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CAPITOLO XLV

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Viaggio al sepolcro di Davide, e ad altri sepolcri. – Viaggio al monte Oliveto. – Al sepolcro d'Abramo ad Hébron. – Al presepio di Cristo a Betlemme. – Al sepolcro della Vergine. – Al Calvario ed al sepolcro di Cristo. – Sinagoga de' Giudei. Descrizione di Gerusalemme.

Dopo aver soddisfatto a tutte le cerimonie, ed a tutte le limosine dovute al tempio lo stesso giorno del mio arrivo a Gerusalemme: nel susseguente giorno fui condotto al sepolcro di Davide.

Sortendo di città per la porta di Davide trovasi in distanza di 150 tese un edificio che ha l'apparenza d'un'antica chiesa greca. Appena entrati, prendendo la sinistra, si arriva al sepolcro chiuso da molte porte e grate di ferro. È questo una specie di catafalco coperto di bei drappi di seta di varj colori ricamati in oro, che può avere tredici piedi di larghezza.

Terminate le mie preghiere al sepolcro di Davide fui condotto all'est luogo le mura della città, e scendendo per un pendìo assai ripido giunsi presso all'unica sorgente che trovasi a Gerusalemme, dai cristiani detta fontana di Neemia. Credono i musulmani che l'acqua di questa sorgente derivi per un miracolo dell'onnipotente dal pozzo di Zemzem della Mecca, quantunque l'ultima sia caldissima e salmastra, e quella di Gerusalemme fresca e dolce. Di là passai il torrente Cedron, di dove a traverso a varj poggi andai a visitare i sepolcri di molti santi e profeti del primo e del second'ordine.

Dalla sommità di questi colli scopersi in distanza di tre o quattro leghe in linea retta una parte del Bàhar Lout, detto da' cristiani Lago Asfaltide, o Mar Morto. Col cannocchiale osservai due piccoli seni, e le montagne che coprono il lago a S. E. Vedeva pure le onde rompersi contro la riva; e l'agitamento dei flutti mi mostrava che questo mare non è affatto morto, come lo indica il suo nome. Tutto il paese che lo circonda è montuoso. Giunto in appresso alla cima del Diebel Tor, detto dai cristiani Monte Oliveto; dove assicurasi essere stati sepolti settantadue mila profeti, trovai la chiesa cristiana, nella quale si venera sopra un marmo l'impronta del piede di Cristo lasciatavi quando salì al cielo dopo la risurrezione.

Da questa montagna, posta a levante di Gerusalemme, si scopre la città sì bene che se ne possono contare le case.

Sceso dalla montagna e giunto in fondo al torrente Cedron, passai a lato del sepolcro della madre di Cristo; e dopo salito un colle rientrai in città per la porta detta di Maria.

All'indomani 25 luglio sortii di Gerusalemme al levare del sole per visitare il sepolcro d'Abramo.

Alle sette ore ed un quarto del mattino giunto presso a Betlemme, incontrai una truppa di pastori cristiani che venivano a Gerusalemme per accusare i pastori musulmani di Ebron che loro avevano presi molti bestiami, per rappresaglia dei quali i cristiani avevano portati via due cammelli. Il principale pastore raccontò ad uno de' più rispettabili Sceriffi che m'accompagnava tutto l'accaduto, in così energica maniera, che la mia immaginazione mi rappresentò all'istante le contese de' pastori d'Abramo e di Lot, la guerra dei cinque re, ec., tanto essi ne conservano ancora il carattere, le abitudini e perfino le vesti consistenti in una camicia di lana bianca rossastra attaccata con una cintura, e in un drappo nero gettato sulla spalla, con una fascia di tela bianca intorno al capo.

