Читать книгу Il Gran Gesto Di Garron - Carol Lynne - Страница 9
ОглавлениеCapitolo Uno
Garron Greeley stava lasciando la stazione di polizia, quando gli squillò il cellulare. Nel leggere il nome sul display sorrise. “Ehi, bellezza”.
“Gli hanno sparato” urlò il suo compagno, Sonny Good, al telefono.
Lo stomaco di Garron fece una capriola, mentre si fermava all’improvviso. “A chi hanno sparato?”.
“A Buford, qualcuno l’ha ucciso”.
Scorrendo rapidamente tutti i nomi nella sua memoria, Garron non trovò niente. “Scusa, cowboy, ma non conosco nessun Buford”.
“È il mio cavolo di toro Black Angus. Ha vinto un sacco di premi”.
“Merda, mi dispiace. Hai chiamato Rawley?”. Garron corse alla sua Harley nera e ci salì sopra.
“Sì, passa a prendere Jeb e poi viene qui. Tu tra quanto arrivi?”.
“Se riesco, in una cinquantina di minuti. Vi trovo ancora lì?”.
“Sì, sono sicuro che ci vorrà un po’. Siamo appena oltre lo stagno, dalla parte di Jeb”.
“Va bene, ora parto. Ti amo”.
“Ti amo. Vieni, ho bisogno di te”.
Sonny riattaccò e Garron guardò un momento il telefono prima di rimetterselo in tasca. Mise in moto, uscì dal parcheggio e andò verso casa. Strano come il Flying G fosse diventato ormai casa sua, dopo essere andato a vivere con l’uomo per cui aveva perso la testa. Garron decise di prendere l’interstatale per risparmiare qualche minuto. Di solito prendeva strade secondarie, ma aveva la sensazione che Sonny avesse bisogno di lui il prima possibile.
Percorrendo la strada, pensò alla telefonata. Sapeva che Sonny doveva andare in città a prendere del nuovo materiale per le recinzioni. Garron si chiese se fosse successo qualcosa. Lionel Hibbs sfruttava ogni occasione per metterli contro il resto della città. All’inizio si trattava solo di commenti qua e là, che però si trasformarono presto in volgarità urlate a voce alta non appena Lionel li vedeva in città.
Garron aveva smesso di fare il barista due settimane prima del dovuto, perché Lionel faceva scenate del genere ogni volta arrivava al Dead Zone. Jim, il proprietario, aveva pensato fosse meglio così. Sonny cercava di fare finta che gli insulti non lo disturbassero, ma Garron sapeva che non era così. Sonny era cresciuto a Summerville, e il fatto che improvvisamente non volesse più andare in città, era un cattivo segno.
Più si avvicinava al ranch, più dava gas. Qualcosa doveva aver innescato questo improvviso cambiamento nel comportamento di Lionel. Uccidere gli animali di un ranch era un bel passo avanti, rispetto al gridare parole bigotte dall’altra parte della strada.
Garron parcheggiò la moto vicino al capannone e prese il fuoristrada da Sonny. In cima al lieve pendio, Garron individuò Sonny, Jeb, Rawley e un altro uomo, tutti raccolti intorno a quello che immaginò fosse Buford. Rallentando, si fermò appena all’interno della recinzione rotta. Rawley alzò lo sguardo e si avvicinò.
“Sono contento che tu ce l’abbia fatta, finalmente. Mio fratello sta andando fuori di testa”. Rawley si grattò la nuca. Garron capì che Rawley voleva dirgli qualcos’altro.
“Che c’è?” chiese mentre si dirigeva verso il recinto di filo spinato rotto.
“Sonny e Lionel hanno litigato questo pomeriggio in città. Penso che Lionel sia finito con il naso rotto, ma Sonny ne è uscito con un occhio nero” disse Rawley mentre seguiva Garron fino al recinto.
Voltandosi indietro, Garron indicò il filo rotto. “Guarda questo, è ovviamente stato tagliato. Vado a vedere come sta Sonny”. Camminò verso l’uomo che amava, che gli scaldava le vene. Come osava Lionel fargli del male? Aveva una mezza idea di andare in città e trovare subito quel bastardo. L’unica cosa che lo fermava era lo sguardo sul viso di Sonny mentre lui si avvicinava. Aprì le braccia e Sonny ci si tuffò immediatamente. “Stai bene?”. Abbassò lo sguardo sul viso contuso di Sonny.
“No, ma sto meglio”. Sonny guardò Buford. “Lo ha ucciso così, senza motivo”.
