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CAPITOLO XXV

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Annetta venne da lei la mattina senza fiato. « Oh! signorina, » le disse con tronche parole, « quante cose ho da raccontarvi! Ho scoperto chi è il prigioniero, ma non era il prigioniero; è quello chiuso in quella camera, di cui vi ho parlato, ed io l'aveva preso per un'ombra!

– Chi era quel prigioniero? » chiese Emilia, ripensando al caso della notte scorsa.

– V'ingannate, signora, non era prigioniero niente affatto.

– Chi è dunque?

– Beata Vergine! come son rimasta! L'ho incontrato poco fa sul bastione qui sotto! Ah! signora Emilia, questo luogo è proprio strano. Se ci vivessimo mill'anni, non finirei mai di stupirmi. Ma, come vi diceva, l'ho incontrato sul bastione, e certo pensava a tutt'altro che a lui.

– Queste ciarle sono insopportabili; di grazia, Annetta, non abusare della mia pazienza.

– Sì, signorina, indovinate? chi era mo; è una persona che voi conoscete benissimo.

– Non posso indovinarlo, » rispose Emilia con impazienza.

– Ebbene, vi metterò sulla strada. Un uomo grande, col viso lungo, che cammina con gravità, che porta un gran pennacchio sul cappello, che abbassa gli occhi quando gli si parla, e guarda la gente di sotto le ciglia negre e folte! Voi l'avete veduto mille volte a Venezia; era amico intimo del padrone. Ed ora, quando ci penso, di che aveva egli paura in questo vecchio castello selvaggio per chiudervisi con tanta precauzione? Ma adesso prende il largo, ed io l'ho trovato poco fa sul bastione. Tremava nel vederlo; mi ha fatto sempre paura; ma non voleva che se ne accorgesse. Allorchè mi è passato vicino, gli ho fatto una riverenza, e gli ho detto: Siate il ben venuto al castello, signor Orsino.

– Ah! dunque era Orsino?

– Sì, signora; egli stesso, colui che ha fatto ammazzare quel signore veneziano.

– Gran Dio! » sclamò Emilia; « egli è venuto a Udolfo! Ha fatto benissimo a star nascosto.

– Ma che bisogno c'è di tante precauzioni? Chi potrebbe mai immaginarsi di trovarlo qui?

– È verissimo, » disse Emilia, ed avrebbe forse concluso che la musica notturna veniva da Orsino, se non fosse stata certa non aver egli nè gusto, nè talento per quell'arte. Non volendo aumentare le paure di Annetta parlando di ciò che cagionava la sua, le domandò se fossevi alcuno nel castello che sapesse suonar qualche istrumento.

« Oh, sì, signorina, Benedetto suona bene il tamburo, Lancellotto è bravo per la tromba, e anche Lodovico suona bene la tromba. Ma ora è ammalato. Mi ricordo che una volta…

– Non avresti tu intesa una musica, » disse Emilia interrompendola, « dopo il nostro arrivo in questo luogo, e segnatamente la notte scorsa?

– No, signora; non ho inteso mai altra musica, fuor quella dei tamburi e delle trombe. E quanto alla notte passata, non ho fatto altro che sognare l'ombra della mia defunta padrona.

– La tua defunta padrona? » disse la fanciulla tremando; « tu sai dunque qualcosa? Dimmi tutto quello che sai, per carità.

– Ma, signorina, voi non ignorate che nessuno sa cosa sia accaduto di lei: è dunque chiaro che ha preso l'istessa strada dell'antica padrona del castello, della quale nessuno ha saputo più nulla. »

Emilia, profondamente afflitta, congedò la cameriera, i cui discorsi avevano rianimato i terribili di lei sospetti sul destino della zia, ciò che la decise a fare un secondo sforzo per ottenere qualche certezza in proposito, dirigendosi un'altra volta a Montoni.

Annetta tornò di lì a poche ore, e disse ad Emilia che il portinaio del castello desiderava parlarle avendo un segreto da rivelarle. Quest'ambasciata la sorprese, e le fece dubitare di qualche insidia; già esitava ad acconsentire; ma una breve riflessione gliene dimostrò l'improbabilità, e arrossì della sua debolezza.

