Читать книгу Moon Dance - Amy Blankenship, Amy Blankenship - Страница 4

Capitolo 1

Оглавление

10 anni dopo…

Dal club proveniva musica ritmica a tutto volume e la grande insegna viola cambiava colore con il ritmo. La luce proiettava un bagliore inquietante su un edificio di fronte. Un uomo dai corti capelli biondi se ne stava sul tetto di quell’edificio con un piede appoggiato sul bordo. Era chinato in avanti, con un gomito appoggiato sul ginocchio, e stava fumando una sigaretta.

Kane Tripp inclinò leggermente la testa e si passò una mano tra i capelli a spazzola. Non gli era piaciuto tagliarli, gli mancava la lunghezza che avevano prima. Gli sembrava di sentire ancora la sensazione di quando gli sfioravano il fondoschiena.

Portandosi la sigaretta alla bocca, inspirò profondamente, sapendo che gli mancavano un sacco di cose, e lui era abituato a fumare prima di essere sepolto vivo e abbandonato.

Quarant’anni prima era stato colto di sorpresa da Malachi, il capo di un piccolo clan di giaguari, e accusato di aver ucciso la sua compagna. Prima di quella notte era in buoni rapporti con il clan dei giaguari ed il loro capo era uno dei suoi migliori amici. A quel ricordo le labbra di Kane si serrarono. Malachi lo aveva processato, giudicato e aveva eseguito la sentenza in un impeto di rabbia.

Usando un incantesimo del libro che Kane credeva di aver nascosto accuratamente, Malachi lo aveva legato con una maledizione, rendendolo incapace di muoversi, di parlare, e persino di difendersi. Poi aveva tolto a Kane l’orecchino di eliotropio che gli permetteva di muoversi liberamente alla luce del giorno. Uno degli eliotropi che un tempo erano appartenuti a Syn, il primo vampiro.

Una volta Kane gli chiese come aveva fatto a trasformare la sua prima creatura e la risposta l’aveva lasciato di stucco.

Syn era arrivato in questo mondo da solo, ferito e affamato. Un giovane lo aveva trovato e Syn, sopraffatto dalla fame, aveva preso il suo sangue. Il vampiro capì presto che gli umani di questo mondo erano creature fragili, la cui anima li abbandonava quando lui tentava di trasformarli tramite il proprio sangue, nella speranza di formare una famiglia su questo pianeta. Quando la loro anima svaniva, essi divenivano insignificanti per lui, poiché erano ridotti a poco più che mostri.

Durante la sua infinita esistenza, Syn aveva trovato solo tre umani che avevano conservato la propria anima, diventando così suoi figli. L’unica differenza era che, una volta trasformati, il sole li bruciava, obbligando loro ed i loro terrificanti fratelli a nascondersi dalla luce del sole. Questo non era mai stato un problema nel mondo di Syn, grazie all’eliotropio.

I massicci bracciali che Syn indossava provenivano dal suo mondo ed erano fatti di eliotropi. Togliendone alcuni, li incastonò in un anello, in un ciondolo e in un orecchino. Kane alzò di nuovo il braccio e si toccò l’orecchino che indossava. Mentre l’eliotropio gli aveva dato una vita semi-normale... il libro degli incantesimi di Syn era stato la sua rovina. Kane lo aveva lasciato al suo amico mentre dormiva, affinché lo conservasse saggiamente. Al suo interno c’era quel dannato incantesimo, per sopprimere i figli senz’anima nel caso in cui diventassero una minaccia troppo grande per gli umani.

Quando l’incantesimo fu usato contro di lui, Kane poté solo osservare con occhi spenti e immobili mentre il suo ex amico gettava al terra nera su di lui con una pala. L’ultima cosa che ricordava di aver visto era il cielo pieno di stelle sopra una foresta. L’oscurità era così logorante e silenziosa. L’incantesimo lo teneva fermo, ma lui poteva sentire cose strisciargli addosso. Piccole creature mortali che non mangiavano la sua carne non morta ma che, inconsapevolmente, gli rodevano l’anima.

Col passare del tempo pensò che sarebbe sicuramente impazzito e poi, sempre più spesso, cominciò a sentire suoni... voci. Le aveva apprezzate durante la sua prigionia e avrebbe voluto sentirle ancora adesso. Qualche volta sentiva intere famiglie e, in altre occasioni, solo voci di adulti.

Talvolta aveva cercato di rompere l’incantesimo per cercare qualcuno che lo aiutasse, o che gli facesse almeno compagnia. La magia lo rendeva immobile e completamente privo di poteri. Conosceva quell’incantesimo... lo aveva usato lui stesso con i mostri. Era un sortilegio complicato che richiedeva il sangue della persona amata perché fosse spezzato. Un incantesimo d’amore così forte che soltanto l’anima gemella della vittima poteva romperlo.

Aveva sempre funzionato con i vampiri senz’anima, visto che bisogna averne una per cercare la propria anima gemella. Aveva usato l’incantesimo più di una volta, per liberare il mondo dai suoi demoniaci fratelli assassini che non conoscevano altro che la sete di sangue.

