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CAPITOLO PRIMO

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Cameron Spencer, il duca di Partridgdon, fissava il fuoco che ardeva nel camino. Era tornato a Londra da una sola notte e già il freddo aveva iniziato a penetrargli nelle ossa. Si era tenuto lontano dall’Inghilterra da quando aveva compiuto diciotto anni, e non era tornato che per brevi visite: tutto a causa del fidanzamento che suo padre aveva combinato con Lady Pearyn Treedale, che lui non aveva alcuna intenzione di sposare.

Aveva odiato quell’imposizione ogni attimo della sua giovane vita. Quel fidanzamento gli aveva condizionato l’esistenza dal primo istante in cui era stato redatto, come se si trattasse di un accordo d’affari. Viaggiare era stata per lui l’unica possibilità di sentirsi libero, ma ben presto anche dover essere continuamente in fuga aveva cominciato a pesargli.

Sapeva che per suo padre si era trattato di una necessità, visto che si trovava in gravi ristrettezze economiche: grazie a quell’accordo gran parte della dote della futura sposa era già passata nelle sue mani e aveva potuto saldare i suoi debiti. Ma vendere il suo unico figlio per salvare le proprietà di famiglia aveva significato per Cameron un’enorme sconfitta e un’ incredibile sopraffazione.

Era vero che, grazie a quei soldi, ora l’eredità di Cameron era salva e che suo padre era riuscito a rimettere in senso l’intera tenuta, prima di morire. Ma ora, il doppio filo che lo teneva legato a quella fidanzata sconosciuta gli sembrava ogni giorno di più simile a un cappio. Ormai i suoi beni erano al sicuro, la vita gli sorrideva di nuovo…ma il prezzo da pagare per Cameron era eccessivamente alto. Aveva accettato di sposare quella ragazza…e lo avrebbe fatto, prima o poi; avrebbe onorato l’impegno che suo padre aveva preso per lui. Ma non ora. Non era necessario rinunciare alla propria giovinezza, per saldare quel debito. Per il momento avrebbe pensato a godersi la vita. Poi, più in là…si sarebbe deciso a sposarsi. Sarebbe corso dalla sua fidanzata e l’avrebbe presa per moglie. Anche senza conoscerla.

Quando si era ritrovato fidanzato lui aveva quindici anni e Lady Pearyn otto. Quindi, quando a diciotto anni aveva chiesto a suo padre di potersi allontanare da Londra per fare le sue esperienze di vita, come fanno molti nobili rampolli, a suo padre non era parso strano e non si era opposto…considerando che la giovane fidanzata era appena undicenne. Era una decisione abbastanza saggia, dopotutto, terminare gli studi a Oxford e poi partire per il mondo. Tutto lasciava pensare che, al compimento della maggiore età di Lady Pearyn, Cameron sarebbe tornato per impalmarla…ma non era stato così. Anche dopo la morte di suo padre, avvenuta poco dopo il raggiungimento della sua maggiore età, non era tornato a Londra per sposarsi, preferendo lasciare le sue proprietà in mano a un precettore. Ora di anni ne aveva trentadue, e i tempi per il suo ritorno erano decisamente maturi…

La proprietà prosperava, e i suoi amministratori gli inviavano regolarmente rapporti trimestrali, in modo che potesse tenere sotto controllo i suoi affari. Era tutto ciò di cui aveva bisogno. Di tanto in tanto doveva tornare a Londra per sistemare delle cose, ma giusto il tempo di metterle a posto che se partiva di nuovo.

A lui andava bene così ...

Non si era mai fermato a riflettere su cosa fare con Lady Pearyn. Ormai erano passati due anni dal suo trentesimo anno e forse sarebbe stato il momento di onorare quel contratto. Se lei lo avesse voluto ancora. Sapevano così poco, l’uno dell’altra…Quando l’aveva vista l’ultima volta, anni addietro, lei era ancora una buffa bambina con le lentiggini. Ma sembrava aver accettato di buon grado il loro fidanzamento... Forse le piaceva l'idea di diventare duchessa, un giorno.

Cameron si passò le dita tra i capelli e sospirò. Non riusciva a capire quale direzione prendere. Niente aveva più senso per lui. Ormai era a casa, per sempre, e doveva prendere una decisione.

