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CAPITOLO SECONDO

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Anya si svegliò con un violento mal di testa. Sentiva tanti piccoli martelli batterle allegramente per tutto il cranio, ma in particolar modo sulla fronte e gli occhi. Aveva paura di aprire le palpebre, per paura di peggiorare le cose. Che cosa era successo? Non riusciva a ricordare come si era fatta male e nemmeno voleva saperlo.

Una luce intensa le fluttuava addosso, costringendola a pararsi la faccia con le mani. Voltò la testa e socchiuse lentamente gli occhi.

"Chi ha acceso le dannate luci?" borbottò.

"È ora di svegliarsi, Miss Ana. - esclamò la voce di una donna - Il duca e la duchessa tra poco saranno in sala da pranzo per la colazione, e vostro padre si aspetta che vi comportiate come una vera signora."

"Ma io sono una vera signora!" si adirò Anya. Era una Lady a tutti gli effetti, con un gran bel titolo alle spalle! "Non mi sento bene. Vi prego di porgere loro le mie scuse.” mugolò, e si rannicchiò di nuovo nelle coperte, seppellendovisi dentro. Ma di colpo le parole della donna accesero una luce, nella sua mente confusa: "Quale duca e duchessa?" Ancora più importante: chi diavolo era quella, e che ci faceva nella sua stanza da letto senza il suo permesso? Qualcosa non quadrava.

Lentamente, abbassò la coperta e aprì con cautela un occhio. La donna indossava una specie di uniforme di color grigio opaco che la copriva interamente, dal collo alle caviglie. Era di una foggia... antica. Non c’era altro modo per descrivere…quell’abito. "Chi siete voi?" farfugliò.

"Ora basta, signorina Ana,- la rimproverò la donna, agitandole un dito davanti agli occhi - Fingere di essere indisposta non vi solleverà dai vostri doveri.” Posò sul letto un abito di un certo lusso, di un tristissimo blu scuro, e dalla foggia fuori moda, come la sua divisa.

“Ho già preparato il vostro abito da colazione. Stamane dovrete recarvi al porto e imbarcarvi. Il viaggio fino in Germania è lungo, e non vi resta molto tempo per prepararvi.”

Ma perché continuava a chiamarla Ana? Qualcosa le sfuggiva. L’aveva scambiata per qualcun’altra? Se era così, che ci faceva lei in quella stanza…e in quel letto? Si mordicchiò il labbro inferiore, assolutamente confusa. La testa le pulsava ancora tremendamente. C'era una sola cosa che poteva fare, per sciogliere la matassa: adattarsi alla situazione.

Lentamente, si mise a sedere. Che strana camicia da notte, che indossava. Avrebbe dovuto chiamare i suoi genitori e scoprire perché l’avevano spedita a casa di questo duca e di questa duchessa. Anya lanciò un’occhiata alla donna che le stava davanti e che la fissava con quei suoi occhi di fuoco: non le piaceva affatto. Guardò l’abito e arricciò il naso.

"Devo proprio indossare questa roba?” domandò.

La donna la guardò, torva. "Cosa c'è che non va in quest’abito?" chiese. Poi aggrottò la fronte. Anya la guardò meglio: aveva i capelli castani striati di bianco e due occhi grigi più freddi dell’acciaio. La innervosiva. "È fatto della seta più fine. Avete scelto proprio voi il modello.”

Non si sarebbe mai sognata di fare una cosa del genere, ma non aveva senso discutere con la donna. Invece, sospirò e tese la mano. "Bene. Lasciate qui, che mi lavo e mi vesto.”

"Da sola?” esclamò la donna, sgranando gli occhi.

“Certo. Mi vesto da sola da quando ero piccola!” Ma in che posto stava? Quella donna si comportava come una istitutrice d’inizio secolo. Ormai nessuno aveva più istitutrici, in casa!

"Ma...vi sentite male davvero?" esclamò la donna, e le si avvicinò. Le mise una mano sulla fronte. “Eppure, non mi sembra che abbiate la febbre.”

Al tocco di quelle mani fredde Anya si ritrasse. "Per favore, non toccatemi!" sibilò. Afferrò il vestito e si alzò. "Ora, per cortesia, lasciatemi sola."

"Hmmph. - mugolò la donna - Oggi siete di pessimo umore! Non sareste così acida se andaste a dormire presto, la sera, invece di starvene a leggere chissà cosa alla luce della lampada fino a notte inoltrata! Comunque, sbrigatevi. Ai Duchi non piace aspettarvi per colazione, lo sapete.” Ciò detto, uscì brontolando dalla stanza.

