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CAPITOLO 4

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Corri con il momento. Anche se non é piacevole ce ne sarà sempre un altro a breve.

—Anthropos, La mente sana

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Prima dell’inizio, spiegò Grgat, non c’era nulla se non la foschia primitiva a permeare l’universo. Era omogenea e senza forma. Quindi, dopo un lasso di tempo pari a vere e proprie ere, iniziò a fondersi in entità distinte, che poi divennero gli dei e i demoni. All’inizio queste due razze coesistevano in un’armonia pacifica. Insieme crearono le stelle e i mondi dai resti della foschia primitiva ed imposero ordine in un cosmo caotico.

Ma dopo molti secoli, le due razze litigarono. Gli dei volevano creare creature mortali con cui condividere le meraviglie dell’universo; i demoni egoisticamente cercavano di evitare altra vita e di conservare i loro segreti per sé stessi. Le due filosofie si rivelarono incompatibili e la naturale conseguenza fu la guerra.

I cieli stessi esplosero in fiamme mentre le due specie di divinità lottavano per la supremazia. Le stelle esplosero, i pianeti furono devastati dalle battaglie che ne seguirono. Infine, per prevenire ulteriori distruzioni, gli dei chiesero e ottennero una tregua. Il pianeta Dascham fu creato come un posto dove gli dei potevano fare esperimenti con la vita e con quello che c’era nelle loro anime, mentre i demoni concordarono di girovagare nei cieli e di non interferire con le questioni su Dascham.

Gli dei costruirono una montagna chiamata Orrork, dove elessero la loro casa e dove continuano a risiedere anche ai giorni nostri. Una volta insediatisi, fecero i membri della razza Daschamese a loro immagine per assisterli nello studio dei misteri dell’universo.

Inizialmente, gli dei e i mortali si mescolarono come esseri uguali. Ma poi, alcuni malvagi Daschamesi iniziarono a sentirsi presuntuosi ed a pensare di essere meglio degli dei. Iniziarono una rivolta che gli dei con i loro poteri ben superiori domarono velocemente – Il Tempo del fuoco.

Ma gli dei sapevano che le loro creazioni, i Daschamesi, erano difettosi. La loro caparbia arroganza li avrebbe sempre portati a sfidare i loro creatori. Alcuni degli dei pensavano di distruggere tutti i Daschamesi e iniziare di nuovo i loro esperimenti con la vita, ma altri loro colleghi non erano d’accordo.

Infine, gli dei decisero che i Daschamesi dovevano essere tenuti, ma come schiavi, adatti solo per adorare gli dei e per eseguire lavori domestici per servirli. Gli dei avrebbero tenuto costantemente sotto controllo i loro servitori disobbedienti, sempre in allerta per recepire ulteriori segni di ribellione. Inoltre, gli dei crearono gli angeli per ricordare ai Daschamesi il loro stato corrotto e per reprimere e punire tutti coloro che avessero trasgredito la volontà degli dei.

Fu definito un severo codice di regolamenti. Nessun Daschamese poteva dire o fare qualsiasi cosa che potesse indicare ostilità verso gli dei. Sacrifici di cibo sarebbero stati raccolti ad intervalli da ogni villaggio e portati dagli angeli al monte Orrork. i Daschamesi, oltre a produrre il loro cibo, dovevano lavorare ai vari doveri per gli dei – estrarre minerali e rocce specifiche che ponevano in grandi contenitori che venivano poi raccolti a loro volta dagli angeli.

La libertà era limitata in mille modi. Era imposto severamente il controllo delle nascite. I Daschamesi non erano autorizzati a riunirsi nello stesso luogo e nello stesso momento in più di sedici per volta. I Daschamesi non avevano una lingua scritta e gli dei ascoltavano tutte le loro conversazioni, indipendentemente dal fatto che fossero sussurrate a bassa voce o meno. Il castigo (come Dev aveva già visto) era veloce e definitivo per chiunque decidesse di disobbedire alla volontà degli dei.

Gli dei erano invincibili, e governavano Dascham con una volontà di acciaio.

***

Dev e il suo capo ascoltarono in silenzio mentre Grgat spiegava la teologia di Dascham. Quando il nativo ebbe finito, nella cabina cadde il silenzio. Infine, Larramac allungò il braccio e spense il traduttore delle cuffie di Dev, affinché Grgat non sentisse cosa stessero dicendo. “Cosa ne pensi?” le chiese.

“È una bella storia.”

“Ma ci credi?” Larramac guardandola di sottecchi.

“Presumo dal tuo strano sguardo che Dennis ti ha imbottito delle mie teorie sugli dei. No, non gli credo alla lettera. Ha molto in comune con i miti della creazione dei popoli primitivi in tutta la galassia. Penso però che ci sia più verità in questo di quanta ce ne sia nella maggior parte di loro. E credo fermamente nei poteri degli dei; li ho visti fin troppo bene questa sera.”