Appena congedati i pastori, avendo Betlemme a sinistra e Beit-Diele dall'altro lato, mi si presentò lo spettacolo della più singolare meteora che veder si possa. Il sole alto sopra l'orizzonte circa trenta gradi brillava alla sinistra di tutta la sua luce a traverso di una atmosfera purissima; e la luna, vicina al suo ultimo quarto, era sulla mia diritta quasi nella stessa elevazione del sole, così chiara e così bella quanto è possibile di vederla in tale circostanza. Tutt'ad un tratto vidi comparire sotto forma d'una stella due o tre volte più grande, e molto più luminosa di Giove o di Venere nel loro più grande splendore, una meteora che svolse dalla banda di levante una coda, la quale parvemi lunga due gradi. Io non mi potei contenere, e gridai Kif hàda! Kìf hàda! cioè che è questo! che è questo! Le mie genti sbalordite gridarono in pari tempo Minn Allàh! minn Allàh! Dio! Dio! Frattanto la meteora s'avanzava verso occidente facendo ondeggiare dolcemente la sua coda lungo una linea orizzontale, all'altezza di circa 30 gradi, come il sole e la luna. La coda che ben tosto si divise in più raggi, riuniva tutti i colori dell'iride assai vivaci, ed un mezzo minuto dopo, avendo la meteora nel suo pacifico movimento scorsi quasi sei gradi all'O. scomparve senza esplosione, senza tuono, nè alcun'altra spaventosa circostanza. Io mi buttai a terra prostrato avanti al Creatore, e lo stesso fecero tutti quelli che mi seguivano.

Continuai il cammino al sud, assorto nella meditazione di ciò che aveva veduto: la stella dei pastori, la stella de' magi, tutto ricorreva alla mia memoria; ma io sospetto che i vapori bituminosi salini del Mar Morto rendano in questi paesi simili meteore assai frequenti. Lasciai a destra un eremitaggio dedicato ad Elia, ed alquanto più avanti giunsi ad un bell'Alcassaba mezzo ruinato, accanto al quale trovasi una sorgente di bonissima acqua con un serbatoio lungo cinquanta passi, largo trenta, e più a basso da altri di quasi eguale grandezza: finalmente dopo aver superate diverse montagne giunsi in sul mezzo giorno ad el Hhalil, che i cristiani dicono Ebron, e presi alloggio all'osteria.

Ebron è una città di circa 400 famiglie Arabe, posta sul pendio di una montagna con un castello. I viveri sono abbondanti, ed ha molti fondachi. È governata da un Arabo del paese col titolo di Hakim, e di Scheih el Bèled.

I sepolcri d'Abramo e della sua famiglia trovansi in un tempio che fu già una chiesa greca. Si sale per recarvisi una bella e vasta scala che guida ad una lunga loggia, di dove si entra in un piccolo cortile. Dalla banda sinistra vedesi un portico sostenuto da pilastri quadrati, presso al quale sorge il vestibolo del tempio composto di due camere, una delle quali posta a destra contiene il sepolcro di Abramo, e l'altra dall'opposto lato quello di Sara. Nel corpo della chiesa che è gotica, tra due grossi pilastri a destra vedesi una casuccia isolata contenente il sepolcro d'Isacco, ed in simile casuccia a sinistra quello di sua moglie. Questa chiesa ridotta a moschea ha il suo Mereb, la tribuna per il sermone del venerdì, ed un'altra pei cantori. Nell'opposto lato della corte avvi un altro vestibolo con due camere laterali destinate ai sepolcri di Giacobbe e di sua moglie.

All'estremità del portico per una specie di loggia si passa in altra camera contenente il sepolcro di Giuseppe, le cui ceneri furono trasportate dall'Egitto dal popolo d'Israele.

I sepolcri di questi patriarchi sono tutti coperti di ricchi tappeti di seta verde, magnificamente ricamati in oro: rossi egualmente ricamati sono quelli delle loro consorti, che il sultano di Costantinopoli manda di quando in quando. Io ne contai nove, uno sopra l'altro sul sepolcro di Abramo. Anche le pareti delle camere sono coperte di bei tappeti. Le grate delle finestre sono di ferro dorato, e le porte di legno coperte di piastre d'argento con serrature e catenacci dello stesso metallo. Si contano pel servigio del tempio più di cento tra impiegati e domestici; onde può agevolmente calcolarsi il numero delle elemosine che vi si debbono lasciare.

Terminata la visita ai sepolcri all'indomani 26 luglio allo spuntar del giorno ripigliai la Strada di Gerusalemme. A breve distanza da Ebron lasciai da un canto un eremitaggio sacro al profeta Jona; e mi fermai per fare colezione presso ad una bella sorgente; indi presi la strada di Betlemme, ove giunto alle dieci ore e mezzo del mattino, mi recai a dirittura al convento de' Cristiani ove si venera il luogo in cui nacque Gesù Cristo.

