Читать книгу La Cameriera Personale - Aurelia Hilton - Страница 5
CAPITOLO TERZO
ОглавлениеLa mattina dopo mi svegliai confusa, e mi girava la testa. Ero elettrizzata per quella mia prima giornata di lavoro ma, quando scostai le tende, mi salutò un panorama grigio e piovoso. La pioggia era lenta ma fitta, e oscurava le prime luci della mattina. Gli estesi campi verdi erano pieni di ombre, e tutto ciò faceva apparire ancora di più quel luogo come un set cinematografico.
Wanda mi aveva mostrato la sera prima dove si trovava l’ufficio di Len, e così mi avviai per rassettare la stanza. Proprio come ogni angolo della villa, anche lo studio era enorme, con le pareti tappezzate di quadri ancor di maggior pregio di quelli che avevo visto in precedenza.
Ignoravo che lo studio fosse anche pieno di telecamere, e che Len mi stesse osservando dall’altro lato della casa, zoomando su diverse parti del mio corpo, per guardarle meglio.
Lui se ne stava a crogiolarsi nel suo letto, non riuscendo a capacitarsi di quanto fossi bella. Indossavo una minigonna leggera, che svolazzava ad ogni minimo movimento, il che lo faceva eccitare maledettamente.
Probabilmente non era abituato a vedersi vorticare intorno fanciulle in erba come me. Aveva sempre insistito sulla condotta morale dei suoi dipendenti, sottolineando la necessità di un abbigliamento più che decoroso.
Tra il personale non c’erano persone giovani, soprattutto donne, e quindi non aveva mai riflettuto sul fatto delle tante cose piccanti che avrebbe potuto fare con loro. In quel momento stavo inconsapevolmente cambiando il suo modo di pensare.
Mentre mi guardava sfaccendare nel suo ufficio si spogliò nudo nella sua stanza da letto e cominciò a masturbarsi. Il solo fatto che mi stesse spiando dalle telecamere di sicurezza gli provocava un immenso godimento, malgrado io stessi lavorando e fossi interamente vestita. Si stava immaginando di propormi di andare a letto con lui, e che io avrei accettato con immensa libidine. Poi avremmo cominciato a scopare senza alcun controllo, stringendomi le tette e stantuffandomi nel culo fino a quando non mi avesse sborrato dentro.
Era la prima volta che Len arrivava a sognare queste cose, ma la mia presenza nella villa lo portava all’estremo. Dopo essere venuto ed essersi lavato, io stavo ancora a metà dell’ufficio con le pulizie, e mi restava una considerevole parte del piano da sistemare.
Un’ora dopo che avevo cominciato le mie faccende nel suo studio, Len entrò nella stanza e, dopo i saluti di prassi, si mise a sedere alla sua scrivania, fissando il panorama dalla meravigliosa finestra antica che aveva alle spalle. La pioggia scrosciava con furia, e l’intero parco era completamente zuppo.