« Digli che venga nel corridoio, » rispos'ella, « e gli parlerò. »

Annetta partì, e tornò poco dopo dicendo:

« Bernardino non ardisce venire nel corridoio, temendo di essere veduto. Si allontanerebbe troppo dal suo posto, e non può farlo per adesso. Ma se volete compiacervi di venire a trovarlo al portone, passeremo per una strada segreta ch'egli mi ha insegnata, senza traversare il cortile, e vi racconterà cose che vi sorprenderanno assaissimo. »

Emilia, non approvando quel progetto, negò positivamente di andare. « Digli, » soggiunse, « che se ha da farmi qualche confidenza, l'ascolterò nel corridoio quando avrà il tempo di venirci. »

Annetta andò a portar la risposta, ed al suo ritorno disse ad Emilia: « Non ho concluso nulla, signorina; Bernardino non può in verun modo lasciare la porta in questo momento; ma se stasera, appena farà notte, volete venire sul bastione orientale, egli potrà forse allontanarsi un minuto e svelarvi il suo segreto. »

Emilia, sorpresa ed allarmata al tempo stesso dal mistero che colui esigeva, esitava sul partito da prendere; ma considerando che forse l'avvertirebbe di qualche disgrazia, od avrebbe da darle notizie della zia; risolse di accettare l'invito. « Dopo il tramonto del sole, » disse, « io sarò in fondo al bastione orientale; ma allora sarà appostata la sentinella; come farà Bernardino a non esser veduto?

– È appunto ciò che gli ho detto, ed esso mi ha risposto aver la chiave della porta di comunicazione fra il cortile e il bastione, per la quale egli si propone di passare; che quanto alle sentinelle, non ne mettono alcuna in fondo al bastione, perchè le mura altissime e la torre di levante bastano da quella parte per guardare il castello, e che quando sarà oscuro, non potrà esser veduto all'altra estremità.

– Ebbene, » disse Emilia, « sentirò ciò che vuol dirmi, e ti prego di accompagnarmi stasera sul bastione: intanto di' a Bernardino di esser puntuale all'ora indicata, giacchè potrei ancor io esser veduta dal signor Montoni. Dov'è egli? Vorrei parlargli.

– È nel salotto di cedro, a parlamento con altri signori. Io credo che voglia dare un banchetto per riparare il disordine dell'altra notte: in cucina sono tutti occupatissimi. »

La padroncina le domandò se aspettavano nuovi ospiti. Annetta non lo credeva. « Povero Lodovico! » diss'ella; « sarebbe allegro come gli altri se fosse ristabilito! Il caso però non è disperato: il conte Morano era più ferito di lui, e intanto è guarito e se n'è tornato a Venezia.

– Come facesti a saperlo?

– Me l'han detto ier sera, signorina; mi sono scordata di contarvelo. »

Emilia la pregò di avvertirla quando Montoni fosse solo. Annetta andò a portar la risposta a Bernardino, che l'aspettava impaziente. Il castellano intanto fu così occupato per tutto il giorno, che Emilia non ebbe l'occasione di calmare i suoi timori sul destino della zia. Volse i suoi pensieri all'ambasciata del portinaio: si perdeva in mille congetture, e man mano che si avvicinava l'ora del misterioso colloquio, cresceva la sua impazienza. Il sole finalmente tramontò: sentì appostare le sentinelle, ed appena giunse Annetta, che doveva accompagnarla, scesero insieme. Emilia temeva d'incontrar Montoni, o qualcuno de' suoi. « Rassicuratevi, » disse Annetta, « sono ancora tutti a tavola, e Bernardino lo sa. »

Giunte al primo terrazzo, la sentinella, gridò: Chi va là? Emilia rispose, e s'incamminarono al bastione orientale, ove furono fermate da un'altra sentinella, e dopo una seconda risposta, poterono continuare. Emilia non amava esporsi così tardi alla discrezione di quella gente, impazientissima di ritirarsi, accelerò il passo per raggiunger Bernardino, ma non trovandolo si appoggiò pensierosa al parapetto. Il bosco e la valle eran sepolti nell'oscurità, un lieve venticello agitava solo la cima degli alberi, e tratto tratto si udivano voci nell'interno del vasto edifizio.

