Читать книгу Sanctuary – Serie ”Legami Di Sangue” – Volume 9 - Amy Blankenship, Amy Blankenship - Страница 7
Capitolo 4
ОглавлениеNel sogno, Aurora correva all’impazzata. Le ombre la circondavano ed erano terrificanti. Le sembrava di trovarsi in un labirinto senza uscita, con vicoli ciechi ad ogni angolo. Il terrore si faceva travolgente e lei inciampava spesso, stanca di correre... di fuggire sempre dai potenti. Non importava quanto lontano andasse o quanto velocemente corresse, l’oscurità la stava raggiungendo.
Ansimò rumorosamente e i suoi occhi si spalancarono per lo spavento. Vide le stelle e, all’improvviso, si rese conto che qualcosa di potente le si stava davvero avvicinando. Ancora spaventata e con il cuore a mille per il sogno, Aurora guardò oltre il tetto.
La stanchezza stava iniziando a prendere il sopravvento, era sfinita. Possibile che fosse così sfortunata da non poter riposare neanche in quel ‘santuario’? Sentendo una maniglia dietro la schiena, la cercò e aprì rapidamente la porta. Corse dentro, sperando di eludere la potente energia che la stava raggiungendo, ma sbatté contro un corpo sodo e percepì un altro strano potere.
Fece la prima cosa che il suo istinto di sopravvivenza le disse di fare... combattere. Con un calcio mandò l’uomo giù per le scale, fino al piano di sotto. Poi si voltò per affrontare qualunque fosse la creatura alle sue spalle, ma si fermò confusa quando vide una donna seminuda davanti alla porta.
Tabatha la vide impallidire ma il suo sguardo era esplicito... era spaventata a morte e pronta a combattere per uscire da lì, se necessario. Deglutì e allungò le mani con i palmi rivolti verso di lei, per calmarla.
“Va tutto bene.” le disse. “Vogliamo solo aiutarti.”.
Aurora restrinse lo sguardo sulla donna. Perché qualcuno di così potente voleva aiutarla?
Tabatha fece un passo avanti e le tese una mano. “Qui sei al sicuro.” disse dolcemente e sperò che lei le credesse. Ad ogni modo, qualsiasi progresso poteva aver fatto andò in fumo quando Kane corse per le scale e afferrò la ragazza in una presa soffocante.
Tabatha scrollò le spalle e sospirò “Kane, ti prego, l’abbiamo spaventata. Lasciala andare.”.
Lui le rivolse uno sguardo ferito “Ma amore, mi ha appena dato un calcio fino al piano di sotto. Non dirmi che stai dalla sua parte!”.
“Ti si vedono i canini...” Tabatha lo guardò in cagnesco, poi alzò gli occhi al cielo quando lui si limitò a guardarsi i pantaloni per vedere se la cerniera era chiusa. Lei strinse i denti per non ridere, non poteva biasimarlo... dopotutto, aveva soltanto i pantaloni addosso... ed erano sbottonati.
Aurora girò la testa e fissò colui che la teneva stretta, cercando di vedere le zanne. Era un vampiro come l’uomo con cui aveva fatto l’amore nella metropolitana?
Kane notò che lei lo guardava e non riuscì a trattenersi, sorridendole con tanto di zanne.
“Kane.” esclamò Tabatha e fece un passo avanti, ma si fermò quando lui le lanciò un’occhiataccia, accompagnata da un ringhio pericoloso. “Sei meschino.” protestò lei un po’ arrabbiata, e incrociò le braccia al petto.
Vedendo le sue zanne, Aurora alzò lo sguardo verso i suoi occhi e rimase scioccata. Ricordava di averli già visti... erano profondi, color ametista e sembravano scrutarle l’anima.
Ora che aveva l’attenzione della ragazza, Kane smise di sorridere... non era un gioco. Se fosse stata Tabatha a cadere dalle scale, il risultato sarebbe stato lo stesso... ma con la differenza che, adesso, la creatura avrebbe avuto il collo spezzato.
Dilatò le pupille e le disse “Bene, io mi sono presentato. Sarebbe educato che lo faccia anche tu.”.
