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CAPITOLO UNO

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Gerrick osservò i Guerrieri, ansioso da morire di entrare in azione. “Direi di avanzare ad armi spianate, adesso. E sappi che non usiamo pistole, Mack, quindi non fare la furbetta” ringhiò alla donna che non aveva detto niente. Gli prudevano le mani dalla voglia d’imbracciare le armi. L’adrenalina gli faceva battere forte il cuore.

Mack, la Prescelta del Principe Kyran, gli mostrò i palmi. “Non prendertela con me, brontolone. Anch’io sono pronta per entrare. Sono io che li ho trovati, ti ricordi?"

Prima che Mack suggellasse l’unione con Kyran e diventasse parte del gruppo si era imbattuta nella tana dell’Arcidemone e aveva scoperto dove teneva prigioniere diverse donne. Gerrick e gli altri Guerrieri le avevano cercate senza sosta, notte e giorno, ma non avevano avuto successo. Per Gerrick il non essere stato in grado di proteggerle dal male era stata una fonte di frustrazione. Difendere gli innocenti dai demoni e dai loro tirapiedi era suo dovere di Guerriero Oscuro.

Zander mise la mano sulla spalla di Gerrick nel tentativo di calmarlo. “Abbi pazienza. Non possiamo entrare senza prima aver sistemato le barriere. Pema, Iside e Suvi stanno facendo la loro parte, e tu e Jace siete i prossimi. Concentrati su questo”.

Gerrick prese un respiro profondo; sapeva che il Re Vampiro aveva ragione, ma gli risultò difficile non agire quando il suo sangue glielo imponeva. Si trattava di una dolorosa costrizione, impossibile da ignorare, ma il tono del comando impartito da Zander non lasciava spazio all’interpretazione. Gerrick prese diversi respiri profondi, cercando di calmare l’ansia e concentrarsi su ciò che doveva fare.

Si fermò accanto a Jace ed estrasse il bastone dalla sacca magica dello spazio nel regno della Dea. Venne immediatamente pervaso dall’energia. Il bastone nodoso di tiglio si estendeva per due metri e gli era stato donato da suo padre quando era diventato un adulto. Il pollice dell’uomo si spostò inevitabilmente sul piccolo ciondolo in argento avvolto attorno all’impugnatura di pelle. Il dolore e la rabbia aumentarono, rendendogli difficile concentrarsi. Non era disposto a lasciarsi distrarre dal passato, quindi si guardò attorno nel parcheggio buio.

Gerrick non era a suo agio con il numero di umani presenti in zona. Stavano per sollevare un vespaio, e non voleva che degli innocenti restassero feriti solamente perché si trovavano nel posto sbagliato al momento sbagliato. Andava contro il giuramento del Guerriero, ma non c’era nulla che potessero fare da quando Kadir si era insediato nel centro di Seattle.

Guardò dietro l’angolo dell’edificio di mattoni mentre si riparò dal vento freddo e dalla pioggia. Vide un maschio umano correre via da un negozio e farsi strada nella loro direzione. Gerrick mormorò rapidamente un incantesimo, indirizzandolo verso quello che credeva fosse un bar. Era difficile distinguere gli edifici commerciali di Pioneer Square, talmente erano simili tra di loro. Diede un’alzata di spalle quando decise che l’umano era al sicuro.

"È l’area più grande che abbiamo mai gestito, Zander” esordì Pema qualche secondo più tardi. “Ci sono così tante uscite da controllare. Non so se possiamo farcela”. Quando Gerrick si voltò vide che le tre streghe si stavano tenendo per mano, e ognuno dei loro Prescelti toccava loro le spalle. Guardò il rosa e il rosso sgargiante della loro magia fluttuare attorno ai loro corpi. La luce che producevano era brillante, quasi accecante per la sua vista sensibile di mago.

Confidava nel fatto che le streghe fossero in grado di gestire l’incantesimo. Dopo tutto le Alte Sacerdotesse appena incoronate erano di gran lunga le streghe più potenti del Regno di Tehrex e rappresentavano le aggiunte più recenti al Consiglio dell’Alleanza Oscura.

