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Capitolo Due

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Cameron percorse il sentiero che portava al Central Park Zoo. Quando sentì qualcuno chiamarlo per nome, si fermò e si voltò.

“Posso camminare con te?” chiese Ariion. “Le alter persone sono spaventose.”

“Spaventose?” Si guardò. “Non pensi che io sia spaventoso?”

“Tu non sputi, non fai commenti stupidi e non ti gratti.”

“Bè, va bene. Vieni, andiamo verso lo zoo. Ci sono sempre Ci sono sempre buone scelte di fronte al cancello principale.”

“Buone scelte?” chiese la ragazza. “Per la spazzatura, intendi?”

“Uhm, sì certo, per la spazzatura.”

Passarono due ore a camminare per lo zoo, a raccogliere la spazzatura e a guardare gli animali.

All’altezza della gabbia delle scimmie, Ariion lasciò cadere due monetine in un distributore di cibo per animali e ricevette in cambio un sacchetto di noccioline.

“Non una brutta vita.” Gettò una nocciolina a un piccolo di scimmia. “Si limitano a pregare per il cibo e dormono in una bella gabbia sicura.” Offrì il sacchetto a Cameron.

“Grazie.” Aprì un’arachide e mangiò il contenuto. “Già, non una brutta vita.”

Lasciarono lo zoo e si diressero verso il lago. A mezzogiorno, ritirarono il pranzo dall’autista del minibus. I due sedettero su una collina erbosa, guardando l’acqua increspata. Il loro pranzo consisteva in un panino con mortadella e formaggio, una bibita e una mela.

Dopo la pausa pranzo, Cameron si mise la mela in tasca e tornarono a lavoro.

Mentre percorrevano il prato verso la General Sherman Square, Cameronpuntò il bastone verso un uomo che vagava sul sentiero.

“Ehi, c’è Rantolo.”

“Rantolo?”

“Ha un solo polmone, ma fuma come una ciminiera. Deve fermarsi ogni due passi per prendere fiato.” Quando si avvicinarono al vecchio, Cameron disse, “Ehi Rantolo, come va?”

“Eh? Oh, ciao, Cam.” Rantolo si lasciò cadere su una panchina, respirando pesantemente. “Sto… bene.” Cercò nelle tasche della sua vecchia e consunta giacca, ma non trovò nulla. “Hai una sigaretta… con te?”

“Sai che non fumo.”

“Cosa mi dici…della tua amica?” Senza denti e con le spalle storte, ansimava in cerca d’aria.

La ragazza scosse la testa.

“Continua a fumare, Rantolo,” disse Cameron, “e ti toglieranno anche l’altro polmone.”

“Lo so.” Fece un paio di respiri profondi. “Allora sarà…davvero difficile respirare. Smetterò domani, certamente.” Rantolo puzzava di vestiti sporchi e di corpo non lavato. Indicò il sacco nero di Cameron. “Perché raccogli la spazzatura?”

“Il giudice mi ha assegnato dei lavori socialmente utili.”

“E perchè l’ha fatto?”

Cameron disse a Rantolo che era stato arrestato per una rapina alla banca, poi che gli erano stati date tre settimane di lavori socialmente utili.

“E’ coinvolta anche lei?” Rantolo indicò Ariion.

“No,” disse Cameron. “Ha fatto una cosa peggiore di una rapina alla banca.”

“Davvero?” Rantolo la guardò con evidente ammirazione.

“Ecco.” Cameron tirò fuori la mela dalla tasca e la porse a Rantolo.

Il vecchio esitò. “Non la vuoi?”

“No, ho fatto un pasto abbondante,” disse Cameron.

“Grazie.” Rantolo tirò fuori un coltellino e tagliò una fettina della mela. “Come si chiama la tua amica?” Puntò la mela verso la ragazza.

“Lei è Ariion.”

“Piacere. Io e il mio vecchio amico…” indicò Cameron, “…Cam abitiamo qui… al parco da almeno quattro anni.”

“Quattro anni?!” disse Ariion. “Come riuscite a sopravvivere?”

“C’è un gruppo di… benefattori, che vengono qui… due, tre volte a settimana.” Si interruppe per respirare. “Diglielo tu, Cam.”

“Ci danno cibo, dentifricio, sapone, queste cose qua. Non è così male, tranne che d’inverno.”

“Sì, l’inverno,” disse Rantolo. “Parlare dell’inverno.”

“Nelle notti molto fredde, andiamo in un rifugio.”