Kane rise amaramente all’inquietante ricordo di quando, nella tomba, pensava di essere condannato per l’eternità solo perché non aveva un’anima gemella. O almeno, non l’aveva mai incontrata. E, se ne aveva una, allora era poco probabile che il suo sangue finisse sulla propria tomba. Malachi era così disperato... aveva amato così tanto sua moglie e voleva che Kane desiderasse, e trovasse, un amore altrettanto profondo.

E Kane, in realtà, lo aveva desiderato a lungo. Molte volte pianse ed implorò che qualche dio lo ascoltasse e gli portasse la sua anima gemella per essere liberato. Se avesse davvero ucciso la moglie del suo amico, allora sarebbe stato un castigo giusto. Ma non aveva commesso lui quel crimine.

Una notte, molto tempo dopo, e dopo aver perso ogni speranza... lo udì. Il suono distinto del ruggito di Malachi interruppe il suo folle monologo interiore, accompagnato da un altro urlo di furia animalesca. Poi, con suo grande stupore, udì proprio sopra di sé la voce di una bambina che urlava di non fare del male al suo cucciolo.

Il suono della sua vocina spaventata ruppe qualcosa dentro di lui, facendogli desiderare ardentemente di essere libero per poterla proteggere dalle bestie nella notte.

‘Piccola, Malachi non farà del male al tuo cucciolo.’ sussurrò Kane mentalmente.

Era vero. Malachi non avrebbe fatto del male a nessuno, a meno che non fosse stato offeso in qualche modo... e, soprattutto, non avrebbe fatto del male ad una bambina. Sapendo che il suo amico era da qualche parte lì fuori, Kane sentì ritornare una scintilla di vita. Divenne ancora più furioso quando la bambina urlò di nuovo, poi sentì qualcosa cadere pesantemente a terra. Sangue... sentì l’odore di sangue appena versato filtrare attraverso il terreno e arrivare a lui.

Fu la cosa più bella che gli fosse mai capitata. Il profumo invase la sua mente e lo portò a vette di follia sempre più alte, poiché sapeva di non poterlo raggiungere. Era così debole per aver trascorso tanto tempo senza berlo... era assetato da morire, ma non era morto. Fu allora che sentì le dita delle mani contrarsi.

Kane si concentrò su di esse e si sforzò con ciò che ne rimaneva della sua mente per cercare di muoverle. Sentì i giorni passare, basandosi sul calore che percepiva dal terreno sopra di sé. Ora l’odore del sangue lo circondava, spingendolo ad andare avanti. Alla fine, fu in grado di muovere lentamente le braccia ed iniziò a scavare piano per cercare di uscire dalla propria tomba.

Passarono parecchi giorni e, quando la sua mano sbucò finalmente in superficie, iniziò letteralmente a piangere di gioia. Uscendo dal terreno, Kane aprì gli occhi e guardò in alto, ridendo in modo quasi isterico quando vide il cielo nero e le stelle sopra la sua testa. Abbassando lo sguardo, notò un pezzetto di stoffa con alcune gocce di sangue secco. Raccogliendolo, se lo portò al naso ed inalò l’odore del sangue che lo aveva liberato.

Tenendo stretto nel pugno il ricordo di chi lo aveva salvato, si liberò completamente dal terreno. A pochi metri dalla sua tomba Malachi, e colui che in realtà aveva ucciso sua moglie, giacevano a terra senza vita.

Guardò oltre i loro corpi, verso la foresta. Sapeva che la bambina se n’era andata da molto tempo, ed era convinto che fosse lei la sua anima gemella. Chi altro avrebbe potuto rompere l’incantesimo lanciatogli da Malachi?

Essendo troppo debole per andare a cercarla, Kane strisciò verso Malachi e gli sfiorò la guancia. Girandogli il viso, Kane rimase senza fiato per lo shock. Malachi indossava il suo orecchino di eliotropio. Il suo orecchino!

In un impeto di rabbia, e con un movimento troppo veloce per essere visto, Kane balzò in piedi con l’orecchino stretto nel pugno. Dopo aver esaminato rapidamente Nathaniel, colui che lo aveva incastrato, Kane avvolse l’oscurità attorno a sé come un mantello e sparì nel buio. Destandosi dai ricordi, espirò e vide il fumo volteggiare in aria e turbinare davanti a lui sul tetto prima di essere portato via dalla brezza. Aveva passato gli ultimi dieci anni a vagare di nazione in nazione, di continente in continente, scoprendo tutto quello che si era perso durante gli ultimi trent’anni della sua condanna.

Aveva lentamente riacquisito la propria forza, iniziando da un piccolo cucciolo di Yorkshire bianco che aveva trovato accucciato davanti ad un albero in quella foresta. Apparteneva a qualcuno e aveva provato rimorso nel compiere un atto simile, ma il bisogno di nutrirsi era più forte del senso di colpa.

Solo in seguito si era reso conto che il cucciolo apparteneva alla bambina che lo aveva liberato. Sentendo ancora una piccola scintilla di vita in quella palla di pelo, fece una cosa incredibile. Mordendosi il polso, Kane fece sì che un paio di gocce di sangue finissero sulla lingua del cane, poi adagiò il cucciolo a terra, chiedendosi cosa diavolo stesse facendo. Non avrebbe mai funzionato... o forse sì?