Zander attirò nuovamente l’attenzione di Gerrick mentre quest’ultimo si stava sistemando lo sgian dubh nella guaina intorno alla vita. La presenza di Zander era imponente e non aveva nulla a che fare con il fatto che era il Re. A distinguerlo erano il suo potere intrinseco e la sua sicurezza di sé. Gerrick era circondato dagli uomini più potenti del regno, ma nessuno di loro reggeva il confronto con Zander. Ciò che lo rendeva straordinario era il condividere il proprio potere con chi lo circondava, acquisendo la loro fiducia. “So che è un’area vasta, e sarà impossibile coprire tutte le uscite. Gestiscine più che puoi, ma lascia aperte quelle che conducono all’acqua. Li intrappolerà. L’obiettivo è impedire ai demoni di fuggire, ma prima di tutto non possiamo permettere a quei selvaggi degli Skirm di scappare e attaccare gli umani.

Quando venne aperta la porta di un bar in Yesler Street si udì risuonare la musica nella notte, e diversi umani uscirono barcollando dal locale. Il gruppo di soprannaturali si fece teso; nessuno disse nulla.

“Zander, sarebbe bello se avessi il potere di far evacuare l’area” borbottò Gerrick. Prese un respiro profondo per calmare i nervi, quindi lo raggiunse una zaffata di urina acre misto all’odore del mare. Per poco non diede di stomaco.

“Ci state pensando troppo” disse Mack. “Sono le due di notte e molto probabilmente tutti i presenti sono ubriachi. Sicuramente non ci hanno nemmeno notati. E poi non siamo vicini a una zona residenziale. Riduciamo al minimo il rischio che rappresentano quei bastardi e entriamo”. A Gerrick piaceva la femmina esuberante. Sorrise quando lesse il testo stampato sulla maglietta che indossava: ‘Amo il Mio Succhia-sangue’. Si rivolgeva sempre al proprio Prescelto chiamandolo ‘succhia-sangue’ o ‘sanguisuga’ e indubbiamente era stato Kyran a regalarle quella maglietta.

“Cerca di restarmi accanto, peperino. Non voglio che tu sia convinta di poter affrontare l’intera schiera di Skirm. Ora sei immortale, ma non sei invincibile” le disse Kyran tirandole una ciocca degli ispidi capelli neri. Il Principe Vampiro aveva subito un drastico cambiamento di atteggiamento da quando era rimasto intrappolato nel Reame dei draghi con la sua Prescelta; non era più il Guerriero infelice e distante che era una volta. Gerrick riconosceva che il nuovo Kyran era decisamente un miglioramento.

“Ok, abbiamo finito. Adesso tocca a voi” Pema distrasse Gerrick dai propri pensieri facendogli perdere un battito. Stavano per entrare nella tana di Kadir, e non era mai troppo presto.

“Grazie” Gerrick annuì e controllò che Jace fosse pronto. Quest’ultimo era il guaritore del gruppo, ma anche un combattente fortissimo e lo stregone più potente del Reame; Gerrick era felice di averlo al proprio fianco. I due si guardarono per un momento prima di iniziare a recitare l’incantesimo nella vecchia lingua.

Le luci verdi, blu e viola della magia di Jace e Gerrick si fusero a quelle rosse e rosa delle streghe. Gerrick percorse con la magia l’area di dieci isolati che le streghe avevano delimitato intorno a Pioneer Square, intrecciando i propri incantesimi con i loro. Quando pronunciò l’ultima parola dell’incantesimo si ritrovò a sudare e a respirare a fatica, ma il lampo di luce bianca segnalò che avevano avuto successo.

Gerrick si rivolse a Zander “Abbiamo fatto, Maestà” lo informò. Gli stregoni avevano la capacità di vedere la magia, mentre gli altri soprannaturali potevano solo percepirla. Solo gli stregoni avevano visto il lampo bianco che indicava che l’incantesimo era stato completato.

