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CAPITOLO SECONDO

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Due settimane dopo…

Lady Pearyn Treedale guardò fuori dalla finestra della sua casa londinese e sospirò. Le finestre si erano gelate e il freddo era filtrato nella stanza. Ma non le dava fastidio. Ormai niente più le importava. Aveva venticinque anni e, malgrado inizialmente era stata felice facendo il suo debutto in società, ormai nessuna gioia riscaldava la sua vita. Quando aveva otto anni i suoi genitori le avevano rivelat di averla fidanzata al duca di Partridgdon, il marchese di Woodstone , ma lei non ci aveva fatto molto caso. Una cosa normale, per una bambina ancora impegnata a giocare con le bambole . Che ne sapeva, lei, del duca e dei ragazzi?

Davanti agli occhi della nobiltà, diventare duchessa era come essere principessa, cioè il massimo delle aspirazioni di una fanciulla. Sua madre era eccitatissima all’idea, molto più di Pearyn: era riuscita a regalare alla figlia un futuro meraviglioso, e non stava più nella pelle dalla gioia... Chiuse gli occhi e cercò di ricordare sua madre l'ultima volta che si erano viste…dieci anni prima, sul letto di morte. Era cadaverica. La sua pelle era quasi traslucida e aveva una consistenza cartacea. Gli zigomi erano più sporgenti di quanto non fossero mai stati e gli occhi color nocciola opaco conferivano al suo viso un’espressione affranta. Era dimagrita tantissimo in quei mesi, fino a diventare pelle e ossa.

Ripensandoci si vergognava ancora, ma aveva avuto paura di entrare in quella stanza. Avrebbe voluto ricordare sua madre come la donna bella e vibrante che era sempre stata, non quel cadavere dai capelli neri e fibrosi e la faccia di uno scheletro. Sua madre le aveva sussurrato all'orecchio: "Non voglio morire". La paura e la tristezza nella sua voce l'avevano spezzata dentro. La morte non era una bella cosa e toccarla con mano alla sua giovane età era stata per lei un trauma. Il cuore le si era spezzato dentro e ed era stata assalita da un forte senso di nausea. Non avrebbe voluto piangere, ma non poté trattenersi quando abbracciò la sua cara madre.

"Lo so, mamma, lo so…” ebbe la forza di sussurrarle. E chi mai desiderava morire? La sua cara madre doveva essere terrorizzata ... Se Pearyn avesse potuto alleviare il suo dolore in qualche modo, l'avrebbe fatto. Ma l’unica cosa che aveva potuto fare era abbracciarla e starle vicino negli ultimi attimi della sua vita. Ancora oggi, dopo tanti anni, il senso d’impotenza davanti al dramma che stava vivendo quella povera donna le tornava alla mente per spezzarle nuovamente il cuore.

Quel ricordo l’avrebbe perseguitata per sempre; le ultime parole della mamma, e il suo tremendo aspetto… Solo lei le era stata accanto. Almeno fino a quando la donna, ormai agonizzante, non l’aveva pregata di uscire perché non voleva che la sua adorata figlia la vedesse esalare l’ultimo respiro. Il padre di Pearyn, il conte di Beaumont, non si era recato al capezzale di sua moglie; ormai non le importava più nulla, di lei. La donna aveva fatto il suo dovere e tanto bastava: gli aveva dato un erede maschio e una figlia, che un giorno sarebbe diventata duchessa. Ora sarebbe stato lui a occuparsi dell’educazione di entrambi.

Era stata una cocente delusione, per suo padre, che a quell’età Pear non avesse ancora sposato il duca. IN quegli anni non aveva fatto altro che deriderla, e accusarla di non possedere abbastanza attrattive per sedurre il suo fidanzato. Era incredibilmente ingiusto e crudele: Pearyn non vedeva Cameron da che era bambina! Non sapeva nemmeno se lo avrebbe riconosciuto, a quell’età! Tutto ciò che ricordava di lui erano i capelli biondi e gli occhi verdi. Per il resto ... la sua mente era vuota. E il suo amato genitore non aveva avuto la possibilità di mostrarle un ritratto attuale di lui…in quanto Cameron era letteralmente sparito.

