Читать книгу Saluta Il Mio Cuore Con Un Bacio - Dawn Brower - Страница 5

CAPITOLO DUE

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I monotoni muri bianchi della sua stanza d’ospedale stavano portando Lana sull’orlo della pazzia. Spenti, noiosi, e privi di emozione—li avrebbe uccisi aggiungere un po’ di design a questo posto? Peggio ancora, li aveva fissati per diversi giorni, ed era pronta per scatenare una rivolta per scappare da queste mura. Dal reparto di terapia intensiva era stata spostata in una normale stanza due giorni prima, ed ora voleva fuggire dell’ospedale alla prima occasione. Razionalmente comprendeva il motivo per il quale si trovava ancora lì, ma emotivamente era pronta per andare a casa. Quando Preston era venuto a controllarla, lei aveva fatto del proprio meglio per convincerlo a dimetterla.

“Sembri stare meglio” disse un maschio riportandola al presente.

Alzò lo sguardo trovando quello di Sullivan. L’era venuta a trovare tutti i giorni da quando si era svegliata. Lana ancora non comprendeva come mai fosse così premuroso nei suoi confronti. Sua madre insisteva sul fatto che fosse venuto a trovarla ogni giorno da quando aveva avuto l’incidente, e che nessuno l’aveva obbligato.

C’era qualcosa di diverso in lui, ma non riusciva a capire che cosa fosse. In Sullivan c’era sempre stato un velo di tristezza, ed ora era come se l’avesse esposto in modo che tutto il mondo ne fosse testimone. Il playboy di Envill, ed Amministratore Delegato della Brandy Blue non permetteva agli estranei di vedere i suoi sentimenti reconditi. Forse era ancora così, e questa vulnerabilità era riservata a lei. Lana non voleva accettare l’ultima parte. Se lui le stesse mostrando un lato diverso di sé, allora anche lei avrebbe forse dovuto far emergere i propri demoni. Alcune cose erano difficili da lasciare andare, anche quando era il momento di intraprendere un cammino diverso. Aveva proseguito inserendo l’autopilota per troppo a lungo per cambiare così facilmente le cose.

Alzò gli occhi al cielo. “In che senso, ‘meglio’?”

Sullivan si avvicinò a lei prima di rispondere. “Sei viva, respiri, e sei sveglia. Tanto per iniziare”. Si fermò accanto al suo letto e posò una mano sul braccio di lei. “Mi rendo conto che sia difficile essere incapaci per un certo periodo, ma cerca di ricordarti che sei quasi morta. Per me non sei mai stata più bella di adesso, perché mi rendo conto che potrebbe essere andata molto peggio”.

Lana prese un respiro che aveva trattenuto senza accorgersi, perché lo shock l’aveva scossa. Più lui parlava, più lei veniva messa all’angolo. Quelle parole…le facevano venire la pelle d’oca, e le facevano venire voglia di porre domande per le cui risposte non era pronta. Sullivan non era incline a professare cose poetiche tutti i giorni. Lei aveva un aspetto orribile, e lo sapeva per certo. Lui però aveva ragione su una cosa: era fortunata di essere ancora viva, e lo apprezzava. Non avrebbe mai più preso niente alla leggera. Ciò non significava che non fosse più che pronta ad uscire dall’ospedale e vegetare nel proprio letto per una settimana o venti.

“Che ci fai qui, Sully?” era stanca di ignorare ciò che le dava veramente fastidio. Il suo improvviso desiderio di trascorrere più tempo con lei era strano. “Abbiamo fatto il nostro meglio per porre della distanza fra di noi quando siamo uno in prossimità dell’altra. Che cos’è cambiato?”

Lui inarcò un sopracciglio e le rivolse il suo sorriso più seducente. Avrebbe voluto dire che non aveva nessun effetto su di lei, ma sarebbe stata una bugia. Le aveva sempre fatto perdere un battito o due. Sullivan Brady ed il suo fascino erano troppo potenti per ogni femmina mortale—diavolo, forse sarebbe stato in grado di sedurre anche una dea. “Credo sia abbastanza ovvio” le disse lui.

“Chiaramente non lo è, o non te l’avrei chiesto”. Sospirò. “Sono abbastanza irritata, e non ho la pazienza per sopportare le tue stronzate. Dimmi solo qual è questo tuo nuovo gioco in modo da poter apportare i relativi cambiamenti”. Invece di risponderle, lui avvicinò una sedia al letto e si accomodò. Unì le mani muovendo le dita quasi con fare pensieroso. Stava veramente cercando di farla arrabbiare? “Ti rendi conto che lo stress di ogni genere fa male al mio cuore che sta cercando di guarire, vero? Se stai cercando di farmi avere una ricaduta, stai facendo un ottimo lavoro”.