Zander cambiò atteggiamento; il suo tono autoritario attirò l’attenzione di tutti. “Hayden, tu e i muta-forma aspettate in posizione. Kyran, porta il tuo gruppo dove abbiamo stabilito. Tutti gli altri mi seguano. Sincronizziamoci, ricordatevi che entriamo cinque alla volta. La nostra missione è entrare e salvare le donne e possibilmente sconfiggere gli Arcidemoni”.

"State in allerta” disse Gerrick alle streghe e alle loro compagne, che sarebbero rimaste fuori. “Forse le donne si faranno prendere dal panico e cercheranno di scappare. Dobbiamo essere preparati per il peggiore dei casi”. Rabbrividì al pensiero degli orrori che avevano sofferto per mano dei demoni. Non gli era piaciuto ritardare il salvataggio dopo che Elsie aveva avuto la sua premonizione, ma tutti sapevano che era meglio non ignorare gli avvertimenti di lei, quindi avevano aspettato.

Si sistemò la giacca di pelle nera; rimpianse di non aver scelto un cappotto più pesante poiché faceva freddo a dicembre a Seattle, soprattutto talmente vicino all’oceano. Il cuoio offriva però più protezione contro i coltelli e i denti, quindi tutti erano vestiti di pelle dalla testa ai piedi.

“Cosa facciamo se vengono verso di noi?” Chiese Suvi, serrando le labbra e battendo i tacchi incredibilmente alti sul marciapiede. Per Gerrick era un mistero come la strega fosse riuscita a stare in piedi, figurarsi a correre o combattere; l’interessata non sembrava però affatto turbata dalle scarpe che indossava.

“Contenetele, ma non fate loro del male a meno che non ci sia altra scelta. Jessie è la prova che le femmine non sono stupide come gli Skirm. Siamo qui per aiutarle” rispose Zander dando voce ai pensieri di Gerrick. “D’accordo, andiamo”.

Gerrick si mise in marcia al seguito di Kyran e Mack. Il gruppo si diresse silenziosamente verso una tromba di scale che conduceva alla metropolitana. La zona non era l’ideale per affrontare demoni e Skirm. Stavano andando dove si trovavano i resti dell’incendio di Seattle e Gerrick non aveva dubbi che la zona non fosse affatto stabile, soprattutto per una battaglia.

Gli tornò in mente di com’era Seattle prima del grande incendio del 1889. Le carrozze erano trainate dai cavalli e le strade erano sterrate, inoltre le persone non erano assillate dal pensiero di precipitarsi da un posto all’altro. Era molto diversa dalla città di oggi; allo stesso modo però era lo stile di vita, drasticamente differente senza la tecnologia moderna. A Gerrick piaceva quando era tutto più semplice, ma non voleva rinunciare al cellulare e a Internet. Avere informazioni a portata di click era qualcosa di inestimabile per il loro lavoro.

Il gruppo scese i gradini di cemento usurato e Kyran si fermò in fondo quando Mack gli portò una mano sul braccio. “Non morire, succhia-sangue” mormorò la donna tatuata.

Kyran le rivolse un ampio sorriso e le accarezzò la guancia rosea con un dito. “Non fare niente di stupido come ad esempio affrontare Kadir”. Gerrick guardò Mack sorridere ironicamente e annuire. Era la loro versione di un ‘Ti amo’. Non erano una coppia sdolcinata e Gerrick ne era grato; l’ultima cosa di cui aveva bisogno era che gli rinfacciassero quello che non avrebbe mai più vissuto.

Gerrick si guardò alle spalle e fece mentalmente l’appello dei presenti. A parte lui, Mack e Kyran, c’erano Rhys e i Guerrieri Oscuri di New Orleans. Rhys era il compagno di pattuglia di Gerrick, e come lui viveva a Zeum con i Guerrieri Oscuri di Seattle. Era il burlone del gruppo che faceva sempre scherzi a tutti, ma Gerrick sapeva che c’era ben altro in lui.

