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Capitolo Primo

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Novembre 1922

Aletha Dewitt si strinse più forte nel suo cappotto, mentre camminava nel quartier Generale della Carter Candy. Suo nonno paterno era proprietario e Amministratore Delegato della Compagnia multimilionaria. Sua madre, Ester Carter Dewitt, era la sua unica figlia ed erede. Il nonno, Philip Carter, proveniva da una vecchia schiatta di maschi sciovinisti, convinti che il posto adatto per una donna fosse accanto al marito o a casa a occuparsi dei suoi bambini. Così, anche se sua madre era l’unica erede legittima, tuttavia Aretha non sarebbe mai diventata proprietaria della famosa Compagnia, che sarebbe finita o nelle mani di suo padre o di suo fratello, Christian. Comunque, sua madre non aveva mai dato segni di interessarsi alla cosa, e questo Aletha non riusciva proprio a capirlo.

Suo padre, Thomas Dewitt, era già proprietario dell’azienda della sua famiglia d’origine e quindi, con ogni probabilità, avrebbe passato l’amministrazione della Candy Carter Company a Christian. Al padre non importava se il figlio fosse in grado o meno di assumersi questa responsabilità; era troppo simile a suo nonno e non aveva mai neanche preso in considerazione la possibilità di affidare invece la Compagnia ad Aletha. Ecco perché adesso lei era determinata a far capire a suo nonno di essere tagliata per il mondo degli affari.

Si diresse direttamente verso l’ascensore, che era stato installato da poco nell’edificio, ma Aletha lo trovava scomodo e…claustrofobico. Aveva paura di tutti quegli strani congegni e le ci voleva bisogno di tempo per abituarsi a quello strano affare. L’ufficio della Compagnia si trovava al terzo piano; non ci avrebbe impiegato molto a farsi le scale.

Ci arrivò senza fiato: evidentemente, non era abituata a questi sforzi. Così, si prese un attimo per riprendersi e poi si sistemò per bene la gonna. Ci teneva a presentarsi davanti a suo nonno perfettamente in ordine, perché sapeva che gran parte delle scelte delle persone si basano anche sull’aspetto. O, almeno, questo era quello che diceva suo nonno. Poteva quasi sentirlo nella mente: “Le signorine per bene non vanno mai in giro con abiti trasandati e poco curati! Danno poco affidamento per un probabile matrimonio!”

Sospirò. Ciò contro cui avrebbe dovuto combattere era la visione arretrata e patriarcale del nonno riguardo le donne. Convincerlo ad avere fiducia in lei, una femmina, per un incarico di così grande responsabilità non era affare da poco! Forse, stava fantasticando su un sogno che non si sarebbe mai realizzato! Tuttavia, si disse che doveva almeno provarci.

Continuò a ripetersi sottovoce: “Sono pronta, sono pronta, sono pronta…” Sperava che così lo sarebbe stata per davvero! Fece un passo verso l’ufficio del nonno e trovò la porta aperta. Ciò rendeva tutto più semplice, ma Aletha bussò ugualmente. Il nonno alzò lo sguardo dai suoi registri e la scorse. I suoi capelli erano grigio argento, radi e morbidi come fili di seta. Per contrasto, gli occhi erano di un azzurro gelido, tale da congelare all’istante chiunque. Philip Carter non cambiò espressione, quando scorse la nipote sulla soglia, ma mantenne il gelo nei suoi occhi. Sembrava che non provasse amore per nessuno, nemmeno per i componenti della sua famiglia. Non cedeva mai ad atteggiamenti affettuosi. Aletha, in un certo senso, lo stimava per questo, eppure nella sua infanzia avrebbe tanto desiderato le coccole del nonno.

“Buongiorno, nonno!” disse, entrando nell’ufficio.

S’irritò molto, quando l’uomo non si degnò di risponderle. Lui rimase lì a fissarla, in attesa che lei parlasse e spiegasse il motivo della sua visita. Aletha resistette all’impulso di dirgliene quattro: se lo avesse fatto, avrebbe confermato in suo nonno l’idea di essere una donnetta permalosa da quattro soldi. Invece, si avvicinò alla scrivania con atteggiamento spavaldo e la schiena dritta, come di chi sa il fatto suo. Non avrebbe mai mostrato segni di cedimento davanti a suo nonno!

A un certo punto lui sospirò, e posò la penna con cui stava scrivendo: “Cosa posso fare per voi, Aletha?” chiese.

Perché cavolo avete lasciato che mio padre affidasse la Compagnia a…. pensò. Ma si guardò bene dall’esprimere ad alta voce i suoi pensieri. Invece disse, semplicemente:

“Vorrei discutere del mio futuro con voi, se non vi dispiace.”

Lui aggrottò la fronte. “Non vedo di cosa dovremmo parlare. Voi sposerete un buon partito, possibilmente nobile, sfornerete un paio di mocciosi e impegnerete il resto del tempo alle serate di beneficenza. Che altro c’è da dire?”