"Perdonate, Vostra Grazia." disse Alfred, il suo maggiordomo. Alfred stava con la sua famiglia da quando Cameron era un ragazzo, ed era invecchiato molto negli anni in lui cui era stato lontano. Tuttavia, riusciva ancora a essere molto attivo.

"Che c’è, Alfred?" chiese.

"C’è una persona che desidera vedervi, Vostra Grazia."

Nessuno sapeva che era tornato a Londra. Chi avrebbe potuto decidere di fargli una visita così inaspettata? "Mandatela via, di chiunque si tratti. Non sono a casa per nessuno." Non aveva voglia di vedere gente; il suo umore peggiorava ad ogni secondo. Desiderava starsene in pace per i fatti suoi.

"Quindi, non siete qui, in questo momento!” esclamò Collin Evans, il conte di Frossly, entrando all’improvviso nello studio. "Sarà un grande atto di maleducazione da parte mia, ma non ho intenzione di andarmene. Sono passati mesi dall'ultima volta che siete stato qui. E non vi siete nemmeno degnato di rispondere all’invito per il mio matrimonio!”

Cameron aggrottò la fronte. "Mi dispiace, Collin, ma non ero in vena." Collin era il suo amico più vecchio e più caro, ma lui non poteva partecipare a quel matrimonio. "Comunque, vi avevo scritto che non sarei tornato a Londra per le vostre nozze. E voi sapete bene il perché." Attraversò la stanza e tolse il tappo dalla caraffa di brandy, poi si versò due dita in un bicchiere. Prima di bere, si voltò verso l’amico. “Ne preparo uno anche a voi?”

"Se questo significa che vi degnerete di accettare la mia compagnia…sì, grazie, ne prenderei volentieri uno.” rispose Collin. I suoi capelli rosso dorato erano un po' arruffati, cosa insolita per il giovane Conte. Collin prese il bicchiere che Cameron gli porgeva e ne bevve un bel sorso. "Sono contento che siate tornato." Inclinò il bicchiere verso di lui. "Avete deciso di restare, questa volta?"

Cameron fece scivolare le dita sul bordo del bicchiere. Non aveva molta voglia di bere, ma ora che l’amico era qui avrebbe dovuto fargli compagnia per forza. Evitò deliberatamente il suo sguardo. "Sto vagliando la cosa.” rispose.

"Davvero?" C'era un accenno di sorpresa nel tono di Collin. "Non lo dite solo per illudermi?"

"Mi sembra che ve la siate cavata egregiamente senza di me, in tutto questo tempo.” Alzò lo sguardo e rivolse a Collin un mezzo sorriso. Cameron aveva provato a sentirsi libero, in quegli anni, come se non ci fossero spose promesse o obblighi pendenti sulla sua testa. Purtroppo, era una mera illusione, e lo sapeva. Non poteva sottrarsi ai suoi impegni. Per quanto fuggisse lontano, prima o poi avrebbe dovuto onorarli.

"A quanto pare avete trovato moglie. Sono felice per voi, caro amico!” esclamò, dando un colpettino sulla spalla del Conte.

"Anch’io sono molto felice. E vorrei che lo foste anche voi. Ma non mi pare che lo siate. Non vi vedo sorridere da molto tempo. Dubito che siate riuscito a trovare pace, da quando abbiamo lasciato Eton."

"Lo ero…prima che sapessi dei debiti di mio padre.” Chiuse gli occhi e sospirò. “Ma, da quando sono stato obbligato a quello stupido contratto di fidanzamento, nulla è più stato lo stesso. Avete ragione, Collin. Non sono felice, e temo che non lo sarò mai. Non saprei nemmeno da che parte cominciare.”

I suoi genitori non erano stati un bell’esempio di amore coniugale. Il loro era stato un matrimonio di convenienza, e non avevano mai finto di amarsi. Ma che importava! Ormai stava fuggendo da troppo tempo. Inizialmente era stato convinto che il suo stile di vita libertino e mondano potesse essergli d’aiuto…ma si era sbagliato.

Collin finì il suo brandy e posò il bicchiere. Nei suoi occhi azzurri era visibile una certa ansia per l’amico. "Quando eravamo più giovani, a Eton, molti dei nostri compagni di scuola vi chiamavano “lo scapolo d'oro." Fece un gesto verso Cameron. “ E di certo non per il colore dei vostri capelli, anche se è un paragone calzante. No, eravamo tutti convinti che, dato che un giorno sareste diventato Duca, avreste avuto tutto ciò che un uomo poteva desiderare e che sareste stato felice.”