Ma come si permetteva? Lei era Lady Anya Montgomery, diamine, e nessuno le aveva mai parlato a quel modo! Si sfilò quell’assurda e pesantissima camicia, armeggiando a lungo coi laccetti, e si mise a frugare per la stanza cercando la sua stanza da bagno…ma non ne trovò. Pensò che forse in quella casa il bagno si trovava nel corridoio…o in un’ala apposita…ma sinceramente non aveva voglia di uscire e aprire ogni porta per cercarlo. Scavò disperatamente in tutti gli armadi alla ricerca della sua biancheria intima, il suo reggiseno…ma ancora niente, tranne scomodissimi e antiquati corsetti, e mutandoni di pizzo che non avrebbe nemmeno saputo come indossare.

Guardò affranta l’abito appoggiato sul letto. Era abbastanza largo, forse nessuno avrebbe notato che non portava biancheria intima. Con un sospiro lo indossò, ma abbottonarsi dietro fu una vera impresa…con quel mal di testa, poi! Non riuscì che abbottonarsi sommariamente, ma pensò che sarebbe bastato. Tremava dalla testa ai piedi. Se quell’odiosa donna con cui aveva parlato si fosse accorta del suo abbigliamento trasandato cosa le avrebbe fatto? Sperò di non incontrarla più…

Sospirò. Non aveva ancora idea di dove fosse, ma l'avrebbe scoperto presto. Si sedette alla sua vanità per truccarsi…ma quando si guardò allo specchio quasi urlò per la drammatica sorpresa: non era lei, quella che la guardava dall’altra parte dello specchio! Si passò freneticamente le mani sugli occhi, sperando che fosse tutto un incubo, poi si premette disperatamente le dita sugli zigomi, con tanta energia che per poco non si graffiò con le unghie. Ma quando riaprì gli occhi quell’immagine estranea era ancora lì, davanti a lei, che la guardava con la sua medesima angoscia. Dio, ma cosa le stava succedendo? Quella non era lei! Si passò una mano tra i capelli, mentre gocce di sudore le imperlavano la fronte. Non poteva essere reale. Stava sognando…o stava galleggiano in un limbo da cui non riusciva a svegliarsi…

La donna l'aveva chiamata Ana, non Anya. Il nome suonava quasi uguale, per questo non ci aveva subito fatto caso…ma se lei non era più Anya chi era quella ragazza che la guardava dallo specchio?

Cominciò a tremare: si era svegliata nel corpo di un’altra donna? Questo, benché assurdo, forse poteva essere una spiegazione…ma perché? Dio aveva voluto punirla per qualcosa? Era morta e si era ritrovata in un altro corpo? Eppure dentro…era lei, sì, era ancora lei! Le sembrava di trovarsi in uno di quei film angosciosi che le avevano sempre fatto paura. Forse, se fosse tornata a letto e si fosse riaddormentata, tutto sarebbe tornato a posto. Desiderò con tutte le sue forze di chiudere gli occhi e ricominciare tutto daccapo. Ma capì che non era possibile.

Guardò il letto con ansia: e se si fosse fatta solo un sonnellino? Al risveglio si sarebbe accorta che si era trattato solo di un brutto sogno. Sarebbe tornata se stessa, e al diavolo quella brutta arpia in cui si era imbattuta poco prima!

Si alzò di scatto dalla specchiera, si gettò sul letto e si coprì con le coperte fino alla cima dei capelli. Provò a dormire…ma niente.

Non ci riusciva.

Era troppo in ansia per dormire. L’unica era comportarsi come se niente fosse. Alzarsi, scendere giù da quei dannati duchi e vedere se ci capiva qualcosa. Quell’incubo sembrava davvero reale. Rimase completamente immobile per un po’, sperando di svegliarsi da un momento all’altro…ma non accadde nulla. Ormai era chiaro: doveva stare al gioco, far finta di essere questa Ana e vedere dove voleva andare a parare quell’incubo. Non poteva fare altro...

Questo duca e questa duchessa, chiunque fossero, si aspettavano che qualcuno di nome Ana scendesse a colazione. Ma, se si fossero accorti che lei non era la ragazza che aspettavano…che sarebbe successo? Quella specie di serva che l’aveva svegliata ci era cascata, quindi era presumibile che ci avrebbero creduto anche loro. Forse, parlandoci, avrebbe capito che ci faceva là, in quel corpo…e in quella casa…che più guardava più le sembrava simile a un castello.

Anya fece un respiro profondo e si spazzolò i capelli. Se li acconciò in una lunga treccia che poi appuntò sulla nuca come uno chignon. Non era bella, ma almeno la sua acconciatura si adattava all’abito: era vecchia come lui. Trovò un paio di scarpe, lanciò un’ultima occhiata alla stanza e uscì cautamente nel corridoio. Aveva un disperato bisogno del bagno…ma decise di sorvolare, per il momento. Sarebbe già stata un’impresa trovare la sala a colazione, in quell’ambiente enorme. Figuriamoci un bagno...