“Non penso che potrei farlo per quattro giorni,” disse Ariion, “figuriamoci per quattro anni.”

Cameron e Rantolo si guardarono.

“Molti di loro…non lo fanno.”

Cameron spostò il proprio peso da un piede all’altro. “Immagino che faremmo meglio a tornare al lavoro, amico. Mettimi da parte qualcosa da mangiare per stasera.”

“Certo.” Rantolo si alzò. “Vado giù fino a Wall Street. Quando escono gli agenti di borsa… a volte sanno essere molto generosi.”

Mentre Cameron e Ariion lasciavano Cameron e si dirigevano verso Sheep Meadow, il telefono di Ariion squillò. Lo prese dalla tasca posteriore dei pantaloni e guardò lo schermo, ma non rispose. Sospirò, poi lo rimise in tasca.

“Cattive notizie?” Cameron infilzò un bicchiere da cappuccino con il suo bastone chiodato.

Scosse la testa. “E’ mia madre. Non sarà a casa in tempo per cena.”

“Non vuoi parlare con lei?” Lasciò cadere il bicchiere infilzato nel suo sacco della spazzatura.

Ariion trafisse una lattina di Pepsi. “Nah, era il solito messaggino.”

“Non mandi messaggi?”

Lei scosse la testa e lasciò cadere la lattina di alluminio nel sacco della spazzatura.

“Pensavo che tutti i bambini mandassero messaggi di testo.”

“Non mi piacciono i messaggi.”

“E il tuo fidanzatino?”

Ariion gli lanciò un’occhiataccia e sbuffò col naso.

“Cosa significa? Non hai il fidanzatino, o non ti manda messaggi?”

“Nessun ragazzo mi manderà mai dei messaggi, o mi telefonerà.”

“Certamente scherzi. Una bella ragazza come te, deve esserci una bella fila di ragazzi che ti vengono dietro.”

Sbuffò una risata. “Sì, proprio.”

“Hai la lebbra o cosa?”

La ragazza fece un profondo sospiro. “Perché il giudice ti ha dato lavori socialmente utili?”

“Immagino che il giudice avrà pensato che questo mi renda una persona responsabile.”

“E funzionerà?”

“Diavolo, Central Park è casa mia. Non mi da nessun fastidio andare in giro a raccogliere la spazzatura.” Alzò lo sguardo sulla collina. “Ehi, guarda, l’incarto di un Big Mac. Vuoi l’involucro o quel biglietto del parcheggio?” Puntò il bastone sulla sua sinistra.

“Uhm… prenderò il biglietto del parcheggio.” Aprì il suo sacco della spazzatura. “Ho già due Big Mac.”

* * * * *

Il secondo giorno di servizi socialmente utili, Cameron e Ariion si occuparono del lato sud del lago di Central Park.

“Hai detto che sei qui per vandalismo,” disse Cameron. “Cos’hai combinato?”

“Hai presente quelle telecamere sui pali?”

Cameron infilzò una bottiglia di plastica con il suo bastone, facendola frusciare. “Certo, sono ovunque oggigiorno.” Infilò la bottiglia dentro il sacco della spazzatura.

“Odio quelle cose. Cosa da loro il permesso di guardarci tutto il tempo?”

“La sicurezza?”

“Spiarci è più probabile,” disse Ariion. “Non puoi passeggiare per strada senza che uno di questi gadget ti fissi. E in ogni stupido negozio in cui entri, ci sono tre o Quattro di queste scatole con un solo occhio che seguono ogni tuo movimento. E ci c’è dietro? Potrebbero essere una manica di pervertiti.”

“Immagino che sia—”

“E dov’è scritto nella Costituzione che il governo può spiarci? Non siamo in Cina, grazie al cielo.”

“Ma se un ladro—”

“Ne ho rotta una con un sasso.”

Cameron si fermò di colpo, fissandola.

Ariionfece qualche altro passo, poi si fermò e si girò verso di lui. “Cosa?”

“Sai quanto sono alte queste telecamere?”

“Sì, undici o dodici metri.”

“E ne hai colpita una con un sasso?”

“Ho proprio rotto la lente di quell’arnese infernale.” Infilzò un involucro di caramella che si trovava sull’erba.

“Wow, hai una buona mira.”

“Già,” disse la ragazza, lasciando cadere l’involucro dentro al sacco della spazzatura. “Una buona mira.”

“Non avevi capito che quelli della sicurezza potevano identificarti?”

“Questo prova la mia tesi; perché mi stavano osservando?”

“Forse sembravi sospetta.”

