noleggio in modo molto simile ai loro stessi corpi, il che li rendeva scomodi per chiunque avesse forme diverse. Alcune razze avevano più di due braccia ed un umano poteva solo lasciarle pendere mollemente; altri ne avevano meno ed un umano si sentiva handicappato. Alcuni vedevano in lunghezze d’onda incomprensibili agli abitanti della Terra, mentre altri udivano in frequenze che gli umani non riuscivano a percepire.

I peggiori di tutti, comunque, erano quelli quasi umanoidi, come i Jenitharp. Questi avevano due braccia e due gambe, ma le braccia partivano dalla cintura, nel mezzo del corpo, con un sistema strano di raccordo che non poteva assolutamente essere definito spalle. Le mani telecomando erano troppo lontane dalla testa. Si sentiva come all’interno di uno specchio deformante.

Rabinowitz si ritrovò in piedi di fianco all’impiegato guardandolo dall’alto in basso. “Ho avvisato la polizia” le disse “Arriveranno fra poco per scortarla. Hanno chiesto di aspettarli qui”

“Perfetto. Preferisco stare un pochino da sola con un nuovo corpo per potere imparare come farlo funzionare.”

“Se lo desidera, adesso che abbiamo la sua altezza in archivio, possiamo noleggiarle un corpo permanente a fronte di un piccolo supplemento. Un corpo che sarebbe riservato sempre a lei e lei potrebbe visitare Jenithar tutte le volte che desidera, senza avere di nuovo questi inconvenienti.”

“Grazie. Lo terrò presente in caso sia obbligata di nuovo a fare ancora affari qui.”

L’impiegato se ne andò, lasciandola sola. La stanza era piena di rastrelliere con corpi in affitto di tutti i tipi e dimensioni – molte misure più basse della sua, alcune considerevolmente più alte. Si sentiva il corpo pesante. Molte razze costruivano i corpi per i loro visitatori in plastica o altri materiali leggeri. Alcuni li ricavavano da tessuti vivi. I Jenitharp facevano i loro in metallo, che diventavano scomodi e sferraglianti. Questo corpo era coperto di un falso marabù marrone-verdastro. Vista la sua misura e il colore, sembrava essere di una categoria decente.

Rabinowitz avanzò a tentoni in un’area sgombra vicino al centro della stanza e iniziò a muoversi. I movimenti delle gambe non erano così male se faceva dei passettini, come se indossasse un kimono strettissimo. Le braccia lunghe e sottili sembravano inutili e pendevano; davano l’impressione di ondeggiare come tubi di gomma, e praticamente doveva slogarsi le spalle per poterle muovere. Erano più tentacoli che braccia, nessuna vera giuntura fra loro. “Devi essere una danzatrice Balinese per muovere in modo adeguato queste cose” borbottò.

Dopo una quindicina di minuti, era abbastanza a proprio agio per non sentirsi troppo imbarazzata. Per fortuna, nessuno si aspettava che un alieno in un corpo a noleggio fosse aggraziato. Ogni razza aveva i propri scherzi sulla goffaggine dei visitatori alieni.

Un paio di nuovi arrivati entrarono nella stanza, uno in qualche modo più alto e più pallido dell’altro. Non si riusciva immediatamente a definire di che sesso fossero. “Signorina Rabinowitz?” disse quello più alto, che era comunque più basso di lei. “Mi permetta di presentarmi. Sono Feffeti rab Dellor, poliziotto di terzo livello. Le sono grato per avere dato il suo accordo ad assisterci nelle nostre investigazioni. Se mi accompagna, visiteremo il luogo dell’omicidio.” Non si curò di presentarle il suo compagno più basso.

“Lasci stare, MacDuff,” rispose Rabinowitz.

Il poliziotto fece una pausa. “Mi scusi. Questo non si è tradotto bene.”

“Non importa. Era un’allusione letteraria. Non le darei via gratis, comunque.”