Accarezzando la schiena di Sonny, Garron guardò Jeb. “La recinzione è stata tagliata”.
Jeb annuì. “C’ero arrivato anch’io”. Jeb indicò l’uomo più anziano. “Questo è il nostro veterinario, il dottor Mac Whitcomb. Mac, lui è mio fratello Garron”.
I due uomini si strinsero la mano. Sebbene i suoi capelli fossero completamente grigi, Mac non sembrava avere più di quarantacinque anni. Lo guardò negli occhi. “Può stabilire da quanto tempo è successo?”.
Mac si grattò la mascella, poi tornò a guardare il toro morto. “Difficile esserne certi, con questo caldo. Ma direi da un paio d’ore al massimo”.
Garron guardò di nuovo Sonny e gli diede un bacio in fronte. “A che ora avete litigato?”.
“Più o meno lo stesso, credo” rispose Sonny.
“Com’è successo?” Garron continuò a tenere le braccia intorno alla vita di Sonny.
“Beh, immagino mi abbia visto entrare nel negozio di mangimi dal suo ufficio, che è dall’altra parte della strada. Quando sono uscito, Lionel mi stava aspettando. Ha iniziato a dire delle cose, ma io l’ho ignorato. Poi mi ha dato una spinta” Sonny fece un piccolo sorriso. “Allora io gli ho ricordato che, anche se sono piccolino, posso comunque prenderlo a cazzotti”.
Garron si guardò intorno. “Pensate quello che penso io?”.
Mac annuì, guardando di nuovo il toro. “È stato tutto orchestrato per fargli avere un alibi. Vi dico una cosa, quell’uomo non mi è sempre stato indifferente, ma chiunque possa mandare a fare una cosa come questa dev’essere malato”.
“Sì, penso che su questo siamo tutti d’accordo. Il problema è riuscire a trovare un elemento che lo colleghi al crimine” disse Rwaley, facendosi avanti. “Qui è tutto secco e non ci sono impronte. Comunque continuerò a cercare”. Poi indicò il toro morto. “Che ci farai, con Buford?”.
“Shelby è nella parte est del pascolo orientale a scavare una buca proprio adesso. Verrà a prenderlo con il trattore quando ha finito”.
Rawley si passò le dita tra i corti capelli neri e guardò Mac. “Il proiettile è ancora dentro?”.
Mac guardò l’animale. “Non c’è ferita d’uscita, quindi sì. Vuoi che provi a tirarlo fuori?”.
“Se ci riesci senza danneggiare il proiettile. Lo manderò al laboratorio della scientifica di Lincoln per far fare una perizia balistica. È un po’ un azzardo, ma è probabile che sia l’unica prova che abbiamo”.
Garron guardò Rawley. “Hai fatto qualche foto? Di certo la compagni di assicurazioni vorraà vedere anche quelle, oltre che hai rapporti che farete tu e Mac”.
“Sì, le ho fatte. Non è la mia prima volta, sai” sottolineò Rawley.
“Scusa, mi è uscito male. Volevo solo assicurarmi che fosse tutto apposto, prima di portare Sonny a casa”.
“Portacelo pure, qui finiamo noi”.
Garron guardò Sonny. “Dov’è il furgone?”.
“L’ha preso Shelby. Immagino che dovrò venire con te sul fuoristrada” gli strizzò l’occhio. “Che peccato”.
Con uno schiaffo sul culo a Sonny, Garron salutò Mac, Jeb e Rawley.
* * * *
Quando arrivarono a casa, entrambi erano già arrapati da morire. Entrando in cucina, Garron si attaccò alle sue labbra. “Ho bisogno di te”.
“Sì” disse Sonny, togliendo i vestiti a Garron. Riuscì a sollevargli la maglietta sopra la testa, prima di iniziare a dedicarsi alla sua patta. Non appena ebbe finito di sbottonare e tirare giù la zip, Sonny si inginocchiò. Passò la lingua sulla punta del cazzo di Garron e gemette quando assaggiò il liquido preseminale. “Hai un sapore che adoro” disse, prima di prendergli in bocca la cappella.
Tirandogli giù i jeans morbidi, fece scorrere le mani sulle sfere sode del culo di Garron. Sentì i suo muscoli tendersi mentre iniziava a darsi delle spinte. Sonny si perse in quell’atto appassionato, facendo scivolre un dito tra le chiappe di Garron e premendo contro il suo buco. Non aveva ancora fatto l’amore con questo culo. Vista la differenza di statura tra i due, Sonny aveva automaticamente assunto il ruolo di passivo, nella relazione. E la cosa era andata benissimo a entrambi. Ora però, voleva entrare dentro Garron con una necessità che non aveva mai sentito prima.