“Un vampiro.” Aurora sibilò e riprese a dimenarsi.
Kane sospirò, gli sembrava di avere una biscia tra le braccia. “No, tesoro... quello sono io. La domanda è cosa sei tu. Non sei umana, ed è ovvio. Se fossi un demone, avresti provato dolore già prima di superare le barriere che circondano la nostra casa. Te lo chiedo ancora una volta... come ti chiami e cosa sei?”.
Aurora serrò le labbra. Aveva imparato sin da bambina a non dire mai cos’era... anche se, di solito, gli esseri più pericolosi se ne accorgevano subito. Quell’uomo le aveva mentito, interpretando la parte del vampiro. Lei sapeva che non era vero, la sua anima era come un libro aperto... anche se, doveva ammetterlo, aveva qualcosa di strano.
Oltre alla sua anima, Aurora poteva vedere anche l’oscurità attorno ad essa e capì che lui ne sarebbe stato sopraffatto, se fosse stato provocato oltre il limite.
Il cuore le sprofondò nel petto quando si rese conto di avere ragione... quel posto era proprio un santuario. Lui aveva detto che i demoni non potevano oltrepassare le barriere e, a quel pensiero, le venne il disperato desiderio di restare. Smise di lottare e guardò la donna che aveva cercato di difenderla... poteva fidarsi di loro abbastanza da dirgli chi era veramente? Non ne era sicura.
“Cercavo solo un nascondiglio dai demoni.” disse onestamente, guardando l’altra donna negli occhi. “Non posso dirvi cosa sono... mi dispiace. Se mi lascerete libera, me ne andrò in silenzio e non tornerò mai più.”.
Kane notò l’ombra delle ali sul proprio braccio e, per un momento, fu indeciso se lasciarla andare o stringerla più forte. Guardò Tabatha per accertarsi che non se ne fosse accorta.
‘Kane, non vuole farmi del male.’ gli disse Tabatha nella sua mente, poi sussurrò ‘Ti prego, fallo per me... lasciala andare.”.
Allentando la presa, lui disse a bassa voce “Non credo che farai del male a qualcuno. Ti ho spaventata, vero? Sarai la benvenuta ogni volta che avrai bisogno di un rifugio... sarai al sicuro all’interno della barriera. Se invece vuoi dormire sul tetto, lascia almeno che ti dia delle coperte calde e un cuscino.”.
Trattenendo il respiro, Kane lasciò andare lentamente la femmina di caduto e fece un passo indietro, scomparendo giù per le scale. Tornando in camera da letto, prese subito delle coperte e due cuscini dall’armadio. Tornò indietro prima ancora che Tabatha potesse avvicinarsi alla ragazza e, posando a terra le coperte e i cuscini, le fece cenno di andare.
Tabatha annuì, mantenendo la calma nonostante avesse visto le mani di Kane tremare, poi guardò di sfuggita la ragazza mentre le passava accanto.
Aurora prese la biancheria e si appoggiò al muro, prima di spingere lentamente la porta dietro di sé. Si sentiva più esausta di prima, però aveva il suo rifugio... almeno per un altro paio d’ore.
Tabatha si girò verso Kane, pronta a rimproverarlo, ma si fermò quando lui le mise un dito sulle labbra.
“Shhh.” le sussurrò lui all’orecchio “Andiamo.”.
Tabatha annuì e rimase in silenzio mentre lo seguiva nella stanza della sicurezza. Lui chiuse la porta ed entrambi guardarono il monitor, vedendo la ragazza ancora in piedi lì dove l’avevano lasciata. Tabatha inspirò quando la vide asciugarsi una lacrima sulla guancia.
“Poverina. Odio vedere le persone sole e così spaventate. Chissà perché è da sola, è così bella.”. Guardò Kane, vedendo i muscoli della sua mascella scattare, e capì che stava stringendo i denti. “Perché hai cambiato idea all’improvviso e hai deciso di farla restare?” Tabatha sussurrò come se la ragazza potesse sentirli.