Sullivan si accigliò. “Non è mai stata mia intenzione, e mi scuso se rappresento la causa di ogni genere di tensione fra di noi”. S’interruppe per un momento e poi si avvicinò a lei, posando i gomiti sul bordo del letto. “Mi piacerebbe che ricominciassimo. Non so per certo che cosa sia andato male, e rimpiango qualsiasi ruolo io abbia rappresentato in questa nostra animosità”.

Lana fece congiungere le sopracciglia. Il suo giudizio iniziale era corretto. Si trattava di universo alternativo; o così, o era morta e si trovava in una qualche tipo di inferno. Avrebbe senso se si facesse ausilio della sua analogia che metteva in paragone Sullivan a Lucifero. Forse era l’angelo caduto portato in vita per torturarla.

“D’accordo” era esasperata. “Cercherò di trattenermi dal comportarmi da stronza con te. Non ti faccio altre promesse”.

“Per ora accetto questa” disse. “Vorrei chiederti un favore”.

Certo che voleva. Sullivan non aveva mai fatto niente senza un secondo fine. Non sarebbe dovuta essere sorpresa dall’improvviso cambio di direzione, ma, tristemente, lo era. “Che cosa vuoi?” domandò con fare sprezzante. “Mi piacerebbe liberarmi di te il prima possibile in modo da riposarmi”.

Lana voleva del tempo per piangere in pace. Avrebbe mai imparato? A Sullivan non importava veramente di lei. Si trattava di un’astuzia tramite la quale lui controllava tutto ciò che lo circondava, ed in qualche modo ora includeva molto di più di ciò che le piaceva.

“Non è male come credi” disse lui, un po’ preso alla sprovvista dal tono acerbo di lei. “Ti prometto che ciò che devo chiederti ti aiuterà”.

“Sono certa che nella tua mente sia così” ribatté. “Ma siamo onesti. Non ha niente a che vedere con me. Riguarda unicamente te e qualsiasi insicurezza che ti porti dietro”.

Sullivan sussultò. “Non sono affatto insicuro”.

Lana sorrise con fare derisorio. “L’importante è che tu ne sia convinto. Ma un tizio che cambia ragazza così spesso come fai tu non è una persona come si deve”.

La bocca di Sullivan formò una linea retta, e contrasse i muscoli delle guance. Non gli piaceva nemmeno un po’, ma era così. Molto tempo prima lei aveva realizzato che la mancanza d’interesse di lui nei confronti di Lana non aveva a che fare non lei personalmente. Sullivan aveva problemi molto più grandi, ed avevano avuto inizio quando sua sorella era scomparsa anni prima. Parti del suo guscio avevano iniziato a creparsi quando l’aveva rivista qualche mese prima di quel momento. Le lacune nella sua famiglia avevano iniziato ad essere colmate da una fragile colla, ed una sola mossa falsa avrebbe potuto far crollare tutto ciò che lo circondava. Lana comprendeva Sullivan molto meglio di quanto lui se ne rendesse conto. Non voleva rendere niente permanente in quanto temeva di perdere nuovamente qualcosa di così caro. Solo perché lei aveva riconosciuto tale colpa non significava doverla accettare.

Qualche istante più tardi Sullivan disse, “Non sono venuto qui per discutere con te. Ciò che devo chiederti è abbastanza importante. Tua madre è preoccupata da molto tempo riguardo al tuo benessere. Ciò di cui volevo parlarti ha a che fare con lei, e per estensione, con te”.

“Che cosa c’entra mia madre con tutto questo?” La paura la pervase alle parole di lui. Le stavano nascondendo qualcosa di importante? “Sta bene?”

“Tua madre sta bene”, la rassicurò. “È solo molto preoccupata per te, ma ho una soluzione che vi aiuterà”.

“Oh?” inclinò la testa di lato. “E che cosa ha inventato il potente Sullivan per risolvere tutti i nostri problemi?” si portò una mano sul cuore e disse con fare sprezzante, “oh, che cosa faremmo senza di te?”

Lui strinse i denti e contrasse la mano attorno al bracciolo della sedia. L’aveva fatto incazzare. Era bello vedere che non aveva perso il suo tocco.

“Quando eri incosciente pensavo di aver perso la tua insolenza. Sto iniziando a rimpiangere il fatto che non sia stato così, adesso che mi ha colpito nuovamente”.