Il fatto che fosse già fidanzata le aveva concesso in quegli anni una certa libertà. Ogni tanto incontrava il solito gentiluomo lestofante che la corteggiava solo per portarsela a letto, ma in pratica quasi nessuno le ronzava attorno. Il suo fidanzamento era ben noto a tutti e pochi avrebbero potuto competere con il Duca...e il suo titolo.. I gentiluomini la facevano ballare, la facevano divertire, riempivano i suoi salotti…ma si trattava per lo più di scapoli convinti o di giovanotti alle prime armi, e per il resto…era completamente sola e senz’amore. Aveva una vita facile, certo, e si divertiva spesso agli eventi sociali, tuttavia…

Ma ora basta. Era stufa di tutti quei bellimbusti che le stavano intorno solo per non impegnarsi con nessuna fanciulla. E nessuno provava realmente a corteggiarla, convinti che il suo cuore fosse impegnato. Ma non era così: lei non sentiva proprio nulla, per quel fidanzato sconosciuto, tranne…malinconia e tristezza. E nessun altro le interessava. A volte si chiedeva se fosse capace di provare sentimenti per qualcuno. C'era qualcosa che non andava in lei? Era fredda come quella brina che si formava sulle finestre? Era per questo che il Duca non la voleva? L’aveva intuito da quando lei era bambina?

La malinconia era diventata la sua migliore amica negli ultimi tempi ...

Almeno poteva permettersi di vivere da sola. Il duca non sembrava avere fretta di tornare a casa. La nonna materna le aveva lasciato una considerevole fortuna e il meraviglioso palazzo londinese. La sua dote era già stata versata, e la sua eredità ingente. Quindi, non doveva rendere conto a nessuno di ciò che faceva.

"Perdonatemi, mia signora. - esclamò un valletto, entrando nella sala e inchinandosi di fronte a lei - Qualcuno ha appena consegnato questa lettera.”

"Grazie.” rispose Peary, molto sorpresa. Prese la lettera, che il servo le porse su un vassoio d’argento, e la guardò: chi poteva scriverle?

Era una busta rossa chiusa da un sigillo in ceralacca che lei non aveva mai visto: sembrava quasi un albero con un uccello seduto sui rami. Pearyn aggrottò la fronte e ruppe il sigillo. Tirò fuori il biglietto, che raffigurava un grande albero di Natale dipinto a mano. C’erano anche delle decorazioni, ai lati, e quando iniziò a leggere cosa c’era scritto, sorrise. Era una poesia scritta con grafia elegante, e dedicata a lei: evidentemente, aveva un ammiratore segreto.

Freddo è il vento gelido dell'inverno

E freddi i legami che ci uniscono.

Ma il mio amore non si ghiaccerà mai

E lo depongo ai tuoi piedi perché tu lo tenga al caldo.

La lontananza è sempre struggente

Perché separa gli amanti,

Ma voi siete sempre presente nel mio cuore

Che arde d’amore e vi implora speranza.

Vi dono il mio cuore, mia amata

E ardo dal desiderio di rivedervi.

Allora vi terrò stretta a me

Nella notte della vigilia di Natale

spazzerò via il vostro dolore

E l'amore regnerà sovrano ...

Che significava? Chi aveva scritto quel biglietto? Da quello che aveva capito…si trattava di uno spasimante che intendeva dichiararsi a lei la sera della vigilia di Natale. Pearyn aggrottò la fronte e richiuse il biglietto. Di solito i misteri le piacevano, ma in quel caso si sentì ancora più triste. Un corteggiatore? E che doveva farci? Non aveva mai ricevuto bigliettini o lettere d’amore come tutte le altre fanciulle perché era già fidanzata e Cameron…beh, era chissà dove. Cos’era quella novità? Un corteggiatore incallito…o uno scherzo? Forse qualcuno aveva saputo che il Duca aveva intenzione di sciogliere il loro fidanzamento e si faceva avanti?

C’erano così tante domande a cui non sapeva dare risposta, che si irritò. Forse avrebbe dovuto confidarsi con la sua amica del cuore, Charlotte. Più tardi si sarebbero viste per un the da Lady Harrington. Sorrise: sarebbe stata una bella novità per le ragazze! Avrebbe letto quel biglietto ad alta voce e avrebbe ascoltato le loro opinioni a riguardo. Perché no? Ci sarebbe stato da divertirsi, quella sera…


Cameron fissò la casa di Lady Pearyn. L'aveva vista in una delle finestre. Era bella come la ricordava. Non si era mai avvicinato troppo, ma di tanto in tanto l'aveva spiata da lontano. Soprattutto nelle ultime due settimane, mentre programmava la prossima mossa. Più imparava su di lei, più desiderava conoscerla realmente. Doveva giocare bene le sue carte e cercare di stimolare il suo interesse, prima d’incontrarla.