Larramac rimase in silenzio per un attimo e poi allungò il braccio verso le cuffie di Dev. Dev gliele porse e accese di nuovo il sistema di traduzione. “Dimmi, Grgat, cosa ti aspetti da noi esattamente?”

“Vorrei che mi portaste via da Dascham, nel Cielo, nel reame dei demoni.”

“Ma tu ci hai appena detto che i demoni sono il contrario della vita. Perché dovresti volere andare a raggiungerli?”

Il nativo esitò e poi infine decise di fidarsi dell’umano. “Io...Io volevo chiedere il loro aiuto per distruggere gli dei. Solo quando gli dei saranno sconfitti, Dascham potrà essere veramente libero.”

“Ma i demoni ti ascolterebbero? Come puoi aspettarti di guadagnarti la loro simpatia o il loro sostegno quando sono così contrari alla vita?”

“Gli dei affermano di essere buoni, ma li ho visti fare cose che anch’essi dicono essere cattive. Affermano di essere saggi, e invece a volte agiscono in modo sciocco. Sto imparando rapidamente a non credere a tutto quello che gli dei mi hanno detto.”

“L’inizio della saggezza,” mormorò Dev—ma in modo molto sommesso, affinché il traduttore non la sentisse.

Grgat continuò, ignaro della sua osservazione. “Gli dei dicono che i demoni non tollererebbero la vita – eppure voi arrivate dal Cielo e siete tollerati, eppure non siete né demoni né dei. Gli dei affermano di sapere tutto su Dascham, eppure evidentemente non sanno cosa stiamo dicendo ora oppure ci avrebbero colpiti molto tempo fa.”

“Come proponi di trovare i demoni?” chiese Dev.

“Non so,” ammise il nativo. “Non ne avete mai incontrato nessuno?”

“Ho incontrato una quantità di esseri che sarebbero in linea con questo termine, ma probabilmente non sono loro quelli che hai in mente tu.”

“Mi aiutereste forse a cercarli? Sareste ben pagati!”

Nel sentire parlare di pagamento, Larramac si raddrizzò improvvisamente. Si concentrò molto di più sulla forma ursina di Grgat, mentre diceva, “Pagare? Come? Non sapevo che voi Daschamesi disponeste di che pagare. Non sembri particolarmente ricco.”

“Dovrebbe accadere dopo che gli dei saranno distrutti, naturalmente. Se non lavoreremo più per loro, potremmo fornirvi manodopera per compensare il nostro debito. Ci sono minerali che gli dei considerano preziosi, ed alcuni che anche voi desiderate commerciare. Potremmo fornirvene molti di più, in cambio della nostra libertà.”

In quel momento l’astrogatore della nave, Lian Bakori, entrò con un vassoio di cibo per il prigioniero. Dallo sguardo avido sulla faccia di Grgat mentre adocchiava il cibo, Dev giudicò che sarebbe stato meglio fare una pausa momentanea nell’interrogatorio. Erano tutti stanchi e avevano bisogno di riposo. Dopo che Bakori posò il vassoio, lasciò la cabina, spingendo fuori il proprietario e l’astrogatore davanti a lei.

Di nuovo fuori, Dunnis l’avvicinò. “Guarda cosa ho trovato, Capitano.”

Il sottile pezzo di metallo che teneva nella mano tesa era lungo meno di due centimetri. Sebbene avesse un piccolo kit di gambe per la mobilità, era ovviamente artificiale.

“Dove l’hai trovato?” gli chiese.

“Nella stiva, mentre stavamo pulendo. Avevi ragione, penso sia una di quelle cimici che usano quegli dei.”

Dev era troppo stanca per provare piacere nel sapere che le sue supposizioni erano corrette. Si limitò ad emettere un profondo sospiro e disse, “Puoi scoprire a che frequenza sta trasmettendo?”

“Può volerci un po’, ma... ma sì, posso.”

“Bene. Fallo immediatamente. Poi voglio che tu costruisca un dispositivo di disturbo così che io possa spegnere i deflettori per i meteoriti. Stiamo consumando la potenza della nave.”

“Sì, Capitano. Può volerci un po’ di tempo.”

“Prenditi tutto il tempo che ti serve, fino alle 7:30 di questa mattina. Poi faresti meglio ad essere pronto.”

“Ma Capitano, non ho dormito per nulla, e i test?”

“Se non fossi andato fuori a farti una bevuta con Zhurat, niente di tutto questo sarebbe necessario. I test sono relativamente chiari – ho qualche conoscenza di ingegneria. Potrei fare i test e costruire il dispositivo di disturbo io stessa in quindici ore; mi aspetto che tu, con la tua particolare esperienza in questa materia, lo faccia in metà del tempo.”

Dunnis aprì la bocca per protestare ancora, ma Dev lo interruppe. “Ogni minuto che stai qui a discutere con me significa un minuto in meno da dedicare al lavoro. Suggerirei che tu iniziassi adesso.”

