Читать книгу Uno Scandaloso Conte In Meno - Dawn Brower - Страница 5
CAPITOLO PRIMO
ОглавлениеLondra, 1824
Era un caldo pomeriggio di primavera inoltrata. L’estate era ormai alle porte, e la maggior parte dell’aristocrazia stava per trasferirsi nelle tenute in campagna. Una cosa che Lady Kaitlin Evans avrebbe desiderato evitare. Abitava con suo zio, il Conte di Coventry, ma amava la vita in città. Per questo odiava ritirarsi in campagna. Suo fratello Colin era ancora al College e sua cugina Marian si era sposata da meno di un anno: quindi era sola.
Era felice per Marian. Lei si era pazzamente innamorata del Conte di Harrington. Stavano bene insieme e questo era ciò che contava, ma un intero anno senza sua cugina era pesante. Kaitlin aveva un disperato bisogno di un modo per ingannare le sue giornate. Purtroppo, non era capace di socializzare e non aveva molti amici. In pratica ne aveva solo due : sua cugina Marian e Lady Samantha Cain…
Samantha doveva arrivare di lì a poco per andare a prendere insieme un the da Marian. Si vedevano un paio di volte alla settimana, ma sarebbe stato ancora per poco, perché anche il marito di sua cugina aveva intenzione di passare l’estate in campagna. Ne avrebbe approfittato per controllare i suoi tenutari e far ristrutturare alcuni annessi. Kaitlin avrebbe sentito molto la mancanza di sua cugina. Già era sola e a breve avrebbe perso anche la compagnia di una delle poche persone con cui si trovava bene.
“Perché quest’aria malinconica, mia cara? “ chiese il Conte di Coventry entrando nel salotto. Kaitlin si sforzò di sorridere. Cercò di fare del suo meglio per sembrare serena, mentre nel cuore si sentiva morire.
“Ero solo persa nei miei pensieri.” disse. Poi si alzò e andò ad abbracciare lo zio, ritirandosi subito. Dopo quella brutta malattia era quasi sempre a casa, adesso. Alcune giornate erano ancora difficili, ma tutto sommato lo zio sembrava in via di guarigione. O forse, era ciò che lei sperava.
“Come vi sentite, oggi?” chiese, con affetto.
“Oh, non preoccupatevi per me. Sto abbastanza bene.” rispose l’uomo. Ma si vedeva che era una pietosa bugia. La sua andatura era più strascinata del solito e l’uomo tendeva ad appoggiarsi sul bastone molto più di prima. A volte, quando lo guardava, Kaitlin pensava di essersi ingannata, ma in realtà era lo zio ad aver sviluppato una certa abilità a mascherare i suoi problemi. Il Conte di Coventry era un uomo orgoglioso e rifuggiva da qualsiasi segno di debolezza. Kaitlin faceva quindi finta di credergli: era il minimo che potesse fare per lui.
“Splendido! – esclamò – Allora spero che non vi dispiacerà se mi assenterò questo pomeriggio!”
“Andate da Marian per un the? – chiese l’uomo – Se è così, porgetele i miei saluti e se vedete quella canaglia di suo marito ricordategli che avrei piacere di vederli, prima che partano per la campagna!”
“Sarà un piacere per me portargli il vostro messaggio!” esclamò Lady Samantha Cain, entrando in salotto. I suoi capelli bruni era raccolti in un elaborato chignon e gli occhi blu scintillavano di malizia. Indossava un grazioso abitino di mussola blu e un cappellino con nastri blu in coordinato.
Kaitlin invidiava molto la sua amica. Aveva un carattere vivace e non aveva paura di nulla. Talvolta, avrebbe desiderato essere come lei, ma questa sembrava un’impresa impossibile. Samantha era libera di fare ciò che voleva, di dire tutto quello che le passava per la testa e non teneva in minimo conto ciò che gli altri potevano pensare di lei. E nessuno osava trattarla come una persona da poco. Kaitlin invece faticava a mettere due parole insieme, quando si trovava con gli altri, e quindi era quasi sempre sola. Anche per questo, quando andava a una festa, nessuno le chiedeva di ballare e finiva a fare da tappezzeria per tutta la sera. Le uniche persone con cui aveva a che fare erano la sua famiglia e Samantha. Per come gli altri la tenevano in considerazione , poteva anche trasformarsi in una statua di marmo! Comunque, a lei piaceva starsene per i fatti suoi: ciò le evitava di essere derisa dagli altri. Questo era il motivo per cui Samatha si sentiva quasi in obbligo di sollevarla anche dalle incombenze più lievi: era il suo modo di dimostrare a Kaitlin che le era vicina.
