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ATTO PRIMO
SCENA III

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FRANCESCO, LUDOVICO

Francesco

(astioso) È arguta la vecchietta!

Ludovico

Tu la tormenti troppo.

Francesco

Di': perdo di rispetto anche alla vecchiaia? Non è così? Fammi una predica, adesso.

Ludovico

Volentieri.

Francesco

(alzandosi) Ma io ti saluto, caro. (Prende il paltò.)

Ludovico

Te ne vai davvero?

Francesco

Eh sì. Ti ho già troppo distolto dal tuo lavoro.

Ludovico

Nulla di urgente.

Francesco

(infilando il paltò) E poi, qua dentro fa un freddo indemoniato.

Ludovico

Accenderò il caminetto.

Francesco

Lasciami andar via. Sono aspettato.

Ludovico

A quest'ora?

Francesco

A quest'ora.

Ludovico

E da chi? Ah! Capisco: hai delle donne…

Francesco

(accendendo ancora una sigaretta) Può darsi.

Ludovico

Ma bada che ciò è rovinoso per la tua salute.

Francesco

Oramai!..

Ludovico

Ed è ridicolo, per giunta. Dopo tutto, sei un uomo d'ingegno.

Francesco

Secondo te, le donne sono il monopolio dei cretini?

Ludovico

Non fingere di fraintendere. Se fosse sempre la stessa donna, non avrei niente a ridire.

Francesco

Ma, scusa, per non cambiare di donne dovrei io trovarne una che non cambiasse di uomini. E questo è il problema! Cercherò di fabbricarmela da me.

Ludovico

Non si tratta di fabbricarsela. In fondo, tutto sta ad innamorarsi.

Francesco

E ad innamorare.

Ludovico

Comincia con l'innamorarti tu.

Francesco

E che ne sai ch'io non l'abbia già fatto?

Ludovico

Troppe volte.

Francesco

Una volta sola!

Ludovico

E lei?

Francesco

Lei? (Ride amaramente) Eh eh eh! (Pausa. – Poi, a un tratto, prendendo il cappello) Be', buona notte, Ludovico.

Ludovico

No, non voglio che tu te ne vada, ora. Vieni qua… Fammi le tue confidenze… E non fumare tanto: mi sembri un fumaiuolo. Siedi. Parliamo tra noi.

Francesco

(obbedendo di malavoglia, resta, senza sedere.) Mi secchi.

Ludovico

Ma come! Io ti dico ogni mio segreto, io ti metto a parte di tutto ciò che mi riguarda, io ti mostro ogni piega dell'animo mio, e tu, invece, sei così poco espansivo con me, così misterioso, così… autonomo…

Francesco

(interrompendolo) Magnifica parola: «autonomo»!

Ludovico

(continuando) E io vedo che dentro di te c'è un altro mondo, e che questa aridità che t'imponi ti rende peggiore. È un grande conforto il poter rivelare a qualcuno le proprie angosce. Quando l'anima trova nella voce e nella parola l'espressione d'un suo dolore, tutto quel che c'è in esso di più acre se ne va, e ne resta quel tanto che può essere almeno sopportato con una certa rassegnazione. Non mi credi?

Francesco

Sicuro! Ma ci sono degli uomini che provano una voluttà particolare appunto in ciò che il dolore ha di più acre. (Si eccita morbosamente.) Essi non ammettono la rassegnazione, ed è forse per questo che non vogliono crearne nemmeno la possibilità. Per essere espansivi, s'ha da essere buoni come sei tu. Io, per esempio, io sono cattivo, e mi compiaccio d'esserlo. Mi ci trovo bene. L'uomo buono, guarda, è un creditore dell'umanità; l'uomo cattivo ne è un debitore: e la parte del creditore non mi conviene nè punto nè poco, visto che l'umanità non paga mai i suoi debiti. (Eccitandosi sempre più) Insomma, se ti credessi tale da sapermi trasformare, io ti pregherei di non incomodarti e di lasciarmi essere tranquillamente una canaglia. Mi sono spiegato? Mi hai capito? No? No?.. E non ci capiremo mai, e non è proprio necessario di capirci. Tu stai al nord, io al sud. Tu ami, io invidio. Tu vedi tutto roseo, io tutto nero. Tu sei un fortunato, io un disgraziato. Tu sei un uomo sano, io un infermo. Tu sei uno sciocco che ha del genio, e io sono un uomo d'ingegno che non ha niente! Ed ora, mettiti a lavorare, e a rivederci domani.

(Esce.)

Tragedie dell'anima

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