“Certo, io e i miei amici provenivamo dalla gelateria. Eravamo davvero pericolosi.”

“Cos’ha detto tua madre?”

“Mi ha mandato un messaggio al centro giovanile per dirmi che era delusa.”

“Davvero?”

“Sì. Era a una riunione.”

Camminarono lungo un sentiero, poi superarono una fontana di marmo.

“Sei abbastanza vecchio, eh?” disse Ariion.

Cameron le lanciò un’occhiata. “Quanti anni pensi che abbia?”

La ragazza studiò il suo viso per un momento, osservando la barba disordinata e i capelli lunghi. “Non lo so. E’ difficile per me indovinare l’età di una persona.” Si inginocchiò per raccogliere la carta di gomma da masticare.

“Fai un tentativo.”

“Uhm… Cinquanta?”

“Santo cielo!” Cameron si fermò sul sentiero e si toccò il mento barbuto. “Sembra davvero che abbia cinquant’anni?”

“Sessanta?” Si strinse nelle spalle. “Quanti anni pensi che abbia io?”

Lui la guardò inclinare la testa e sorridere, mostrando un apparecchio d’argento.

“Dodici.”

“In realtà, il primo dicembre c’è stato il mio tredicesimo compleanno.”

“Ci sono andato molto vicino.”

“Quanti anni hai, in realtà?” Infilzò una tazza di carta blu.

“Crederesti che ne ho trentadue?”

Ariion si bloccò con la tazza di carta a metà strada verso il sacco della spazzatura. Fissò Cameron ad occhi sgranati. Dopo un momento, si infilò il bastone sotto il braccio destro, prese la tazza con la punta delle dita della mano destra, poi la lasciò cadere nel sacco.

“Non hai trentadue anni. Mia mamma ha trentadue anni, e lei sembra molto più giovane di te.”

“Bè…” Cameron si interruppe e si guardò le mani. Le sue unghie erano rotte e sporche, ma la sua pelle non era rugosa né macchiata. “Non prendertela con me solo perché sono sensibile.”

Lei ridacchiò.

“E tuo padre? Quanti anni ha?”

“Non lo so.”

“Più o meno,” disse lui.

“Non ne ho idea. L’ho cacciato.”

“Sei solo una ragazzina. In che modo l’hai cacciato?”

“In realtà ero una neonata, all’epoca.”

Lui la guardò, in attesa.

“Avevo circa due anni. Lui ha detto a mia madre che non ne poteva più e ci ha abbandonate. Non lo abbiamo più sentito da allora.”

Cameron infilzò un sacchetto di carta bianco e giallo. “Dubito che sia stata colpa tua. Probabilmente lui e tua madre non andavano più d’accordo.”

“Lui mi odiava. E’ per questo che se n’è andato. Mi odiava perché lo stavo legando, costringendolo a essere padre. Non era in grado di affrontare la responsabilità di occuparsi di una figlia difettosa di una figlia difettosa, quindi se l’è svignata.” Si interruppe per sedersi su una panchina di pietra vicino alla statua del Generale Sherman a cavallo. “Qual è la tua storia?”

Si sedette vicino a lei e strofinò la punta del suo bastone chiodato sul cemento. “Quale mia storia?”

“Hai figli?”

Cameron scosse la testa e fissò la punta del suo bastone.

“So che sei cresciuto all’Orfanatrofio di St. Lawrence. Com’è stato?”

“Puoi crederci o no, ma non era così male. Si prendevano buona cura di noi, e avevo circa trentacinque fratelli e sorelle con cui giocare, a seconda di chi veniva adottato e chi veniva lasciato alla porta.”

“Ma ti mancavano tua madre e tuo padre.”

“Non li ho mai conosciuti, quindi non mi mancavano affatto.”

* * * * *

“Altri due giorni, e sarò libero,” disse Cameron mentre lui e Ariion camminavano lungo il confine esterno dello zoo. Avevano raccolto spazzatura per tre ore.

“Il mio è finito la scorsa settimana.”

Lui la fissò. “Ma sei impazzita?” Sedette sulla panchina e scartò il pranzo fornito dalla collettività.

“Probabilmente. Ma volevo vedere quanto ci avrebbe messo mia mamma ad accorgersi che avevo finite la mia pena.” Si sedette vicino a lui e aprì un sacchetto di carta marrone che aveva portato da casa.

Cameron rise. “Ancora non capisco perché I ragazzi non ti chiedano appuntamenti.”

“Ancora con questo discorso?”

Ariion XXIII

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