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Capitolo 3
ОглавлениеDakota
Non ho un granché in comune con il generale. In ogni caso, fisicamente, non possiamo dire che la somiglianza sia così evidente. Il fisico di Robert Jones è austero come il suo carattere. Il suo aspetto sembra sezionato, con lineamenti spigolosi e angolari senza l’ombra di una barba. I suoi capelli sono tagliati in una piccola spazzola senza che non vada fuori neanche un piccolo pelo, come un militare di alto grado dovrebbe essere. Per quanto riguarda il suo abbigliamento, indossa l’abito ufficiale di un generale, un costume senza alcuna piega finta. Senza che sia stato immerso nell’amido per essere rigido fino in fondo, come la sua postura. Direi di avere una madre, ma non ho alcuna sua foto e mio padre si rifiuta di parlarmene. Dopo due tentativi senza esito che si sono conclusi in umiliazione, ho lasciato perdere. Mantengo la speranza di essere stata adottata e che un giorno i miei veri genitori verranno a cercarmi. Immagino che sia la bambina presente in me a sperare sempre di avere due genitori che la amino.
Tuttavia, per adesso, è l’adulta che si trova in questa stanza, che tiene su le spalle e attende la rimostranza che non si fa attendere a lungo. Il generale ci osserva con il suo sguardo severo che, unito ai suoi occhi scuri senza profondità, mi fa rabbrividire la schiena. Sorprendentemente, ho più paura della sua presenza che in mezzo a demoni capaci di farmi a pezzi. Scoprite perché!
– Dakota, sei in ritardo, come al solito. Pensavo di averti educata meglio. La puntualità è un valore e il tuo nome non dovrebbe darti alcun aiuto.
Iniziamo bene. Con quanto, 30 secondi di ritardo? Ed ero nella sala riunioni prima che arrivasse, mi pare, quindi qual è il problema? Lo so, esisto. Questo è il problema. Contro ogni volontà, ha bisogno di me e lo detesta così tanto da non potermi sopportare. D’altro canto, non mi guarda mai negli occhi. Diciamo che gli occhi sono lo specchio dell’anima. Cosa ha paura di trovare nei miei per evitare il contatto sistematico?
– Mi spiace, mio generale.
Stringo i denti su questa denominazione. So che è la norma presso l’esercito, si chiamano le persone per il loro grado e se fosse solo in pubblico non mi darebbe fastidio. Solo che lui pretende che io lo chiami generale fin da quando ho la possibilità di ricordare. Ha sempre rifiutato che io lo chiamassi papà, come se non mi considerasse come sua figlia, il che mi lascia l’amaro in bocca quando rivendica la mia educazione. La prima volta che ho chiamato un uomo papà è stato per prendere in giro George dopo il suo ennesimo sermone. Mi sembra patetico.
– Bene, che ciò non succeda più. Ora iniziamo il debriefing. Comandante?
George tossisce per schiarirsi la voce e racconta la nostra missione, tralasciando alcuni particolari che che mi avrebbero messo in difficoltà, ancora una volta.
– Nient’altro da segnalare?
Stringe gli occhi, con fare sospettoso. Ha dubbi su possibili emissioni nel racconto, sembra. Ad ogni modo, nessuno parla. Ciò visibilmente non piace al generale, che inizia a picchiare sul tavolo, col suo tic nervoso quando la situazione non va come vuole.
– Ho studiato il video degli occhiali di sorveglianza prima di convocarvi. Ho osservato le immagini con tutta la dovuta attenzione.
Fortunatamente, gli occhiali sono solo occhi e non orecchie e i miei auricolari servono solo a comunicare, senza registrare niente, altrimenti li avrei scambiati per la mia matricola.
– Tanto per dirvi subito che ora mi aspettavo di avere qui il cadavere di un serpente all’obitorio. Allora, spiegatemi perché non è così.
Russel prende la parola.
– Il demone non costituita una minaccia per la popolazione. Non ha aggredito esseri umani.
– Non è una minaccia? Eppure ho visto questo mostro appendere Dakota per i piedi. Anche senza il suono, posso assicurarvi che non era un saluto cordiale. Adesso, spiegami perché non hai fatto a pezzi questa creatura, Dakota. A cosa ti servono le tue armi? Come decorazione?