« Cosa sono queste voci? » disse Emilia tremante.

– Quelle del padrone e de' suoi ospiti che gozzovigliano, » rispose Annetta.

– Gran Dio! com'è mai possibile che un uomo sia così allegro quando forma l'infelicità del suo simile!… E la fanciulla guardò con raccapriccio la torre di levante presso cui si trovava: vide una fioca luce attraverso la ferriata della stanza inferiore: una persona vi passava col lume in mano; tale circostanza non rianimò le sue speranze a proposito della signora Montoni, poichè, avendola cercata colà appunto, non vi aveva trovato che una vecchia divisa e delle armi. Nulladimeno si decise a tentar di aprire la torre al di fuori, appena Bernardino si fosse partito da lei.

Passava il tempo, e costui non compariva. Emilia, inquieta, esitò se dovesse aspettarlo ancora; avrebbe mandata Annetta a cercarlo, se non avesse temuto di restar sola.

Mentre ragionava colla seguace della tardanza, lo videro comparire. Emilia si affrettò a domandargli che cosa voleva dirle, pregandolo di non perder tempo, poichè l'aria notturna l'incomodava.

« Licenziate la cameriera, signorina, » le disse Bernardino con voce sepolcrale, che la fece fremere, « il mio segreto non posso rivelarlo che a voi sola. » Emilia esitò, ma finì a pregare Annetta di allontanarsi alcuni passi; indi gli disse: « Ora, amico mio, son sola, cosa volete dirmi? »

Egli tacque un momento, come per riflettere poi, rispose: « Io perderei certo il mio impiego se lo sapesse il padrone. Promettetemi, signorina, che non paleserete a chicchessia sillaba di ciò che son per dirvi. Chi si è fidato di me in quest'affare me ne farebbe pagare il fio se venisse a capire ch'io l'avessi tradito. Ma mi sono interessato per voi, e voglio dirvi tutto. » Emilia lo ringraziò accertandolo della sua segretezza, e lo pregò di continuare. « Annetta mi ha detto nel tinello, quanto voi state in pena per la signora Montoni, e quanto desiderate essere informata del suo destino.

– È vero, se lo sapete ditemi tosto ciò che ha di più terribile; son parata a tutto.

– Io posso dirvelo, ma vi veggo così afflitta, che non so come cominciare.

– Son parata a tutto, amico, » ripetè Emilia con voce ferma ed imponente, « e preferisco la più terribile certezza a questo dubbio crudele.

– Se è così, vi dirò tutto. Già sapete che il padrone e sua moglie non andavano d'accordo; non tocca a me conoscerne il motivo, ma credo che ne saprete il risultato.

– Bene, » disse Emilia, « e così?

– Il padrone, a quanto pare, ha avuto ultimamente un forte alterco con lei: io vidi tutto, intesi tutto, e più di quel che possono supporre; ma ciò non riguardandomi, io non diceva nulla. Pochi giorni sono egli mi mandò a chiamare e mi disse: Bernardino, tu sei un brav'uomo, e credo potermi fidare di te… Lo assicurai della mia fedeltà. Allora, per quanto mi ricordo, mi disse: Ho bisogno che tu mi serva in un'affare importante. Mi ordinò ciò che doveva fare; ma di questo non dirò nulla, chè concerne soltanto la padrona.

– Cielo! che faceste? qual furia poteva indurvi ambidue ad un atto così detestabile?

– Fu una furia, » rispose Bernardino con voce cupa, e tacquero entrambi. Emilia non aveva coraggio di domandarne davvantaggio. Bernardino pareva temere di spiegarsi più particolarmente; alfine soggiunse: « È inutile riandare il passato. Il padrone fu troppo crudele, sì, ma voleva essere obbedito. Se io mi fossi ricusato, ne avrebbe trovato un altro meno scrupoloso di me.

