Читать книгу Il Guerriero Sfregiato - Brenda Trim - Страница 8
CAPITOLO TRE
ОглавлениеEra come se Gerrick stesse stringendo a sé una lince. Shae era esplosa senza ascoltare ragioni. Non che lui fosse d’accordo con il trattenere quelle donne, ma capiva che al momento stavano avendo a che fare con qualcosa di sconosciuto, e non le avrebbero lasciate andare così facilmente.
Era strano; le altre donne erano arrabbiate e avevano protestato, ma solamente Shae era impazzita. La rossa tra le sue braccia era completamente fuori controllo.
Aveva portato indietro la testa e lo aveva colpito al mento, al che Gerrick aveva imprecato. “Smettila, accidenti. Stiamo cercando di aiutarti. Non stai migliorando la tua situazione”. Era come se stesse parlando con un muro. Quando portò l’attenzione su Jessie lesse lo stupore sul volto di lei.
Jessie, l’amica di Cailyn si era unita al gruppo qualche mese prima dopo essere stata morsa e infettata dal medesimo Arcidemone. Era stato grazie a lei se il Reame aveva appreso la differenza tra il morso di un Arcidemone su un maschio e su una femmina. Prima di Jessie nessuna donna era stata infettata da un Arcidemone, quindi era credenza comune che il morso portasse al mutamento in uno Skirm decerebrato.
Fece appello ai propri poteri e mormorò “Codlata”; le sue dita irradiarono luce blu e l’uomo percepì il formicolio a lui familiare quando si attivò l’incantesimo. Qualche istante più tardi Shae si abbandonò tra le braccia di Gerrick e la ragazza chiuse gli occhi.
“Che cosa le hai fatto?!” Domandò Cami.
Gerrick la vide trasalire quando portò l’attenzione sull’umana. Chiaramente non era pronta ad affrontarlo come aveva fatto Shae. Era al corrente che molti lo vedessero come un Guerriero spietato, freddo e menefreghista, ma non si era mai prestato a modificare la concezione altrui di sé perché gli andava bene così. Credeva che fosse meglio essere temuto piuttosto che facilmente approcciabile. “Non l’ho uccisa, se è questo che ti preoccupa. Le ho solamente fatto un incantesimo soporifero, si sarebbe fatta male”.
Sollevò le gambe di Shae portandosele al petto, percependo immediatamente la pelle morbida di lei addosso. Abbassò lo sguardo sulla ragazza, come attratto dal viso che aveva rilassato sul proprio braccio. Aveva i capelli sporchi e secchi, ma erano quelli più lunghi che avesse visto da secoli. Immaginò che una volta puliti e pettinati le avrebbero raggiunto il sedere. Non era tipico per le donne moderne portare i capelli talmente lunghi, il che rendeva quella tra le sue braccia un enigma.
Le ciocche tempestate di nodi le scivolarono oltre la spalla, attirando l’attenzione di lui sul seno nudo. Era molto sporca, eppure si distingueva il rosa dei capezzoli. Era pronto a scommettere che se li avesse trattati come voleva si sarebbero fatti rossi e turgidi.
Prese un respiro profondo prima di avanzare verso le scale che portavano al seminterrato. Per la prima volta fu in grado di distinguere l’aroma naturale di lei di gelsomino, nonostante la puzza che le assediava la pelle. Aveva un profumo divino, e Gerrick non riuscì a limitare la propria erezione. Fece di tutto per distrarsi, ma il suo stupido membro non lo ascoltò. Voleva ciò che voleva, e non gli importava che non fosse il momento giusto.
Era incuriosito dalla reazione del proprio corpo. Stava portando una donna nelle loro segrete per imprigionarla, eppure gli era venuto duro come la pietra. L’ultima cosa che doveva accadere era che Rhys o Orlando se ne accorgessero, in quanto non gli avrebbero più dato tregua. Scese le scale cercando di concentrarsi su nient’altro che la donna che aveva tra le braccia.
Gli risultò però impossibile, distratto dai suoi respiri delicati e i gemiti. Da sveglia era un uragano, mentre in quello stato era una donna fragile che Gerrick voleva semplicemente tenere con sé e proteggere. E, cazzo, quanto la odiava per il modo in cui lo faceva reagire. Non aveva provato una tale attrazione per nessuno da quando aveva incontrato la sua Evanna. Il suo cuore e la sua anima appartenevano alla sua Prescelta defunta.