Ecco qua, i fatti sono chiari, per il generale ho torto. Qualsiasi cosa io dica, dirà che avrà sbagliato. Lo sguardo pieno di compassione di Luke mi indica che è giunto alla mia stessa conclusione. È molto gratificante. Mi avvicino ad un viso neutro, con il quale ho lavorato per tutta la mia infanzia per nascondergli le mie emozioni, per spiegare i motivi della mia clemenza, ma dentro sto bollendo di rabbia.
– Il serpente non ha apprezzato la mia incursione nel suo territorio, che è una reazione normale, istintiva, ma gli fatto comprendere rapidamente la ragione e dopo ha collaborato senza discutere.
Il generale aggrotta la fronte quando avverto che la situazione può peggiorare con ogni sua affermazione.
– Come gli hai fatto comprendere la ragione?
Mi rifiuto di rispondere a questa domanda. Non sopporto la menzogna, è viscerale, la detesto, ma non mi faccio illusioni, se gli riferisco che ho dato il mio nome ad un demone, mi dà dell’incosciente e mi ordina di abbattere il demone, a detta sua per proteggere tutti. È vero che rivelare la propria identità ad un demone degli inferi gli dà il potere di farci molto male. Può allora rintracciarci solo sussurrando il nostro nome e pensandoci, con la possibilità di entrare in posti insuperabili, come la base di Fort Benning per citarne una, e di colpo ucciderci nel sonno, nella stessa occasione. Questo, all’improvviso, è un segno di fiducia tra un essere umano e un demone. Il serpente mi ha anche ripagato dandomi una delle sue squame, ma non ho intenzione di dare queste informazioni a mio padre o la fuori, ogni cosa si ritorcerà contro di me, Il mio silenzio ostinato non gli piace.
– Ti ordino di rispondere al tuo generale.
Ordini, ancora ordini, sempre ordini. Non sa dare altro che ordini! Luke viene in mio soccorso prima che la situazione non peggiori irrimediabilmente e io non mi arrabbi, provocandomi ulteriori problemi.
– Lei gli ha semplicemente spiegato che volevamo solo trovargli un territorio meno esposto al mondo umano e lui ha accettato di seguirci.
Il generale ride e non è per niente piacevole.
– Ha deciso di seguirvi di sua volontà come un docile cagnolino?
– Esattamente.
Mio padre si appoggia con veemenza sulla sua sedia, che crolla come rappresaglia. Non c’è cascato, ma senza prove non può fare niente contro la nostra solidarietà.
– È questa la versione ufficiale del tuo rapporto, comandante?
– Assolutamente. È la maniera nella quale si sono svolti i fatti.
Ho ringraziato in silenzio George per aver falsificato il suo rapporto per salvarmi la pelle. I miei compagni di squadra non mi salvano solo sul terreno di battaglia, ma lo fanno allo stesso modo nella vita di tutti i giorni mediando tra mio padre e il mondo generale, e me.
– Questa volta passi, ma al prossimo errore, Dakota, finirà nel sotterraneo.
Si poteva credere che mi stesse facendo un favore, ma in realtà non era altro che una minaccia mascherata. Sono sicura che non scherzasse affatto. È il suo modo di guidare la base. Come i prigionieri disobbedienti finiscono nella buca, i soldati ribelli come me vanno nel sotterrano. Come nel Medioevo. Ho già vissuto alcuni soggiorni in una cella, non è la prima volta che lo faccio arrabbiare. Mio padre ne possiede uno disponibile solo per me, la mia prigione personale. Sono fortunata. Ad ogni modo, non sarà la discussione choc a cambiare le mie opinioni. Una cella di 2 metri per 2 con l’unico comfort di una cuccetta in metallo e un bagno senza alcuna intimità non cambierà mai le mie convinzioni più profonde. In realtà, ciò che più mi preoccupa delle sue punizioni e di non mangiare durante quei due giorni. Sono una combattente, il mio corpo, in particolare i miei muscoli, ha bisogno di proteine per funzionare. Ogni volta ne esco più debole e Luke è costretto a portarmi in braccio e nutrirmi. È la cosa che alla fine trovo più umiliante e credo che mio padre l’abbia capito, perché attende sempre che io sia incapace di sostenermi per liberarmi.
– Proseguiamo con la riunione.
La voce potente del generale mi riporta brutalmente al presente. Questa riunione non finirà mai?
– Alla luce degli ultimi elementi, voglio che un microfono sia installato su Dakota non appena usciate, anche se non ha alcun contatto con il nemico.