Cameron sbuffò. "Ciò dimostra quanto poco mi conoscevate." IN realtà, neanche la sua infanzia era stata serena: suo padre era sempre lontano da casa e sua madre era praticamente assente. Lui era vissuto con servi e precettori, e anche i bambini con cui giocava non riuscivano a colmare il vuoto che sentiva dentro. Per i suoi genitori, metterlo al mondo aveva significato fare il proprio dovere e, una volta concepito l’ erede maschio, potevano anche smettere di vivere insieme. La dote di sua madre era stata sperperata dall’incapacità di suo padre, e questo non aveva affatto giovato al matrimonio, e comunque…non c'era mai stato amore tra loro. Questa era una delle ragioni per cui Cameron aveva evitato Lady Pearyn per così tanti anni. Non voleva avere un matrimonio come quello dei suoi genitori. Voleva di più, molto, molto di più.

"Vi capisco, più di quanto crediate. - disse Collin,in tono solenne - Perché vi conosco meglio di chiunque altro." Collin si sporse in avanti. “Ma ora dovete dare un senso alla vostra vita. Non siete un libertino, come vi ostinate a credere. Avete un animo nobile e la rabbia nei confronti dei vostri genitori è comprensibile. Tuttavia…prendere moglie e mettere su famiglia non mi sembra una punizione tanto atroce. Vedrete che c’è del buono, nel matrimonio.”

"Sarà così, ma non m’importa." mormorò Cameron, tristemente. Non poteva ribellarsi al suo destino, ormai. Non poteva essere in fuga per sempre. "E comunque le vostre parole non mi sono di grande aiuto.”

"È qui che siete in errore. Ho conosciuto la vostra fidanzata e credo che vi sbagliate, sul suo conto. Credo che, se aveste una conversazione con lei, vi rendereste conto che forse entrambi desiderate la stessa cosa. Anche lei ha dovuto vivere all’ombra di questo fidanzamento, esattamente come voi. E’ ora che facciate qualcosa di diverso, dall’imbarcarvi sulla prossima nave in giro per il mondo. Decidete di rimanere e di affrontare di petto i problemi. Non siate vittima, ma artefice, del vostro futuro!”

Cameron sorseggiò il suo brandy. Collin lo induceva a riflettere, ma riguardo a Pear…non era ancora convinto. “Come fate a conoscere i sentimenti di Lady Pearyn? Quando le avete parlato? "

"A volte poche frasi sono sufficienti per capire l’animo di una persona. E’ una fanciulla adorabile, e molto franca. Inoltre è una donna davvero indipendente: organizza salotti culturali e sostiene l’arte di ogni tipo. Il suo palazzo è sempre pieno di letterati e artisti, ed è anche molto corteggiata. Lei è gentile con tutti, ma sempre con leggerezza, ed è una persona davvero amabile. Tuttavia, ha uno sguardo triste, e la cosa non mi ha lasciato indifferente: credo che si senta sola. Inoltre, fino a quando resterà legata a voi, non potrà farsi corteggiare ufficialmente da altri. Se proprio non intendete sposarla…non sarebbe giusto da parte vostra ridarle la sua libertà?”

C'erano molte cose giuste, nel discorso dell’ amico. Lady Pearyn era davvero infelice? Aveva sempre pensato che fosse una ragazzetta anonima, avida di diventare duchessa, e che passasse la sua vita tra abiti e feste come tutte le ragazze della buona società. Non aveva mai desiderato conoscerla, ma ora…le parole di Collin lo incuriosivano. Davvero era così colta? Non le aveva mai scritto e ignorava quale fosse il suo grado d’istruzione. E fare da musa all’Arte…era un nobile pensiero, degno di una mente elevata. Forse l’aveva giudicata male. E per quanto riguardava l’essere infelici…cosa le mancava, in fondo? Aveva entrambi i suoi genitori, era fidanzata ufficialmente e la sua famiglia era ricca. Possibile che le mancasse…l’amore?

