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L'ANIMA

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— È come un grosso lupino d'oro con la sua campanellina che lo tiene infilato alla catena.

— Ma sei proprio sicuro che non l'avesse portato addosso altra volta?

— Sono sicurissimo di non averglielo mai veduto. Io so tutto di lei, essa non mi ha nascosto mai nulla, non c'è cosa ch'io non conosca, che non abbia veduto, della quale non sappia a puntino la ragione, il perchè, la provenienza. Ecco il primo segreto.

In questo giorno di disperazione, l'ultimo che ella è con me sotto il nostro tetto di sposi felici per trenta anni, ecco la prima nube. Ed io sono costretto a mescolare i miei singhiozzi più sinceri, il mio lacerante dolore, a questo.... che non è un dubbio, non è un dubbio sapete, perchè io sono sicuro di lei, della sua fedeltà, del suo amore; non è un dubbio, è una cosa che non capisco; e siccome ho sempre capito tutto della sua vita, mi sembra di profanare il nostro amore, il mio dolore, parlandone solamente.

— Ed era nascosto dentro l'abito?

— Sì. Ella diceva spesso ridendo: «se muoio quello è l'abito che voglio indossare». Me lo ha detto fino da quando aveva vent'anni, capite, e allora la facevo tacere stringendomela al petto e cuoprendomela di baci. In questi ultimi sei anni poi, dopo la morte di sua madre, diceva: «quando muoio, l'abito deve essere quello che feci per il lutto della povera mamma». E lo aveva messo là, in un angolo del suo armadio. Io, stamane, sono andato per compiere di mia mano ogni atto pietoso attorno alla sua adorata persona; dentro il giacchetto, attaccata con uno spillo, ho trovato una busta; ho aperto, ed eccoti questa catenina d'oro con questo medaglioncino, e nel foglio: «È la mia ultima volontà: che mi sia messa attorno al collo questa piccola catena....».

— E sei proprio sicuro di non avergliela mai veduta, ch'ella non te ne avesse mai parlato....

— Mai. Quando sei anni or sono morì sua madre, essa portò in casa diversi gioielli e molti piccoli oggetti del genere, ma io vidi ogni cosa, so tutto, aprendo i suoi cassetti non trovo una sola cosa che mi sia sconosciuta. Dunque: «Che mi sia messa attorno al collo questa piccola catena. Il medaglione non racchiude nulla: è la mia anima.» La sua anima! Ma che cos'è l'anima? È.... tutto ciò che al momento della morte finisce in noi, si distacca dal nostro corpo.... per andare.... diciamo pure, nel cielo, e la sua benedetta e pura ci sarà già a quest'ora. Che cosa vuol dire dunque? La sua anima staccandosi dal corpo sarebbe venuta qui dentro? Ma sembra l'ultima affermazione di una mente bizzarra, squilibrata, ed io so invece quanto essa fosse equilibrata, semplice.... serena, saggia....

— Mio caro non fantasticare più, tu soffri terribilmente pover'uomo, senza che nessuno se ne fosse mai accorto, quella creatura semplice, serena, aveva dei pensieri suoi, una sua filosofia.

— Ma che filosofia, per carità, ma che filosofia, chi può conoscerla meglio di me? Era intelligente.... sì, colta, tutto quello che volete, ma incapace assolutamente di poter pensare a cose di questo genere.

Di una cosa soltanto non mi saprò mai dar pace: ella è qui nella stanza vicina, morta, dopo trent'anni di amore, di fiducia, di idolatria, dopo il dolore che m'ha lacerato il cuore, fra pochi istanti me la porteranno via per sempre, per me è finito tutto, felicità, esistenza, tutto, non mi resta nulla al mondo, e sono qui a discutere.... a.... baloccarmi fra le dita questa catena.... e questo ninnolo d'oro....

E sono sicuro della sua intera, luminosa fedeltà. Sono sicuro, capite, perchè ho avuto, insieme con lei, vent'anni, e sono stato geloso, sospettoso, l'ho provata.... sorpresa, la più limpida, la più amorosa, la più pura anima di donna! Sono sicuro.... eppure.... non vorrei metterle addosso questa cosa che vedo oggi per la prima volta. Vorrei che questo giorno chiudesse la nostra felicità con un ultimo raggio di quella luce di candore che illuminò sempre il nostro cammino.