“Non credo di avere bisogno del tuo aiuto per una cosa così banale – disse a Samantha – Sarò sicuramente capace di riferire il messaggio a Lord Harrington.”
Samantha sollevò un sopracciglio con aria interrogativa. “Ancora così formale con lui? Ormai, dopo il matrimonio con Marian, è vostro cugino acquisito! E sicuramente avrete già il suo permesso di chiamarlo per nome!”
Kaitlin arrossì violentemente: odiava sentirsi tanto in imbarazzo. “Certamente! Ma comunque, non la trovo una cosa corretta!” disse.
Samantha scosse la testa. “E’ corretto, invece, perché avete già licenza dalla sua famiglia. Smettetela di crearvi problemi inutili!”
“Ha ragione! – intervenne il Conte – Jonas non lo considererebbe un atto di civetteria! E’ troppo preso da Marian per strani fraintendimenti.” Strinse le labbra. “Il ragazzo ha corso un po’ la cavallina in passato… ma ora sembra che abbia messo la testa a posto!”
Kaitlin sospirò. “Comunque, non mi sentirei a mio agio.”
“Va bene, fate come volete! – intervenne Samantha – Ma vi prego di rilassarvi un po’ e di non crearvi tanti problemi! Imparate a prendere la vita con più leggerezza!”
Per Samantha era facile, ma non per Kaitlin. Dopo la morte dei suoi genitori era andata a vivere con l‘anziano zio e, da allora, aveva perso ogni capacità di godersi la vita. Era cresciuta troppo in fretta; rimanere orfana l’aveva cambiata, e in peggio. Piuttosto che insistere su qualcosa che l’amica conosceva già alla perfezione, si rivolse allo zio.
“Abbiate cura di voi, mentre sarò via. Tornerò per ora di cena.”
“Divertitevi, cara.” rispose lui, con affetto.
Kaitlin afferrò il suo cappellino e se lo sistemò sui fini capelli dorati. Era bianco, con nastri di un rosa tenue che ben si accordavano al suo abito. Poi si voltò verso Samantha, sorridendo: “Allora, andiamo?”
“Sicuro! – esclamò l’amica di rimando – E’ una settimana che non sto nella pelle! Credo che Marian debba dirci qualcosa!”
“Come? – si stupì Kaitlin – Ma se è una settimana che non vi vedete!”
Samantha la prese sotto braccio e le sussurrò all’orecchio: ”Ho corrotto la sua cameriera! Sapete, mi piace essere sempre al corrente dei fatti!”
Kaitlin scosse il capo: “Siete incorreggibile.”
“Lo so! – sorrise con leggerezza Samantha – Ma voi mi volete bene lo stesso, no?”
Salirono in carrozza, dirette al palazzo di Marian. A differenza dell’amica, Kaitlin era un tipo paziente, e avrebbe atteso che fosse Marion a comunicare eventuali novità. Aveva già intuito qualcosa e si augurava che la cugina avrebbe fatto loro una bella sorpresa.
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Gregory Caine, Conte di Shelby, avrebbe preferito di gran lunga trovarsi tra le braccia morbide e pienotte di una bella donna, piuttosto che sorbirsi ancora per un minuto la compagnia di quel ragazzotto piagnucoloso che aveva davanti. Purtroppo non sarebbe stato così. Il Conte di Barton era l’individuo più idiota e irritante che avesse mai conosciuto.
“Da quanto tempo mi conoscete?” stava dicendo in quel momento, con un tono a metà tra durezza ed esasperazione. Odiava avere a che fare con i nuovi arrivati del Coventry club. Ancora non aveva capito come e perché avesse accettato di essere il vice di Harrington in queste cose. In genere tendeva sempre a sottrarsi all’amaro compito, ma oggi la sua pazienza era stata messa duramente alla prova.
“Ehm…– il viso di Barton si accese stupidamente ed egli inclinò la testa all’indietro – Circa un mese, credo.”
Perché diavolo Harrington aveva permesso a quel bamboccione di entrare nel club? Di sicuro si era accorto che quello non godeva delle qualità di lealtà e senso del dovere che si esigevano da un membro del circolo!
“E’ un mese che siete entrato nel Coventry club, ma NOI ci conosciamo da più tempo!” esclamò. Odiava ricordarlo, ma la tenuta Barton era vicina a quella della sua famiglia, nel Sussex. “ Siete stato anche ospite al Parkdale Abbey varie volte, se ben ricordate.”