Sonny lasciò andare il cazzo di Garron e lo guardò. “Ti voglio”.
Garron doveva aver capito cosa gli stava chiedendo, perché annuì e lo fece alzare prendendolo per un braccio. “Sarà meglio farlo in camera da letto”. Garron si tirò su i Levi e condusse Sonny per le scale.
Mentre si spogliavano in tutta fretta, Sonny si sentiva nervoso. Non capiva perché. Si era scopato un sacco di uomini, perché questa paura improvvisa di non essere abbastanza bravo?
Quando furono entrambi nudi, al centro del letto, avvolti l’uno nelle braccia dell’altro, finalmente capì. Era la prima volta che faceva l’amore così con un altro uomo. E l’opinione che Garron aveva di lui era importante. Interrompendo il loro bacio, Sonny guardò Garron nei suoi occhi scuri. “Per te va bene?”.
Garron sorrise e tirò su le gambe contro il petto, facendo vedere a Sonny il più bel buco che avesse mai visto. “Ti amo” gli disse. “Non aspettavo altro che tu prendessi l’iniziativa”.
Sonny si rese conto che non importava se faceva tutto alla perfezione. Importava solo il fatto che così poteva esprimere il suo amore per Garron. Il fatto che potesse esprimere il suo amore per Garron amandolo lo faceva. Andando a prendere il lubrificante, Sonny cercò di controllare il proprio respiro. Doveva darsi una calmata. Chissà da quanto tempo Garron non lo faceva e, visto come si sentiva, in questo modo non sarebbe certo durato a lungo.
Dopo essersi leccato le dita, Sonny diede a Garron un bacio profondo, poi ne infilò lentamente uno nella sua apertura. Interrompendo il contatto tra le labbra, sorrise all’uomo che amava.”Tra un paio di settimane è il tuo compleanno”.
Gemendo, Garron mosse il sedere. “Non me lo ricordare”.
“Pensavo di fare una festa. Niente di speciale, possiamo solo affittare la stanza sul retro del Dead Zone. Qualche amico, del buon cibo,” gli strizzò l’occhio “magari quattro salti in pista?”.
Garron si fermò per guardare Sonny negli occhi. “Dici sul serio?”.
Sonny annuì e mise dentro un altro dito. “Certo che dico sul serio. Se poi dovessimo aver voglia di dire qualche parola per impegnarci l’uno con l’altro, davanti ai nostri amici e alle nostre famiglie, ben venga.”
“Mi stai forse chiedendo di sposarti?” ansimò Garron, mentre Sonnyt raggiungeva la sua ghiandola prostatica.
“Lo so che non possiamo sposarci veramente, ma per me ci andrebbe molto vicino”. Lo guardò a lungo negli occhi. “Mi prometti che ci penserai?”.
“Non ho bisogno di pensarci, la risposta è sì”. Garron si dimenò ancora un po’. “Ora fai l’amore con me”.
Sonny tolse le dita e applicò una bella quantità di lubrificante sul suo arnese ingrossato. Poi scivolò tra le cosce aperte di Garron e si posizionò davanti al buco rilassato. “Ti amo” disse, invadendo lentamente il suo corpo.
Una volta dentro fino alla radice, chiuse gli occhi e appoggiò la testa sul suo petto. “Cazzo, non è stata una buona idea”.
Sentì Garron irrigidirsi intorno al suo cazzo. “Non ti piace?”.
Scuotendo la testa, Sonny gli baciò il petto. “Tutto il contrario. Non so se mi andrà mai più di essere passivo”.
Garron ridacchiò e gli diede uno schiaffetto sul culo. “Beh, non abituartici troppo, però una relazione con dei turni equi mi può andare bene. Basta che ti muovi, qui sto impazzendo”.
Sonny gli diede un morso giocoso sul collo e poi iniziò a spingere dentro e fuori. Più Garron gemeva forte, più i suoi fianchi si muovevano velocemente, finchè non si ritrovò a battere come un martello dentro il suo buco caldo. Guardò la sua faccia mentre il sudore iniziava a colargli sul petto e sullo stomaco. “Ti amo” ringhiò.
Stretto dentro la mano di Garron, il suo cazzò esplose in tanti flussi perlati di seme bianco. I movimenti involontari che fece mentre veniva, diedero il via anche a Sonny. Si spinse dentro di lui un’ultima volta e lo riempì con la sua essenza. Crollato sopra Garron, il corpo di Sonny continuava a tremare per l’intensità dell’orgasmo.