Kane fece un cenno verso il monitor “Fa bene a non dire a nessuno che cos’è.”. La ragazza, intanto, si appoggiò alla porta e poi si mise seduta. Kane scosse la testa, vedendo il modo in cui lei stava ancora fissando le coperte con gli occhi pieni di lacrime.
“Non può essere una creatura più rara di te.” Tabatha si accigliò, vedendo la preoccupazione negli occhi del suo compagno. Tornò a guardare il monitor e sentì il cuore spezzarsi quando la ragazza abbracciò le coperte, come se qualcuno potesse portargliele via all’improvviso.
“Penso che sia uscita dalla crepa insieme ai demoni.” disse Kane, evitando la questione della ‘creatura rara’.
Doveva riflettere e trovare buona ragione per non prendere il telefono e chiamare subito Dean. Ovviamente lei aveva vissuto tra i demoni per chissà quanto tempo, e il prezzo che doveva aver pagato era inimmaginabile. Non si fidava di nessuno e, adesso che lui ne conosceva il motivo, non poteva certo mandarla via. Guardò Tabatha, sentendo improvvisamente la sua tristezza.
“Kane... tu mi ami davvero?” gli chiese lei.
Lui annuì guardandola negli occhi “Con tutto me stesso.”.
Tabatha sorrise per la dolcezza delle sue parole e disse “Allora fidati di me e lasciami entrare nella tua anima, non sei più da solo.” Allungò una mano e gli accarezzò la guancia. “Sei preoccupato e voglio esserlo anch’io. Magari riesco addirittura a scacciare i tuoi demoni.”.
Kane fece un respiro profondo. “E se ti dicessi che, probabilmente, la ragazza è l’unico esemplare femmina della sua razza sulla Terra?” disse, con la mente che correva all’impazzata. “Deve stare con i suoi simili, con quelli della sua specie ma, se lo dico a loro, distruggerò tutto quello che hanno adesso. Non voglio sentirmi responsabile.”.
Tabatha si accigliò pensierosa. Era contenta che lui stesse provando a dirle tutto, anche se non era molto chiaro. Vide che stringeva lo schienale della sedia così forte da far diventare bianche le nocche delle dita e, a giudicare da ciò, capì che la cosa era un peso per lui.
“Il mio primo istinto è stato quello di alzare la cornetta e dire agli uomini della sua specie che lei è qui. Si sta nascondendo da qualcosa e, con il loro aiuto, sarebbe più protetta. Io voglio dirglielo, ma è sbagliato.” Scagliò via la sedia, che si schiantò contro il muro spaventando entrambi. “Maledizione!”.
Poi guardò Tabatha “Anche tu glielo diresti... e sbaglieremmo entrambi.”.
“Cosa succederebbe se glielo dicessimo?” chiese lei tranquillamente, ancora non del tutto sicura di cosa si trattasse.
Kane inspirò profondamente prima di fidarsi di lei e rivelarle i suoi pensieri più intimi. “I due uomini in questione smetterebbero di amarsi e sposterebbero quell’amore verso di lei... ma solo uno dei due può averla. Alla fine l’altro perderebbe tutto o, nel peggiore dei casi... lei potrebbe rifiutarli entrambi e il danno sarebbe già stato fatto.”.
Kane allungò una mano e le accarezzò la guancia. “Dire di lei a Kriss e Dean li distruggerebbe inevitabilmente.”.
Tabatha sbatté le palpebre, realizzando quello che Kane aveva cercato di dirle... la ragazza era una femmina di caduto. Guardò di nuovo il monitor e ricordò la prima volta che aveva incontrato Dean. Era furioso perché l’odore di Kriss era addosso a lei e credeva che fossero stati insieme. Possessivo e spaventoso erano le uniche due parole che le venivano in mente.
Si morse il labbro inferiore mentre ragionava su quello che aveva detto Kane. Se Kriss e la ragazza si fossero messi insieme, non c’era dubbio che Dean sarebbe diventato molto pericoloso. E se invece fosse stato Dean a mettersi con lei... quanto avrebbe sofferto Kriss? Proprio lui le aveva rivelato il motivo per cui un caduto può stare solo con un altro caduto. Sarebbe stato da solo senza Dean e la cosa lo avrebbe distrutto.