No, non avrebbe urlato Voi, brutto retrogrado…! Invece gli parlò con grazia, guardandolo dritto in faccia. “Veramente, mi piacerebbe fare qualcosa di più interessante che mettere al mondo bambini…” Cavolo, sai che noia un matrimonio del genere!

Lui si strinse nelle spalle. “E cos’altro potreste fare? Siete una donna, e questo è il vostro destino!”

“Nonno caro, i tempi sono cambiati. Le donne hanno uguali diritti e possono esprimere i loro pensieri, oggi. Il diciannovesimo emendamento della Costituzione ce lo ha permesso! Mi piacerebbe dimostrare che una donna è ben più di una fattrice. Ci sono donne che hanno combattuto per il nostro diritto al voto. E altre che sono morte in questa crociata!”

“Non vedo cos’abbia a che fare tutto questo con voi. – esclamò lui, con arroganza – Queste cose non vi riguardano. Voi siete una signorina che sta per far la sua entrata in società, una debuttante. Abbiamo progetti molto diversi per voi.”

Lei alzò le braccia al cielo. “Ecco, questo è l’atteggiamento con cui combatto da una vita! Io voglio dimostrare a tutti voi che ho qualcosa di più di un bel viso e che sono una donna capace!”

L’uomo sbuffò e riprese a scrivere. Quella discussione si era già protratta troppo a lungo per i suoi gusti. “Ma perché ve la prendete così tanto? Alla fine, farete quello che fanno tutte le donne di questo mondo: vi sposerete, farete una nidiata di figli e vivrete felice e contenta.”

Aletha sospirò: era stufa di sentirsi ripetere le solite nauseanti parole! Si forzò ad avere pazienza. A non sbottare. Voleva fare pressione sul nonno, e ci sarebbe riuscita.

“Se permettete, ho progetti diversi riguardo la mia vita, e vorrei che voi li ascoltaste. Voglio farvi una proposta.”

Era il nonno adesso che stava per perdere la pazienza. “Non ho tempo per queste idiozie!” esclamò.

Ma Aletha non si smosse di un millimetro. “Nonno, voi siete una persona intelligente. Ascoltate quello che ho da dire senza interrompermi. Se poi alla fine concluderete che si tratta di un’idiozia, me ne andrò e non ne riparleremo più.”

Lui sospirò, alquanto contrariato. “Va bene. Vi ascolterò, ma non vi prometto nulla.”

“Certo che no! Non vi sto chiedendo di farmi false promesse! Ascoltate prima quello che ho da dire e poi deciderete.” incalzò lei.

“Sì, ma sbrigatevi! – sbuffò lui – Ho un mucchio di lavoro da fare e mi state facendo solo perdere tempo!”

“Ho delle buone idee, riguardo la gestione della Compagnia. Datemi la possibilità di metterle in pratica. Se fallirò…”

“Se fallirete perderemo un mucchio di quattrini! – la interruppe il nonno – E non ho intenzione di correre questo rischio!”

Aletha avrebbe voluto urlare e prenderlo a pugni sul petto! Perché non la lasciava finire di parlare? Se fosse stato un bravo nonno l’avrebbe almeno ascoltata, e magari le avrebbe dato anche una pacca sulla spalla per incoraggiamento!

“Penso che possiamo esportare la Compagnia in Inghilterra!” - continuò, imperterrita – Piuttosto che fabbricare qui i nostri dolciumi, potremmo farlo direttamente lì. Ne acquisterebbero in freschezza. Per quanto riguarda tutta l’attrezzatura, il costo…”

“Sarebbe esorbitante! – la interruppe di nuovo l’uomo – Oltre all’allestimento delle fabbriche dovremmo provvedere anche al personale e alla gestione globale…No, no, per vedere qualche profitto potrebbero passare mesi, forse anni!”

“Sì, ma è un rischio che dobbiamo correre! Se tutto andasse a buon fine, la Carter Candy Company acquisirebbe una posizione dominante sul mercato! Saremmo altamente competitivi!” Oh, Dio! Speriamo che capisca! si torturava mentalmente Aletha.

“Non dico che non sia una buona idea. – disse alla fine suo nonno – Solo, che non sono sicuro che possa funzionare. Ma basta. Vi affido l’incarico di andare in loco con la vostra famiglia e di prendere contatti con qualche avvocato locale per verificarne la fattibilità. Ci andrete in occasione del matrimonio di vostro cugino. Potrebbe essere un buon progetto, ma per ora non ho dati sufficienti e non posso azzardare nulla.”

Aletha sentì il cuore balzarle nel petto per la gioia! Ma si sforzò di mantenere un contegno. “Come volete, nonno. Sarò felice di occuparmene.” rispose, molto compunta.

“Sì, sì, ma ora andate! – esclamò l’uomo, agitando la mano con un senso di fastidio – Mi avete già fatto perdere abbastanza tempo!”

Questa volta, però, Aletha non si offese per la mancanza di cortesia del nonno. Lui aveva dimostrato fiducia in lei e le aveva concesso la possibilità di mettere alla prova il suo valore! Aletha gli avrebbe dimostrato che la sua fiducia era stata ben riposta.