Era stato amore a prima vista quello che aveva provato per Evanna quattrocento anni prima. All’epoca era un giovane stregone di soli cinquant’anni, e l’aveva catturato sin da subito. Gli tornarono alla mente i suoi capelli biondi e i suoi occhi del colore della giada, e di come sorrideva con facilità. Era qualcosa che Gerrick faceva in sua compagnia.
Avevano scoperto di essere Prescelti quando avevano fatto sesso per la prima volta ed erano apparsi i relativi marchi di accoppiamento. L’aveva persa di lì a poco, era morta per mano di un Arcidemone e il suo Skirm. Nulla era servito a riportarla da lui, nemmeno la propria abilità di plasmare il tempo. Per poco non si era giocato completamente il proprio dono quando aveva tentato ripetutamente di salvarla in quel maledetto giorno, e in quell’occasione aveva imparato che l’uso del potere ti presenta sempre il conto. La cicatrice sul proprio volto era il prezzo che aveva richiesto la Dea per il tentativo di lui di cambiare il destino. Avrebbe accettato di venir ricoperto di cicatrici se solo fosse servito a salvare Evanna. Si corrucciò nel scendere le scale e cercando di allontanare i ricordi dolorosi dalla mente.
Udì Zander e gli altri accompagnare le donne lungo le scale dietro di sé. Si accorse che Elsie, la Prescelta di Zander stava cercando di rassicurare una delle vittime. Gerrick non sapeva come mai perdesse tempo; nemmeno a lui piaceva la situazione, ma non c’era modo di cambiarla. Non aveva senso cercare di confortarle, e francamente gli sembrava uno spreco di fiato.
Non era freddo e ostile come credevano in molti, semplicemente non vedeva il senso di dire a queste donne che sarebbe andato tutto bene. Le stavano imprigionando nuovamente, qualche ora dopo averle liberate. Nessuno sapeva se le cose sarebbero effettivamente migliorate o se avrebbero dovuto eliminarle a causa della loro pericolosità. Abbassò lo sguardo su quello pacifico di Shae e le giurò in quel momento che non avrebbe mai permesso che le venisse fatto del male, non importava che cosa avrebbero appreso su di loro.
Gerrick avanzò oltre il seminterrato, dove si trovavano una clinica medica, una stanza delle armi, uno spazio per l’allenamento e delle stanze extra per gli ospiti. Al piano inferiore i mattoni e il cemento lasciavano spazio alla pietra e alla terra. A Seattle era una vera e propria sfida avere un piano interrato, figurarsi delle segrete, ma erano riusciti a farlo grazie all’uso della magia. Si ricordò di aver scavato e di aver utilizzato la pietra per rinforzare i muri delle segrete.
Gli vennero i brividi quando si accorse dello sbalzo di temperatura, e vide che a Shae venne la pelle d’oca. Si appuntò mentalmente di fare in modo che la ragazza avesse a disposizione dei vestiti caldi e tante coperte. Si fermò quando raggiunse la prima cella, di cui aprì la porta con un piede.
“Prendi delle coperte e delle lenzuola. Non voglio metterla sul materasso così com’è” disse Gerrick. A differenza di alcuni compagni Guerrieri, Gerrick non era mai stato chiuso nelle segrete, ma era contento che avessero migliorato le postazioni, fornendole di veri e propri letti. Shae non si meritava di dormire sul pavimento sporco o su una branda.
“Faccio preparare tutti i letti” rispose Nate affrettandosi attraverso la porta con delle lenzuola in mano “ma non mi ha detto nessuno che le avreste messe nelle segrete. Quanto può essere difficile mandare un messaggio? Wow, che bomba” commentò Nate facendo cadere a terra le coperte quando notò Shae.
Gerrick scosse il capo. Non sapeva come mai Angus, il drago muta-forma che era stato in passato il loro maggiordomo, avesse disposto che Nate fosse il suo sostituto. Chiunque sarebbe stato più adatto e in grado di concentrarsi sui compiti affidatogli. Non Nate, il quale trascorreva più tempo a sbavare dietro alle donne piuttosto che occuparsi della casa.
“Queste donne hanno subito degli orrori impronunciabili, non comportarti da coglione. Sistema le coperte sul letto così posso far coricare Shae” sbottò Gerrick; voleva cavare gli occhi di Nate per aver guardato il corpo nudo di lei. Gli sottrasse una coperta e l’avvolse attorno alla ragazza. Nate si voltò verso le sbarre, e sia il suo silenzio che il rossore delle sue guance indicavano che aveva compreso quanto il suo commento fosse fuori luogo.