Kane chiuse gli occhi, ascoltando i pensieri di Tabatha. Lui guardava la cosa dal punto di vista di Dean, mentre lei era più preoccupata per Kriss... c’era da aspettarselo, ovviamente.
“Hai un cuore grande.” disse lei, cogliendolo di sorpresa. Gli sorrise e scivolò tra le sue braccia, premendogli l’orecchio sul petto per ascoltare il suo battito cardiaco. “Hai ragione. Io non ci avrei pensato su e li avrei telefonati subito, pensando che fosse la notizia più bella del mondo. Perché io tu riesci a vedere oltre le cose e io no?”.
Guardando lo schermo, aggiunse “Mi sento male per lei, però. Probabilmente pensa di essere sola al mondo.”.
Kane allungò una mano e spense il monitor “Ma noi non siamo senza cuore, adesso ha un posto dove stare se le serve un rifugio e ho la sensazione che la vedremo un bel po’.”.
“Mi serve qualcosa per distrarmi.” disse Tabatha sensualmente, prima di uscire velocemente dalla stanza.
“Donzelle in pericolo... le adoro.” Kane si diresse verso la camera da letto e si fermò per guardare il panorama... lei era stesa sul letto con la camicia da notte di seta ancora addosso e gli sorrideva. Kane si avvicinò al letto togliendosi i pantaloni.
Tabatha non capiva come lui riuscisse a rendere sexy un gesto così semplice, e con ottimi risultati. In pochi secondi, la sua camicia da notte sparì e si dedicarono di nuovo al passatempo preferito di Kane, la tortura sessuale... o almeno era così che Tabatha la vedeva.
*****
Sul tetto, intanto, Aurora cedette finalmente alla tentazione delle coperte. Ne stese una a terra e vi gettò un cuscino, abbracciando l’altro. Si avvolse nell’altra coperta e si distese, ripensando alla coppia che l’aveva trovata... avevano entrambi occhi color ametista.
Abbracciò il cuscino ancora di più quando si ricordò di un’altra persona con gli stessi occhi e si chiese se l’uomo con cui aveva fatto l’amore fosse della stessa razza. Aveva accusato l’uomo biondo di essere un vampiro anche se sapeva che non lo era, ma non aveva nient’altro con cui paragonarlo.
Non temeva i vampiri, ce n’erano parecchi nel regno dei demoni. Una delle tante volte in cui era scappata da Samuel, era finita in un nido e le creature l’avevano assalita come uno sciame di api arrabbiate. Era riuscita ad ucciderne buona parte a mani nude, prima di essere sopraffatta.
Ricordava ancora la sensazione degli artigli che le strappavano i vestiti e delle zanne che affondavano nella sua carne. Non sapeva chi fosse rimasto più sorpreso, se lei o i vampiri che, mordendola, iniziarono a bruciare dall’interno.
Alla fine, quelli rimasti tornarono indietro quando realizzarono di non poterla prosciugare. Lei alzò lo sguardo e vide Samuel che le sorrideva. I brandelli dei pochi vestiti che lui le faceva tenere furono strappati via e lei fu costretta per molto tempo in quelle condizioni, senza allontanarsi da lui.
Avrebbe potuto riprendersi i vestiti ma Samuel aveva insistito perché lei facesse l’amore con lui senza opporre resistenza, se voleva riavere il suo pudore e, in quel momento lei concluse che quella qualità era piuttosto sopravvalutata.
L’uomo nella metropolitana l’aveva morsa ma non le era sembrato come la spietata lacerazione della carne che aveva subito altre volte, e lui era sopravvissuto al sangue che le aveva succhiato. Piegò il collo ricordando quella sensazione, poi strinse le gambe quando sentì un impulso tra le cosce.
Si morse il labbro inferiore ricordando che, quando Samuel le aveva detto di aver ucciso il vampiro, il petto le era sembrato pesante, ma il sollievo di sapere che non era vero le tolse quel peso. Si accigliò, chiedendosi se l’uomo avesse battuto Samuel in un combattimento, poi sospirò, sapendo che era solo una sua speranza.