Lei lo aveva salvato due volte e neppure lo sapeva. Il ricordo della sua voce spaventata riusciva ancora a svegliarlo di soprassalto dal sonno più profondo. Avrebbe tanto voluto vederla... solo una rapida occhiata per dare un volto alla voce che lo perseguitava.

Infilando la mano in tasca, tirò fuori il piccolo collare e guardò la targhetta a forma di osso. Conosceva il cognome, ma l’indirizzo non era più quello giusto... non lo era da anni. Quando aveva finalmente imparato ad usare un computer aveva fatto una ricerca, ma i genitori della ragazza erano morti e la casa era stata venduta. La loro figlia, che lui era certo fosse colei che lo aveva liberato, era svanita senza lasciare traccia.

Kane gettò via la sigaretta e la calpestò col piede sinistro. Una volta ritornato a Los Angeles, si era subito recato al club che Malachi gestiva e in cui viveva, ma scoprì che era stato venduto e che i suoi figli si erano trasferiti ad un altro indirizzo. La nuova sede, un tempo, era solo un magazzino abbandonato, ma i giaguari lo avevano ristrutturato di recente e lo avevano trasformato in un nightclub alla moda. Adesso erano i figli di Malachi a gestirlo.

Scosse la testa, chiedendosi come Malachi avesse potuto risposarsi, sapendo quanto aveva amato la sua prima moglie. Lei era la sua anima gemella e, anche se i mutanti erano noti per i propri appetiti sessuali, una volta incontrata l’anima gemella per loro era quasi impossibile amare qualcun altro.

Facendo delle ricerche, Kane aveva scoperto che la nuova moglie di Malachi gli aveva dato quattro figli ed era morta dando alla luce l’ultimo, Nick.

Malachi era morto la notte in cui lui aveva sentito il ruggito da sottoterra, ma Kane sentiva il desiderio di vendetta rodergli ancora l’anima. Quasi tutti i vampiri erano nati dalle tenebre e forse Syn aveva sbagliato a credere che lui fosse diverso dai suoi malvagi fratelli. Forse perdere la testa per trenta strazianti anni lo aveva danneggiato così tanto da non farlo sembrare più un’eccezione. La sua mente era ancora nel luogo buio in cui Malachi l’aveva imprigionato.

Per come la vedeva Kane, erano stati i giaguari ad iniziare per primi. Adesso era tornato per ricambiare il favore a tutta la maledetta razza di mutanti, a cominciare dai figli di Malachi. Ah, ma non si sarebbe fermato lì. Dopo sarebbe toccato ai figli del mutante che lo aveva incastrato... Nathaniel Wilder.

Trovare dei servi che gli procurassero del sangue non era stato difficile. Kane era ancora stupito per la piega gothic-dark che la periferia della città aveva preso. Buona parte di quei tipi laggiù potevano soltanto sognare di essere come lui, un vampiro vero e non un’imitazione in stile gothic. Non aveva dovuto far altro che trasformarne uno e poi lasciarlo alla mercé della sua strategia. Aveva scelto il più pericoloso del gruppo... quello che sembrava aver già perso l’anima nell’oscurità. Raven, un tipo solitario, uno psicopatico al limite della normalità già da umano... un dark emarginato, assetato di sangue ben prima di averne realmente bisogno.

Raven era l’unica persona a cui Kane avesse detto dei mutanti che lo avevano pugnalato alle spalle, bloccandolo con l’incantesimo e seppellendolo vivo. Non sapeva per quale motivo si fosse confidato con lui... forse per noia.

Kane aveva lasciato quella canaglia libera per la città. Raven era arrabbiato con il mondo già prima di rinascere come figlio della notte, e adesso Kane gli aveva dato una valvola di sfogo per quella rabbia. Raven si era offerto di attuare la vendetta al posto suo, e lo aveva fatto sfruttando i suoi nuovi poteri al massimo delle loro potenzialità.

Kane non si era preoccupato di dissuadere Raven, poiché si adattava perfettamente ai suoi piani di mandare in rovina il resto della famiglia di Malachi. Perché mai avrebbe dovuto proteggere i mutanti da lui? Il massimo che aveva fatto era stato dire al ragazzo di non uccidere gli umani per nutrirsi e di non far loro del male se non era lui ad ordinarlo. Non era colpa sua se lui, invece, aveva deciso di ucciderli.

La prima volta che Raven aveva ucciso qualcuno fu anche l’unica volta che Kane intervenne, allontanando il ragazzo prima che lasciasse il segno dei canini in bella vista sul cadavere. Mantenere segreta la propria identità faceva parte del suo istinto di autoconservazione e aveva dimenticato di dirlo a Raven. Kane allora gli aveva fatto vedere come cancellare il segno dei canini e far sembrare l’omicidio come un semplice delitto efferato.

Raven aveva iniziato a seminare le sue vittime nei pressi del Moon Dance affinché le autorità le trovassero. Era un piano perfetto. La maggior parte dei vampiri erano cattivi per natura e Kane aveva passato buona parte della sua vita da non morto accanto a quegli assassini. Vedere quel ragazzo uccidere le persone sembrava una cosa naturale per la sua specie.