Gerrick fece coricare Shae una volta sistemato il letto. Tecnicamente aveva portato a termine il proprio compito, ma si rese conto che non voleva lasciarla da sola. “Shae non si sveglierà ancora per un po’, e deve pulirsi. Manda qualcuno dello staff affinché se ne prenda cura” richiese il Guerriero nel guardarsi attorno nella nuova residenza di Shae. Un muro era costituito dalle sbarre, mentre gli altri tre dalla pietra; aveva più privacy di prima e sicuramente l’avere un water e una doccia funzionante sarebbe stata cosa gradita, a differenza della natura dell’alloggio, per cui avrebbe protestato.
Guardò la donna addormentata. Sembrava tranquilla a riposo, ma Gerrick non riusciva a togliersi dalla mente l’immagine di lei che perdeva la cognizione. Le accarezzò la testa con una mano, si chiedeva che aspetto avrebbe avuto da pulita. S’immaginò che avesse i capelli di un rosso intenso e che forse avrebbe avuto il naso tempestato di lentiggini.
“Nate!” Chiamò Zander. Gerrick ritirò subito la mano per non farsi beccare ad accarezzare la testa di Shae. Non sapeva che cosa gli fosse preso, ma doveva darsi una regolata. “Fa’ in modo che ogni donna abbia a disposizione delle salviette e degli articoli per l’igiene. Fatti dare le loro taglie e fa’ avere loro dei vestiti il prima possibile. Le nostre ospiti dovranno anche avere a disposizione del cibo e sacche di sangue”.
Gerrick uscì dalla cella quando vi entrarono diversi membri dello staff con salviette e altri oggetti. Jace li raggiunse subito dopo. “Le prelevo del sangue prima che la puliate, così posso fare subito degli accertamenti”. Gerrick reagì d’istinto mostrando i canini al maschio; non sapeva come mai fosse talmente protettivo nei suoi confronti. Sapeva che servivano dei campioni di sangue, e prima l’avrebbe fatto meglio sarebbe stato.
Jace strinse lo sguardo su Gerrick. “Qual è il tuo problema? Non le faccio del male. Non sa nemmeno che le sto prelevando del sangue”.
Bella domanda, pensò Gerrick, che ignorò il guaritore nell’uscire dalla cella. Restò nel corridoio per osservare l’andirivieni di membri dello staff; era come se i suoi piedi si rifiutassero di portarlo al piano superiore. Non aveva più senso che restasse lì, eppure non riusciva a distogliere lo sguardo dalla donna.
Le segrete erano piccole, e le donne avevano occupato quasi tutte le celle presenti. Jace terminò l’operazione e il resto dei Guerrieri salì al piano terra, mentre Gerrick restò nei pressi della cella di lei. Due femmine di muta-forma avevano riempito dei secchi di acqua calda dalla doccia e avevano iniziato a pulire Shae.
Era come stregato dalla vista di quest’ultima. Le venne rimossa la terra dalle braccia e si rese conto di quanto fosse pallida, non che ciò inficiasse sulla sua bellezza. Diamine, nemmeno lo sporco più ostinato era in grado di renderla meno bella; era stupenda, e Gerrick si sentì improvvisamente un guardone.
Si fece forza per allontanarsi e dirigersi al piano terra. Non voleva stare ancora da solo, quindi si mise in ascolto della conversazione che veniva intrattenuta in cucina. L’aroma di aglio e cipolle aleggiava nella stanza, e il Guerriero si chiese che cosa stesse cucinando Elsie questa volta. Gli venne l’acquolina in bocca.
Secondo Gerrick Elsie era la cuoca migliore del mondo. Era in grado di trasformare tutto in un capolavoro, sia che si trattasse di formaggio alla griglia o un étouffèe di gamberi; era sempre tutto delizioso. Non si sorprese quando aprì la porta della cucina e vi trovò la maggior parte dei Guerrieri e delle loro Prescelte. Dall’arrivo di Elsie alla base la cucina era diventato un ottimo punto di ritrovo, per quanto si entrasse a proprio rischio, dato che Zander e Elsie erano noti per fare anche altro oltre a cucinare. Non che Gerrick volesse negare loro la felicità che provavano. In realtà non poteva essere più felice per il vampiro che aveva atteso sette secoli per trovare la propria metà.
“Come stanno?” Domando Zander quando lo vide.
