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DISCIPLINA
ОглавлениеROMA, 23, notte
Gli ultimi, tragici avvenimenti che da Viterbo a Sarzana hanno funestato la vita del fascismo italiano, rappresentano lo sbocco logico di una crisi che da alcuni mesi travaglia la nostra organizzazione: crisi di sviluppo e conseguentemente crisi di disciplina. Con lo sviluppo enorme preso dal nostro movimento sono confluiti nei Fasci migliaia di individui che hanno interpretato il fascismo come una difesa di determinati interessi personali e come una organizzazione delle violenze per la violenza.
Parecchie volte su queste colonne fu detto che la nostra violenza doveva essere cavalleresca, aristocratica, chirurgica, e quindi, in un certo senso, umana. Ma fu detto invano. Qua e là la violenza di individui e di gruppi fascisti ha assunto in questi ultimi tempi caratteri assolutamente antagonistici con lo spirito del fascismo. Lo sviluppo del movimento provocava la crisi della disciplina nella sua compagine. Per ovviare ai pericoli mortali di questa crisi, mortali per la nazione e per il fascismo, una serie di misure si imponeva e sono quelle che su mia proposta sono state accettate all’unanimità nell’ultima seduta del Consiglio nazionale. Dall’esito di queste misure, che dovranno essere immediatamente applicate, dipenderà il mio atteggiamento futuro. Nessuno, spero, vorrà contestarmi il diritto di vigilare sulle sorti di un movimento che fu fondato da me e sorretto da me nei tempi felici e in quelli tempestosi. Si tratta di ristabilire prontissimamente il senso della disciplina individuale e collettiva, ricordando che in un paese come l’Italia, anarcoide nelle tendenze e negli spiriti, il fascismo si annunziò come un movimento di restaurazione della disciplina. Ora non si può pretendere di imporre una disciplina alla nazione se non si è capaci dell’autodisciplina.
Una circolare a tutti i Fasci, che sarà resa di pubblica ragione, perché siamo ancora troppo forti per masturbarci nelle ridicole clandestinità di Pulcinella, fissa le nuove, severe norme della nostra disciplina. Chi non le accetta, se ne andrà. In Italia c’è posto per tutti. Ma è necessario stabilire che le violenze di ordine individuale, quando non siano legittimate dalla difesa, non sono aristocratiche e quindi non sono fasciste. È necessario proclamare senza equivoci che, meno casi imprevedibili, non si deve rispondere con rappresaglie di ordine collettivo ad offese di ordine individuale, poiché questa tattica ci ha enormemente danneggiato scatenando ondate di odio e di incomprensione contro di noi. È necessario subitissimo che i direttori dei Fasci rivedano con la massima diligenza il ruolino degli iscritti per allontanare senza remissione tutte le scorie, tutti gli incerti, tutti gli indisciplinati, tutti coloro, in una parola, che rappresentano una passività per il fascismo.
È necessario che le funzioni delicatissime del comando delle squadre siano affidate ad uomini che abbiano attitudini al comando e cioè sangue freddo, coraggio ed alto senso di responsabilità. Di altri provvedimenti minori non è il caso di parlare. Tutto ciò è indipendente dal risultato delle trattative di pacificazione. Che si arrivi o no alla conclusione di queste trattative, i provvedimenti che abbiamo elencati si impongono.
I fascisti tutti comprendono la necessità di agire per ridare al nostro movimento la sua piena efficenza morale e materiale.
Nello stesso tempo l’adunata a Milano di tutta la stampa fascista, la utilizzazione dei deputati a scopo di propaganda, le adunate delle federazioni provinciali, serviranno a coordinare il nostro movimento.
Io ho piena fiducia che il fascismo italiano supererà questa che non è una crisi tendenziale, come quelle che affliggono perennemente i partiti dogmatici, ma una crisi interna di disciplina. I nemici o i tepidi amici avranno, io spero, occasione di disingannarsi nelle loro previsioni catastrofiche circa l’avvenire del movimento fascista. I nostri indimenticabili morti, meravigliose giovinezze che non è lecito buttare leggermente allo sbaraglio, c’impongono il comandamento dell’ora: obbedire. E soprattutto ci dicono che la «fazione» non deve assassinare la «nazione» e che, al di sopra degli odi, degli amori e delle passioni, la realtà suprema ha un nome solo: Italia!
MUSSOLINI
Da Il Popolo d’Italia, N. 176, 24 luglio 1921, VIII.