Читать книгу La Casa Perfetta - Блейк Пирс - Страница 11

CAPITOLO SEI

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Jessie ci mise un paio di secondi a distogliere gli occhi dai suoi denti storti e valutare la situazione.

In superficie non sembrava per niente diverso da come lo ricordava. Aveva ancora i capelli biondi rasati corti. Indossava ancora la divisa obbligatoria azzurra. Aveva ancora il volto leggermente paffuto che ci si sarebbe aspettati da un uomo altro circa un metro e settantacinque per settanta chili di peso. Lo faceva sembrare più vicino ai venticinque anni che hai trentacinque che effettivamente aveva.

E aveva ancora gli stessi occhi castani inquisitori, quasi rapaci. Erano l’unico accenno che lasciasse intendere che l’uomo di fronte a lei aveva ucciso almeno diciannove persone, se non forse il doppio.

Neanche la cella era cambiata. Era piccola, con uno stretto letto senza lenzuola avvitato alla parete di fondo. Nell’angolo di destra si trovava una piccola scrivania con una sedia attaccata, accanto a un piccolo lavandino. Dietro c’era un gabinetto, disposto sul fondo, con una porta scorrevole in plastica per consentire un minimo di privacy.

“Signorina Jessie,” le disse con voce suadente. “Che sorpresa inaspettata imbattersi in te qui.”

“Eppure lei se ne sta lì in piedi come se stesse aspettando il mio arrivo,” ribatté lei, non volendo concedergli un solo secondo di vantaggio. Si avvicinò al tavolo accanto al vetro e si sedette sulla sedia. Kat assunse la sua solita posizione di controllo, in piedi nell’angolo della stanza.

“Ho percepito un cambiamento nell’energia di questa struttura,” rispose lui, il suo accento della Louisiana più pronunciato che mai. “L’aria sembrava più dolce e mi è parso di sentire gli uccelli che cinguettavano fuori.”

“Non mi pare che lei sia sempre così propenso alle moine,” notò Jessie. “Le spiacerebbe condividere con me il motivo di questo umore così lusinghiero?”

“Niente in particolare, signorina Jessie. Un uomo non può semplicemente apprezzare la piccola gioia che gli viene dall’arrivo di un visitatore inaspettato?”

Qualcosa nel modo in cui disse le ultime parole fece venire i brividi a Jessie, come se ci fosse altro da dover aggiungere. Rimase seduta in silenzio per qualche secondo, permettendo alla propria mente di lavorare, per niente preoccupata dai limiti di tempo. Sapeva che Kat le avrebbe permesso di condurre l’interrogatorio a proprio piacimento.

Rigirandosi le parole di Crutchfield nella testa, si rese conto che potevano avere più di un significato.

“Quando parla di visitatori inaspettati, si riferisce a me, signor Crutchfield?”

Lui la fissò per diversi secondi senza parlare. Alla fine, lentamente, il largo sorriso che aveva stampato in volto si trasformò in un più malevolo – e più credibile – ghigno.

“Non abbiamo ancora stabilito le regole di base per questa visita,” disse, voltandole di colpo le spalle.

“Penso che i tempi delle regole siano passati da tempo, non crede, signor Crutchfield?” gli chiese. “Ci conosciamo da tempo ormai, e direi che a questo punto possiamo permetterci di parlare e basta, no?”

Crutchfield andò fino al letto che stava appeso alla parete della cella e si sedette, l’espressione leggermente nascosta nell’ombra.

“Ma come faccio a essere sicuro che sarai disponibile come vorresti che io fossi con te?” le chiese.

“Dopo aver chiesto a uno dei suoi scagnozzi di fare irruzione nell’appartamento della mia amica spaventandola al punto che ancora non riesce a dormire, non sono certa che lei si sia pienamente guadagnato la mia fiducia o il mio desiderio ad essere disponibile.”

“Tiri in ballo quell’evento,” le disse, “ma trascuri di considerare le innumerevoli volte che ti ho dato assistenza in casi tanto professionali quanto personali. Per ogni cosiddetta indiscrezione da parte mia, io ho compensato con informazioni che si sono dimostrate colme di valore per te. Tutto quello che sto chiedendo sono sicurezze riguardo al fatto che questa non si trasformi in una via a senso unico.”