Ingoio la mia saliva di traverso e i volti di Jasper e Jared si scuriscono. Si sono arruolati nell’esercito per passione, per fede, ma non sopportano la mancanza di libero arbitro che questa vita esige. Con questo microfono che controlla le mie parole e i dialoghi con gli altri, raggiungiamo somme inesplorate nella mancanza di libertà.
– Con tutto il rispetto che vi devo, generale, un dispositivo di ascolto potrebbe ostacolare e mettere in pericolo l’occhio di lince in un combattimento ravvicinato.
George cerca di giocare sulla sensibilità del generale per ottenere la vittoria della sua causa. Ha solo dimenticato una cosa, mio padre non ha alcuna sensibilità, specialmente nei miei confronti.
– Discutete i miei ordini, comandante?
– No, certo che no.
Il sorriso soddisfatto del mio generale mi fa stringere i pugni al punto da infilzare le unghie nei palmi e sbiancare le falangi. Il problema è che un intervento dalla mia parte lo appoggerà solo nella sua decisione. Qualsiasi cosa io faccia, il generale ha parlato e non posso fare nulla.
– Bene. Allora addestratela con una cimice. Così lei si sentirà come se stesse reagendo in caso di attacco per non perderla o essere imbarazzata. Fate come volete, ma voglio sentire tutto ciò che succede durante le vostre assenze, senza eccezioni. Il dispositivo è obbligatorio non appena uscite dalla base. Chiedete all’ufficio tecnico il miglior apparecchio. Non c’è dubbio che abbia spazi bianchi sul nastro. Non sarà accettata alcuna scusa e voi ne assumerete le conseguenze. Avete compreso?
– Sì mio generale.
Rispondiamo in una bella unione che sembra soddisfarlo, dato che si congeda con un segno disinvolto della mano, come se fossimo semplici servitori e non un’unità d’élite che si lanciava nella battaglia più pericolosa.
Ecco perché ci ritroviamo tutti e sei in palestra, quando il mio unico desiderio è di andare a letto e dormire per almeno 48 ore per dimenticare questa giornata orribile.
– Come va Dakota?
– Tutto bene. Perché non dovrebbe andare bene? Dopo la fotocamera negli occhiali, la cimice. Normale. E la prossima quale sarà? Una pulce GPS installata nella mia pelle?
George si sfrega le mani. Si sente a disagio quando non ha alcun motivo di farlo. Non aveva alcuna colpa per questo genere di decisione e ha lo stesso cercato di aiutarmi. Lui preferisce lasciarmi sola con Luke, che alza le mani in aria davanti a lui in segno di pace, e mi arrabbio subito. Non sono in collera contro di lui, ma contro Robert Jones, l’uomo che afferma di essere mio padre quando gli gira, ma che non ne ha l’attitudine. Ciò che mi infastidisce di più è che dall’esterno il suo eccesso di sorveglianza potrebbe essere considerato come un segno di attenzione, di inquietudine per la mia sicurezza, ma so che non è così. Tutti i suoi dispositivi non sono altro che un mezzo per controllarmi un po’ di più, per salvaguardare l’unità che gli ha consentito di diventare il capo della base.
– Mi spiace, il mio rancore non è diretto a te.
Il mio fratello di cuore mi abbraccia mentre mi bacia la testa. Si rende conto di quanto gli incontri con mio padre siano una vera prova per me, ogni volta.
– DAKOTA.
George mi chiama dall’altra parte della palestra, la sua voce forte risuona contro le pareti. Si trova proprio accanto al sacco da pugilato. Anche lui mi conosce bene. È esattamente ciò che mi serve per allentare la tensione e calmare il mio furore. Lo raggiungo trotterellando mentre Jasper e Jared salgono sul ring per impegnarsi in un match di box amichevole. O quasi. Non mi piacerebbe finire tra i loro colpi. Il mio comandante mi benda le mani con coscienza e mi aiuta ad indossare i guanti. Passo l’ora successiva ad osservare destri, sinistri e ganci. Al contrario di ciò che è stato detto durante la riunione, non ho bisogno di imparare a combattere con una cimice. Che io perda al combattimento o no non ha alcuna importanza perché uno, ciò non mi impedirà mai di salvare la mia pelle e dare priorità al mio sedere, e due, mio padre troverà una ragione per farmi rimproveri. Infine, mi fa male rilassarmi e passare oltre i rimbrotti aspri dell’uomo per il quale dovrei contare più di tutto.