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I.

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In uno de' più bei palazzi della via di Toledo abitava la principessa

Enrica Gorreso di Caprenne.

La figlia del duca di Mondrone avea sposato da circa undici anni il principe, che le facea la corte nel periodo di tempo in cui ella accusava Roberto e compariva dinanzi a' giudici per deporre contro di lui.

Il duca era morto da alcuni mesi, e la principessa non avea ancora dismesso il più stretto lutto.

Nominata fra le elegantissime e bellissime dame di Napoli, essa era desiderata indarno ne' ricevimenti più signorili, agli spettacoli, cui era assidua per lo innanzi, e ne' quali la sua bellezza riceveva tante e sì ardenti ammirazioni, che a lei piacevano.

Quella mattina, benchè appena fosser suonate le sette, la principessa era nel suo salotto e il principe con lei.

Sedevano a un tavolino, coperto da uno sfarzoso tappeto della Cina, e sul quale erano, un po' in disordine, i varii pezzi di un servizio da tè, in argento.

Le fiammelle azzurre si alzavano sotto il gran vaso, nel quale il tè bolliva, gorgogliando.

—Siete molto gentile,—disse la principessa al marito.—Non posso dirvi quanto vi sono riconoscente d'esser venuto così di buon'ora, a farmi una visita nel mio appartamento…. Mi sono levata stamani, prestissimo: e mi annoiavo…. Avevo leggiucchiato qualche libro (sulla tavola erano sparsi varii volumi): ma sapete che la lettura mi stanca presto….

—Mi sembra che tutto vi stanchi, cara Enrica: tutto ciò che è veramente bello, che inalza l'animo e consola, o rallegra agli altri la vita…. Siete una donna molto originale…. Noi stiamo insieme da undici anni, o per dir meglio da undici anni siamo marito e moglie, perchè siamo stati ben poco insieme…. Ma ci fu in voi molto, che io non son riuscito mai ancora ad intendere: c'è una parte del vostro carattere, che per me rimane misteriosa…. In un punto voi siete infaticabile, nel soddisfar a' vostri capricci….

Il principe diceva ciò in tuono leggero, sorridente, e anche la principessa, guardandolo, sorrideva e gli mostrava i suoi denti nitidissimi.

Il principe era un uomo gaio, simpatico, dissipatissimo, ma che avea, tra le dissipazioni, serbato fortissimo il coraggio, il sentimento dell'onore, la dirittura de' criteri.

Era egli stesso il primo a condannare in sè il genere di vita nel quale s'ingolfava: ma, pur troppo, ogni giorno, vi si sentiva più attirato.

Nel suo matrimonio non avea trovato la felicità che egli cercava. Studioso, appassionato della letteratura, coltissimo nelle arti, non avea trovato nella moglie alcuna rispondenza a questi sentimenti. Enrica capiva ben poco di tutto: appena quanto si richiedeva a non parer grossolana: la tediava ogni conversazione, in cui si toccasse d'argomento artistico o letterario. Per quella donna bella e robusta non avea attrattive se non la vita prettamente sensuale.

La bellezza di Enrica era ormai nel suo massimo vigore, senza ch'ella avesse perduto della sua freschezza. I giovani di Napoli, e anche i vecchi, accorrevano a uno spettacolo, a una festa sol per vedere le sue spalle, le sue braccia, il suo seno meraviglioso. Ella non era punto avara di mostrarsi: avea inventato, di concerto con il suo sarto parigino, una scollatura, che facea inorridire, tutte le donne: in ispecie le brutte. Alcune di quelle che più la biasimavano, aveano cercato imitarla, ma scopriva troppo i difetti: a usarla, senza eccitar il riso o la compassione, ci volevano le perfezioni scultorie della principessa.

Il principe, al contrario, era snello, delicato.

La principessa, come sa il lettore, era collerica, impetuosa, poichè in nulla tralignava dalla sua prima giovinezza; il principe, fine, ponderato anche ne' suoi risentimenti.

Come si fossero amati, poichè offrivano fra loro sì spiccato contrasto, non si sapeva: o troppo si sapeva dall'alta società napoletana, nella quale si buccinava che Enrica avesse sposato il Caprenne per vanità: e il principe, Enrica per rimpinguare il suo patrimonio, nel quale aveva fatto grandi breccie.