Jessie lo guardò con determinazione, cercando di capire quanto disponibile avrebbe potuto rivelarsi pur mantenendo la dovuta distanza professionale.

“Cosa sta cercando esattamente?”

“In questo momento? Solo il tuo tempo, signorina Jessie. Preferirei che non facessi così l’estranea. Sono passati settantacinque giorni da quando mi hai concesso l’ultima volta la tua presenza. Un uomo meno sicuro di me potrebbe prendere questa lunga assenza come un’offesa.”

“Ok,” disse Jessie. “Prometto di farle visita più regolarmente. In effetti, mi assicurerò di passare almeno un’altra volta questa settimana. Come le pare?”

“È un inizio,” rispose lui con tono indifferente.

“Fantastico. E allora torniamo alla mia domanda. Prima ha detto di apprezzare la gioia che deriva da visite inaspettate. Si riferiva a me?”

“Signorina Jessie, anche se è sempre un piacere godere dalla tua compagnia, devo confessarti che il mio commento era effettivamente riferito a un altro visitatore.”

Jessie poté sentire Kat irrigidirsi nell’angolo dietro di lei.

“E a chi si sta riferendo,” chiese, mantenendo lo stesso livello di voce.

“Penso tu lo sappia.”

“Mi piacerebbe che lei me lo dicesse,” insistette Jessie.

Bolton Crutchfield si alzò di nuovo in piedi, ora più visibile sotto la luce, e Jessie poté notare che si stava passando la lingua sulle labbra, come le se lei fosse un pesce appeso a una lenza con cui stava giocherellando.

“Come ti ho assicurato l’ultima volta che abbiamo parlato, ti avevo spiegato che avrei fatto una chiacchierata con tuo papà.”

“E l’ha fatto?”

“Certo che sì,” le rispose con tono noncurante, come se le stesse dicendo l’ora. “Mi ha chiesto di portarti i suoi saluti, dopo che gli ho offerto i tuoi.”

Jessie lo fissò attentamente, cercando un indizio sul suo volto, tentando di capire se stesse nascondendo qualcosa.

“Ha parlato con Xander Thurman,” chiese per conferma, “in questa stanza, nel corso delle scorse undici settimane?”

“Sì.”

Jessie sapeva che Kat stava esplodendo dal desiderio di fargli delle domande per tentare di avere conferma della veridicità della sua affermazione e di come fosse potuto succedere. Ma nella sua testa questo era secondario e se ne sarebbero potute occupare poi. Jessie non voleva che la conversazione venisse deviata, quindi proseguì prima che l’amica potesse dire qualsiasi cosa.

“Di cosa avete parlato?” gli chiese, tentando di mantenere la voce neutra.

“Beh, abbiamo dovuto mantenerci piuttosto criptici, in modo da non rivelare la sua vera identità a coloro che stavano ascoltando. Ma il fulcro della nostra chiacchierata sei stata tu, signorina Jessie.”

“Io?”

“Sì. Se ricordi bene, io e lui abbiamo avuto un incontro un paio di anni fa, e al tempo mi aveva avvisato che un giorno avresti potuto venire a farmi visita. Ma che avresti avuto un nome diverso rispetto a quello che ti aveva dato lui, Jessica Thurman.”

Jessie trasalì involontariamente a udire il nome che non sentiva pronunciare da nessuno da una ventina d’anni. Sapeva che lui avrebbe visto la sua reazione, ma non poté farci nulla. Crutchfield sorrise soddisfatto e continuò.

“Voleva sapere come stava la sua figlia perduta da tempo. Era interessato in ogni genere di dettaglio – che lavoro fai, dove vivi, che aspetto hai adesso, qual è il tuo nuovo nome. È molto ansioso di rimettersi in contatto con te, signorina Jessie.”

Mentre Crutchfield parlava, Jessie si impose di inspirare ed espirare lentamente. Ricordò a se stessa di decontrarre il corpo e fare del proprio meglio per restare calma, anche se era tutta una facciata. Doveva apparire imperturbata mentre poneva la domanda successiva.