"Potreste anche avere ragione, - iniziò Cameron - ma non so davvero cosa fare." Doveva farle una visita? Scriverle una lettera? "Siamo fidanzati da anni…ma in realtà non ci conosciamo affatto.”

"Lo so…- ridacchiò Collin - Se è per questo, non sapete nemmeno come siete fatti. Dubito che, se v’incontraste per caso, vi riconoscereste. Ma voi l’avete vista, qualche mese fa. Ricordate quella ragazza vestita da uomo, la primavera scorsa? Accanto a lei c’era una sua amica…molto avvenente, direi. Ricordo che vi piacque.”

Era l'ora della confessione. "Davvero? Sinceramente…non me lo ricordo. Ma…vi sbagliate su una cosa... Conosco abbastanza bene il suo viso.” La sua innata curiosità aveva avuto la meglio, in quegli anni. Cameron era curioso di sapere come fosse diventata da grande la sua fidanzata, e aveva fatto di tutto per…darle una sbirciatina, anche se da lontano. Sapeva che era molto bella, ma non conosceva abbastanza il suo animo per decidersi di dichiararsi a lei. Non voleva ritrovarsi accanto una donna comune o, peggio, stupida e avida. Dopotutto, i suoi genitori si erano preoccupati solo dei soldi. "L’ho intravista, qualche volta, quando sono tornato qui per una visita…E l’ho rivista dopo la morte di mio padre. Avevo bisogno di sapere ... "

"Se potesse essere di vostro gusto? Oh, credetemi, è molto bella! Non trovate?"

Lady Pearyn era una delle donne più belle su cui Cameron avesse posato lo sguardo. I suoi capelli erano scuri come il cielo notturno e i suoi occhi erano di un blu così puro che avrebbe potuto facilmente perdervisi. Ma non conosceva ancora la sua anima, ed era quello che in realtà gli interessava.

"Sì, è vero. - disse, con indifferenza - Dunque, vi ha conquistato, caro amico? E ditemi: ha dei corteggiatori? E’ innamorata di qualcuno?”

"V’interessa davvero? - esclamò Collin, scrutandolo bene in faccia - Pensavo che non v’importasse…o sbaglio?”

Questo era il problema. Non sapeva cosa voleva, ma quella ragazza cominciava a incuriosirlo.

“Può darsi che m’interessi, invece. E ditemi, da amico: se sapeste qualcosa su…una possibile relazione tra lei e un altro gentiluomo…me ne parlereste?”

"Suppongo di sì." Collin si alzò. “Ma fino a questo momento non vi ho mai visto interessato, quindi mi sono astenuto dal curiosare. Forse, dovreste farci visita per questo periodo di Natale. Mia moglie ha organizzato quindici giorni di feste e di balli, e ci farebbe molto piacere avervi nostro ospite. E…come amica di Charlotte, anche Lady Pearyn sarà con noi.” Fece un profondo respiro. “Potrei farvi incontrare. Potrei anche fare in modo che lei non sappia chi siete…fintanto che non sarete voi a decidere di presentarvi a lei. Potrebbe essere divertente…”

"Mi fareste una cosa del genere? - scherzò Cameron ha detto scioccato - Ero convinto che fossimo amici!”

"Infatti. Ma non provate a sedurmi…sono già sposato!” ridacchiò Collin. Si accomiatò dall’amico. "Devo proprio andare, ma attendo una vostra risposta riguardo il nostro invito per le vacanze di Natale.”

Cameron annuì. "Accetto la vostra proposta, Collin. Facciamole questo scherzo. Mi presenterete come…un amico lontano e io ne approfitterò per conoscere meglio la mia cara Pear. Se sarà di mio gusto…penserò io a svelare l’inganno.” Guardò fisso l’amico. “Ma vi dirò io quando. Per ora, portate i miei omaggi a vostra moglie. Vi farò visita al più presto.”

Collin ridacchiò mentre se ne andava. Cameron fissò il suo bicchiere di brandy, bevve quello che rimaneva poi lo appoggiò accanto al decanter. Forse Collin aveva ragione. Se l’avesse frequentata sotto mentite spoglie, avrebbe potuto conoscerla per quel che era, e capire se sarebbe mai stato in grado di amarla.

Sì, era tempo di conoscere finalmente la sua promessa sposa.

Il Duca Di Lady Pear

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