“Si apprezza con il tempo. Sei abbastanza fortunato perché non mi hai ancora apprezzata completamente. Non ti preoccupare, sono sicura che tu non sia l’unico a non possedere l’abilità di abituarsi alla mia magnificenza”.

Qualcosa che lei non comprendeva completamente era come riuscisse ad articolare ciò che diceva. Apriva la bocca e le parole uscivano. Per la maggior parte ne traeva vantaggio, ma a volte desiderava rimangiarsele. Non voleva veramente far disperare Sullivan, ed era stanca. Forse sarebbe stato più facile farlo arrivare al punto. Specialmente se riguardava sua madre…

“Lisanna” disse sospirando. “Porti un uomo forte all’alcolismo. Non sopporterei di vedere che cosa faresti ad uno debole”. Scosse il capo. “Fidati, sono molto più che in grado di gestirti. Mi gusto l’idea che un giorno avrò quel piacere”.

“Come se ti darei mai la possibilità” ribatté lei. “Lasciamo perdere questo battibecco e ritorniamo al problema principale. Che cosa vuoi? Così posso cacciarti e dimenticarmi della tua esistenza”.

Ridacchiò. “Fa finta fin che vuoi, ma sappiamo entrambi che tu pensi a me più di quanto tu stessa desideri”.

“Per favore”, disse Lana con fare derisorio. “Ho cose ben migliori con cui trascorrere il mio tempo, ma se ti rende felice continua a pensarla così”. Perché non riusciva ad allontanare questo stronzo presuntuoso? Era stato così gentile con lei quando si era svegliata, ed ora—doveva chiedersi dove fosse andata quella versione di Sullivan. Eppure lei era stata una stronza in ogni scambio che avevano avuto. Che cosa si aspettava da lui? “A patto che smetti di chiamarmi Lisanna. Ti ho detto tempo fa…che non sono più quella bambina”.

“Sarai sempre Lisanna per me” spiegò. “Non ti chiamerò più diversamente. Forse dovresti pensare al perché sei così insistente sul voler essere Lana, invece di insistere che Lisanna non esiste più.

“Sono la stessa persona, idiota”, ribatté lei. “La differenza è che la ragazzina ingenua è diventata cinica troppo velocemente. Riconosco subito le stronzate, ed a proposito ne sto guardando una in questo momento”.

“Il riflesso sembra famigliare, non è vero?” rispose lui. “Nemmeno io mi trattengo. Abbiamo finito la gara a chi piscia più lontano? Puoi ritirare gli artigli abbastanza a lungo per intrattenere una conversazione importante?”

Lana lo guardò. A volte lo odiava veramente. Non voleva veramente pensare a quando provava qualcosa di interamente diverso. “Dì ciò per cui sei qui prima che cambi idea”.

Lui le rivolse un ghigno. Alcuni lo trovavano rassicurante, ma lei lo vedeva per ciò che era. Una sfida—offerta ed accettata. Sullivan credeva di vincere qualcosa, e lei glielo concesse allo scopo di porre prima fine alla sua disperazione. Il più velocemente avrebbero finito questa conversazione, più velocemente lo avrebbe potuto cacciare.

“Che graziosa” disse in tono falsamente benevolo. “Volevo parlarti di dove andrai quando verrai dimessa”.

“Facile” rispose. “A casa mia. Dove altro andrei?”

Sullivan esalò con forza. “Devi guarire a lungo. Non pensi sarebbe saggio restare vicino a chi ti vuole bene per farti aiutare se avrai bisogno?”

Ah. Intendeva questo quando si riferiva a sua madre. Forse se ne sarebbe occupata da sola, ma non poteva vivere alla villa, con i ricordi che tali mura richiudevano. Trattenevano quella parte di sé che aveva lasciato andare tanto tempo prima. Non voleva veramente ritornate ad essere quella ragazzina ingenua. Lana aveva lavorato troppo a sodo per diventare una donna forte ed indipendente, e non sarebbe più stata una ragazzina bisognosa. Sua madre avrebbe compreso.

“Sono in grado di prendermi cura di me stessa. Fra l’alto ho molti amici, se avrò bisogno di qualcosa potrò chiamare loro”.

“Perché sei così testarda?” Era assolutamente incazzato con lei. Lana non era in grado di sforzarsi affinché le importasse.

“Fa parte del mio fascino” ribatté prima di sorridere con fare orgoglioso. “E a te piace, per la maggior parte delle volte”.