Il suono di uno stridio metallico attirò la sua attenzione; Kyran stava forzando la porta che dava l’accesso all’edificio. Nell’istante in cui si aprì completamente vennero investiti dall’odore di muffa e aria viziata, con accenni del tanfo emesso dai roditori, dalle feci e dall’urina. Nell’avanzare si rese conto che gli scalini di cemento lasciavano il posto a quelli di legno di più recente fattura, dato che le autorità umane sostituivano spesso le sezioni marce del sottosuolo. Gerrick si chiedeva come avessero fatto gli umani a non imbattersi nei demoni prima d’ora. Kadir aveva fatto di tutto per tenere nascosta la sua tana.

Dovettero attraversare in fila indiana la sezione successiva per quanto era angusta. Notò che i mattoni degli edifici si stavano consumando e necessitavano di riparazioni. Superarono diverse attività commerciali irriconoscibili e dovettero scavalcare del legname e altri detriti. Non comprendeva come mai gli umani lasciassero marcire delle opere di architettura come i gabinetti antichi.

Gerrick captò un rumore in lontananza e indicò la direzione in cui avrebbero dovuto proseguire. Aison, uno dei Guerrieri Oscuri di New Orleans, era saltato su un vecchio divano sbiadito e aveva disturbato una famiglia di topi. Gerrick trattenne una risata quando il Guerriero fece lo slalom tra i roditori in fuga.

Era un labirinto, e a volte era difficile aggirarvisi, inoltre le condizioni non erano affatto ideali per combattere. Erano circondati da materiale infiammabile e Gerrick temeva che eliminando gli Skirm avrebbero innescato il prossimo devastante incendio di Seattle. Sfortunatamente non sembrava esserci un altro modo se non quello di impiegare le lame di titanio nella caccia agli Skirm, poiché era il metodo più semplice per ucciderli.

L’odore di zolfo e morte si intensificò, avvisandoli che si stavano avvicinando. Kyran alzò la mano e tutti si fermarono.

“Le donne sono dietro l’angolo in fondo al corridoio” sussurrò Mack.

Gerrick lanciò un incantesimo silenziatore sul gruppo che avanzò dietro l’angolo, rendendosi conto di trovarsi nei pressi delle vecchie saune. Era l’area tenuta meglio, ed era ovvio che qualcuno aveva ripulito la maggior parte delle macerie, convertendo lo spazio in alloggi.

Kyran aprì la porta e si appiattì contro al muro, quindi gli altri emularono il suo gesto. Gerrick trovava ironico il fatto che nove grossi maschi avanzassero aderenti al muro, sicuramente dall’esterno poteva sembrare divertente.

Kyran si rilassò dopo aver fatto capolino dietro l’angolo. Si staccarono quindi dal muro e Gerrick notò che l’attività in cui si trovavano era stata una farmacia, almeno secondo ciò che affermava la scritta rovinata sulla vetrina incrostata di sporcizia. Parecchi muri erano stati abbattuti per creare un unico grande spazio e la stanza era vuota, fatta eccezione per una grande gabbia circolare al centro.

All’improvviso si udì un tonfo, quindi Mack si mise a correre e Kyran imprecò prima di inseguirla. Gli altri furono in movimento un secondo più tardi; all’improvviso però il gruppo si fermò in uno spazio buio, ammuffito e affollato di gabbie molto più piccole rispetto a quella che avevano visto. Le celle erano colme di donne. Per poco Gerrick non diede di stomaco quando lo raggiunse il tanfo. Era un misto di talmente tanti odori da far venire le vertigini: carne in decomposizione, feci, urina e zolfo, nonché tessuto e legno ammuffiti e carbonizzati. Si guardò intorno e vide un mucchio di cadaveri in un angolo in vari stadi di decomposizione, e rabbrividì dalla repulsione. Quei poveri esseri meritavano di meglio che venir gettati via come spazzatura.