“E lei ha condiviso alcuni di questi dettagli con lui?”

“Solo uno,” rispose con tono malizioso.

“E quale sarebbe?”

“La casa è dove risiede il cuore,” le disse.

“Cosa diavolo vuol dire?” chiese Jessie, il cuore che improvvisamente batteva rapidamente.

“Gli ho detto dove si trova il luogo che chiami casa,” disse lui con chiarezza.

“Gli ha dato il mio indirizzo?”

“Non sono stato così specifico. A essere onesto, non conosco il tuo indirizzo esatto, nonostante i miei migliori sforzi per scoprirlo. Ma so abbastanza da poter permettere a lui di trovarlo, se sarà abbastanza sveglio. E come entrambi sappiamo, signorina Jessie, il tuo papà è molto sveglio.”

Jessie deglutì a fatica e si impose di non urlargli addosso. Stava ancora rispondendo alle sue domande e lei aveva bisogno di tutte le informazioni che poteva estrapolare, prima che si fermasse.

“Quindi quanto tempo ho prima che venga a bussare alla mia porta?”

“Dipende da quanto tempo ci metterà a mettere insieme tutti i pezzi,” disse Crutchfield scrollando esageratamente le spalle. “Come ho detto, ho dovuto parlare in modo un po’ criptico. Se fossi stato troppo specifico, avrei lanciato dei segnali di allarme alle persone che monitorano ogni mia conversazione. Non sarebbe stato produttivo.”

“Perché non mi racconta esattamente quello che gli ha detto? In questo modo posso organizzarmi adeguatamente con i tempi.”

“E dove sta il divertimento allora, signorina Jessie? Mi piaci parecchio, ma questo mi sembrerebbe un vantaggio irragionevole. Dobbiamo concedere una possibilità a quest’uomo.”

“Una possibilità?” ripeté Jessie incredula. “Di fare cosa? Di squartarmi come ha fatto con mia madre?”

“Non mi pare per niente corretto,” rispose Crutchfield, apparentemente sempre più calmo, man mano che Jessie si agitava. “Avrebbe potuto farlo al tempo in quel capanno in mezzo alla neve tanti anni fa. Ma non l’ha fatto. Allora perché dare per scontato che voglia farti del male ora? Magari vuole solo portare la sua signorinella a Disneyland per una gita.”

“Mi vorrà perdonare se non sono incline a dargli il beneficio del dubbio,” rispose lei con tono secco. “Questo non è un gioco, Bolton. Vuoi che venga a trovarti ancora? Devo essere viva per poterlo fare. La tua migliore amica non sarà molto loquace se il tuo mentore la fa a pezzi.”

“Due cose, signorina Jessie: prima di tutto capisco quanto questa notizia sia sconvolgente, ma preferirei che non assumessi questo tono familiare con me. Chiamarmi per nome? Non solo manca di professionalità, ma non è da te.”

Jessie rimase in silenzio ribollendo per la rabbia. Ancora prima che le dicesse la seconda cosa, già sapeva che le avrebbe detto ciò che lei voleva. Eppure rimase in silenzio, mordendosi letteralmente la lingua nella speranza ardente che non cambiasse idea.

“E secondo,” aggiunse, ovviamente soddisfatto di vederla così agitata, “anche se godo della tua compagnia, non avere la presunzione di pensare di essere la mia migliore amica. Non dimenticare la tua onnipresente e sempre vigile agente Gentry dietro di te. Lei è davvero un fiorellino: un fiorellino secco e appassito. Come le ho detto in più di un’occasione, quando uscirò da questo posto, intendo darle un saluto speciale, se capisci cosa intendo. Quindi non tentare di scavalcarla per metterti in testa.”

“Io…” iniziò a dire Jessie, sperando di cambiare idea.

“Tempo scaduto, mi spiace,” disse lui interrompendola. E detto questo si voltò, dirigendosi verso la piccola nicchia in cui si trovava il gabinetto, chiudendosi alle spalle il divisorio in plastica e mettendo così fine alla conversazione.

La Casa Perfetta

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