Se Syn fosse stato sveglio per assistere a quella furia omicida, avrebbe liberato il mondo da Raven uccidendolo o legandolo per sempre alla sua tomba. Ora che Kane aveva provato una punizione simile, avrebbe sicuramente preferito una morte veloce.

Prima del suo esilio era amico di un altro vampiro... Michael. Erano amici da più tempo di quanto riuscissero probabilmente a ricordare. Entrambi avevano ricevuto in dono gli eliotropi perché avevano conservato la loro anima... insieme a Damon, il fratello del suo amico.

Michael era un bravo ragazzo... stava dalla parte dei buoni, come si suol dire, ma Kane aveva sentito dire che Damon aveva sviluppato un lato oscuro e lo stava sfogando su suo fratello. Magari gli avrebbe fatto una breve visita dopo aver finito lì, e gli avrebbe insegnato le buone maniere. Kane si chiese il motivo dell’improvvisa rivalità tra i due, visto che Michael amava suo fratello... ma le cose cambiano, prima o poi.

Kane non voleva che Michael vedesse la follia che la tomba gli aveva causato. Nelle ultime due settimane aveva passato parte del suo tempo ad osservare Michael da lontano. Sapeva che lui e il figlio maggiore del giaguaro, Warren, erano amici adesso... proprio come un tempo lo erano stati lui e Malachi.

I mutanti erano dei traditori e Michael non lo aveva ancora capito. Togliendo di mezzo i mutanti avrebbe fatto un ultimo favore a Michael... in ricordo dei vecchi tempi.

Kane si toccò di nuovo l’orecchino, sapendo che era l’eliotropio ad impedirgli di uccidere gli umani. Se la sua anima fosse stata davvero malvagia allora la magia dell’eliotropio non avrebbe funzionato su di lui. Si era chiesto spesso come avesse fatto Malachi a non considerare quel semplice dato di fatto... la prova della propria innocenza era sempre stata lì, proprio davanti ai suoi occhi.

Ma ormai non aveva importanza... aveva passato trent’anni in una tomba per qualcosa che non aveva commesso. “Vi ripagherò con l’inferno, amici miei.”.

*****

“Telemarketing?” chiese Chad, cercando di nascondere un sorriso quando sua sorella minore sbatté la cornetta così forte da far cadere il telefono dal muro, finendo sul pavimento con uno schianto.

Envy prese a calci il telefono lungo il corridoio, fingendo che fosse la testa del suo ragazzo, prima di girarsi verso suo fratello “Siete tutti bastardi, o lo sono soltanto quelli con cui esco io?”

Chad alzò le mani in segno di resa “Secondo me le ragazze sono uguali. Adesso calmati e racconta al tuo fratellone cos’è successo.”.

Envy appoggiò la fronte contro la parete fredda. Si rifiutò di lasciare che anche una sola lacrima scendesse. Trevor non le piaceva abbastanza da piangere per lui e stava davvero iniziando a stancarsi di ragazzi mediocri. “Era Jason al telefono. Pensava che fossi di nuovo single, perché ha appena visto Trevor in un nuovo locale. Era praticamente avvinghiato ad un’altra sulla pista da ballo.”.

Chad scosse la testa. Non avrebbe di certo provato pena per Trevor quando sua sorella gli avrebbe messo le mani addosso. “Che ne dici di andare a ballare, allora?” alzò un sopracciglio, non volendo perdersi lo spettacolo per niente al mondo.

Envy sorrise, apprezzando l’idea “Dammi dieci minuti e sono pronta.”.

Chad annuì, si sedette sul bracciolo del divano e cliccò sul telecomando per guardare il notiziario, anche se non vi prestò molta attenzione. Non gli piaceva che lei frequentasse Trevor. Sapeva che quel tipo recitava la parte del ricco studente universitario solo come copertura, ma non gli piaceva comunque che nascondesse ad Envy chi era davvero. Se andavano a letto insieme lei doveva almeno sapere la verità sulla persona con cui scopava.

Iniziare una relazione con una bugia non era la cosa migliore, se uno ha intenzione di mentire allora, per prima cosa, non dovrebbe lasciarsi coinvolgere. L’ultima volta che aveva visto Trevor alla stazione di polizia lo aveva messo alle strette e aveva chiesto all’agente in incognito di dire ad Envy la verità su quello che faceva, o di starle alla larga. Non era colpa sua se Trevor non ascoltava nessuno a parte se stesso.

Lo irritava il pensiero che Trevor potesse usare Envy mentre indagava sotto copertura nei bar. Visto che lei lavorava come barista in molti locali, lui aveva un motivo per seguirla prima dell’orario di apertura e per restare dopo l’orario di chiusura. Stare lì senza troppa gente permetteva a Trevor di curiosare meglio, ed Envy non ne sapeva nulla.