“Morditi la lingua” le disse. “Non ammetterò mai un apprezzamento nei confronti di qualche tipo di tortura”.

Lana poteva ribattere, ma decise di lasciar stare. Lui forse non voleva ammettere il fatto che gli piacesse disputare con lei, eppure lo faceva regolarmente. Che cosa aveva detto riguardo a loro due? Uno psichiatra si sarebbe divertito a svelare le dinamiche fra di loro. Ma invece di proseguire, decise di fargli una piccola offerta di pace.

“Hai fatto il tuo dovere, Sully” disse dolcemente. Si stava veramente stancando. “Va’ a casa e dì a mia madre che me la caverò. Non c’è ragione che io resti alla villa. Lei hai già abbastanza cose di cui occuparsi, senza aggiungere me al suo onere”.

“Potremmo assumere un’infermiera per aiutarti” offrì.

Lana emise una rasata nasale. “Io sono un’infermiera. Non lascerò che un’altra si prenda cura di me in convalescenza”.

“Vorrei che tu cambiassi idea”. Si allungò verso di lei, ma sembrò ripensarci e ritrasse la mano. “Ma non forzerò le cose. Almeno pensaci, e fammi sapere se cambierai idea”.

“D’accordo” rispose poi. “Ma non sarà così”.

Sullivan annuì e si alzò in piedi. “Adesso ti lascio riposare”.

Mentre lui si diresse verso la porta, Jessica oltrepassò la soglia. Si fermò alla vista di Sullivan. “Non mi sono accorta che ci fossi tu”, disse. “Torno più tardi”.

“Non essere ridicola”, disse Lana. “Sully se ne sta andando, ed anche se così non fosse, preferirei la tua compagnia rispetto alla sua. Entra”. Sullivan raddrizzò la schiena alle sue parole e si voltò verso di lei. I muscoli della sua mascella si contrassero quando il ragazzo strinse lo sguardo su Lana. A Sully non era piaciuto il fatto che…

Jessica spostò lo sguardo fra Sullivan e Lana. “Non voglio interrompere niente”.

“Allora non saresti dovuta venire”, commentò Sullivan a denti stretti. “Se non fosse per te, lei non sarebbe in questo letto”.

Jessica impallidì. Lana rivolse un’occhiata a Sullivan. “Non te ne stavi andando?”

“Credo che mi tratterrò ancora un pochino” rispose. “Non è sicuro lasciarti con una vipera nella stanza”.

Lana desiderò dargli un pugno nel suo bel viso. Se avesse avuto le forze, e se ne fosse stata in grado, l’avrebbe fatto. La colpa non era da affidare a Jessica per ciò che aveva fatto Imogen Duncan. “Vattene prima di dire qualcosa che rimpiangerai” gli disse. “Jessica è mia amica. La maggior parte dei giorni invece tu non mi piaci nemmeno”.

“Idem” disse lui. “Ma proteggo comunque coloro di cui m’importa. Non mi devi piacere poi così tanto. Tua madre significa molto per la mia famiglia”.

Quindi lui si trovava qui perché la sua famiglia voleva proteggere la madre di Lana? La cosa l’aveva sicuramente fatta scendere dal piedistallo. Forse lo aveva spinto a dire quelle cose, ma aveva ricevuto il messaggio. Lana inarcò un sopracciglio e ribatté. “Possiamo lasciare mia madre fuori da questa storia, così come la connessione di Jessica con Imogen. Non siamo responsabili per ciò che fanno le altre persone, oppure punterei il dito contro di te per la mia situazione attuale”. Sullivan impallidì. “Che c’è?’ Non ti piace quando ti ricordano che hai avuto una cotta per una psicopatica? Almeno ne è valsa la pena? Per favore dimmi che almeno ti ha dato—“

“Basta” esclamò lui. Il suo viso riacquistò colore e le sue guance si fecero rosse dalla furia. “Hai ragione. Io ed Imogen siamo usciti insieme, e se potessi cambiare la cosa lo farei. Ma dato che non ne ho la possibilità, devo convivere con i miei errori. Non significa che non abbia apportato le modifiche necessarie per allontanare quella pazza stronza dalla mia vita. Anche tu dovresti fare lo stesso”.

“Accetto il tuo consiglio”. Inclinò la testa come se ci riflettesse. “Ma sono soddisfatta delle mie scelte”. Poi si voltò vero l’amica e le sorrise, forse con troppa gioia. Sullivan poteva ficcarsi i suoi consigli in un posto inconveniente. “Jessica, vieni a sederti dove ha liberato il posto Sullivan” Lana indicò verso di lei. “Puoi comunicarmi i progressi nel caso Imogen”.