— È come un grosso lupino d'oro, con la sua campanellina che lo tiene infilato alla catena. Non si vede da nessuna parte la traccia di un suggello; deve essere pieno, o quasi.

— Vuole portare con sè sotto terra la sua anima, e che male c'è?

— Nessuno, nessuno, avete ragione. Se io avessi un figlio, vedete, una figlia, io le direi: va', ponile tu questo che è stato l'ultimo suo desiderio. Avete ragione, è il dolore che mi fa sembrare grande una cosa piccola. Io stamane la vestii, ed io debbo completare la mia opera, portatemi, portatemi da lei.

Io rispetto il tuo ultimo desiderio.... sicuro, convinto, che esso non lede un solo istante del nostro amore. Ti bacio.... per l'ultima volta.... col mio povero cuore spezzato.... In trent'anni di amore, non un solo punto nero macchiò la nostra felicità, eppure.... questo bottone d'oro sopra il tuo seno, mi sembra così nero.... così grande.... come se tu.... non fossi stata mai mia.... no.... no.... no.... no....

* * *

Volete sapere che cosa c'era dentro a quel bottone? Lo volete proprio sapere? Ebbene, io so quello che c'era, una cosa molto semplice, sentite.

Quella donna era stata davvero la più fedele, la più amorosa, la più pura e saggia di tutte le mogli. Aveva quarant'anni e non aveva amato che suo marito, non solo, ma non aveva tradito il suo amore nemmeno con un pensiero o con uno sguardo.

Aveva quarant'anni e la sua fedeltà pareva oramai più che assicurata. Non lasciava la casa che per recarsi col marito, o, se sola, per recarsi da sua madre dove il marito andava, di solito, a riprenderla.

Sua madre abitava poco distante da lei, al primo piano di un elegante grandissimo casamento. Ella aveva incontrate per quelle scale tante svariate persone, ed aveva veduto tanti inquilini cambiarsi. Tutti sapevano prima o poi chi ella fosse, e che cosa andasse a fare là. Tanti uomini per quelle scale, e altrove, si erano soffermati lanciandole gli sguardi più evidenti a sottolineare la sua squisita finissima bellezza.

A quarant'anni era ancora giovane, fragrante di semplicità e di un fascino infantile, contornata di un'eleganza severa e aristocratica, aveva due occhi celesti scuri, grandi e buoni.

Un giorno incontrò, salendo dalla mamma, un nuovo inquilino del mezzanino, un giovane tenente di cavalleria, bello alto, bruno, roseo, elegantissimo: egli si appiccicò al muro per lasciarla passare, ed ella sentì salendo, due occhi neri, vivi, che la seguivano, e le bussavano a chi sa quale porta imperiosamente.

Perchè lo aveva notato? Perchè se ne ricordava? Pensò a lui per tutto il tempo che stette dalla mamma, e scendendo temè di incontrarlo ancora. La sera lo pensò. E quando fu vicina a suo marito sentì fulminarsi addosso un brivido forte, come se quello fosse il primo peccato.

Per le scale lo incontrò ancora tante volte.

Sembrava che lui l'aspettasse, e lei intanto si sentiva trascinata più spesso dalla mamma, e a quelle ore solite.... Dio! Dio! Dio! Ma veniva dunque così tardi per lei la perdizione?

Ora che si sentiva sicura, tanto lontana, e non pensava nemmen più.... Al tramonto della sua giovinezza, quel giovine che poteva avere poco più di vent'anni....

Per quelle scale si incominciò con un saluto, un saluto più espressivo, più lungo, più vicino, più insistente da parte di lui, con un abbassare della testa da parte di lei assalita da un capogiro.... poi occhiate.... strette tremende di mano, strette,... strette, poi.... poi un giorno la mamma non c'era su, e lei andò.... ad aspettarla giù, al mezzanino.

* * *

Il loro amore durava da tre anni, nel quale tempo la vecchia madre si era ammalata; e allora le visite erano divenute più frequenti, e a qualunque ora, e senza una regola più. I due poterono amarsi liberamente, perdutamente, senza che un solo lontanissimo sospetto balenasse agli occhi di nessuno. Erano riusciti a nascondere.

Lei uscendo cercava con spasimo di non trascinarsi dietro nessun tramite di contagio.