È questo convento fatto a guisa di rocca, e la sola porta che serve d'ingresso è tanto bassa, che convien piegare il corpo per entrarvi. Vi stanno circa venti monaci, europei, cattolici, greci, ed armeni; e quasi tutti gli abitanti di Betlemme sono cristiani. Scordava di dire che questa città posta sopra un monte conta circa cinquecento famiglie.

Gli abitanti che vivono in continuo sospetto de' musulmani, vedendoci arrivare a cavallo ed armati, si adombrarono, e molti erano già corsi alla porta del convento che trovarono chiusa; ma rassicurati del nostro contegno, picchiarono essi medesimi alla porta, che dopo molti discorsi ad alta ed a bassa voce con quelli che stavano al di dentro, ci fu alla fine aperta.

Introdotto in un angusto vestibolo oscuro, vi trovai molti uomini armati che avevano l'aria di corpo di guardia. Da questo vestibolo entrai in una vasta sala, il di cui palco è sostenuto da circa quaranta colonne di marmo alte quindici piedi, con basi e capitelli d'ordine corintio, comecchè il fusto abbia le proporzioni del dorico: sala comune dalla quale per diverse porte si passa ne' separati appartamenti de' monaci romani, greci, ed armeni.

Dopo esserci trattenuti alcun tempo in questo luogo, un monaco greco aprì la porta del suo appartamento, e ci fece entrare in una sala, alla di cui estremità scendesi per una scala in una specie di grotta, che è il luogo sacro della nascita di Cristo. Giunto nella grotta vidi una nicchia quasi semisferica nel vivo della rupe, nella quale, secondo mi assicurò il monaco che mi accompagnava, nacque Cristo; e fu deposto dalla Vergine nella mangiatoja, che è una specie di bacino di marmo; di fronte al quale fu innalzato un altare che ha un bel quadro rappresentante l'adorazione dei Magi. Ed il presepio, ed il luogo della nascita sono arricchiti di superbi addobbi, e di molte lampade di cristallo e d'argento; tra le quali ne vidi una in figura di cuore, contenente il cuore del divoto Antonio Camillo de Lellis, il di cui nome con bella iscrizione latina e l'anno 1700 è scolpito nella stessa lampada.

Sortendo dalla grotta il monaco greco mi condusse nella chiesa posta sopra alla grotta, che non ha cosa alcuna di molta importanza. Tutti i luoghi santi furono ampiamente descritti in tanti libri, che avrei potuto dispensarmi dal darne una nuova descrizione; ma ho creduto di farne un cenno in grazia di coloro che non ne avessero verun'altra alla mano.

Dopo aver ringraziato il buon monaco, e lasciategli prove della mia gratitudine, ripresi la strada di Gerusalemme ove arrivai poco dopo il mezzo giorno.

All'indomani, lunedì 27, scesi in fondo al torrente Cedron per una bella scala, alla metà della quale trovansi alla diritta i sepolcri di Gioachino e di Anna, ed in un'altra cavità a sinistra quello di Giuseppe sposo di Maria. In fondo alla scala entrasi in una chiesa greca, il di cui Sancta Sanctorum contiene il sepolcro della Vergine. Ascoltai in chiesa un armonioso coro di monaci, mentre il celebrante vestito de' sacri abiti restava nel santuario.

Dopo mezzo giorno mi recai al sepolcro di Cristo; ma non aprendosi la porta del convento che in certi determinati giorni, trovavasi allora chiusa secondo il praticato, al di fuori dai turchi, dai monaci al di dentro.

A traverso alla grata della porta mi trattenni con un monaco spagnuolo nativo di Ocanna, detto Ramirez d'Arellano, che mi diresse al procuratore generale pure spagnuolo, onde avere il permesso d'aprire la porta. Il procuratore era ammalato, e fu il suo vicario, che ci accolse con estrema cortesia; ma sopraggiungendo il governatore ed il kadì della città, mi ritirai, dopo avere ottenuto di entrare all'indomani nel sepolcro di Cristo.

In fondo ad una vasta chiesa gotica vedesi una magnifica cupola, o rotonda, nel di cui centro è posta una casuccia isolata, nella quale i cristiani venerano il sepolcro di Gesù Cristo. Per entrare in questa casuccia si scende per pochi gradini: il sepolcro è a destra in una piccola camera, che può avere sei piedi e mezzo di lunghezza, e quattro di larghezza. È questi un avello che occupa tutta la lunghezza della camera, e può avere ventisette pollici di larghezza: parvemi di marmo bianco rossiccio, il di cui coperchio è composto di due pietre. Il sarcofago è alto in modo da formare una specie d'altare, sopra il quale i monaci celebrano la messa. In questa angusta camera posta sotto al piano della chiesa, e priva di finestre, ed inoltre riscaldata dai moltissimi lumi che vi si accendono qualunque volta si apre, non è possibile di rimanervi a lungo senza incomodo. Il sarcofago è semplice e senza ornamenti, ma riccamente decorata la camera.