Faceva un freddo cane, però, e non poteva starsene fuori dalla sua finestra in adorazione. Quel fidanzamento in stallo doveva prendere una strada, ma doveva pensarci bene. Quella ragazza aveva aspettato abbastanza a lungo e Collin aveva ragione: non poteva tenerla congelata a quel modo. Doveva trovare l’occasione giusta per scambiare quattro chiacchiere con lei senza farsi riconoscere.

Cameron si allontanò dalle lussuose magioni di Mayfair e fece segno a un cocchiere di fermarsi. Ma dove aveva la testa? Arrivare lì senza la sua vettura. Era assurdo! Salì sulla carrozza a nolo mentre il servo caricava i suoi bagagli. Doveva giungere al più presto al club di Harrington. Cameron non era un socio del circolo, ma aveva un appuntamento lì con Harrington e il conte di Shelby. Al momento Collin non era a Londra e non sarebbe tornato per un'altra settimana circa. Ma era possibile che stesse via più a lungo.

La carrozza si fermò davanti ad una villa come tante: evidentemente il club era celato, in quanto riservato ai soci. UN vezzo della nobiltà Inglese, pensò Cameron. Fece cenno al cocchiere di attenderlo e si recò alla porta indicatagli dall’amico, quando avevano preso appuntamento. Due colpi bene assestati e tre più piccoli: il segnale convenuto. Cameron sorrise e pensò alla Carboneria. Poco dopo il portone si aprì e un maggiordomo biondo e con gli occhi azzurri lo fece subito entrare.

"Ho appuntamento con Lord Harrington. Sono il duca di Partridgdon." disse all’uomo. A volte Cameron detestava quel titolo. Creava una sorta di barriera, tra lui e gli altri non suoi pari. Ma sul servo quel titolo non fece alcun effetto: era avvezzo a trattare con Duchi e Principi. Dopo essersi inchinato e fatto cenno al cameriere di prendere il cappotto di Sua Grazia si eclissò rapidamente. Cameron ne fu felice: niente salamelecchi inutili, questa volta.

Cameron si guardò in uno specchio accanto alla sala guardaroba. Era monumentale, tutto intarsiato e lavorato a mano, e invadeva quasi mezza anticamera. Era davvero incredibile, e in perfetto stile con l’ambiente…Vittoriano e pesante. Non era possibile sfuggire alla sua immagine riflessa e, più che un oggetto decorativo, lui lo percepì come un ammonimento: era stato messo lì apposta? Intendeva ricordare il famoso proverbio Per quanto tu faccia non potrai mai sfuggire a te stesso? Gli antichi detti e i proverbi presero a mulinargli in testa.

"Partridgdon?" esclamò Harrington, entrando nell'atrio. "Cosa vi porta a Londra? Eravamo tutti convinti di avervi perduto in qualche paese straniero!"

“Diplomatico come sempre.” pensò Cameron. In realtà aveva volutamente evitato il loro club, e lo sapevano tutti. Ma il titolo che portava lo teneva alla larga da eventuali critiche.

"Sapete com'è ..." Alzò le spalle. “Il cuore si stanca di stare sempre lontano da casa. Prima o poi aspira a tornare.”

Harrington sorrise e si scostò una ciocca di capelli scuri dalla fronte. "Sono felice per il vostro cuore, allora. Mi auguro che non vi dispiaccia un buon bicchiere di Brandy. Prego, vi faccio strada. Non credo che siate pratico del club. "

“Anzi, ne sarò felice. - disse Cameron, notando la frecciatina dell’amico - Si ghiaccia, là fuori.”

Cameron seguì il Conte in una sala appartata, tutta di mogano scuro. Una grande scrivania troneggiava proprio nel mezzo, e comode poltrone di pelle verde scuro facevano bella mostra di sé accanto al gigantesco camino intarsiato. Evidentemente, era lì che i nobili si rintanavano a fumarsi un bel sigaro. Le tende erano accostate, malgrado fosse giorno, ma a Cameron quella intimità non dispiaceva.

Harrington prese una caraffa da uno scaffale e due bicchieri. Posò tutto sulla scrivania e vi versò due dita di brandy, poi porse un bicchiere a Cameron. "Ditemi tutto, Patridgdon.”