Chad si era rifiutato di lavorare sotto copertura, anche se la squadra delle Forze Speciali stava cercando di convincerlo da un po’ di tempo, ormai. Ora era diventato lui il primo che chiamavano quando c’era una porta da sfondare o qualche testa calda da tenere a bada. E per lui andava bene. Preferiva prendere a calci in culo un idiota, piuttosto che intrufolarsi di nascosto da qualche parte per rovistare e cercare di scoprire gli affari sporchi di qualcuno.

D’altro canto, il loro amico Jason sarebbe stato un fidanzato migliore per Envy. Erano stati compagni di scuola, ma era quello il punto. Jason aveva una cotta per lei dalle scuole superiori e frequentava casa loro così spesso che Envy lo considerava suo fratello... non un ragazzo.

Jason era entrato nella Guardia Forestale della Foresta Nazionale di Angeles subito dopo la scuola e faceva quel lavoro da allora. Ad Envy piaceva ancora passare del tempo con lui. Vedeva molto spesso anche la sua migliore amica Tabatha, che faceva parte della stessa unità della Guardia Forestale di Jason.

Chad si alzò dal divano e si fermò fuori la porta della camera di Envy. Vivevano insieme da quattro anni, da quando i loro genitori erano morti in un incidente stradale, e se la cavavano alla grande. Lui era un poliziotto e lei faceva la barista in parecchi locali della città.

L’unico motivo per cui non le diceva di trovarsi un lavoro “vero” era perché, quasi tutte le sere, lei guadagnava più di lui. Questo rendeva le cose addirittura migliori perché, quando c’era da pagare l’affitto, di solito era Envy a pagarlo, mentre lui si occupava di tutto il resto.

“Qual è il locale?” le chiese da dietro la porta.

“Quello nuovo, il Moon Dance.” Envy raccolse in una coda di cavallo alcune ciocche dei suoi lunghi capelli rossi, lasciando gli altri sciolti lungo la schiena. “Mentre siamo lì potrei anche fare domanda come barista.”.

Chad si accigliò. “È quello verso la periferia, vero?” S’incamminò verso la sua stanza senza aspettare la risposta. Ultimamente le cose in quella zona della città si erano fatte un po’ pericolose. Le sparizioni erano il pericolo principale e alcuni cadaveri erano stati ritrovati a circa un isolato da quel club.

Per il momento non c’era nulla che potesse collegarli direttamente al Moon Dance, se non che le vittime frequentassero tutte quel locale. Era solo la cornice temporale ad insospettire Chad e molte altre persone. C’era qualche dubbio sul fatto che ci fosse o no un serial killer che si aggirava in quel club. Quasi tutte le ultime vittime erano state viste lì, come agente di polizia non poteva ignorare un possibile collegamento.

Visto che la pistola e il distintivo erano già in auto, Chad prese il taser e se lo agganciò dietro la cintura dei pantaloni. Con tutto quello che stava succedendo laggiù, voleva che Envy lo usasse nel caso in cui qualcosa andasse storto mentre erano lì.

Uscendo dalla sua stanza diede un’occhiata in corridoio e si bloccò all’istante quando vide sua sorella. Una gonna corta di pelle nera con orlo di pizzo la copriva fino a metà coscia, abbinata ad un top di pizzo nero. C’erano inserti di pelle nera solo nei punti necessari... abbastanza per coprirle il seno e mettere in mostra il suo ventre asciutto e l’ombelico.

Indossava anche un paio di stivali di pelle nera che arrivavano appena sopra il ginocchio, con sottili catene attorno alle caviglie. Al collo aveva una collana con un meraviglioso quarzo di ametista che sua madre le aveva regalato molti anni fa. Buona parte dei suoi capelli rossi era raccolta in una lunga coda di cavallo, con alcune ciocche che ricadevano su una spalla.

Il trucco era curato, con un po’ di eyeliner nero e ombretto, e un rossetto scuro. Sembrava una dominatrice.

“Cavolo, hai sete di sangue?” Chad alzò un sopracciglio, lanciandole una seconda occhiata. Pensò quasi di annullare l’uscita serale e spedirla a letto per la sua sicurezza.

“Beh, ho deciso.” Envy alzò appena un sopracciglio “Dopo essermi occupata di Trevor me la spasserò! D’ora in poi mi rifiuto di uscire con un solo ragazzo. Non ne voglio soltanto uno... ne voglio un sacco! Così se uno si comporta da idiota non sarà un problema perché ne avrò altri che saranno ben felici di prenderlo a calci in culo.”.

“Certo, mi ricordo com’è andata a finire alle superiori.” Chad scosse la testa, sapendo che sua sorella era molto più ingenua di quanto fingesse di essere “Prendiamo la mia auto, nel caso mi chiamino dalla centrale.”.

“Solo se posso giocare con le luci blu.” Envy sorrise, sapendo che l’avrebbe accontentata.

Chad sospirò e s’incamminò verso l’auto. “Giuro, sei peggio di un bambino in un negozio di giocattoli, che tocca qualsiasi pupazzo rumoroso dando fastidio a tutti.”.

“Che c’è?” rise lei. “A me piacciono le luci blu. La gente si toglie di mezzo quando le accendo.”.

“Come la volta che avevamo finito il caffè?” chiese. “Lo sai che è uno spreco di denaro pubblico, vero?”