I musulmani fanno preghiere in tutti i luoghi consacrati alla memoria di Gesù Cristo e della Vergine, fuorchè al sepolcro. Credono essi che Cristo non morisse, e che salendo al cielo vivente, lasciasse le apparenze della sua figura a Giuda condannato a morire per lui; che in conseguenza essendo stato crocifisso Giuda, può ben questo sepolcro aver contenuto il corpo di Giuda, ma non quello di Gesù Cristo, e perciò non lo onorano. La chiave della cappella in cui trovasi il sepolcro viene custodita dai monaci latini, che però non possono aprirla senza la presenza di un monaco greco, che resta a lato al sepolcro finchè la cappella è aperta.

La rotonda ove trovasi la cappella del sepolcro è sostenuta da informi colonne e senza proporzioni architettoniche. Tutti i capitelli sono d'ordine corintio o composito. La sommità della cupola è vòta, e forma un'apertura di tredici piedi di diametro per la quale riceve la luce.

Unite alla cupola trovansi le separate chiese de' Cattolici Romani, degli Armeni, de' Sirj, de' Cofti, degli Abissini; ed il corpo centrale del tempio forma la chiesa de' Greci.

Presso al Sancta Sanctorum della chiesa greca una scala conduce ad una cappella. Salendo a sinistra vedesi un altare formato nel vivo sasso, in mezzo al quale trovasi un foro di tre in quattro pollici di diametro, ove si dice che fu piantata la croce; in distanza di tre piedi mi fu mostrata nella rupe una fessura naturale perpendicolare, apertasi nell'istante della morte di Gesù Cristo. Tre o quattro passi più in là vedesi un altare, ed avanti a questo altare uno spazio quadrato, che si venera come il luogo in cui Cristo fu crocifisso. II Monte Calvario, un tempo fuori delle mura dell'antica Gerusalemme, trovasi nel centro della moderna.

La casa posta accanto al tempio che contiene il sepolcro di Gesù Cristo, è abitata da alcuni monaci Musulmani, i quali dalle finestre della casa che guardano nell'interno del tempio, diedero più volte giuste cagioni di lagnanza ai monaci cristiani.

Gerusalemme conosciuta dai Musulmani sotto il nome d'el-Kods, ossia la santa, e per quello d'el-Kodse-scherif, è posta al grado 31 46′ 34″ di latitudine settentrionale, e nel 33º di longitudine orientale dell'osservatorio di Parigi. La di lei forma, quantunque irregolare, ove facciasi astrazione dalla cittadella addossata all'angolo occidentale della città, si avvicina assai al quadrato.

Fabbricata sul lato meridionale della sommità d'una montagna con qualche inclinazione al S. E. è circondata di precipizj, sul di cui orlo girano le mura dalla banda di S. E., di E., e di O., non avendo che un breve piano al S. che conduce al sepolcro di Davide, ed un altro più esteso al N. che forma la parte superiore della montagna attraversata dalla strada di Jaffa.

Le strade di Gerusalemme sono assai regolari, diritte, ben selciate, e molte con marciapiedi; ma triste, strette, e quasi tutte poco o molto inclinate. Le case hanno quasi tutte due o tre piani, e poche finestre con porte assai basse, e colla facciata semplice di pietra senza verun ornamento, di modo che quando si passeggia per la città, sembra che si cammini ne' corridoj di una vasta prigione. In una parola vi si ravvisa la verità della pittura fattane da Geremia: facta est quasi vidua domina gentium.

Alcune case hanno piccoli giardini, ma in generale non vi si trova alcun vòto considerabile; onde sopra un'estensione assai minore di quella della Mecca, contiene, per quanto mi fu detto, circa 30,000 anime, senza contare la popolazione dei sobborghi della città.

Non ho veduto in Gerusalemme alcuna piazza propriamente tale, ed i pubblici mercati e le botteghe sono lungo le strade. Abbondanti vi si trovano i viveri ed a buon prezzo: una mezza dozzina di polli, per esempio, pagasi una piastra spagnuola. Il pan comune è una specie di cattiva focaccia, ma trovasene ancora di assai buono; come pure ottimi legumi, erbaggi, frutta, e squisite carni.