“Shae dorme ancora e le altre sono ancora arrabbiate, ma sono certo che saranno grate di essere state tirate fuori da quell’inferno” rispose appoggiandosi poi a uno dei banconi. Portò una caviglia sull’altra e incrociò le braccia al petto.
“Per usare un eufemismo” commentò Hayden, l’Omega dei muta-forma, nel prendere un sorso del suo drink. “Adesso cosa facciamo?”
“Tutto il possibile per aiutarle a stare meglio. Non si meritano di passare dalla stretta mortale di Kadir alle nostre segrete” disse Elsie nel sistemare in un’ampia padella le verdure che aveva tagliato. Gerrick sperava che avrebbe fatto il suo tipico stufato. Era stata una notte fredda e lunga, e il suo stracotto era proprio quello che gli serviva.
“Lo faremo, a ghrá, nessuno vuole vederle rinchiuse laggiù più del necessario. Jace ha già dato i campioni del loro sangue agli scienziati e mi ha assicurato che sono già al lavoro” rispose Zander dando un bacio sulla testa a Elsie.
“Sembra che i demoni abbiano scelto individui di tutte le specie soprannaturali. Dovremo organizzare una riunione del Consiglio e invitare le Arpie e le Valchirie. Non possiamo prendere decisioni per chi è al di fuori della nostra specie” commentò Hayden. Gerrick osservò l’Omega corpulento attraversare la stanza per dare un’occhiata dentro la pentola.
“La vera domanda è se gli Arcidemoni le controllano. Chiaramente non sono come Jessie, e non possiamo fermarci al fatto che sono donne” aggiunse Zander.
“Sono completamente diverse da com’ero. Non ho mai provato quell’ira. Ero confusa dai cambiamenti che stava subendo il mio corpo, ma avevo sempre il controllo sulle mie emozioni. Era come se nella mia testa ci fosse solamente una minima pressione. Jace mi ha spiegato che era come se Azazel stesse cercando di mettersi in contatto con me, ma era qualcosa di semplice da ignorare. La cosa più difficile da fare è stato adattarmi ai cambiamenti...oh, aspettate, il localizzatore. Pensate che possano averli messi anche in queste donne?” Domandò Jessie porgendo a Elsie la ciotola di patate che aveva fatto a dadini. Sicuramente sta facendo lo stufato, pensò Gerrick, il cui stomaco prese a brontolare. Aveva più fame di quanto pensasse, e sicuramente Shae stava morendo di fame. Le si vedevano le costole come se fosse malnutrita; si fece un appunto mentale per fare in modo che la ragazza facesse una colazione abbondante appena sveglia.
Le considerazioni di Jessie circa la propria situazione fecero tornare in mente a Gerrick di quando aveva salvato lei e Cailyn da un incidente d’auto diversi mesi prima. Azazel e un Fae di nome Aquiel, insieme allo Skirm dell’Arcidemone, avevano fatto uscire Cailyn di strada prima di attaccare le due. Azazel aveva scagliato un incantesimo mortale Fae su Cailyn, la Prescelta di Jace e sorella di Elsie, mentre Jessie era stata avvelenata.
L’unico modo per guarire Cailyn era stato mandare Gerrick e altri Guerrieri a New Orleans per svolgere una missione pericolosa al fine di impossessarsi di un antidoto. Quando l’avevano soccorsa, Jessie stava avendo le convulsioni dal dolore causato del morso di un Arcidemone, e solo qualche giorno dopo avevano capito che era stata trasformata da umana a qualcos’altro che il Reame non aveva mai visto. Si era soprannominata un Dhampiro.
“Ne dubito” commentò Gerrick. “Erano all’oscuro del nostro arrivo, e non ci avrebbero mai permesso di liberare le prigioniere senza agire se avessero saputo che saremmo venuti a salvarle. Era chiaro che non avessero intenzione di rinunciare ai loro giochini”.
“Sono d’accordo” commentò Zander posando il proprio drink. “Gli Arcidemoni erano convinti che il loro covo fosse irrintracciabile. Ad ogni modo non sarebbe una brutta idea controllare le ragazze. Il sistema di protezione di Zeum avrebbe disattivato i dispositivi, quindi sicuramente non ci troveranno, ma saranno a rischio quando se ne andranno da qui. La vera preoccupazione è il loro comportamento. Non è saggio lasciare che si aggirino liberamente per il Reame con tutta l’ira che hanno in corpo. Spero che il loro sangue ci fornisca le risposte che ci servono. La differenza tra Jessie e loro è chiara, e voglio saperne di più. Sembra che Kadir si sia accanito su Shae, e voglio parlarle per capire se sa qualcosa circa il suo piano”.