“Se non stai zitto guido io. E allora avrai a che fare con le luci rosse e la sirena.” lo avvertì lei, facendogli l’occhiolino.

Chad si zittì all’istante perché, l’ultima volta che era successo, lei era in ritardo al lavoro e lui stava troppo male per guidare, così si era seduto dal lato del passeggero e si era addormentato beatamente. Il suo capo gli dava ancora il tormento per quell’episodio.

*****

Envy spense le luci blu a circa un isolato dal club e alzò lo sguardo verso i riflettori che danzavano nel cielo coperto di nuvole. Quando vide l’edifico a due piani lo guardò meravigliata.

Aveva lavorato così tanto ultimamente che non aveva ancora avuto l’occasione di fare un salto al Moon Dance, ma alcuni dei suoi clienti ne erano entusiasti. Da fuori non sembrava un granché. Era un capannone in mattoni con poche finestre e un’insegna al neon viola all’ingresso.

La gente era in fila fino a metà dell’ampio parcheggio, indossando i migliori abiti da discoteca e conversando animatamente. Il fatto che ci fosse ancora coda dopo le dieci di sera le fece capire che lavorando lì probabilmente avrebbe guadagnato parecchio.

“Oh sì, devo assolutamente fare domanda per lavorare qui.” sorrise a quell’idea.

“Almeno la fila è quasi finita.” disse Chad sarcasticamente, impaziente di vedere Trevor beccarsi una bella scarica di adrenalina da sua sorella.

Si fermò nella zona più buia del parcheggio, proprio accanto all’auto di Trevor. Prima che Envy potesse aprire lo sportello, Chad allungò la mano e le prese il braccio. “Tieni.” le mise il taser in mano e poi, senza dire una parola, aprì lo sportello e scese.

Envy strinse le dita attorno al dispositivo con un sorriso. Chad le aveva insegnato a difendersi a tal punto che avrebbe potuto mettere k.o. la maggior parte dei suoi colleghi senza il minimo sforzo, ma le aveva anche detto “Perché combattere, quando puoi semplicemente premere un pulsante?”

Infilò il taser nella tasca laterale della gonna insieme alla sua carta d’identità. Avrebbe premuto quel pulsante contro Trevor. E avrebbe premuto volentieri anche il pulsante dell’ascensore per l’inferno, per vedercelo andare all’istante. Nessuno prendeva in giro Envy Sexton e poi la passava liscia.

Si diressero insieme verso la fila di persone ed Envy fu molto felice quando la coda iniziò a scorrere così velocemente che ci vollero soltanto un paio di minuti per arrivare all’ingresso.

L’uomo alla porta indossava un bel paio di pantaloni Armani e una giacca abbinata. La camicia era aderente e gli lasciava il petto in bella mostra. I suoi capelli castani cadevano morbidi ai lati del viso. Aveva una barba appena accennata e profondi occhi scuri, che quasi brillavano alla luce del neon.

Chad pagò ed entrambi mostrarono i loro documenti prima che l’uomo mettesse un timbro sulle loro mani e staccasse il cordoncino di velluto rosso per farli entrare. Passarono attraverso la porta principale e percorsero un breve corridoio fino ad un’altra porta, che si aprì quando si avvicinarono. Entrati nella sala principale si fermarono e rimasero a fissarla. Era come entrare in un’altra dimensione.

Per quanto affollato fosse il parcheggio, si poteva pensare che all’interno la gente fosse stipata, e invece no. Envy rimase a bocca aperta mentre si dirigeva verso il grande spazio vuoto al centro della sala.

Avvicinandosi alla ringhiera, guardò giù verso la pista da ballo. Su entrambi i lati c’era una passerella che si estendeva per tutto il piano, con un’area bar in tutta la sua lunghezza. Il bancone sembrava fatto di vetro soffiato, con una soffusa luce al neon all’interno.

Due rampe di scale scendevano a destra e a sinistra, incontrandosi al centro prima di proseguire fino alla pista da ballo sottostante. La pista era inondata da una luce abbastanza soffusa da proiettare una sorta di luce scura sulle gambe dei clienti. A tutto ciò si aggiungeva la caotica luce stroboscopica e i riflettori che illuminavano tutto tranne coloro che ballavano.

In questo modo, chi ballava era visibile soltanto dal ginocchio in giù, mentre il resto del corpo restava avvolto nell’ombra.

Envy si sporse dalla ringhiera per vedere se ci fossero altre aree bar al piano di sotto, ma non c’era niente oltre alla pista da ballo. Le sembrava una specie di fossa, scendendo le scale ci si trovava in balìa dell’oscurità che avvolgeva i clienti nell’ombra.

‘È a tre piani?’ si chiese, guardando il massiccio soffitto sopra di lei. Contando il piano terra avrebbe dovuto esserci un terzo piano, e si domandò se facesse parte anch’esso del club o se fosse off limits.

Urla e fischi attirarono di nuovo il suo sguardo verso la pista da ballo. Rimase sbalordita quando un riflettore color ghiaccio illuminò una gabbia al centro della pista e rimase subito affascinata dall’uomo dietro le sbarre.