Essendo quasi centrale fra l'Arabia, l'Egitto e la Siria, è assai frequentata dagli Arabi di questi paesi, che vi fanno il loro commercio di cambio. Il principale ramo di commercio attivo della Palestina è quello dell'olio; ma l'importazione del riso, che tirasi dall'Egitto bilancia l'esportazione dell'olio.

I pesi, misure e monete sono le medesime degli altri paesi Turchi; e la piastra spagnuola vale quattro pezze turche e mezzo, ossia cento ottanta parà.

Pochi e di cattiva qualità sono i cavalli della Palestina; molti e ottimi i muli, benchè alquanto piccoli. Gli asini cedono in bontà a quelli dell'Arabia e dell'Egitto, e non si fa frequente uso dei cammelli.

Benchè assai lontane dalla perfezione, le arti vi fioriscono più che alla Mecca; ma le scienze vi sono affatto sconosciute, e le più ragguardevoli persone, che pur vogliono parer costumate, versano nella più profonda ignoranza. La lingua Araba è la più comune, ma vi si pronuncia alquanto diversamente che nell'Arabia, accostandosi all'accento turco.

Contansi in questa città settemila musulmani, de' quali duemila abili alle armi; più di ventimila cristiani di diversi riti: maroniti, greci uniti, greci scismatici, cattolici latini, armeni ec. Pochissimi sono i Giudei nell'antica loro patria.

Quantunque gli abitanti di Gerusalemme, appartenendo a diverse nazioni, e seguendo culti diversi si disprezzino internamente gli uni gli altri; pure perchè i cristiani sono assai più numerosi, vi regna una certa eguaglianza tanto nelle relazioni commerciali, quanto negli affari domestici, e ne' divertimenti. I seguaci di Gesù Cristo vedonsi uniti coi settatori di Maometto, e questa mescolanza è cagione d'una più estesa libertà che in tutt'altra città musulmana.

Il governo di Gerusalemme viene affidato ad una persona del paese, che porta il nome di Scheih el Rele, o di Hhakim; ed il giudice civile è sempre un Turco mandato da Costantinopoli che cambiasi ogni anno. Vi è inoltre un governatore del castello, il capo del tempio, il Muftì o capo della legge, i quali tutti hanno le particolari loro attribuzioni.

In aggiunta di pochi soldati, Gerusalemme può contare sopra duemila musulmani in istato di portare le armi. È circondata di mura merlate assai alte, fiancheggiate di torri; ma incapaci di resistere al cannone. Ho già fatto osservare, che questa città è circondata in più lati da precipizj: negli altri luoghi si supplì a tale difesa naturale con fossi artificiali.

Quando si considera da prima Gerusalemme, circondata da precipizj e da alte mura di pietre tagliate ben conservate, e ricoperte da numerosa artiglieria, con una fortezza di bella e solida costruzione, e ben provveduta di mezzi di difesa; se si fa attenzione al ragguardevole numero di difensori che può dare la sua popolazione, si è tentati di crederla quasi inespugnabile: ma esaminandola più posatamente, svanisce la prima illusione, e si trova incapace di lunga resistenza, perchè per la topografia del suolo non è possibile d'impedire l'avvicinamento del nemico, ed è signoreggiata quasi a vista d'uccello in distanza del tiro di fucile dal monte Oliveto.

La montagna su cui è fabbricata Gerusalemme è affatto sterile, ed è composta d'una roccia cornea o basaltica, facente transizione al trappo, come quasi tutte le montagne del vicinato.

La sua ragguardevole elevazione sopra il livello del mare è cagione della freddezza del clima quantunque vicinissima al tropico. Nel mese di luglio il termometro esposto a mezzo giorno non segnò più di 23° 5′ di Reaumur, e la mattina scese fino a 17° 3′. Il vento fu sempre occidentale, e l'atmosfera variabile. Mi fu detto che nell'inverno cade molta neve, e molta pioggia.

Vi trovai pochi vecchi, ma per altro più che alla Mecca. Le persone del paese osservarono che gli anni più abbondanti d'olive sono quelli ne' quali cade molta neve.

Io ho osservato che il vento vi acquista una straordinaria rapidità.

Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 4

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