“Non riesco a immaginare che atrocità abbiano vissuto quelle ragazze”. A Jessie venne la pelle d’oca e si cinse la vita con le braccia. “Avete visto i loro colli? È come se alcune di loro siano state i loro giochini da masticare. Mi ricordo il dolore di quando mi ha morsa Azazel; bruciava come se fossi stata all’Inferno. Odio pensare che abbiano sofferto più di una volta. Per una volta vorrei essere l’unico Dhampiro al mondo”.
Gerrick strinse i pugni al petto. Il lato sinistro del collo di Shae era disseminato di cicatrici spesse. Zander aveva ragione, era chiaro che la poveretta fosse l’obiettivo frequente dei demoni, il che fece venire sete di sangue a Gerrick. Non sapeva niente di quella donna, ma non riusciva a credere che avesse fatto qualcosa per meritarsi quel tipo di trattamento.
“Jessie, non so che cos’abbiamo per le mani, ma non sei mai stata sola” la rassicurò Zander. “Ciò che mi colpisce è il fatto che nonostante l’esposizione continua al veleno dell’Arcidemone non si siano mai trasformate in Skirm”.
Gerrick ne era grato. Gli Skirm eliminavano tutto ciò che era stato l’essere umano, diventando dei tirapiedi decerebrati. E nonostante l’ira che la pervadeva, non sembrava che Shae fosse controllata da qualcuno. Ne erano una dimostrazione il suo rifiutarsi con ostinazione di arrendersi e la sua determinazione di fare appello a tutto ciò che restava di sé.
Zander proseguì. “Le ferite e la sua reazione feroce sono un’indicazione del fatto che Shae ha sofferto più di tutte, quindi potrebbe avere le risposte che cerchiamo. Dobbiamo trovare il modo di ridurre al minimo la sua rabbia e fare in modo che riesca a controllarla; è una delle mie e mi rifiuto di perderla per mano di quei bastardi”. Nemmeno Gerrick avrebbe fatto in modo che ciò succedesse.
“Zander, come vuoi che gestisca le famiglie delle umane? Non posso informarle che le loro care sono state salvate dalla prigionia solo per essere limitate nelle nostre segrete” esordì Orlando. Questi era un altro Guerriero Oscuro, ed era il loro collegamento con il mondo umano tramite il Dipartimento di Polizia di Seattle; spesso gli capitava di dover informare le famiglie circa gli sviluppi delle indagini.
“Non diremo niente fino a quando non avremo le risposte che ci servono. Non sappiamo nemmeno se sia saggio lasciarle interagire con le loro famiglie. La protezione del Reame è la priorità. L’ultima cosa che ci serve è che delle umane e delle Arpie si aggirino liberamente per la città in cerca di vendetta. Orlando, tu e Santiago procuratevi tutte le informazioni disponibili sulle loro famiglie. A proposito, dov’è Santiago?” Domandò Zander guardandosi attorno nella cucina affollata.
Gerrick si chiedeva la stessa cosa. Il Guerriero era sempre meno presente ultimamente. Attribuì la sua assenza al fatto che il muta-forma sembrava inquieto nei tempi recenti, e forse aveva bisogno di un po’ di privacy per esprimere in sicurezza il proprio lupo.
“Non lo so, se n’è andato senza dire una parola quando siamo risaliti dai sotterranei” rispose Orlando. Gerrick si accorse del modo in cui Hayden sembrava stizzito allo scambio, e si chiese se fosse tornata in atto la vecchia dinamica di potere. In passato Hayden aveva tentato di far uscire i suoi muta-forma dai Guerrieri Oscuri in quanto dimostravano lealtà a Zander piuttosto che al loro Omega.
“Non ti preoccupare per lui, Zander. Dopo la battaglia il suo lupo aveva bisogno di uscire, quindi è andato a fare una corsa” commentò Hayden, confermando il sospetto di Gerrick. Sicuramente c’era di più dietro al comportamento dei muta-forma, qualcosa di cui Gerrick era all’oscuro, ma non voleva sprecare delle energie per comprenderlo. Lo faceva infuriare il fatto che la propria mente continuasse a tornare alla rossa nelle segrete che si sarebbe svegliata dall’incantesimo da un momento all’altro.