*****
Dall’altra parte della città, intanto, Michael se ne stava sulla soglia della porta, a contemplare la sua camera dopo averla rimessa a posto. Era tornato tutto come prima, tranne il letto... l’antico telaio che sosteneva il materasso non c’era più.
Ne sentiva già la mancanza ma, scrollando le spalle, decise che era meglio lasciarlo così finché non avrebbe imparato a controllare quei picchi di potere. Non aveva avuto il coraggio di gettarlo via e l’aveva riposto in soffitta. Con un po’ di fortuna, sarebbe riuscito a sistemarlo più in là.
Non poté fare a meno di ridere quando Scrappy saltò sul materasso. Il cagnolino lo fissò in modo strano per un momento, prima di girare in tondo così in fretta da non riuscire più a stare in piedi.
“Tu non stai bene, lo sai, vero?” esclamò Michael, scuotendo la testa.
Scrappy abbaiò e si rimise in piedi, ma Michael rise vedendolo camminare ancora in cerchio. Alla fine fu intenerito e lo prese in braccio.
“Beh, questo è un modo per ubriacarsi, ma io conosco un altro modo che potrebbe fare proprio al caso mio, stasera.” Accarezzò le orecchie di Scrappy “Speriamo che il mio compagno di bevute sia libero.” Mise giù il cucciolo e cercò il cellulare in tasca, poi si ricordò di averlo schiacciato accidentalmente nella metropolitana.
In quel momento squillò il telefono di casa e lui scese in soggiorno per rispondere.
“Di’ a Kat che mi serve una bottiglia di Heat... anzi, due.” Michael rispose andando dritto al punto.
“Brutta giornata, eh?” disse Warren, poi guardò Devon che era rinchiuso nella gabbia sulla pista da ballo. “Ho proprio qualcosa per distrarti dai tuoi problemi. Potrai avere tutto l’Heat che vuoi, se vieni a darmi una mano con Devon.”.
“Affare fatto.” Michael riagganciò, sentendo un’improvvisa scarica di adrenalina.
Decidendo di sfruttarla, uscì di casa prima che le lancette dell’orologio riuscissero a segnare il secondo successivo. Fermandosi di colpo, si girò sentendo Scrappy che grattava la porta.
Aprendola, giurò quasi di aver visto il cucciolo fulminarlo con lo sguardo prima di uscire. “Forse una porta basculante sarebbe una buona idea.” disse perplesso. “E non dirlo al tuo paparino.”
Scrappy abbaiò prima di andare sul retro della casa.
“Traditore.” gridò Michael.
Ascoltando il pesante silenzio della casa vuota, chiuse la porta... gli mancava avere tra i piedi Kane, Damon e Alicia. Aveva vissuto da solo per così tanto tempo, in passato, e non si era reso conto di essere effettivamente solo.
Con un sospiro, si allontanò e decise di arrivare al Moon Dance il più in fretta possibile. Per qualche ragione, non voleva stare da solo quella sera.
La prima cosa che vide quando entrò nel club furono Kat e Quinn affacciati alla ringhiera che dava sulla pista da ballo. Piegò la testa di lato, con un lieve sorriso sulle labbra.
“Che succede?” chiese, vedendo cosa stavano guardando i due.
“Devon sta facendo un nuovo balletto nella gabbia.” Quinn sogghignò, poi si tenne la testa quando Kat lo schiaffeggiò sulla nuca. “Che c’è?” le chiese con aria innocente.
Kat incrociò le braccia al petto e lo guardò come se fosse lui stupido della situazione “Stai scherzando?!”.
Michael si accigliò per le stramberie di quei due e rimase perplesso nel vedere l’altra scena. Warren era seduto su una sedia, con i piedi appoggiati su un secchio di vernice, e fissava Devon con uno sguardo avvilito. Michael alzò un sopracciglio quando notò che la porta della gabbia era bloccata da una catena massiccia.
“Per favore, puoi provare a far ragionare Warren?” lo supplicò Kat.
“Non è Devon quello che dovrebbe ragionare?” Quinn la corresse, poi indietreggiò di scatto quando lei gli lanciò un’occhiataccia.
