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PROLOGO

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Dieci anni prima

La musica riecheggiava nella sala da ballo nell'hotel Roseland. Ognuno indossava un abito da ballo – tranne lui. Sua madre a malapena riusciva ad arrivare a fine mese. Dane aveva un lavoro, ma anche i suoi soldi servivano per pagare le bollette. Quindi no non aveva uno smoking raffinato. Era stato fortunato ad essere riuscito a racimolare abbastanza denaro da comprare un abito al negozio dell'usato. Non gli andava bene ed anche dopo essere stato lavato diverse volte a casa puzzava come morte mista a muffa. Pregò, ma nessuno se ne accorse.

"Chi è se non Dane Hunter che viene di notte dai quartieri più poveri".

Ovviamente la sua fortuna non avrebbe resistito. Soprattutto perché non ne aveva mai parlato… Tutto quello che voleva era un ballo ed un momento magico che avrebbe ricordato per il resto della sua vita. Forse andare al ballo era stato un errore. I soldi per il vestito e per il biglietto avrebbero potuto servire per qualche altra cosa – come il cibo. Mangiare era un lusso che non potevano permettersi di ignorare, ma l'aveva avuto per quella sera. Lei era la ragione per cui aveva buttato al vento la prudenza.

Come una calamita attratta dal suo polo opposto, il suo sguardo si posò sull'unica donna che non avrebbe mai potuto ignorare, anche se avesse voluto —Reese Jackson – e sicuramente non aveva nessuna intenzione di dimenticarla. L'amava, l'aveva sempre amata. Sfortunatamente lei a malapena lo aveva notato; tuttavia, una volta lo aveva fatto. Era entrata nel ristorante dove lavorava e gli aveva promesso che se fosse andato al ballo, avrebbe ballato con lui.

Ovviamente, lei aveva avuto pietà di lui dopo che le aveva detto che non sarebbe andato. Dane non era così bravo da accettare la carità e quella promessa era stata proprio quello. Lei alzò lo sguardo e lo guardò dritto negli occhi, per un attimo nient'altro esisteva.

"Hey, testa di cazzo". Qualcuno gli aveva detto, spintonandolo.

Dane si girò verso quell'idiota di suo fratello. "Vattene, Nolan. Non ti sto importunando, quindi perché anche tu non fai lo stesso?". Suo fratello era uno di quelli i cui vestiti impeccabili abbellivano la sala. Indossava uno smoking firmato, che gli andava perfettamente. Sembrava essere stato fatto su misura per lui. Il loro padre non aveva badato alle spese per il suo ragazzo d'oro. Erano opposti come due persone potevano esserlo. Se Nolan era luminosità – Dane era oscuro come il peccato. Considerando solo le apparenze, qualcuno avrebbe pensato che Nolan fosse come un angelo della bontà e Dane il figlio di Satana. Con quella ipotesi, tutti si sarebbero completamente sbagliati…

Nolan rise malvagiamente. Dane lo odiava sempre di più ad ogni conversazione. C'era stato un momento in cui aveva desiderato un fratello. Se avesse potuto rimangiarsi quel desiderio, lo avrebbe fatto da molto tempo. Come poteva una persona essere così cattiva? In momenti come quelli si chiedeva se anche in lui non ci fosse quel gene di cattiveria. Nolan e Dane condividevano il padre, ma niente di più. Lo stimato Mason Pratt aveva deciso di abbandonare la sua famiglia a favore di un'altra – con un'importante eccezione. Aveva accettato di mandare Dane nella stessa scuola privata che frequentava Nolan. Una cosa di cui avrebbe potuto fare a meno, ma sua madre aveva insistito. Voleva che avesse la migliore istruzione possibile. Tutto quello che Dane voleva era dimenticarsi di avere un padre e un fratello.

Giacché la scuola era così costosa, suo padre diede al ragazzo tutto l'aiuto che poteva. Dane sopportò le prese in giro ed il costante bullismo da parte dei suoi compagni di classe. Si impegnò molto, completò tutti i compiti scolastici, ma divenne un emarginato sociale. Non c'era niente di più che voleva dalla scuola, oltre all'istruzione. Almeno finché non conobbe Reese. Gli aveva fatto cambiare il suo modo di pensare su tutto. Sfortunatamente lei non studiava lì e usciva sempre con i ragazzi dell'ultimo anno. Almeno non era uscita con suo fratello. Non sarebbe riuscito a sopportarlo…

"La tua stessa esistenza mi infastidisce" – Nolan sentenziò – "Da dove hai preso quel vestito? Da un bidone della spazzatura?"

Ovviamente suo fratello avrebbe notato il suo abito maleodorante. Dane avrebbe dovuto restarsene a casa. Un mantra subito iniziò a rimbombargli incessantemente nella sua testa… Reese non avrebbe mai ballato con lui. Perché avrebbe dovuto? Il fetore che emanava non poteva essere totalmente camuffato dall'asciugatrice e da un po' di colonia.