Anche lo sguardo di Chad si posò sulla gabbia. Sembrava una piccola cella di una prigione, e all’interno c’erano un uomo e una donna che giravano in tondo. Il calore dei loro movimenti si percepiva anche da lontano. Le dita di Chad divennero bianche nell’afferrare la ringhiera quando l’uomo nella gabbia spinse la sua compagna di ballo contro le sbarre, per poi vederla sgattaiolare sotto il suo braccio quando cercò di bloccarla.

Girando su se stesso, l’uomo le afferrò il polso e la strinse, prima di farle mettere le mani sulle sbarre davanti a sé. Facendole stringere le sbarre, si strofinò sul suo corpo seminudo finché la ragazza non piegò la testa all’indietro sul suo petto, come se la cosa le piacesse.

Era un qualcosa di natura animalesca, quasi una sorta di danza di accoppiamento primitiva. Envy e Chad erano incantati e affascinati dallo spettacolo, ciascuno in modo diverso.

Chad guardò in silenzio per qualche altro minuto quando la coppia si separò e l’uomo intrappolò la donna in una posizione diversa. Il calore dei loro movimenti fece stringere i jeans di Chad mentre le anche dell’uomo iniziarono a muoversi a scatti contro il sedere della ragazza. Distogliendo lo sguardo per la frustrazione, Chad si sforzò di guardare le decorazioni sulle pareti superiori, visibili solo dalla sua angolazione.

C’erano per lo più riflettori con luci scure fisse, accanto ad enormi ritratti di giaguari, alcuni raffigurati in combattimento, altri a caccia da soli. Quei ritratti sembravano avere vita propria, sembravano quasi muoversi con le luci, dando l’impressione che gli animali fossero vivi e osservassero la gente.

Dovette ammettere che l’ambientazione del locale era particolare, ma d’effetto. I suoi occhi seguirono il movimento delle luci lungo le pareti e notò le catene appese tra i quadri, alcune con collari dentati e fruste di pelle nera.

Riportò lo sguardo verso la gabbia e stava per andare a cercare Jason quando notò Trevor in pista, accanto ad uno dei riflettori. L’idiota era con due ragazze e sembrava divertirsi parecchio. Dando un’occhiata a Envy, Chad capì che non c’era bisogno di dirglielo perché lei stava già guardando. Envy piegò la testa di lato, scrutando Trevor come se non lo conoscesse e si chiese perché avesse iniziato a frequentarlo.

Doveva ammettere che era uno spettacolo per gli occhi, ‘maledettamente attraente’ sarebbe stata la definizione corretta. Sembrava un surfista californiano con quei capelli scompigliati color biondo sabbia, l’abbronzatura e gli occhi grigio-blu. Era proprio uno schianto ed era anche molto divertente.

Ma, a parte la bellezza, non c’era molto altro che potesse attirare davvero una ragazza. Ciò che ne restava era un tipo da confraternita del college, ricco e viziato. Quando era presente era molto premuroso ma, allo stesso tempo, era capace di sparire anche per giorni, a volte.

L’unica altra cosa positiva che poteva dire di lui era la sua bravura a letto, le aveva fatto passare alcuni dei momenti migliori della sua vita.

A pensarci bene, aveva davvero creduto di piacergli... e anche di più. Questo dimostrava quanto ne capiva di uomini. A dire la verità iniziava a stancarsi di stare da sola... ma non era una buona ragione per iniziare ad uscire con qualcuno.

Sospirò quando vide Trevor toccare il sedere alla ragazza che era avvinghiata a lui, e si rese conto di non essere per niente gelosa. Se fosse stata davvero innamorata di lui, non avrebbe dovuto essere furiosa, invece che a malapena irritata? Quello che le dava più fastidio era che lui aveva mentito dicendo di volere soltanto lei.

Jason, seduto su uno sgabello al bar, aveva visto Envy entrare nel club. Sapeva che sarebbe venuta e non fu sorpreso di vedere Chad con lei. Dopo aver dato loro alcuni minuti per guardarsi intorno, fece un sorrisetto di soddisfazione quando vide Envy irrigidirsi, e capì che lei aveva visto il suo ragazzo spassarsela in pista. Aveva cercato di nascondere la propria gelosia negli ultimi due mesi e non voleva ferirla ma, se questo era quello che serviva per allontanarla da Trevor, allora andava fatto per il suo bene.

Girandosi verso Kat, la bella barista con cui stava parlando, Jason sorrise “Te l’avevo detto che sarebbero venuti.” indicando Envy e Chad.

Era lì da più di un’ora ma, dopo aver visto il tradimento di Trevor nei confronti di Envy, non aveva più l’umore adatto per unirsi alla folla. Aveva finito per annoiarsi e aveva iniziato a chiacchierare con Kat per passare il tempo. Le aveva anche parlato del ragazzo traditore di Envy.

“E così quello è il tuo migliore amico con sua sorella?” Kat guardò i due, ma il suo interesse era tutto per il poliziotto. Se Jason non le avesse detto che Chad era un poliziotto, non lo avrebbe mai immaginato. Era incredibilmente figo.