Con un’alzata di spalle, il massiccio tecnico si mosse pesantemente per andare ad eseguire i suoi ordini, lasciandola sola con Larramac e Bakori. “Sarò nella mia cabina se avete bisogno,” disse ai due uomini. “Ho il grande sospetto che le attività di questa notte siano solo un preludio a qualcosa di molto peggio, e vorrei riposare almeno per qualche ora prima di dovermene occupare.”

Bakori accettò il suo annuncio con lo stesso silenzio di pietra che usava per tutte le occasioni. L’astrogatore era un Neo-Buddista ortodosso e, in quanto tale, accettava l’intero universo esattamente come si presentava. Dev non ricordava di avere mai incontrato un uomo più passivo, ma faceva il suo lavoro ragionevolmente bene e non le causava problemi, sicché lei non aveva di che lamentarsi.

Roscil Larramac, invece, era tutta un’altra cosa. La sua espressione pensierosa ed astratta su quello che aveva detto Grgat non faceva presagire nulla di buono. Vorrei sapere cosa sta succedendo all’interno di quel suo cervello troppo impaziente, pensò Dev. Qualunque cosa sia, so che non mi piacerebbe.

***

Nonostante la sua annunciata intenzione di volere dormire un po’, non ci riusciva. Si sdraiò sulle coperte della brandina pieghevole, girando continuamente gli occhi intorno a sé nella stanza. Un wc e un lavandino erano stipati insieme in un angolo, con una serie di cassette incassate che contenevano la maggior parte dei suoi effetti personali. Le pareti di metallo nudo avevano degli anelli per legarvi l’amaca a gravità zero di solito piegata in un cassetto. C’era un cronometro, una fotografia dei suoi genitori e una del dormitorio in cui aveva passato i suoi primi sette anni, alcune immagini dei pianeti che aveva visitato ed un ricamo con la sua citazione preferita di Anthropos. “Non pregare per i miracoli – creali!”

Si chiese se sarebbe stata all’altezza del compito questa volta. Nell’arco di poche ore, i suoi problemi erano aumentati in modo esponenziale, e non le avrebbero concesso facilmente di riposare la mente.

Aprì un libro e lo sfogliò; ma persino leggere, il suo passatempo preferito, le pareva poco interessante dopo le attività della notte scorsa. Disturbata dal non riuscire a estraniarsi così facilmente, posò il libro sul pavimento di fianco alla brandina.

Tutti i problemi hanno delle soluzioni, ricordò a sé stessa. Bisogna solo mettere in ordine la testa. Determinata a fare questo, suddivise i suoi pensieri nelle varie componenti e le esaminò individualmente.

Prima, gli dei. Il suo discorso all’angelo sembrava avere calmato la loro rabbia per l’esplosione di Zhurat, ma sarebbero comunque stati ancora in guardia verso gli umani. L’equipaggio della Foxfire poteva avere un’influenza dirompente in un mondo che essi facevano in modo di tenere statico – e la sua azione di accendere le schermature dei deflettori avrebbe solo fatto aumentare i loro sospetti. Gli umani sarebbero stati sotto stretto esame da ora in poi; tutti i loro comportamenti verso l’esterno avrebbero dovuto essere più che perfetti, oppure avrebbero attirato più dell’ira divina.

Secondo, il passeggero clandestino. Gli dei potevano anche non sapere ancora che era sparito, ma una volta che l’avessero saputo, sarebbero potuti saltare subito alla conclusione giusta che si poteva essere nascosto nella nave degli umani. Come avrebbero reagito? Avrebbero chiesto agli umani di consegnarlo alla loro giustizia? Se l’avessero chiesto, lei avrebbe acconsentito? L’etica di questa situazione era incredibilmente ingarbugliata, e la sua risposta avrebbe potuto influenzare negativamente i rapporti d’affari fra gli umani e i Daschamesi per secoli.

Terzo, le armi. Larramac glielo aveva deliberatamente nascosto, così come le aveva tenuto segreto il loro itinerario. “Ti dirò dove andiamo quando dovrai arrivarci,” le aveva detto, e tutti i suoi sforzi per ottenere maggiori informazioni erano stati vani. Sapeva che non aveva cercato di venderle sul pianeta; gli dei non l’avrebbero mai tollerato. Ma le armi la preoccupavano comunque. Il traffico di armi non era illegale; niente lo era nello spazio, dove le leggi umane non valevano. Ma questo avrebbe causato delle complicazioni a questa missione commerciale, complicazioni che lei avrebbe dovuto tenere in considerazione.

Inoltre, lei considerava immorale il commercio di armamenti. A un Eoano fregava ben poco se gli altri sceglievano di farsi scoppiare e di perdere le loro vite – ma era considerato di cattivo gusto aiutarli a farlo.

Avendo così elencato i problemi di cui doveva occuparsi, iniziò un elenco delle risorse a sua disposizione.

Attacco Agli Dei

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