Ma il principe, nell'ammogliarsi, era, ripetiamo, di buona fede. Le gioie della famiglia aveano per lui una vera attrattiva: vagheggiava, dopo tante dissolutezze, dopo tante rischiose avventure, tutte cause d'inquietudini, una vita tranquilla, volta a nobile scopo: per esempio all'affetto, all'educazione dei figli. Ma la principessa non gli avea dato figli: era stata sempre fredda con lui, salvo i suoi impeti di sensualità selvaggia: non gli avea reso possibile la vita intima: aveva empito la sua casa di rumore, di distrazioni, di frivolezze, sino allo stordimento. Intorno a Enrica, o nel palazzo in città, o nella villa nel parco di Mondrone, ove si recavano qualche volta, v'era sempre un che di vertiginoso. Il principe viveva assai più quieto, e lo pensava, allorchè era scapolo.

Bisognava ch'egli trattasse Enrica com'una sovrana; il carattere impetuoso di lei non piegava: essa non concedeva nulla di sè, benevolenza, favori, se non domandati a ginocchio, con umiltà, quasi con umiliazione di schiavo.

Il principe non comportava molto di buon animo il vivere in tal soggezione: ma avea una cortesia raffinata: amava Enrica: e ad irritarlo sarebbe occorso qualche serio oltraggio, la convinzione profonda che Enrica non rispettasse il nome di lui.

Allora egli, sì elegante, indolente, affabilissimo, motteggiatore, sarebbe stato capace di tutto.

Suo padre gli avea fatto fare studii per la diplomazia: e il principe era stato, per due anni, nella Ambasciata di Parigi, come segretario. Poi era tornato a Napoli: e l'Europa avea avuto un diplomatico di meno.

A questo proposito, dobbiamo raccontar al lettore…. Ci si stia bene a udire.

Enrica e il principe erano stati una notte ad una festa da ballo, alla Corte; sul far del mattino si trovavano insieme nel loro palazzo. Il principe avea accompagnato Enrica fin nella sua camera. Dalle finestre, le cui imposte eran socchiuse, entravano i primi albori: le candele ardevano sui candelabri d'argento. Un bel fuoco crepitava nel caminetto.

La principessa, dinanzi al principe, si tolse il diadema di brillanti, la collana di perle, tutti i gioielli: poi l'abito da ballo, aiutata da due cameriere. Rimasta in semplice guarnelletto di trine, il petto, le braccia a dirittura scoperti, si gettò addosso una pelliccia, e quindi prese a braccetto il marito, dicendogli con tuono indescrivibile:

—Stamani vi concedo ospitalità nelle mie stanze…. Passiamo nel salotto!…

Lì pure scoppiettava un buon fuoco.

Le cameriere erano state licenziate.

—Avete cenato al ballo?…

—No, cara,—rispose il principe.—Chi può mai accostarsi a una di quelle tavole? Si direbbe che la Corte inviti un'orda di affamati…. o di parassiti!

—Neppur io ho cenato….—disse la principessa, ed ho fame…. —V'invito a far con me una piccola colazione qui, accanto al —fuoco…. La servirò io stessa.

E la principessa andò a un armadio d'ebano, con borchiette d'argento, e ne cavò alcuni piccoli piatti dorati in porcellana della Cina….

Il principe fu subito accanto a lei e l'aiutò.

Le loro mani spesso si toccavano; urtavano insieme gli oggetti che portavano: allora sorridevano; la principessa, mezzo nuda, sotto la pelliccia, ch'ogni tanto si apriva, era seducentissima.

Il principe di Caprenne avea pensato più volte, in certi momenti, ch'ella avesse della cortigiana, e non s'ingannava.

Sedettero dinanzi al fuoco: la colazione era preparata sopra un piccolo tavolino di lacca, che appena li separava.

La principessa mangiava sempre con un vero appetito da marinaro.

Il principe soleva appena toccare le vivande.

—Ma qui non si beve?—esclamò a un tratto la principessa, ilare come una giovinetta che un giorno di vacanze va a fare un picnic con le sue piccole compagne.

E anche il principe era dell'umore più giocondo, e, diremo quasi, più infantile.

La principessa si alzò: egli la seguiva: scambiarono un bacio, poichè le loro teste s'incontrarono, mentre la principessa si chinava per trarre da un piccolo stipo giapponese, tutto rabeschi d'oro, con un grande ibis bianco, dal becco roseo, dipinto nel mezzo, una bottiglia di rarissimo Château-Yquem.

Il bel liquido dorato, bevanda degna dei numi e degl'innamorati, fu versato dal principe nei bicchieretti verdi di Baccarat; ma il principe vi accostò appena una o due volte le labbra: la principessa bevve, a poco a poco, tutta la bottiglia.