Gerrick non ebbe modo di analizzare ulteriormente ciò che li circondava, dato che il gruppo di Zander attaccò i demoni. Riconobbe i segugi infernali da una precedente battaglia a Woodland Park, e cercò di non imprecare. Erano bestie feroci e implacabili nella loro ricerca. Erano presenti anche demoni della furia e demoni snelli, verdi e viscidi. Doveva provare a mettere a tacere la propria rabbia, ma lo spettacolo al proprio cospetto era esasperante. L’ultima cosa che voleva era alimentare il potere dei demoni della furia.

Un cane delle dimensioni di un cavallo e con la bava alla bocca si avventò su di lui prima che potesse reagire, facendolo cadere. Balzò però subito in piedi, impugnò le armi e infierì sul muso del cane. In risposta l’animale emise un latrato e scosse il muso, ma l’attacco fu sufficiente per recidere il tendine di una delle sue zampe anteriori. Sfortunatamente la bestia non venne rallentata dal ritrovarsi su tre zampe. Lo fissò con occhi rossi ardenti, esprimendo chiaramente il desiderio di uccidere.

Gerrick era completamente concentrato sul proprio obiettivo quando effettuò l’offensiva successiva. Imprecò quando non fu abbastanza veloce da evitare i canini del segugio. L’uomo fu grato di non aver indossato vestiti più leggeri quando i denti dell’animale non gli affondarono nella carne.

La mossa successiva consistette nel correre verso al demone e portargli le braccia intorno al collo possente. Diede una testata alla bestia quando questa fece per ribellarsi, e mantenne salda la presa sull’animale. Sollevò l’arma prima di abbassare lo sgian dubh e incidervi la pelle liscia e nera del segugio, mentre questi strinse i canini sulla spalla di Gerrick, facendosi strada lentamente attraverso la pelle.

Il mago fece una smorfia di dolore ma non si arrese e affondò il coltello nel segugio infernale, cercando di colpirlo al cuore. Sentì il cane agitarsi e spostare con sé il Guerriero fino a quando quest’ultimo finì di schiena contro delle sbarre di metallo. Qualche minuto più tardi riuscì a colpire il cuore del segugio infernale, che emise un latrato molto simile al suono prodotto dalle gomme che sbandano sull’asfalto, poi s’immobilizzò. Gerrick traslò la lama un’ultima volta, assicurandosi che la bestia fosse morta. Lo lasciò quindi andare prima di scalciarlo via.

Sobbalzò quando qualcuno gli toccò la spalla ferita. Ansimava ed era senza fiato, quindi si voltò e perse diversi battiti quando vide la femmina nella gabbia. Era completamente nuda. Sul collo e sulla spalla aveva delle spesse cicatrici dovute a evidenti segni di morsi, ed era piena di lividi dalla testa ai piedi. Quant’era sporca. Aveva i capelli arruffati, e forse una volta erano stati ramati, ma era difficile da stabilire. Si soffermò però sui suoi occhi di un verde giada intenso, che per qualche ragione gli erano molto familiari.

Ovviamente avevano trovato le prigioniere, e quella di fronte a sé era un disastro, ma il suo corpo lo eccitava parecchio. Era il momento peggiore in assoluto per provare eccitazione e attrazione sessuale, senza considerare l’aggravante del trauma che quella donna aveva subito. Né il buon senso né la lotta tra la vita e la morte in cui era impegnato gli impedirono di desiderare quella donna oltre la ragione. Non riusciva a pensare lucidamente, era completamente ammaliato.

“Dietro di te!” Esclamò lei, distraendolo.


Shae era sbalordita dal fatto che il Re Vampiro e i suoi Guerrieri Oscuri fossero venuti a salvarle. Sbatté le palpebre, chiedendosi se fosse un’illusione dovuta alla vista a infrarossi che aveva sviluppato insieme alla sete di sangue. Sapeva che stava succedendo qualcosa quando innumerevoli Skirm e demoni si erano precipitati nella stanza in cui era stata tenuta prigioniera. Pochi secondi dopo le sue preghiere erano state esaudite grazie all’afflusso dei Guerrieri. Aveva pregato e supplicato di venir liberata o uccisa, e non riusciva a non sperare e provare gioia.