Era un bel po’ che non andava a fare visita a sua madre. Preferiva godersi Londra e tutte le sue attrattive. Non era più neanche andato a controllare le sue proprietà. Il Conte di Barton, quel ragazzotto insipido dai capelli color sabbia, era di dieci anni più giovane. Forse aveva quattro anni più di sua sorella Samantha. Nei suoi occhi verdi si leggeva una certa ottusità e probabilmente anche una scarsa intelligenza. Almeno, questo era ciò che lui pensava del Conte. Di certo, quello non aveva dato prova di scaltrezza.
“Mi pare..” belò il Conte. Gregory alzò gli occhi al cielo. Basta! Stava ormai per perdere definitivamente la pazienza e ficcare a forza un po’ di luce in quella zucca vuota, quando entrò Harrington. Riccioli scuri gli incorniciavano il viso e il collo, e il suo sguardo acuto era l’esatto opposto di quello di Barton. A quel ragazzotto mancava sicuramente un barlume d’intelligenza, per poter competere con i notabili del club, i cui ritratti ornavano le pareti. Il direttore del Coventry club lanciò prima un’occhiata a Barton, poi a Gregory e infine esclamò, con autorità: “Posso sapere che succede, qui?”
“Mi piacerebbe non dirvelo. – rispose Gregory, combattendo con l’impulso di stringere i pugni. Harrington avrebbe dovuto mettere a posto le cose, non lui! “Purtroppo credo che dovrò mettervi al corrente.”
Harrington afferrò una poltrona e si accomodò accanto ai due. Poi appoggiò i gomiti sul bel tavolo di quercia lucidata. “Cos’ha fatto Barton, oggi? – chiese, senza neppure degnare di uno sguardo il giovane Conte.
Gregory gemette. “ Non vedo perché dobbiamo stare qui a discutere con lui.”
“Perché non molto tempo fa anche noi abbiamo avuto bisogno di un aiuto, e il club ce lo ha dato.” disse Harrington. Poi si rivolse a Barton. “Allora, siete riuscito a capire perché Shelby si è infuriato con voi?”
“Io.. – Barton deglutì a fatica – Non volevo…”
Gregory strinse i pugni, ma si fece forza e si trattenne. Però si vedeva che stava per esplodere. Harrington ridacchiò sotto i baffi, rimanendo ben fermo al suo posto.. Era una novità che l’amico fosse riuscito a controllarsi e lo ammirò. Perdere la calma era naturale per Gregory. Era quasi una deformazione che tentava di correggere, ma che purtroppo si era radicata in lui già in tenera età. Gregory guardò Barton e gli sussurrò a denti stretti: ”Perché non confessate cos’avete combinato?”
Harrington fissò Gregory in un certo modo, che era un segnale tra loro per pregarlo di farsi da parte e lasciare che chiarisse lui la cosa col suo protetto…se si poteva chiamare così uno come Barton. Poi Harrington si rivolse al ragazzotto piangente, per lasciare il tempo a Gregory di far sbollire la rabbia.
“In questo club abbiamo delle regole., che vi sono state comunicate quando avete chiesto di farne parte. Non si tratta di regole difficili da seguire, eppure avete problemi a rispettarle.” Accennò a Gregory: “Shelby non si sarebbe infuriato con voi, se non aveste commesso una grave mancanza. Ora, di grazia, ditemi cos’è che ancora non capite.”
Barton si lasciò andare sulla poltrona come un sacco vuoto e rimase fissare Gregory con aria gelida. Stava per iniziare a comportarsi come un moccioso petulante. Alzò il mento con testardaggine e disse: “Perché non posso avere i miei amici qui? Anche a loro farebbe piacere far parte di un club così esclusivo!”
“Nessuno dovrebbe essere a conoscenza di questo club, solo i membri! – sbottò Gregory – E i vostri amici, se così vogliamo chiamarli, non lo sono! Tra quelli che avete portato qui uno era una ragazzina , ma lasciamo stare.” In realtà quella marmocchia lo aveva colpito per la sua bellezza. Se fosse stata vestita meglio e si fosse lasciata crescere i capelli, lo avrebbe letteralmente folgorato. E Gregory si considerava un esperto conoscitore di donne. “Quel che conta è che si trattava di ragazzotti dalla mano facile, venuti qui con l’intento di derubarci o qualcosa di simile…”
“Non è vero – lo interruppe Barton – non avevano affatto quest’intenzione! Sono solo ragazzi che se la vogliono spassare un po’!”
“Ascoltate… – continuò Gregory. Ma Harrington lo interruppe con un cenno della mano.