– L'avete uccisa? » balbettò Emilia; « io dunque parlo con un sicario? » Bernardino tacque, e la fanciulla mosse un passo per lasciarlo.

– Restate, signorina, » ei le disse; « voi meritereste di lasciarvelo credere, giacchè me ne stimaste capace.

– Se siete innocente, ditelo tosto » soggiunse Emilia quasi moribonda; « non ho forza bastante per ascoltarvi maggior tempo.

– Or bene, la signora Montoni è viva per me solo; essa è mia prigioniera: sua eccellenza l'ha confinata nella camera di sopra del portone, e me ne affidò la custodia. Voleva dirvi che avreste potuto parlarle; ma ora… »

Emilia, sollevata a tai parole da inesprimibile angoscia, scongiurollo di farle vedere la zia. Egli vi acconsentì senza farsi pregar molto, e le disse che la notte seguente, allorchè Montoni fosse a letto, se voleva recarsi alla porta del castello, potrebbe forse introdurla dalla prigioniera.

In mezzo alla riconoscenza che le ispirava siffatto favore, parve alla fanciulla di scorgere ne' di lui sguardi una certa soddisfazione maligna, mentre pronunziava quest'ultime parole. Sulle prime scacciò tale idea, lo ringraziò di nuovo, e raccomandò la zia alla di lui pietà, assicurandolo che l'avrebbe ricompensato, e sarebbe esatta all'appuntamento indicato; quindi gli augurò buona sera, ed andossene.

Passò qualche ora prima che la gioia, eccitata in lei dal racconto di Bernardino, le permettesse di giudicare con precisione dei pericoli che minacciavano ancora la zia e lei stessa. Quando la sua agitazione si calmò, riflettè che la zia era prigioniera d'un uomo, il quale poteva sacrificarla alla vendetta o all'avarizia sua. Allorchè pensava all'atroce fisonomia del portinaio, credeva che il suo decreto di morte fosse già firmato; immaginando colui capace di consumare qualunque atto barbaro. Queste idee le rammentarono l'accento col quale le aveva promesso di farle vedere la prigioniera. Le venne mille volte in idea che la zia potesse esser già morta, e che lo scellerato era forse incaricato d'immolare anche lei all'avarizia di Montoni, il quale di tal guisa sarebbe entrato in possesso dei suoi beni in Linguadoca, che avevan formato il tema d'una sì odiosa contestazione. L'enormità di questo doppio delitto gliene fece alla fine respingere la probabilità; ma non perdè tutti i timori, nè tutti i dubbi ispiratile dalle maniere di Bernardino.

La notte era già molto avanzata, ed ella si afflisse quasi di non sentir la musica, della quale aspettava il ritorno con sentimento più forte della curiosità. Distinse lunga pezza le risa smoderate di Montoni e de' suoi convitati, le canzoni lubriche, e sentì finire ben tardi i loro rumorosi discorsi. Susseguì un profondo silenzio interrotto soltanto dai passi di quelli che si ritiravano ne' rispettivi alloggi. Emilia, ricordandosi che la sera precedente aveva intesa la musica press'a poco all'istess'ora, aprì pian piano la finestra, stando in attenzione della soave armonia.

Il pianeta da lei osservato al primo sentire della musica, non si vedeva ancora, e cedendo ad una impressione superstiziosa, guardava attenta la parte del cielo in cui doveva apparire, aspettando la melodia nello stesso momento. Alfine esso comparve, rifulgendo sopra le torri orientali. Emilia tese l'orecchio, ma indarno. Le ore scorsero in ansiosa aspettativa; nessun suono turbò la calma solenne della natura. Ella rimase alla finestra finchè l'alba non cominciò a biancheggiare le vette de' monti, e persuasa allora che la musica non si sarebbe altrimenti sentita, se ne andò a letto.

I misteri del castello d'Udolfo, vol. 3

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