Le vennero le lacrime agli occhi quando si rese conto che in un modo o nell’altro sarebbe uscita da quella gabbia.

Fissò il Guerriero dallo sguardo freddo come il ghiaccio. Aveva combattuto il segugio infernale come qualcuno che non aveva nulla da perdere, caricando il demonio e avvolgendo le braccia muscolose attorno alla bestia. Era uno spettacolo sanguinario e irreale, ma ora che lo guardava negli occhi vedeva un uomo smarrito, distrutto e solo. Rifletté su come si sentiva. Notò che anche lui era segnato come lo era lei. Il lato sinistro della sua faccia aveva una cicatrice che si estendeva dalla tempia al collo, ma era qualcosa che non toglieva nulla al suo bell’aspetto. Lo faceva sembrare pericoloso...e affascinante.

Notò un movimento con la coda dell’occhio. “Dietro di te!” Lo avvisò.

In un batter d’occhio il Guerriero si voltò e affondò la lama nel petto dello Skirm che si stava avvicinando. Era uno che non perdeva tempo, ed era bellissimo vederlo uccidere un nemico dopo l’altro senza mai stancarsi, nonostante il sangue che gli colava dalla spalla. Guardò in basso quando percepì l’odore ferroso, e si rese conto che il liquido le ricopriva le dita. La sete di sangue la spinse a leccarne ogni goccia.

Uno Skirm sbatté contro alla sua gabbia, distraendola dai pensieri maliziosi, quindi Mack allungò una mano e lo afferrò per la testa. Si contorse, tirò e tirò finché il corpo del nemico non cadde ai propri piedi. Shae alzò la testa e guardò negli occhi sbalorditi di lei del colore del whisky. “Sei tornata per noi. Pensavo fossi morta” mormorò la prigioniera.

“Ci puoi scommettere che sono tornata. Sarei venuta prima, ma ho fatto una deviazione a Khoth. Ti portiamo fuori di qui...il prima possibile”. Pronunciò l’ultima parte della frase mentre affrontò uno Skirm che l’aveva raggiunta da dietro. Era feroce e veloce come il vento. Shae si accorse che non era più umana e si rese conto che si era accoppiata con uno della famiglia reale dei vampiri quando notò il marchio della famiglia Tarakesh tatuato sotto il suo orecchio sinistro. Shae non aveva visto il marchio mistico l’ultima volta in cui aveva interagito con la femmina, e si chiese se la ricerca del Re l’avesse portata dal suo Prescelto.

Shae era al corrente delle dinamiche dei marchi d’accoppiamento e di come e quando apparivano. Nei Prescelti umani il segno appariva sempre sotto l’orecchio sinistro e restava un segno mistico fino al completamento dell’accoppiamento, quando mutava in un tatuaggio in modo che non potesse mai essere rimosso. A causa della maledizione che si era protratta per sette secoli la ragazza non aveva mai visto un marchio d’accoppiamento, fatta eccezione per quelli dei suoi genitori e nonni. Fortunatamente era stata rimossa di recente e i Prescelti erano stati benedetti ancora una volta.

Il Principe Kyran raggiunse la donna dopo essersi occupato del demone della furia che l’aveva preso di mira. “Vedo che sei riuscita a metterti nei guai, peperino”.

“Non più del solito. Cosa diavolo sono quei cosi schifosi?” Chiese lei. Shae si voltò e vide che diversi demoni pus si erano uniti in battaglia. Si ricordò di aver combattuto contro uno di quei bastardi sul ring non molto tempo prima. La melma che lasciavano sulla loro scia aveva complicato la battaglia, infatti uno dei Guerrieri Oscuri scivolò e si schiantò contro un muro. La struttura fragile tremò ma resistette all’impatto, e l’uomo si diede la spinta e trafisse la gola del demone con un pugnale. Il pus verde trasudava dalla ferita e l’odore che emetteva era nocivo. Non diede fastidio a Shae come fece ai Guerrieri che erano visibilmente disgustati, ma doveva ammettere che era schifoso.