Gli sguardi più vivaci del solito, le guancie rosee, le labbra d'un vivo corallo, le belle braccia nude, che accostavano ogni tanto alla bocca la posata o il bicchiere, la principessa spirava la forza, il rigoglio della vita, il pieno sviluppo e il pieno godimento di tutte le facoltà sensuali.

Il tavolino fu presto rimosso: la principessa colmò il principe di carezze: sembrava frenetica, una baccante.

Egli l'adorava, senza limiti, e la stringeva fra le sue braccia come una divinità.

Poeta, metteva in quell'amplesso tutta la poesia di cui era capace.

L'altra, di tratto in tratto, con la voce un po' rauca, che avea acquistato per gli eccessi della tavola, e forse per gli altri eccessi, frammezzava a quel delirio parole, che smorzavano ogni poesia.

Erano andati a sedere, o eran caduti su un sofà: la principessa tenea in mano la bionda e delicata testa del principe, la cui fisonomia era un po' sparuta per la notte passata al ballo e la veglia prolungata…

—Io voglio da te….—disse la principessa col suo solito tono imperioso.

—Di' pure,—mormorò il principe, che le ricingeva i fianchi robusti.

Ella avea fatto cadere artificiosamente a' suoi piedi i guarnelletti di trine: tutto ciò che le era d'impedimento al piacere.

—Voglio,—gli sospirò in un alito caldissimo di passione, che lo facea fremere,—voglio tu non viva più ozioso…. Io sono ambiziosa per te…. per me…. Non siamo abbastanza in alto: non abbiamo ancora abbastanza gli occhi di tutti su di noi.

Così parlava la donna più ammirata che avesse Napoli.

—Mi sembra,—rispose il principe drizzandosi,—che la nostra condizione sia tutt'altro che umile: sia piuttosto invidiabile…. Forse noi non conosciamo ancora dov'è propriamente la felicità, non sappiamo gustarla…. Se potessimo far un po' di solitudine intorno a noi, vivere l'uno per l'altro…. Tu mi parli d'ambizione?—io ne avrei una sola,—continuò il principe,—quella di avere dei figli, di educarli con te: di vivere insomma per la famiglia e nella famiglia….

Enrica alzò le spalle in atto di disdegno, anzi di sprezzo.

La luce del giorno entrava ormai nel salotto assai piena e si confondeva con quella che mandavano i lucignoli delle candele. Fra quelle due luci la fisonomia del principe appariva più disfatta; la sua gracilità, per la stanchezza, sembrava maggiore.

Invece la principessa, col suo roseo incarnato, con la forza delle sue linee, resisteva agli sbattimenti di quelle luci; la sua fisonomia, anzi che scomposta, era serena, riposata, come quella di un animale potente che ha soddisfatto una parte de' suoi appetiti.

—Non era questo l'uomo che ci voleva per me!—essa agitava in quel punto nella mente, guardando il principe.

E pensava ad un uomo, press'a poco come il guardacaccia, con cui avea un giorno sorpreso Cristina, senza vesti, nella stanza del castello sfarzosissima, ove i due si erano riparati.

Quella scena le tornava spesso alla mente.

—Ma parla pure…. ti ripeto,—bisbigliava il principe, baciandole la spalla, bianchissima, rimasta nuda, e appoggiandovi la testa….—parla delle tue ambizioni….

—Il mio desiderio,—replicò la principessa, pronunziando spiccatamente ogni parola,—sarebbe che tu ripigliassi la tua carriera: tornassi nella diplomazia…

—Sei stanca di Napoli?—domandò il principe, sorridendo.—Vuoi viaggiare, lasciar la tua bella casa?

—Oh, no,—aggiunse freddamente la moglie.—Io rimarrò a Napoli: tu partirai solo….

Il principe fu scosso da tale proposta.

Ella, dunque, benchè fossero sì giovani, e da sì poco tempo uniti in matrimonio, voleva già una separazione!

La libertà ch'egli le lasciava, non le sembrava sufficiente: voleva sciogliere anche quel leggerissimo freno, che per una donna civetta e sensuale può esser la presenza di un marito buono, confidente, molto cortese, ma non stupido.

Le parole della moglie dettero al principe nel cuore: non si poteva esprimere, con maggior indifferenza, la più assoluta disaffezione, la bramosia di sbarazzarsi di lui.

Tutta quella scena di amore, di frenetica passione, ella l'aveva simulata per indurlo a' suoi intenti.