Il poliziotto Dellor e il suo compagno condussero Rabinowitz attraverso un atrio affollato, fino ad un ascensore dove si infilarono in una grande auto con molta altra gente. Scesero di sedici piani prima che Dellor indicasse che avevano raggiunto il loro piano. Uscirono e attraversarono ancora altra folla fino alla fermata di un mezzo pubblico. La folla si apriva mentre camminavano; forse Dellor aveva qualche distintivo della polizia che Rabinowitz non poteva riconoscere, o forse la gente era semplicemente rispettosa della loro altezza, che era superiore di quella di chiunque altro intorno a lei.

Sembrava che anche la polizia prendesse i mezzi pubblici qui. Fecero un cenno al primo taxi in fila, saltando davanti a tutti quelli in attesa. Dellor diede all’autista, che era piccolissimo, un codice convenzionale della polizia ed una destinazione, e il taxi partì a tutta velocità,

L’unica esperienza precedente di Rabinowitz su Jenithar era nello spazio virtuale di Levexitor così i suoi primi sguardi dal vivo l’affascinarono. Il cielo era coperto e anche se il suo corpo artificiale non poteva capire bene i livelli normali di temperatura o di umidità, il clima sembrava caldo umido. Il cielo era brillante, nonostante le nuvole; Rabinowitz aveva letto che il cielo di Jenithar era di classe F, leggermente più brillante di quello della Terra. I filtri del suo corpo noleggiato abbassavano la luce a dei livelli accettabili, ma facevano strane cose alla sua percezione della profondità e facevano sembrare i colori slavati e innaturali.

Questa zona particolare era una città stipata di grattacieli … a sufficienza da fare sentire a proprio agio qualsiasi abitante di Manhattan, ma lo stesso Newyorkese avrebbe vagato a bocca spalancata nel vedere come tutto era pulito. Legioni di operai comunali erano impiegati solamente per tenere gli edifici e le strade tirati a lucido e liberi da qualsiasi tipo di immondizia. Rabinowitz avrebbe potuto pensare che questo fosse originato da un qualche tipo di senso civico, se quanto aveva letto prima non le avesse spiegato che faceva tutto parte di un programma di impiego a tempo pieno.

C’era gente ovunque, costantemente in movimento. Formavano lunghe file di pedoni sui lati delle strade, in fila in base all’altezza, ed ogni marciapiede era dedicato al traffico pedonale a senso unico. C’era un turbinio di colori e forme, ma sorprendentemente poco rumore. Essendo obbligati a vivere insieme in così poco spazio, gli abitanti di Jenithar sviluppavano delle regole molto severe sull’invasione reciproca della privacy con i propri rumori.

“Lei è un agente letterario, giusto?” le chiese Dellor mentre viaggiavano fianco a fianco.

“Sì. Jenithar è ancora un mercato interessante e vasto per la mia letteratura mondiale.”

“Lei aveva trattato a lungo con l’Altissimo Levexitor?”

“Solo nei 4 mesi scorsi,” rispose Rabinowitz. “Avevo sperato che sarebbe stato l’inizio di un lungo rapporto d’affari, ma ora sembra che dovrò trovare altri contatti.”

“Lei ha dichiarato che quando è stato ucciso, lei era in visita da Levexitor.”

“Stavo solo viaggiando nello spazio virtuale. C’erano degli strani silenzi nella nostra conversazione. Sospetto che ci fosse qualcun altro fisicamente presente in contemporanea, ma quella persona non era collegata allo spazio virtuale e quindi non so chi fosse.”

“Di cosa stavate parlando quando è morto?”

Rabinowitz esitò. “Affari,” disse. “Ero venuta per parlare dei diritti teatrali in nero delle opere che stavamo trattando”

“Non è necessario elaborare,” interruppe Dellor. “Non mi serve sapere i dettagli intimi degli affari dell’Altissimo. Lei conosceva bene Dahb Chalnas?”

“L’assistente di Levexitor? Non molto bene. In genere era là, in disparte quando l’Altissimo ed io ci incontravamo, ma parlava molto raramente.”

“In ogni caso non era là questa volta.”

“Non nello spazio virtuale, no. Levexitor mi ha detto che era il suo giorno di riposo.”