Aletha chiuse il suo baule a chiave. L’indomani, lei e la sua famiglia sarebbero partiti per l’Inghilterra, in occasione del matrimonio di William Collins con sua cugina, Virginia Grant. Non capiva ancora perché avessero deciso di sposarsi a Natale e per giunta in Inghilterra. William era proprietario di una piantagione nel sud Carolina e aveva deciso di non trasferirsi in Inghilterra, malgrado la futura moglie venisse da lì.

“Avete finito?” le chiese sua madre, alle sue spalle. Aletha le scoccò una rapida occhiata. “Sì.” rispose.

“Bene. Allora raggiungetemi in salotto. – esclamò perentoria Ester Dewitt - Abbiamo qualcosa di cui discutere.”

Aletha gemette dentro di sé; conosceva bene quel tono. Probabilmente, sua madre voleva farle una bella lavata di capo, e lei sospettava che avesse a che fare con la Carter Candy Company.

“Vi raggiungerò tra poco.” disse, cercando di prendere tempo. Ma sua madre non era tipo da accettare scuse. Si voltò decisa verso di lei.

“Forse non mi sono spiegata bene. Ho detto, ora!”

Impossibile contraddirla. Aletha sospirò e scese a ruota dietro di lei. Quando arrivarono in salotto una cameriera stava appunto servendo il the.

“Grazie Matilda – disse sua madre – potete andare adesso. Ci serviremo il the da sole.”

La cameriera s’inchinò ed uscì dalla stanza. La donna si rivolse alla figlia. “Vi prego, mia cara, servite il the.”

Chiaramente, quando sua madre diceva che si sarebbero servite da sole, non intendeva che lo avrebbe fatto lei personalmente. In genere, era usa a farsi servire. Obbediente, Aletha si avvicinò al carrello e versò il the nelle tazze, poi aggiunse in quella della madre una zolletta di zucchero. La porse alla donna e andò a spruzzare il suo the di crema di latte. Infine, si sedette sul divano accanto a sua madre, rassegnata a sorbirsi una predica. Infatti, sua madre fece una bella sorsata di the e poi cominciò:

“Vostro nonno è passato a trovarmi, oggi. Mi ha raccontato di alcune vostre fantasie in merito alla Compagnia, e del ruolo che aspirate a ricoprire.” Fece un’altra sorsata di the. “Ho pensato che scherzasse. Per quale motivo vorreste fare qualcosa che è riservato ad un uomo?”

Aletha non si stupì delle sue parole. Sapeva che sua madre era contraria a che una donna lavorasse. “Non scherzava. In realtà è così. Il nonno mi ha dato una possibilità di provarci e non ho alcuna intenzione di sprecarla.” disse tranquillamente, sorseggiando il suo the.

Sua madre la guardò fissa negli occhi. “Ciò è fuori discussione. Temo che dovrete ripensarci. Non è una cosa che la famiglia potrà accettare.”

Aletha la fissò a sua volta, sorridendo senza tradire esitazione. “Temo che dovrà rassegnarsi, invece. Non cambierò idea, qualunque cosa mi diciate.”

Ester strinse le labbra con una smorfia di disappunto. “Come volete. D’altra parte, è sicuro che fallirete. E se anche otterrete qualche risultato, vostro nonno non accetterà mai di inserirvi nell’azienda di famiglia. Si sta solo divertendo alle vostre spalle.”

Era quello che Aletha temeva, ma ormai non poteva più tirarsi indietro. Doveva pur esserci un modo per convincerlo che una donna valeva qualcosa! Magari, avrebbe potuto iniziare a stupirlo con qualcosa di più facile…legato al matrimonio di William e Victoria! Sapeva che William era in qualche modo collegato alla nobiltà Inglese, forse a qualche Duca loro lontano parente. Avrebbe trovato un modo per stupirli tutti.

“Riuscirò a convincervi, madre. Per ora, vi ringrazio per non avermi ostacolata.”

“Non ne ho bisogno – rispose, dura, la donna – Avete troppe cose da fare e tante responsabilità. C’è il matrimonio, e poi siamo a Natale. Non vi resterà molto tempo per tenere fede al vostro impegno…e fallirete.”

Come al solito, aveva ragione. Il tempo era troppo poco. Ma Aletha era più dura di sua madre: era convinta che sarebbe riuscita a occuparsi di tutto. Certo, non aveva ancora finito le tradizionali compere Natalizie, ma l’Inghilterra era piena di bei negozi!

Finì il suo the e ripose la tazza sul vassoio. “Perdonate, madre, ma ho delle cose da fare prima della partenza.”

Le era venuta un’idea, in merito al matrimonio, ma non era sicura di poterla realizzare. La fabbrica avrebbe dovuto accelerare il ritmo di produzione, per accontentarla. Però, se fosse riuscita a mettere in atto la sorpresa che aveva in mente, sarebbe stata davvero un evento. Qualcosa che nessuno si sarebbe mai aspettato…

Come Baciare Una Debuttante

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