Cameron prese il bicchiere e si sedette. Sorseggiò il brandy che quasi gli bruciò, mentre gli scivolava in gola, ma che ebbe l’effetto di riscaldarlo e rilassarlo. Si preparò ad affrontare il Conte.

"Ho bisogno del vostro aiuto." Non c'era altro modo per dirlo. Se sperava di avere qualche possibilità con Lady Pearyn, doveva chiedere aiuto a qualcuno che la conoscesse bene e che bazzicasse la sua casa. Voleva corteggiarla in incognito, senza che lei fosse influenzata dal rapporto…o meglio, dal contratto, che c’era tra loro. Doveva necessariamente appurare se lei ci teneva a quel fidanzamento…o mirasse solo al suo titolo.

"Cosa posso fare per voi?" s’informò Harrington.

Cameron sorrise. Questo era il motivo per cui era venuto da lui. Aveva conosciuto lui e il conte di Shelby tramite Collin. Entrambi gli uomini frequentavano la casa di Pearyn e in qualche modo erano legati a Collin. Erano estremamente affidabili e sapevano mantenere un segreto. "Ho deciso che è ora di dare seguito al mio fidanzamento con lady Paryn."

"Beh, sarebbe giusto…- ridacchiò Harrington - Credo che entrambi abbiate raggiunto la maggiore età ormai da tempo. Ma…cosa vi spinge a farlo ora?"

Cameron scrollò le spalle. "Sono rimasto via abbastanza a lungo. E’ ora che prenda possesso delle mie proprietà e assumermi gli impegni che m’impone il mio titolo. Ciò riguarda, chiaramente, anche il mio contratto di fidanzamento con Lady Pearyn Treedale. Se dovrò sposarla…così sia. Ma vorrei essere sicuro di non pentirmene in futuro. Sapete bene che si è trattato di un contratto d’affari tra le nostre famiglie. Dunque, vorrei conoscere meglio la mia promessa, e assicurarmi che sia la moglie adatta per me e per la posizione che ricopro. A questo scopo…avevo pensato a degli incontri informali con lei…ma in incognito. Non voglio che lei sappia chi sono.”

Harrington inarcò un sopracciglio. “Non entro nel merito della vostra decisione, ma mi mettete leggermente in imbarazzo. Conoscete il mio rapporto di amicizia con lady Pearyn, che giudico assolutamente straordinaria. Non vorrei farle torto in alcun modo, né darle l’impressione di ingannarla. Tuttavia…suppongo che un ballo non possa ritenersi una situazione ingannevole, non vi pare? Tantomeno…impegnativa.”

"Avete proprio colpito nel segno, caro amico! - disse Cameron - E infatti pensavo a una situazione del genere. Siamo vicini al Natale…e so che di questo periodo eventi del genere sono consueti.”

"Lasciate fare a me. - ridacchiò Harringhton - So dove farvi invitare mantenendo un certo riserbo. Immagino che nessuno sappia che siete tornato in Inghilterra. D’altra parte, siete molto cambiato in questi anni: se non mi avessero annunciato la vostra visita forse non vi avrei riconosciuto. Temo, tuttavia, che dovrò fare di voi un Conte…o un Marchese. Se le signore venissero a sapere che siete un Duca, sareste preso di mira da tutte le fanciulle in fiore della Contea.”

Cameron sorrise. "Apprezzo il vostro aiuto e i vostri consigli. Non posso che confidare in voi e nella vostra discrezione. E non mi sarà facile sdebitarmi con voi.”

“Oh, ci riuscirete senz’altro! - ridacchiò Harringhton - Non appena avrete concluso i vostri…affari, vi aspetto al nostro tavolo da gioco! Sarà piacevole, per questo club, fregiarsi della frequentazione di un Duca!”

“Contateci, allora. - disse Cameron, alzandosi - Chiaramente non alloggerò nel mio castello. Non appena avrò trovato un alloggio adeguato, vi farò avere il mio indirizzo. Così potremo tenerci in contatto.”

“E io potrò farvi recapitare il vostro invito.” disse l’amico. Ciò detto, Cameron fu accompagnato alla porta e risalì sulla sua carrozza. Doveva subito trovare un alloggio confortevole e dare il via al suo piano. Per la prima volta dopo tanto tempo, si sentì stranamente eccitato. E il bello doveva ancora arrivare!

Il Duca Di Lady Pear

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