E tale era stato il disegno di lei: nella ebbrezza, nello snervamento dei piaceri, strappargli una promessa.

Il principe era, come abbiamo detto, raffinatamente dissoluto. Guardò la moglie, e gli parve più bella, o più desiderabile, nella sua perfidia. Ella, con occhiate di fuoco, lo dardeggiava, accostava le labbra a quelle di lui, come se volesse dargli il premio della sua sottomissione, che già si aspettava. Nel protender le braccia, scoprì viepiù il suo seno eretto, marmoreo, e pur tutto palpitante, roseo, vivo nei suoi floridissimi turgori. Benchè sopraffatto da una certa languidezza, stanco, e benchè il consiglio impreveduto e crudele della moglie lo avesse moralmente abbattuto, ebbe un'idea da uomo dissipatissimo.

Enrica aspettava egli rispondesse alla sua proposta, e si aspettava una vittoria: a lui balenò un'idea di piacere, di vendetta. Ella voleva burlarsi di lui: egli si sarebbe burlato di lei, l'avrebbe spinta a un'altra delle sue scene di cortigiana, di finta, folle passione: l'avrebbe assaporata, goduta a tratti a tratti, poi le avrebbe riso in faccia: l'avrebbe forse schiaffeggiata, costretta a domandargli perdono in ginocchio, trascinata pe' capelli sul tappeto della stanza, se gliene fosse venuto talento.

Malgrado la sua delicatezza, la sua cortesia di gentiluomo, egli, eccitato dalla voluttà, dallo sdegno, avea compiuto con donne, di una specie differente, per tenore di vita, dalla principessa, simili atti brutali.

Ella ne dovea esser sorpresa.

Infatti, all'invito di lui, ella ricominciò il suo folleggiare: ricominciò il delirare, il fremere del suo bel corpo. Egli la premeva a sè: ebbe la forza di darle un ultimo bacio, e con esso le lanciò una parola di amaro vilipendio.

Essa lo guardò sorridente, come se quella bruttura non l'avesse offesa: al contrario, fosse per lei un acuimento di gaudio, uno stimolo nuovo.

Egli non sapeva comprendere. La perversità, la corruzione morale della moglie, da lui qualche volta appena subodorata, non gli s'era mai svelata come agli incerti albori di quel mattino.

La principessa, quando si furono ricomposti, tornò a dirgli, col suo tuono di voce più carezzevole:

—Dunque, mi esaudirai…. Tornerai a riprendere il tuo posto nella diplomazia…. E otterrai certo, subito, un'ambasciata…. Il Re è sempre così ben disposto verso di noi….

—Sicchè, io dovrei partire… separarmi da te….

—Io non potrei allontanarmi da Napoli… almeno per ora… forse in seguito…. Ma del mio sagrifizio nulla m'importa,—aggiungeva ipocritamente.—Il dolore del distacco mi sarà mitigato dal pensiero di veder appagato il mio sentimento più caro: l'ambizione ch'io nutro per te: il desiderio mio più forte, che è quello di vederti seguire la carriera a cui tuo padre ti avea sì amorevolmente avviato.

Il principe l'ascoltava, le scrutava in volto la sua doppiezza.

Ella, poco avveduta, volle tentare, vedendo che non rispondeva, un altro colpo.

—E poi,—soggiunse,—tu ti piegherai al mio consiglio, perchè nessuno più di me cerca il tuo bene e voglio almeno,—tornava al suo fare imperioso,—tu esperimenti di uscire dalla vita d'ozio che meni…. Tu mi dirai che vivi per me; ma ti par degno d'un uomo intelligente, che ha l'attitudine ad essere operoso nello cose più serie, più utili, il viver soltanto per l'amore?… Io sono felice, ma la mia felicità sarà certo più durevole, se non più grande, quando saprò d'esser la moglie di un uomo, il cui nome sia pronunziato da tutti con stima, benemerito del suo paese, e ogni cui atto sia osservato, discusso…. L'ozio può esser tollerabile in noi donne… che abbiamo tanto spinto di frivolezza per sostenerlo, e pur ci è causa spesso di tanto abbattimento, di prostrazione nell'animo, di confusione nell'intelletto; ma—proseguì un po' rudemente, e come se facesse la lezione a un fanciullo, a lei subordinato—non è tollerabile in un uomo d'onore.

E si ravviluppava nella pelliccia, e si appoggiava al dorso del canapè, stando quasi riversa, e guardando di sottecchi il principe, da cui attendeva ansiosa una risposta.

La Principessa

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