"Non hai niente di meglio da fare che tormentarmi?"

Nolan lo odiava. Dane non voleva detestare suo fratello, ma non gli aveva dato altra scelta. L'astio di Nolan superava di gran lunga quello di Dane e quella era una cosa che non riusciva proprio a comprendere. Suo fratello aveva avuto tutto, mentre lui aveva combattuto e lottato per quel poco che aveva. Suo padre aveva deciso di restare con la madre di Nolan, facendolo soffrire.

"Perché la tua esistenza lascia un sapore nauseante nella mia bocca – sei l'unica persona con cui posso prendermela". Nolan lo spintonò ancora una volta, spingendolo contro il muro. "Vattene e forse dimenticherò che hai avuto il coraggio di presentarti qui stasera. Nessuno ti vuole. Fatti un favore e lascia anche la scuola".

Dane fece un respiro profondo e trattenne l'impulso di sferrargli un pugno sul suo viso perfetto. Non l'avrebbe aiutato e avrebbe favorito la causa di Nolan di farlo espellere dalla scuola. Era stato il suo principale obiettivo da quando suo padre l'aveva iscritto alcuni anni prima. La madre di Dane, Moira, gli diceva sempre di mantenere la calma, ma col passare dei giorni stava diventando sempre più difficile. Tuttavia, una volta diplomato, le cose sarebbero cambiate. Avrebbe preferito mostrare a Nolan quello che pensava di lui.

"Cosa stai facendo?" chiese una ragazza, avvicinandosi a loro. Dane riconobbe quella voce. L'aveva sentita costantemente nei suoi sogni ogni sera, l'avrebbe riconosciuta dappertutto. Reese stava venendo a salvarlo e tutto quello che voleva era nascondersi. Non avrebbe dovuto vederlo così… Lei incrociò le braccia al petto e guardò Nolan.

"Chi sei?" chiese Nolan e lasciò andare la presa dal petto di Dane. Praticamente trasudava fascino ogni volta che parlava. "Non penso che ci conosciamo".

Reese guardò prima l'uno e poi l'altro. "Non sono di qui".

Nolan roteò gli occhi. Era abbastanza ovvio – se avesse studiato nella sua stessa scuola, avrebbe finto che non fosse successo nulla. Nessuno era mai andato contro di lui. La sua parola era praticamente legge nei sacri corridoi di Shelton Academy. Mentre lei era distratta a parlare con suo fratello, Dane ne approfittò per ammirare la sua bellezza, senza che se ne accorgesse. Lasciò che i suoi occhi guardassero la sua squisita bellezza. I suoi capelli biondi erano raccolti in una serie di riccioli che incorniciavano il suo bel viso a forma di cuore. Le chiazze d'oro nei suoi occhi color nocciola li facevano scintillare nella fioca luce della sala da ballo e le sue morbidi labbra rosa erano deliziose. Desiderava avere il privilegio di baciarla per darle la buonanotte. Cosa che probabilmente non sarebbe mai successo, ma che un ragazzo poteva sempre sognare.

"Uhm…" Reese continuò a fissare Nolan. Dane aveva voglia di dargli un pugno solo per quello sguardo. Ti prego, fa' che anche lei non si lasci ingannare dalla sua perfetta facciata… Si schiarì la voce. "Mi chiamo Reese".

Probabilmente quello era un segnale per andarsene, ma non riusciva a muoversi. Continuava a pensare. Non sarebbe mai riuscito a conquistarla, non avrebbe nemmeno dovuto provarci. A cosa diavolo stava pensando? Non era adatto a lei e questo continuava ad essere un problema per il suo cuore. Reese lo aveva riportato alla realtà, doveva smettere di vivere in una fantasia. Non sarebbe mai andata oltre il fascino di Nolan e avrebbe considerato realmente Dane.

"Reese" – disse Nolan delicatamente – "Mi piacerebbe parlare di più con te, ma sono impegnato a buttare la spazzatura. Forse dopo potremmo provare a conoscerci meglio".

Reese ancora una volta lo guardò e aggrottò la frotte. "In realtà, devo rifiutare il tuo invito. Sono fidanzata" – indicò Dane e sorrise – "Se vuoi scusarmi, gli ho promesso che avrei ballato con lui".

Non poteva essere più sorpreso, si era dichiarata a lui piuttosto che a suo fratello. Lo aveva fatto, in un certo senso. Non poteva non amarla di più in quel momento. Lo sguardo accigliato di Nolan valeva cento giorni della sua sfortuna perché, per un volta, era stato fortunato. Avrebbe ballato con la ragazza che amava, pensò a quanto lo aveva sperato quando aveva deciso di andare a quel ballo.

"Sei pronto?" Reese gli tese la mano. "Adoro questa canzone".

