La vita italiana nel Trecento
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Various. La vita italiana nel Trecento
LE LETTURE FIORENTINE SU LA VITA ITALIANA NEL TRECENTO
I
II
III
IV
LE FAZIONI ITALIANE. DI. ROMUALDO BONFADINI
ROMA E IL PAPATO NEL SECOLO XIV. DI. FRANCESCO BERTOLINI
I PRIMORDI DELLE SIGNORIE E DELLE COMPAGNIE DI VENTURA. DI. AUGUSTO FRANCHETTI
I
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VIII
IX
X
XI
XII
XIII
XIV
XV
XVI
XVII
LE CONSORTERIE NELLA STORIA FIORENTINA DEL MEDIO EVO. DI. MARCO TABARRINI
SVEVI E ANGIOINI. DI. ERNESTO MASI
LA GENESI DELLA DIVINA COMMEDIA. DI. PIO RAJNA
DANTE NEL SUO POEMA. DI. ISIDORO DEL LUNGO
I
II
III
IV
V
VI
VII
LA LETTERATURA MISTICA. DI. ENRICO NENCIONI
I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
XI
IL PETRARCA. DI. ADOLFO BARTOLI
IL BOCCACCIO. DI. ADOLFO BARTOLI
IL TRAMONTO DELLE LEGGENDE. DI. ARTURO GRAF
GLI ARTISTI PISANI12. DI. DIEGO MARTELLI
LA GRANDEZZA DI VENEZIA. DI. POMPEO MOLMENTI
SANTA MARIA DEL FIORE E IL DUOMO DI MILANO (I GIUDIZII ARTISTICI NEL SECOLO XIV) DI. CAMILLO BOITO
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Arduo assunto il mio! Dovrei descrivervi la sala, il pubblico, l'ora del tempo e l'infida stagione, gareggiare con l'artista, squisitamente elegante, che in pochi tocchi sa cogliervi la fisonomia del “dicitore„ o, come oggi lo chiamano, del conferenziere; dovrei riepilogarvi in brevi parole più d'un lungo discorso. E, ahimè, la penna non si addice a simili miracoli; è sempre quell'arnese, di cui scriveva il Giusti alla nipote, la povera signora Guglielmina, che “quanto più si sa tenerla in mano e più scotta„.
La sala è ad ogni descrizione ribelle: gli splendidi arazzi delle pareti, dove con vivi colori sono intessute antichissime storie, i fregi dei lacunari di legno intagliato, la cristallina iridescenza delle lumiere veneziane, le linee armonicamente severe d'un camino scolpito da settignanesi scalpelli, e il formicolio delle teste aspettanti con impazienza curiosa l'ora del raccoglimento e dell'attenzione, e l'incrociarsi degli sguardi balenanti da pupille di ogni colore, e la varietà degli abbigliamenti e delle acconciature, e il pissi-pissi confuso di frasi e parole d'ogni idioma e di ogni pronunzia… son tutte cose che non si mettono in carta e non si stampano, nemmeno co' lenocini della cromo-tipografia. E il pubblico? l'ho già detto altre volte: non si ritrae. Occorrerebbe un catalogo di nomi, garbatamente aggettivato sul gusto di quello che leggesi in certo capitolo del Piacere di Gabriele d'Annunzio; e ad ogni nome dovrebb'essere sovrapposta una piccola corona od altro segno blasonico, ornandone le iniziali con il profilo d'una testa muliebre. Poi, a compiere il quadro, bisognerebbe illuminarlo con la luce discreta che piove da' finestroni d'un antico palazzo, nell'ora in cui il sole, indorando le case di faccia, richiama i pensieri a' bei tramonti primaverili, quand'esso frastagliasi tra le chiome dei lecci e delle querce delle Cascine.
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Fattosi devoto stromento della politica imperiale germanica, n'ebbe ogni assenso ed ogni indulgenza a tirannide. Fabbricava carceri e demoliva palazzi; dov'egli era, uccideva; dove non era, mandava i suoi podestà a tormentare e ad uccidere. Immolava per un sospetto centinaia d'individui; se uomo o donna gli veniva in uggia, faceva sterminare quanti erano di quella famiglia; aveva quasi distrutti i Camposampiero, nemici suoi, e i Dalesmanini, suoi parenti ed amici. Non contava i nemici sul campo di battaglia, ma li contava anche meno nel consegnarli al carnefice. Per vendetta contro i loro concittadini, fece perire una volta di varie morti undicimila padovani. Spopolava letteralmente le città che governava o che conquistava; e in tutta Italia s'erano sparsi, elemosinando e imprecando, uomini ch'erano stati mutilati o storpiati o acciecati nelle sue carceri.
Contro un tiranno così straordinario si sollevarono gli animi nella Penisola, e un papa d'indole pietosa ed umana, Alessandro IV, non esitò ad impiegare contro Ezzelino III quell'arme dei tempi che era parsa efficace contro i Saraceni e contro gli Albigesi: bandì la crociata.
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