Era sudato, affamato, assonnato e appagato. Cosa poteva chiedere di più? Sorrise, mentre Garron lo avvolgeva con le sue gambe. A quanto pare non era l’unico a volere che quel momento non finisse. “Dobbiamo comprare delle fedi?” chiese Garron, accarezzandogli la schiena.
Sonny non aveva pensato agli anelli ma, più lo faceva, più l’immagine di Garron con una fascetta d’oro al dito lo intrigava. Alzò la testa per guardarlo in faccia. “Puoi mettertela, mentre lavori?”.
“La maggior parte delle volte sì. Di sicuro lo dovrò togliere per qualche operazione speciale, ma è così anche per tutti gli altri poliziotti del reparto”.
“Allora sì, anelli per due”. Si stesero di nuovo e si lasciarono andare a un breve pisolino.
* * * *
Quando si misero a tavola per una cena sul tardi, Sonny alzò lo sguardo su Rawley, seduto dall’altra parte del tavolo. “Sto organizzando una grande festa per i 36 anni di Garron, tra due settimane”. Diede un morso al suo hamburger prima di continuare. “Pensavamo di approfittarne per pronunciare qualche parola di impegno l’uno con l’altro”. Apettò l’esplosione che, era certo sarebbe arrivata, mentre dava un altro morso.
“Come hai detto, scusa?” Rawley mise giù il suo tè freddo.
“Ho detto che io e Garron ci scambieremo delle promesse”. Sonny guardò suo fratello negli occhi, sfidandolo a contraddirlo.
“E ti sembra la cosa più saggia da fare? Finora hai ottenuto un occhio nero e un toro morto. Cosa pensi che succederà, quando si spargerà la voce anche di questo?”.
Sonny spinse via il piatto per appoggiarsi al tavolo. “Sono cresciuto in questa città, secondo me la maggior parte della gente mi accetta per quello che sono. Se un gruppetto di bigotti ha deciso di odiarmi solo per via di chi amo, che vadano a fanculo”.
Rawley guardò Garron, rimasto i silenzio fino a quel momento. “E tu? Sei pronto a fare questo passo?”.
Garron fece correre lo sguardo tra i due fratelli. “Credo che Sonny sia quello che ha più da perdere, con questa decisione. E se lui è disposto ad avermi nonostante tutta questa storia, io non mi lascio fuggire l’occasione”.
Rawley si alzò e si diresse verso la porta, abbandonando la sua cena sul tavolo. “Siete due pazzi”. Indossò il cappello ma, quando fece per andarsene, Sonny parlò.
“Almeno non facciamo finta di non provare quello che proviamo. Non puoi nasconderti dietro quel distintivo per sempre. Non ti sarà molto di conforto, quando sarai vecchio”.
Rawley se ne andò senza neanche guardarsi indietro. Garron osservò Sonny con gli occhi sgranati. “Che c’è? È la verità. C’è così tanta tensione sessuale, tra Rawley e Jeb, che è un miracolo che la stanza non prenda fuoco, quando stanno insieme”.
“Magari hai ragione,” disse Garron, allungando una mano per prendere quella di Sonny “ma non sta a te dirlo. Forse, se la smettessi di stargli tanto addosso, si lascerebbe andare di più”. Poi lo tirò per farlo sedere in braccio a lui.
“È che mi dispiace vederlo così infelice”. Sonny sapeva benissimo che non avrebbe dovuto dire quelle cose a Rawley, ma ormai era tardi per rimangiarsele. Appoggiò la testa su quella di Garron e lo baciò. “Sono uno stronzo”.
“No, cowboy, non lo sei. Devi solo lasciare che tuo fratello capisca da solo chi è veramente”. Gemette, perché Garron aveva iniziato ad accarezzargli il cazzo da sopra i jeans. “Vogliamo sbrigarci a lavare i piatti e tornare subito di sopra?”.
Guardando il tavolo, Sonny non si sorprese a trovarci quasi tutto il cibo ancora sopra. “Peccato che non abbiamo un cane. Sarebbe bastato semplicemente mettere tutti i piatti sul pavimento”.
Ridendo, Garron si alzò e mise in piedi anche Sonny. “Dai, prima facciamo, prima possiamo salire su”. Impilò i piatti e li portò al lavandino. Poi si voltò per fargli l’occhiolino. “E questa volta tocca a me guidare/guido io”.