Non avrebbe potuto scegliere una canzone migliore per ballare con lei, se glielo avessero chiesto. Non era niente senza Reese e, a dire il vero, non aveva nessuna pretesa su di lei. Quanto era triste tutto quello? Ingoiò quel groppo che aveva in gola e le tese la mano. "Sarebbe un onore".

Camminarono mano nella mano. Non riusciva a dire nemmeno una stupida parola, ma a volte volte le parole non servono. Se avesse potuto dichiararle il suo amore, lo avrebbe fatto; tuttavia, i sentimenti di lei non erano gli stessi. Reese lo avrebbe sempre considerato come qualcuno da aiutare e un amico su cui poteva contare. Doveva accettare che il loro rapporto non avrebbe mai raggiunto il livello che voleva. Una piccola parte di lui pianse per la frustrazione per quello che non poteva avere ma, per la maggior parte, era felice di poter avere almeno qualcosa da lei. Solo perché voleva che lo amasse, non significava che sarebbe successo. Alcune cose non sono destinate ad accadere e lui e Reese ne erano la prova.

"Ti stai divertendo?" gli chiese.

Doveva essere uno scherzo – non avrebbe mai considerato minimamente divertente quello che aveva fatto con Nolan. "Non fino a questo momento". Dopo il loro ballo, era uscito in fretta per evitare il suo malvagio fratello. Anche se avesse avuto un altro litigio con lui, sarebbe andato tutto bene. Aveva ottenuto quello per cui era venuto e quello era tutto ciò che importava.

"Sono felice che sei venuto" – gli disse Reese – "Pensavo che non saresti venuto. Tutti dovrebbero andare al ballo, anche solo per pochi minuti. Il liceo non dura per sempre e qualche ricordo sarà apprezzato quando invecchieremo". Le sue labbra si distesero in un caldo sorriso. "O per lo meno così mi hanno detto".

"Penso che tu abbia ragione". Almeno nell'ultima frase. "Ma il liceo non è stato proprio piacevole per me. Sto per diplomarmi, ma non mi volterò mai indietro". Alcune cose era meglio dimenticarle e gli anni infernali alla Shelton Academy erano in cima alla sua lista.

"Mi dispiace".

"Perché?" – chiese – "Non sei tu la responsabile".

"Lo so". Aggrottò la fronte. La musica si diffondeva mentre loro seguivano il ritmo. "Ma mi dispiace lo stesso. Spero che un giorno le cose non siano più così difficili per te".

"Va tutto bene". Sentì una sensazione strana al centro del suo stomaco. "Ho un progetto e un giorno niente di tutto questo avrà importanza".

"Mi fa piacere". Il suo viso si illuminò quando sorrise. "Voglio aiutare le persone e diventerò il miglior dottore di tutto lo stato. Sapere cosa voglio mi aiuterà a raggiungerlo, quindi sono veramente felice che anche tu abbia un progetto".

"Perché?" – non poté fare a meno di chiedere – "Cosa importa cosa farò della mia vita?"

Il suo sorriso si affievolì lievemente. "Perché ti guardo e so quanto stai lavorando duramente al ristorante – potresti pensare che nessuno se ne accorga, ma io sì. Nessuno dovrebbe essere così stanco alla tua età. Spero che un giorno sarà più semplice per te".

"No" – rispose – "Quando sarà più semplice, allora sicuramente le cose andranno male. Sto bene, te lo prometto". Non voleva che lei si preoccupasse per lui o per il suo futuro. "Concentrati sui tuoi obiettivi e sarai un medico meraviglioso, come hai programmato. Forse un giorno i nostri cammini si incroceranno di nuovo e possiamo confrontarci".

"Sarebbe meraviglioso, ti terrò al corrente". Il suono della musica iniziò a disperdersi. "Ma per me ci vorrà più tempo rispetto a te, visto che non mi diplomerò prima di due anni. Non dimenticarti di me quando raggiungerai i tuoi sogni".

"Non lo farei mai". Come poteva dimenticarsi di lei? "La canzone è finita. Suppongo che debba accompagnarti al tuo appuntamento". Sperava di non doverlo fare, ma la realtà aveva un modo di insinuarsi quando meno lo voleva.

"Andrò da sola. Grazie per il ballo".

"È stato un piacere". Un nodo si stava formando di nuovo nella sua gola. Non aveva considerato a quanto sarebbe stato difficile lasciarla andare. Lei annuì e si avviò verso il suo fidanzato, non prima di essersi girata a guardare Dane. Invidiava il suo fidanzato più di quanto potesse ammettere. Lo invidiava per avere il beneficio di stare con lei – di amarla liberamente… Il suo cuore l'avrebbe sempre aspettata finché non si fosse dichiarata, ma temeva che lei non lo avrebbe mai fatto.

Il Cuore In Attesa

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