Il giovine buono, generoso, innamorato di quell'amore spontaneo e fresco proprio della migliore più ignara giovinezza, che gode di concedersi all'amore che sa, pure inconsciamente, assaporando il frutto ormai giunto al pieno della sua maturazione che fra quelle mani al contatto di quella freschezza più si spreme e in pieno disperatamente esala le sue fragranze, l'aveva sempre aiutata, senza forzarla una volta, solo attendendo quello ch'ella poteva dargli. E gli dava un'anima, un corpo, tutto un amore, tutta un'angoscia, un dolore, tutta una purità. Era l'inaspettato tramonto di fiamme dopo una giornata limpida, adamantina.

La vecchia madre morì, ma ella potè tornare ancora nella casa, il quartiere rimase suo per alcuni mesi; poi non fu più suo, vennero i nuovi inquilini, lei non andò più là, poi.... ecco il baratro. Bisognava sapere spezzare la propria vita! Doveva salvare quarant'anni di virtù, doveva sapersi ritirare a tempo dalla rovina, tutto le diceva: basta. E il suo cuore era di quelli che si lasciano abbrancare da una mano spietata, e la sua mano fu la più spietata nell'abbrancarlo per soffocarlo, per nasconderlo giù giù nell'imbottito, perchè nessuno lo potesse più vedere, perchè nessuno potesse udire le sue grida.

Finito tutto, il giovine non accampò un diritto, non disse una sola parola, si guardò attorno deserto, e cercò altrove amore, compagnia, oblìo. Decise il suo matrimonio.

Pochi giorni prima che egli si sposasse ella gli ritornò per l'ultima volta.

Nulla era fra loro nessun legame, non un biglietto, non un vecchio fiore, non un sospetto nulla nulla nulla.

Il marito non aveva potuto accorgersi di niente, i tristi giorni della separazione erano venuti con quelli della morte della mamma. Ella pianse, passò giornate orribili; ma ne aveva ben ragione poveretta, era così evidente.... E il buon marito fece di tutto per consolarla e fu convinto infine di esservi riuscito.

La mattina delle nozze, ella, chiusa nella sua stanza, soffocata fra due cuscini, pianse, urlò. Era tutto finito! Si guardò nello specchio, era vecchia, vecchia, vecchia.

La sua vita serena aveva avuto quel tramonto di fuoco ed ora ne sentiva il gelo nella notte.

* * *

Gli sposi andarono, naturalmente, in viaggio di nozze.

Una sera, là, sulla riva di un lago, in un crepuscolo, mentre egli era presso alla sua dolce e mite compagna, pensava alla donna che lo aveva amato per quattro anni, che gli aveva donato un tesoro di amore e di dolore, che aveva spasimato e sofferto, gioito con lui, laggiù, nel vecchio nascondiglio. Pensò a quell'ultima volta, quando ella gli ritornò, a quell'ultimo istante di lacerazione, pensò alla mattina delle sue nozze, e la vide chiusa in una stanza, e ne sentì i singhiozzi. Lasciata per un istante la giovane sposa, andò ad uno scrittoio, prese un foglietto, vi scrisse una riga sola, e la mandò a lei.

Quando essa la ricevè cambiò fulmineamente, come per incanto, non pianse più, il suo dolore si calmò, la fronte si rifece serena, la faccia giovanile come quattro anni prima. Bruciò la busta, tagliò con cura la sola riga che il foglietto conteneva, ne fece un rotolino fra il pollice e l'indice. Era quello che le restava del suo amore. Si vestì con un lungo mantello nero, un cappello che le nascondeva mezza la faccia, si cuoprì con due ben fitte velette, e così invisibile andò da un orafo, vi scelse una catenina, un piccolo medaglione, il più semplice, vi pose dentro il suo rotolino di carta, passò nel lavoratorio perchè la saldatura ermetica fosse operata sotto i suoi stessi occhi.

Quella riga diceva: «nessun corpo avrà mai la tua anima».

* * *

Ora io la vedo quella donna, perdonatemi, la vedo sotto terra, ma non ora, fra tanti tanti anni; ella non è più una donna, quello non è più un corpo, non c'è più il vestito, nulla, solamente uno scheletro candido, a cui vien giù sulla gabbia del petto, una catenina d'oro, e in uno spazio, fra due costole, scende, quasi altalenandosi un bottone....

Il Re bello

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