Il taxi aveva raggiunto un’altra parte della città, molto meno affollata. Gli edifici erano più bassi, e staccati l’uno dall’altro, e improvvisamente la loro auto si fermò di fronte ad una casa a due piani circondata da un muro basso, e un giardino grande quanto un francobollo sul lato davanti. Rabinowitz la guardò con sorpresa; Levexitor era una delle persone più importanti su Jenithar, e la sua casa era meno di due terzi della sua. “È tutto relativo” borbottò mentre usciva dall’auto con i suoi poliziotti di scorta.

I poliziotti la condussero all’interno della casa, e lei lo fissò scioccata mentre attraversava la soglia. La casa di Levexitor faceva sembrare rispettabile il semplice squallore. Pile di detriti coprivano il pavimento, rendendole difficile trovare un percorso pulito su cui camminare, e dovette mettere i piedi attentamente cercando di evitare rivoletti di liquido giallo-verde. La parete trasudava globuli unti di un materiale viscoso non meglio identificato. Rabinowitz era sicura che il fetore l’avrebbe fatta svenire se il suo corpo artificiale avesse potuto trasmetterle qualcosa in più in fatto di odori, che non un allarme di fumo o di agenti chimici corrosivi.

“Chi è l’architetto?” chiese ad alta voce. “Fognature e Recupero Centralizzati?” Questa casa era un tale contrasto, sia con la pulizia delle strade pubbliche e con l’essenzialità dello spazio virtuale di Levexitor, che era difficile credere di essere sullo stesso pianeta. Ma conosceva anche tantissime persone sulla Terra, che tenevano il loro spazio virtuale in modo molto diverso dalle loro case e dai loro uffici nella vita reale.

“Deve avere avuto del personale davvero incompetente,” continuò.

“L’Altissimo Levexitor viveva qui da solo,” disse Dellor. “Non aveva personale, tranne il suo impiegato, Dahb Chalnas.”

“Tutto solo? Niente personale? Un uomo della statura e dell’importanza dell’Altissimo Levexitor?”

“Uno dei vantaggi dell’essere così alti,” disse il poliziotto, “è che sei autorizzato a vivere da solo.”

Rabinowitz annuì in modo pensieroso, o almeno cercò di farlo; l’azione fece ondeggiare il suo pesante corpo metallico in modo instabile. “Penso di sì. Bene, mi mostri cosa voleva farmi vedere così posso restituire questo corpo all’agenzia. Vorranno fargli fare un bel bagno nell’acido prima che venga riutilizzato.”

Dellor la condusse attraverso diverse stanze, ognuna più disgustosa dell’altra, fino a che alla fine si fermò e disse, “Qui è dove è stato ucciso l’Altissimo Levexitor.”

Da quanto Rabinowitz poteva vedere, la sola somiglianza che aveva questa stanza con lo spazio virtuale di Levexitor era l’alta postazione da lavoro con il ripiano computerizzato, analoga a quella a cui lui stava quando era stato ucciso. “Questa stanza non assomiglia per niente a quella che ho visto.”

“Non me lo aspettavo. Ci dica solo cosa ha visto.”

“L’Altissimo Levexitor era in piedi a questa postazione, e mi parlava. C’erano delle pause occasionali, potrebbe essere uscito temporaneamente dallo spazio virtuale per parlare a qualcuno fisicamente presente. Nel bel mezzo della nostra conversazione improvvisamente ha guardato in alto, ha emesso un piccolo grido e si è accasciato sulla scrivania. Ho guardato in giro, ma non sono riuscita a vedere nessun altro nello spazio virtuale. Poi il corpo dell’Altissimo si è mosso improvvisamente in verticale —presumo che il suo omicida abbia sollevato il suo corpo fisico per arrivare al Sistema di Viaggi Virtuali – e ho visto i comandi azionati da mani invisibili. Poi, la connessione è stata interrotta e mi sono ritrovata a casa mia.”

Dellor rimase in silenzio per un momento, poi disse, “Questo conferma la nostra teoria. Accetti la nostra gratitudine per la sua collaborazione. La riportiamo all’agenzia di noleggio, adesso.”

“Aspetti un momento. Questo è tutto? Affrontate la spesa di portarmi qui, mi fate fare tutta questa manfrina senza capo né coda dell’affitto del corpo, e mi portate qui a questa fognatura fetida, solo perché io possa passare due minuti a guardare una scrivania e dirvi la stessa storia che ho detto al telefono?”