“Allora vuoi proprio litigare?” chiese Kat, poi fece un passo indietro quando lui si avvicinò e rispose “Sì.” con una sensuale voce cupa.
Michael scosse la testa quando Kat corse su per le scale con Quinn alle calcagna. Doveva ammettere che, il più delle volte, lei era più intelligente dei suoi fratelli. Guardò di nuovo giù e vide un sorriso quasi perfido sul volto di Warren.
Eh sì, qualunque fosse la ragione per cui teneva Devon prigioniero, si stava divertendo a fare la parte del carceriere.
Sentendosi osservato, Warren alzò lo sguardo e salutò Michael. Prese la bottiglia di Heat da terra e la sollevò, in modo che l’altro potesse vederla. “Mi fai compagnia?”.
Devon sospirò, seduto con la schiena poggiata contro le sbarre. Vedere Michael scendere le scale era proprio quello di cui aveva bisogno. Sbatté la testa contro l’acciaio, facendo vibrare le sbarre. Non avrebbe avuto tregua, con quei due.
“Mi dispiace deluderti ma lo spettacolo è finito.” sibilò Devon.
“Che mi sono perso?” chiese Michael, strofinandosi il mento. Si fermò accanto a Warren, che si girò a guardarlo e gli chiese “Davvero non sai niente?!”.
“Niente cosa?” ribatté Michael. L’altro si mise a ridere e gli porse la bottiglia. “Ehi Devon, perché non glielo dici tu?” suggerì Warren, gasato dal fatto che Michael non sapesse nulla... c’era da divertirsi.
“Perché invece non vai all’inferno?” sbottò Devon, fissando il muro per non guardare loro. “Sto bene adesso... fammi andare da lei.”.
“Lei...? Lo stai tenendo lontano da Envy?” chiese Michael, sedendosi sul secchio di vernice.
Warren lo guardò e indicò Devon con un sorriso malizioso. “Non puoi andare da lei adesso, è notte fonda e probabilmente è a letto... accoccolata al suo ‘orsacchiotto’.”.
Quando Devon si tenne la testa e iniziò a urlare con voce stanca, Michael prese lentamente la bottiglia e fece un gran sorso. Trevor c’entrava qualcosa, lo aveva capito, ma perché tutta quella sceneggiata?
Michael sentì i suoi poteri di guarigione emergere e rimise la bottiglia a terra... sentiva il dolore di Devon e non gli piaceva. Si diresse verso la gabbia con l’intenzione di aiutarlo ma le parole di Warren lo fermarono. “Sta bene, lascialo perdere.” gli disse, facendo un cenno con la testa quando Michael lo guardò incuriosito. Poi aggiunse “Kane gli ha lanciato un incantesimo di costrizione.”.
“Kane?” Michael si strofinò la tempia confuso “Non mi avevi chiamato dicendo che ti serviva il mio aiuto?”.
Devon si calmò quando Warren scosse la testa e rispose “No, in realtà mi serve qualcos’altro.”. Poi aggiunse “Ma come fai a non saperlo? Dove sei stato negli ultimi due giorni? Al tuo cellulare risponde la segreteria.”.
“Ne parliamo dopo.” Michael scacciò via i suoi pensieri e si avvicinò di nuovo alla gabbia. Vedendo il dolore di Devon, capì perché Kat gli aveva chiesto di aiutarlo. Doveva fargli tornare la ragione in qualche modo.
Accovacciandosi accanto alla gabbia, afferrò le sbarre e provò a fare il contrario di Warren. “Devon, guardami.”.
“Non ci penso proprio.” rispose il giaguaro. “L’ultima volta che ho guardato uno della tua specie, ecco che è successo...”.
“D’accordo, allora ascoltami bene.” disse Michael con calma. “Io ti conosco... ti ho osservato dal giorno in cui sei nato. Sei una testa calda e metti tanta passione in tutto quello che fai ma, prima di tutto, sei un uomo d’onore. Che tu ci creda o no, io ti capisco perfettamente. Hai trovato la tua anima gemella e la ami con tutta la passione che hai. È per questo che Envy si è innamorata di te, lo sai, vero?”.
