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CAPRICCIO

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Veronetta Longhèna, tu mi piaci.

Il tuo sorriso è quello delle zingare,

bianco e rosso, con linee

sinuose, con fremiti fugaci

di sarcasmo e d'orgoglio.—Tu mi piaci.—

Dove l'hai preso il tuo bel nome?... È un nome

di guerra, non è vero?... Qual capriccio

d'amante allegro e ironico

te l'appuntò, qual nastro fra le chiome?...

Veronetta, mi piace il tuo bel nome.

Raccontami la tua vita randagia.

Io m'accovaccio presso a te, sul morbido

tappetino di Persia,

frugando con le molle fra la bragia.—

Raccontami la tua vita randagia.

Dimmi i paesi che vedesti, i porti

donde salpasti, spensierata rondine,

e il tuo piacer di vivere

così, padrona delle varie sorti,

come lo sei de' tuoi capelli attorti.

Io t'assomiglio, se mi guardi bene.

Ma è come fossi chiusa dentro un fodero,

mentre snudata sfolgori

tu, fina lama che in sua punta tiene

il mondo, per gingillo.—Guarda bene.

Quando riparti?... e verso qual ventura?...

.... Io resterò a frugar dentro la cenere;

e mirerò lo specchio

per rivederti in me, nella tua dura

fronte d'enigma, o Donna di ventura.

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Dal profondo

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