Alto più di un metro e ottanta, con la pelle abbronzata, i capelli castani con riflessi dorati. Erano un po’ più lunghi rispetto al classico taglio di capelli da poliziotto e sembravano spettinati dal vento, dandogli un’aria leggermente selvaggia. Finì per confrontarlo con Quinn, e si stupì di averlo fatto di nuovo. Guardò Jason, sapendo che avevano bisogno entrambi di dimenticare le loro vecchie fiamme, altrimenti avrebbero finito per bruciarsi.

“Non sembra un poliziotto.” disse Kat osservando Chad, e si chiese se frequentasse qualcuna, visto che Jason non aveva toccato l’argomento.

“Oh, beh...” Jason quasi mise il broncio quando notò il modo in cui lei guardava Chad, poi scosse la testa “Torno subito.”.

Finita la sua soda, lasciò lo sgabello e s’incamminò verso i suoi amici. Quando li raggiunse, posò una mano sulla spalla di Envy e, abbassando le labbra all’altezza del suo orecchio, le sussurrò “Vuoi ballare?”

Envy sorrise senza voltarsi. “Certo che sì!” esclamò, e scese la rampa di scale più vicina, lasciando Jason lì accanto a Chad, con la mano ancora appoggiata su una spalla immaginaria. Jason si riprese quando sentì Chad ridere.

“Accidenti.” sospirò Jason quando la vide scendere le scale.

Chad gli diede una pacca d’incoraggiamento sulla spalla mentre lo conduceva al bar, e si appoggiò al bancone “Non prendertela. Penso che adesso Envy abbia solo una cosa in mente, e ha a che fare con la vendetta.”.

Diede un’occhiata alla ragazza dietro al bancone e, per un momento, dimenticò che Jason fosse lì. Era stupenda con la sua abbronzatura e i lunghi capelli neri che le ondeggiavano sulle spalle, scendendo fino alle anche. I suoi occhi erano azzurri, contornati da un cerchio nero scuro.

Era completamente incantato dalle sue labbra carnose quando le disse “Una soda, per favore.”.

“Non bevi, stasera?” chiese Jason, e si sforzò di non lanciare un’occhiataccia al suo amico quando Chad gli rispose continuando a guardare Kat. Perché a tutte le ragazze piacevano i poliziotti?

“No, ho la sensazione che farei meglio a restare sobrio, per ora. Non mi piace Trevor, così ho dato a Envy il mio taser.” Chad distolse gli occhi dalla ragazza per rivolgere un ampio sorriso a Jason. “E sono venuto con l’auto di servizio.” sapeva che Jason avrebbe letto tra le righe.

Jason si scostò dal bancone, lasciando perdere il fatto che il suo amico piaceva a tutte le ragazze. “Oh cavolo, allora non me lo posso perdere!” Tornò verso la balaustra mentre la risata di Chad echeggiava dietro di lui.

“Bene, e stasera ho fatto felici due persone.” Chad fece l’occhiolino a Kat, sapendo che lo stava ascoltando, poi pagò il conto. Era meglio andare a vedere cosa stava combinando Envy.

Kat fece un cenno con la testa quando Chad le porse un biglietto da venti e le disse di tenere il resto, prima di alzarsi per raggiungere Jason. Kat pensò che quei due fossero un pericolo per gli ormoni di una ragazza. Jason aveva lunghi capelli castano chiaro, e il viso e il corpo di un modello di Bay Watch.

Quella sera aveva visto tantissime ragazze cercare di attirare la sua attenzione, ma lui non sembrava notarle ed era perso nei suoi pensieri... finché non aveva iniziato a parlarle dei suoi migliori amici: Chad, e la ragazza verso cui entrambi erano così protettivi.

Le mancava sentirsi protetta da qualcuno oltre ai suoi fratelli. Sbatté le palpebre cercando di scacciare il volto di Quinn dalla sua mente e si concentrò sul problema attuale.

Fu la frase sul taser a scacciare via il pensiero di Quinn. Kat decise di avvertire i suoi fratelli dello spettacolo che stava per iniziare. Ultimamente avevano avuto già abbastanza problemi con la serie di omicidi nei dintorni del club, l’ultima cosa di cui avevano bisogno era altra cattiva pubblicità.

Chad si sporse dalla balaustra per cercare Envy. Grazie al cielo i ballerini nella gabbia erano ancora lì, con l’aiuto del loro riflettore sarebbe stato più facile individuarla. Sentendo un flebile lamento di Jason, seguì il suo sguardo fin quando non vide sua sorella ballare in mezzo a parecchi ragazzi, accanto al riflettore della gabbia. Chad si accigliò stringendo gli occhi e chiedendosi che diavolo avesse intenzione di fare.

“Beh, almeno la sua attenzione è su Trevor. A proposito, grazie per averla chiamata.” disse Chad con voce seria. “Mi aspettavo un qualcosa del genere da lui.”.

Jason scrollò le spalle “Non l’ho fatto per me, ma per lei. Merita una persona migliore di Trevor.”. Accennò un sorriso mentre la guardava, sapendo che lei adesso era single. Tuttavia, vederla in mezzo a tutti quei ragazzi velò il suo lieve sorriso con un pizzico di tristezza.

Moon Dance

Подняться наверх