Devon rimase in silenzio mentre ascoltava la voce suadente di Michael, poi alla fine annuì lievemente con la testa. “Lei ci ama entrambi, però. L’ho sempre saputo. E adesso c’è di mezzo un bambino.”.
Michael chiuse gli occhi quando una visione di Aurora gli balenò nella mente, seguita dall’immagine del demone che pretendeva di possederla. Scacciando quei pensieri inquietanti, si concentrò sul giaguaro.
“Capisco... tu pensi che Trevor vincerà. Ma allora che intendi fare, lasciarla tornare da lui?” chiese Michael a bruciapelo.
“No... ma non so come batterlo.” Devon espresse la sua più grande paura.
Aveva un’espressione sofferente e Michael sapeva che non era colpa dell’emicrania, bensì di un dolore molto più profondo. “Non sono sicuro di cosa dovreste fare, ma Kane vi ha dato un indizio enorme, lanciandovi l’incantesimo. Il modo più rapido per perdere Envy è ferire l’uomo che ama... e questo vale per entrambi. Non è più una competizione.”.
“E allora che devo fare?”. Devon, finalmente, lo guardò.
“Questa è la parte facile... tu la ami esattamente come la amavi prima di scoprire che fosse incinta. L’hai sottratta a Trevor, ricordi?” disse Michael, facendo scattare il lucchetto. “Lui non c’entra con l’amore che Envy prova per te.”.
Quando Devon non si mosse per uscire dalla gabbia, Michael guardò verso Warren e poi verso le scale. Si allontanarono insieme e tornarono al piano di sopra.
Warren rimase in silenzio finché non raggiunsero il bar. Voleva bene a Michael per tanti motivi e non fu sorpreso del buon risultato ottenuto con Devon, laddove gli altri avevano fallito.
“Ecco perché ti ho chiamato. So di essere stato crudele con lui ma, all’inizio, pensavo che avrebbe funzionato.” Warren strinse le spalle.
Michael scosse la testa e andò dietro il bancone per prendere un’altra bottiglia di Heat. “L’averlo torturato prima del mio arrivo è stato, probabilmente, il motivo per cui era così sfinito da cedere, alla fine. Non fraintendermi... avrà ancora un bel mal di testa prima che sia tutto risolto, però non credo che avrebbe seguito i suoi cattivi pensieri. Neanche senza l’incantesimo di Kane. Ama troppo Envy per rischiare di farsi odiare da lei.”.
“Peccato che Trevor lo abbia capito per primo e, alla fine, l’orsetto mutante è passato per il bravo ragazzo... mentre Devon non ha fatto una bella figura.” dichiarò Warren.
“A proposito...” Michael fece una smorfia, sapendo che Trevor non era un orso mutante... Si strofinò la mano sugli occhi ricordando che, probabilmente, il bar era pieno di spie del PIT. Dunque non era il luogo ideale per svelare segreti. “Penso che sia meglio lasciare Devon da solo per un po’. Andiamo a fare un giro.”.
Warren estrasse dalla tasca due mazzi di chiavi e ne lanciò uno a Michael. “Stamattina ho comprato un paio di cose che potrebbero piacerti.” gli disse, accennando un sorrisetto intrigante.
Michael lo seguì nel garage privato e sorrise vedendo due eleganti motociclette nere, parcheggiate accanto alla Jaguar di Warren.
“Tu sì che conosci i miei gusti.” gli disse avvicinandosi.
“Dove andiamo?” chiese Warren.
Michael stava per rispondere “A casa mia.” ma poi cambiò idea, ricordando il senso di solitudine che aveva provato prima. “Andiamo al Love Bites, almeno lì non ci sono spie del PIT.”.
“Dev’essere una cosa importante, se vuoi tenerli all’oscuro.” disse Warren.
L’altro annuì e prese il casco “Fidati... è molto importante.”.
“Facciamo a chi arriva prima.” Warren lo stuzzicò mentre indossava il suo casco.
Michael sorrise “Oh sì, ti farò mangiare la polvere.”.