Il suo Guerriero sfregiato era coinvolto in duello con uno dei demoni pus a quattro braccia. Non aveva idea del perché la propria mente insistesse nel provare particolare interesse per quello sconosciuto, il quale venne vincolato da due delle braccia del demone mentre con le altre due fece per prendergli la testa. Gli occhi azzurri di lui irradiavano determinazione, infatti diede una gomitata al demone nello stomaco nel tentativo di liberarsi. Shae osservò l’arto di lui affondare in modo inefficace nel corpo molliccio del nemico.

“L’inguine!” Esclamò Shae cercando di attirare l’attenzione di lui. “Colpisci all’inguine!”.

La guardarono un paio di occhi di ghiaccio, quindi il Guerriero annuì come a indicarle di aver compreso il suo suggerimento. Un secondo dopo il demone urlò dal dolore, e quando cadde a terra il suo Guerriero non perse tempo nel decapitarlo. Era un combattente impavido e la scena la eccitò.

Un altro Guerriero urlò dal dolore quando venne catturato da quattro braccia viscide, quindi il suo Guerriero balzò in aria prima di affondare la lama nel cranio del demone. Atterrò poi in piedi senza fatica, e si voltò su sé stesso quando sentì che uno Skirm lo stava avvicinando da dietro. Il primo Guerriero si occupò del demone pus mentre il preferito di Shae continuò a battersi. Nel giro di pochissimo entrambi i maschi si ritrovarono a prendere fiato dopo aver annientato i nemici che li avevano attaccati.

“Grazie, Gerrick”. Shae prese un appunto mentale: il suo Guerriero sfregiato dagli occhi azzurri si chiamava Gerrick.

“Figurati, Caell”.

I due si voltarono imbracciando le armi, pronti per proseguire la carneficina, ma nelle loro vicinanze non erano presenti avversari. Shae percepì però l’arrivo di altri demoni. “Andate via, ne stanno arrivando altri. Fate in fretta” implorò la femmina che era tornata per salvarle.

“Mi chiamo Mack, e sarà un piacere rispettare finalmente la mia promessa”. Mack alzò la gamba per abbattere la serratura con un calcio mentre gli altri si occuparono delle restanti celle, ma il Principe Kyran la anticipò.

“Lo stavo per fare io, succhia-sangue” protestò Mack.

“Lo so” rispose, e Shae era finalmente libera. Non si fermò a riflettere prima di correre incontro a Mack e stringerla in un abbraccio.

“Mi chiamo Shae, e ti devo la mia vita”. Erano trascorse settimane infinite, forse mesi, di torture, stupri e combattimenti, e finalmente era fuori da quella cella. Non erano ancora al sicuro, ma sicuramente non avrebbe più fatto ritorno in quella prigione; avrebbe preferito morire. “Un grazie non è abbastanza per quello che hai fatto. Se dovessi mai aver bisogno non esitare a chiamarmi”.

“Parliamone dopo. Sai come si fa a uscire in fretta da qui? Dove siamo entrati è troppo lontano” disse Mack, interrompendola prima di allungarsi a cercare qualcosa nello zaino.

“Non ne ho idea. Mi hanno teletrasportata qui”.

Mack le porse dei vestiti, ma Shae scosse il capo. “Dalli a Cami. Ne ha più bisogno di me”. Fece cenno con la testa a un’umana che stava tremando dalla paura. Non sembrava molto più umana. La fragile donna era lì da meno tempo di tutte, ma indubbiamente era la più traumatizzata.

“Dovremo uscire da dove siamo entrati. Venite, ci conviene muoverci” tuonò Gerrick. La voce di quest’ultimo era in grado di calmare l’anima di Shae nonostante il tono fosse agitato e nervoso; anche il corpo della donna reagiva a essa. Si trattava di qualcosa di rassicurante e inquietante allo stesso momento; gli orrori che aveva vissuto non l’avevano uccisa. Shae si voltò, diretta verso l’uscita. Era pronta per lasciarsi quel capitolo della propria vita alle spalle.

Il Guerriero Sfregiato

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