“Esatto.”

“Mi dica, quale sarebbe la sua teoria?”

“Veramente questo non la riguarda.”

“Beh, veramente mi riguarda eccome.” In piedi, di fianco a lui, si erse in tutta la sua altezza, guardandolo dall’alto al basso con uno sguardo che sperava venisse interpretato come di imperiosità glaciale. “E se mai dovesse sperare di essere più alto, anche lei diventerà un argomento che mi riguarderà.”

Dellor fece una pausa. “È davvero troppo facile farla arrabbiare. C’è solo una persona che potrebbe avere commesso il crimine.”

“Mi faccia ridere.”

“Potrebbe essere stato solo il suo assistente, Dahb Chalnas. Lo abbiamo già preso, e passerà poco tempo prima che confessi.”

“Esatto. È stato il maggiordomo. E come è arrivato a questa stupefacente conclusione?”

“Non è difficile. Chalnas è il solo ad avere avuto accesso alla casa.”

“L’Altissimo non avrebbe potuto fare entrare qualcun altro?”

“Come la maggior parte delle persone della sua altezza, teneva troppo alla sua privacy. Non avrebbe fatto entrare qualcun altro fisicamente, quando lo avrebbe invece potuto incontrare nello spazio virtuale.”

“Salvo non ci fosse qualcosa che non voleva discutere sui canali,” Rifletté Rabinowitz.

Dellor fece un’altra pausa. “Ha delle prove di una questione così delicata?”

“No. Nessuna prova. Ma perché lei è così convinto che sia stato Chalnas? Mi è sempre sembrato così tranquillo, così mite.”

“Signorina Rabinowitz, lei è una straniera a Jenithar. Lei non conosce i nostri modi. Le persone umili come Chalnas spesso covano delle invidie velenose per il loro superiori. L’ho visto succedere troppo spesso, una persona che ha ucciso qualcuno più alto di lei per nessuna ragione apparente, se non frustrazione e rabbia. Forse è un commento triste sulla nostra civiltà, ma è un fatto con cui dobbiamo convivere.”

“Con cosa lo ha colpito?”

“Prego?”

“Se Chalnas era tanto più basso di Levexitor, le sue mani nude non erano abbastanza forti da ucciderlo, probabilmente. Cosa ha usato come arma del delitto?”

Il poliziotto non poteva essere meno coinvolto. “Potrebbe avere usato alcuni oggetti pesanti presenti nella stanza e poi averli portati via per disfarsene. Come vede, è impossibile dire se manchi qualcosa. Mi creda, Chalnas è sicuramente il colpevole.”

“Bene, se lei è così sicuro …. questo è affar suo ed è il suo pianeta, e non ho nessun diritto di dirle come deve gestire le cose. La prossima volta, però, parli con me al telefono e non mi porti a materializzarmi in tutta la galassia, solo per guardare cumuli di rifiuti.”

***

Rabinowitz cercò inutilmente di concentrarsi quando tornò a casa. Ci sarebbe stata una prova dopo un paio di giorni. Aveva delle scene di cui fare degli schizzi per Mac e Lady M. mentre discutevano pianificando il destino di Duncan. Ma altre visioni arrivavano. Quando non vedeva il casino della casa di Levexitor, pensava al tranquillo, servile Chalnas in prigione per l’assassinio del suo capo. Il suono del telefono fu effettivamente una benedetta interruzione – specialmente quando verificò l’identità di chi chiamava prima di accettare la chiamata.

“Nils,” disse, sorridendo al telefono. “Saranno – quanti, tre anni? Quattro?”

Nils Fredericksen, Segretario ONU per il Commercio Interstellare, le sorrise di rimando. I suoi capelli biondi erano diventati grigi da molto tempo, e gli occhi blu luccicavano su un viso magro, morbido come cuoio ben oliato, e rugoso come i suoi nativi fiordi. “Non ci mettiamo reciprocamente in imbarazzo definendo un numero. Diciamo solamente che è da troppo tempo e lasciamo stare le cose così. Come te la passi, mia piccola principessa? Ho saputo che hai avviato una gran bella attività per conto tuo.”

Omicidi Alieni

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