“Questo è l’ultimo avvertimento, Barton. Dopodiché non saremo più così cortesi. Verrete espulso dal club e dovrete riconsegnare la vostra chiave. E se ci pianterete delle grane faremo in modo di rovinarvi. Avete capito, adesso?”
Barton annuì freneticamente. “ Mi dispiace! – piagnucolò. In realtà non appariva davvero contrito. Più che altro sembrava stesse recitando una parte. Se Gregory avesse potuto esprimere liberamente i suoi pensieri, avrebbe detto che si trattavo solo di paura. A volte Harrington faceva quell’effetto.
“Ne sono convinto. – esclamò Harrington , con un tono a metà tra durezza e dolcezza. Gregory non riusciva a capire come facesse.
“Non fatemi pentire di avervi accolto nel club. E ora andate, prima che cambi idea!” – lo redarguì.
A quelle parole, il Conte di Barton schizzò in piedi e si precipitò fuori della stanza. Gregory lo guardò uscire con aria torva. Poi si rivolse all’amico: “Avreste dovuto farvi riconsegnare la chiave immediatamente.”
“Bisogna pur dare agli altri una seconda possibilità – disse quello, con dolcezza – A che giova essere tanto intransigenti?” Gregory strinse le spalle. “Ad ogni modo, mi trovo in disaccordo con voi.”
Harrington sorrise. “Eh, questo lo so da anni, caro amico!” Poi, dolcemente. “ Allora, che progetti avete per questa sera?”
“Per prima cosa voglio tuffarmi a letto e dormire fino sera inoltrata. Poi intendo folleggiare tutta la notte, magari in compagnia di qualche signora compiacente che sia in grado di…” Sorrise sensualmente, all’idea di quello che avrebbe voluto fare con una delle sue cortigiane. “ …soddisfarmi completamente.” puntualizzò..
Harrington lo fissò per un attimo e poi scosse il capo. “Fatemi compagnia mentre torno a casa. Ho bisogno del vostro consiglio riguardo il club e Marian mi aspetta presto per cena.”
“Vorrei potervi dire di no, ma lo farò per voi.”– rispose, un po’ stizzito.
“Che cosa preferireste non fare?” disse Ashtey, entrando a sua volta nella stanza. I suoi capelli biondi si muovevano leggeri ad ogni passo e dagli occhi blu traspariva una vena di malizia.
“Una bella passeggiata fino a casa di Harrington. Volete unirvi a noi? Il nostro amico riesce a farla passare come una cosa divertente!”
“Non ho detto nulla del genere! – intervenne Harrington con aria offesa – Siete voi che vi siete arreso subito alla mia proposta, caro amico!”
Ashtey lo guardò con fare beffardo. “ E’ perché siete diventato un vecchio uomo sposato, ormai!”
Gregory ridacchiò, di buon umore per la prima volta, quel giorno. “Ecco qualcosa che mi trova d’accordo!”
“Finitela! – esclamò Harrington, con aria seccata – Allora, mi accompagnate o no? Non ho nulla in contrario a discutere con entrambi di alcune faccende!” Fissò Gregory. “O preferite fate ancora il difficile?”
Gregory era davvero stanco. La notte precedente era stata lunga e quella giornata assai faticosa. E poi, non tollerava di fare da balia ai ragazzotti viziati del club. Aveva bisogno di un buon sonno ristoratore e l’idea di accompagnarsi ad una bella dama, dopo, lo stuzzicava. Ma Harrington era un buon amico. Magari si sarebbe rilassato lo stesso con un po’ di esercizio fisico e un sonnellino. Accettò l’invito.
“E sia, vi farò compagnia. Cercherò di essere meno antipatico, ma non ve lo prometto.”
Uscirono insieme dal club come una volta, tuttavia molte cose erano cambiate nel frattempo. Gregory e Ashtey erano membri bene accetti del club, che era per scapoli, poiché entrambi non erano sposati. Harrington poteva stare lì solo in quanto membro fondatore. Talvolta Ashtey strombazzava che avrebbe voluto ammogliarsi, ma Gregory non ne aveva alcuna intenzione. Dal canto suo, non sapeva se sarebbe rimasto nel club, qualora Ashtey si fosse sposato. Era una cosa che lo avrebbe destabilizzato e lui odiava i cambiamenti. Ma aveva la brutta sensazione che a breve la sua vita avrebbe subito un vero rivolgimento, e che tutto quello che conosceva sarebbe stato fatto a pezzi. Comunque, sarebbe stato il tempo a dire l’ultima parola..