Читать книгу Gli ultimi giorni di Goldoni - Valentino Carrera - Страница 4

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Dacchè l'autore, in una sua gita a Parigi per indagare qualche cosa sugli ultimi giorni del Goldoni e la sorte della vedova, aveva sentito la contessa D'Agoult ricordare d'avere più d'una volta nella sua adolescenza sentito a dire in casa, da testimoni del Terrore, che Carlo Goldoni era proprio morto «dans la plus affreuse des misères dans un galetas», un vivo desiderio lo aveva sempre tormentato, quello di vendicare, bene inteso coll'arte che gli era consentita, l'indegno abbandono in cui gli italiani avevano lasciato morire il più comico e spontaneo di tutti i commediografi, e di rendere nello stesso tempo omaggio alla memoria serena e pia della moglie Nicoletta Conio da Genova, e del nipote Antonio di Giovanni Goldoni.

Ma non gli si era mai offerto il destro di porre in atto il suo onesto desiderio, quando sul finire del 1880 venne in mente al ch. prof. E. D. Müller di suggerire a Cesare Rossi direttore della Compagnia drammatica della città di Torino, ed uno dei pochissimi attori che conservino la tradizione goldoniana, di commettergli una commedia che avesse per soggetto la morte del nostro maggior poeta comico.

L'impresa tornava onorevole quanto era ardua; ma l'autore non avrebbe forse accettato l'invito senza la speranza che il riverente antico affetto e la sempre maggiore ammirazione potessero inspirargli quanto chiedere non poteva all'ingegno; senza la lusinga non nuova, che la viva intelligenza di Cesare Rossi e lo zelo dei suoi compagni avrebbero sopperito alle troppe lacune con quelle infinite finezze e malizie dell'arte che si possono qualche volta accennare, ma non mai scrivere, e spargono tanto barbaglio di luce nella divina arte di far rivivere sulla scena un uomo ed un'epoca... La commedia, scritta di getto, venne letta, e il Rossi soddisfatto volle che il battesimo avesse luogo in quel teatro Goldoni di Venezia, così ricco di memorie goldoniane, dal primo monumento che si sia eretto al poeta dai suoi concittadini, al ricordo posto a quella insuperabile attrice in dialetto veneziano che fu Marianna Morolin, creatrice vera di parti e di scrittori e pure modesta, non veneziana e pure ammiratissima; dal numero di commedie dell'avvocato veneziano che videro per la prima volta la scena su quel palco, al pubblico intelligente, custode del buon gusto e della nostralità della commedia, uno dei pochissimi nemici di ogni altra ibrida forma.

L'autore della commedia, con quel soggetto, con quella rivendicazione, dinnanzi a quel pubblico, in quel teatro, era tutto uno spasimo d'ansietà e di paure. Ma Gli ultimi giorni di Goldoni erano messi su con mirabile cura e precisione di scene, di mobili e d'abiti; ma la parte di Goldoni era sostenuta, e con quali spalle, da Cesare Rossi insuperato finora nella trasmissione degli affetti; quella di Nicoletta da Teresa Bernieri; da Claudio Leigheb quella di Battistino; dal povero Arturo Diotti quella di Antonio, e Flavio Andò aveva voluto concorrere alla festa assumendo la parte dello Chénier, come Antonio Colombari quella di Balletti... Quale meraviglia se la sera del 30 marzo 1881 la commedia tornò gradita nella stessa Venezia, come poi nelle altre città, e con tanto accordo di indulgenza che arrivata a Torino fu ritenuta degna di raccogliere il premio drammatico che dava per l'ultima volta quel Comune? Erano in tanti a metterci il meglio del loro ingegno e della loro esperienza! E si trattava di Goldoni, di cui basta pronunziare il nome sempre più luminoso perchè tosto se ne irradii qualche cosa della sua amabile indulgenza, giocondità e cortesia.

Gli ultimi giorni di Goldoni

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