Sullivan rise con fare maniacale, ma Jessica sembrava a disagio. Fece ciò che le aveva chiesto Lana e si accomodò alla sedia. Sedeva rigidamente, non toccando nemmeno lo schienale della sedia. Sullivan fissò Jessica che gli dava le spalle, e Lana temette ciò che avrebbe potuto fare. Nel suo sguardo era chiaro l’odio che provava. Parte di esso poteva essere rivolto verso sé stesso, ma non ne era certa.

“Imogen marcirà in prigione. Mi assicurerò che sia così” disse lui con decisione.

“È malata” disse Jessica a bassa voce restando rivolta verso Lana. “Ha bisogno di aiuto, non di essere punita”.

A Lana non piaceva trovarsi nel mezzo di ciò che sembrava una discussione famigliare. Si massaggiò entrambe le tempie. Che cos’aveva fatto per meritarsi tutto questo? Oh sì, esatto, aveva insistito con Sullivan come faceva sempre. Perché non riusciva a tenere la bocca chiusa con lui? Sullivan aveva tirato tutte le corde in lei nel peggior modo possibile, e lei aveva esagerato le cose. Doveva trovare il modo di portare un po’ di pace nella stanza. Solo una cosa avrebbe funzionato—Sully doveva andarsene.

“È una decisione del tribunale” Lana guardò fra i due. “Non ho intenzione di fare da arbitro fra di voi. Ho cose più importanti da fare. Come, per esempio, boicottare i muri bianchi. Sto considerando il fatto di iniziare una petizione o qualcosa del genere per implorare l’ospedale di ridecorare le stanze”.

Non era una brutta idea. Avrebbe dovuto guardare questi muri quando sarebbe ritornata a lavorare. Come aveva fatto a non notare quanto fossero insulsi fino ad ora? Non ne era certa.

“Mi fido del fatto che il tribunale prenderà la decisione giusta” disse Sullivan con fare orgoglioso.

“Anche io” disse Jessica. “Mia sorella non resterà in prigione per il resto della sua vita”.

“Basta” esclamò Lana. Entrambi si voltarono verso di lei. “Sullivan, vattene. Jessica resterà per una breve visita, e poi mi riposerò. Non ho la pazienza per gestire questa cosa”.

Aveva quasi paura di quanto Sullivan fosse orgoglioso della situazione di Imogen. C’era la possibilità che Sullivan potesse orchestrare qualcosa? Ed in quel caso avrebbe dovuto avvisare Jessica al riguardo? Perché si stava comportando con fare così protettivo? Non poteva trattarsi solo di sua madre. Non era qualcosa tipico di lui—almeno non riguardo a Lana. Aveva visto questo lato di lui quando si trattava della sua famiglia, specialmente Dani. Forse era per questo. Una volta lui aveva detto che la vedeva come una sorella. Forse l’incidente aveva fatto emergere questo lato di lui. Se così fosse stato allora era un brutto rospo da ingoiare. L’aveva baciata, benché si trattasse di un bacio casto, aveva dovuto significare qualcosa. Ci avrebbe riflettuto più tardi quando la sua mente non sarebbe più stata influenzata dal caos che la circondava.

“D’accordo” disse Sullivan con fare riluttante. “Ricordati la tua promessa”. Con ciò uscì dalla stanza e la lasciò con molto di più a cui pensare di quanto credeva. Erano ritornati ai loro soliti modi, ma avevano perso un po’ del loro smalto. Forse era lui, o forse era lei. Molto probabilmente un po’ di entrambi. A Lana non piaceva cambiare, e sospettava che nel futuro avrebbe dovuto apportare molte modifiche.

Sullivan non stava giocando seguendo le stesse regole, e lei non aveva ancora imparato le nuove. Un mix di emozione e paura la pervase. Poteva non significare niente, oppure tutto. Avrebbe dovuto aspettare e vedere come si sarebbe sviluppata la situazione per imparare ad affrontare questa nuova realtà. Oppure sarebbe rimasta scioccata giornalmente, ed una regola era che a Lana non piacevano le sorprese.

Per ora avrebbe dovuto mettercela tutta per stare sveglia a parlare con Jessica. Sperava che la sua amica non si sarebbe trattenuta troppo a lungo. La visita di Sullivan l’aveva resa esausta in più modi.

Saluta Il Mio Cuore Con Un Bacio

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