La fortuna era dalla sua parte ... Aveva un forte intuito e individuò abbastanza velocemente la sala della colazione. Non appena vi entrò scorse quattro persone sedute ad un immenso tavolo, riccamente addobbato, circondate da uno stuolo di valletti: a capotavola era accomodato un uomo di una certa età, presumibilmente il duca. Dall’altro capo del tavolo, ad una bella distanza da lui, c’era una donna, sicuramente la duchessa. A metà del tavolo una bel ragazzo adolescente, forse sui sedici anni. Proprio di fronte a lui era stato apparecchiato per un ospite…cioè lei. Confusa, Anya rimase sulla soglia finché un valletto non sussurrò qualcosa alle orecchie della duchessa, che le stava di spalle. Probabilmente l’avvertiva della sua presenza in sala. Infatti la duchessa si voltò e si alzò per riceverla.

"Miss Ana!” le disse gentilmente, porgendole una mano e invitandola a entrare. “Mi auguro che abbiate dormito bene. Avete l’aria un po’ stanca. Preoccupata per il viaggio?” Dolcemente le indicò il suo posto a tavola, e un valletto si affrettò a scostare la poltrona per farla accomodare. La duchessa voltò lo sguardo verso il ragazzo, che non si era alzato in segno di cavalleria.

"Mathias! - lo rimproverò - Salutate la nostra ospite e smettetela di giocare con la colazione."

Anya trattenne un sorriso, mentre prendeva posto a tavola. Due camerieri con un grande vassoio si affrettarono a servirla della sua colazione: delle uova strapazzate e servite con un goccio di panna, guarnite da grandi strisce di bacon fritte e pane tostato con burro. A parte le vennero servite le verdure grigliate e i funghi, e i fagioli in salsa di pomodoro. Ma Anya rifiutò gentilmente il suo black pudding, troppo speziato per lei a quell’ora di mattina. Lasciò invece che il valletto la servisse abbondantemente di the nero e fumante.

Alla duchessa il rifiuto del black pudding non sfuggì. Amabilmente le chiese:

“Preferite una colazione dolce, mia cara? Avete l’aria di non star bene. La marmellata d’arancia stamane è una vera delizia.”

Il ragazzo alzò lo sguardo su di lei. “Molto meglio di questo stupido porridge che mi costringono a ingollare ogni mattina!” esclamò, con un luccichio malizioso negli occhi. La duchessa lo fulminò con lo sguardo. “Tacete e mangiate. Il porridge era amato perfino dal Re di Francia!”

Anya scrutò il ragazzo. Aveva occhi blu argentei che lasciavano senza fiato. Anche il ragazzo la fissò, per lasciarsi poi sfuggire un timido: “Non mi sembrate molto in voi, milady.”

Anya deglutì a fatica, innervosita dalla sua domanda. Si era accorto che lei…non era la ragazza che stavano aspettando? Temette che quel ragazzino lo avrebbe spifferato davanti a tutti, mettendola in difficoltà. Ma non successe nulla. Il ragazzo tornò con la testa sul suo piatto e lei abbassò il capo sul suo: Dio mio, le veniva la nausea solo a guardare quel quintale di roba che aveva davanti! Quei tizi mangiavano…come i suoi nonni ai pranzi di gala! Trattenne un gemito. La testa le faceva ancora male e ora le girava anche lo stomaco. Si guardò bene intorno…e rimase senza fiato.

"Lady Vivian!” esclamò. C’era anche una ragazzina, seduta al tavolo, ma un po’ in disparte. Forse era per questo che non l’aveva notata prima. Non l’aveva riconosciuta subito…ma forse si era sbagliata. Non poteva essere lei…o forse sì?

La ragazza alzò lo sguardo su di lei, ma non rispose. Sembrava…stizzita. "Sì, mia cara? - rispose la duchessa per lei - C’è qualcosa che non va? La nostra Vivian è di nuovo in punizione, come spesso negli ultimi tempi, e non le è permesso di parlare con nessuno.”

L'ultima volta che Anya ricordava di avere visto Vivian era in ufficio, al British Film Institute. Ma…era molto più vecchia di quella ragazza! Sembrava lei…e forse era lei, ma in un’altra epoca e ad un’età diversa. Che cavolo stava succedendo? Dove si trovava? E soprattutto: QUANDO? Abbassò lo sguardo.

“Nulla, mi spiace. E’ che oggi…non mi sento molto bene.” mormorò. Diavolo, se Lady Vivian era così giovane…lei non doveva nemmeno essere nata! In che anno erano? A fiuto non si trovavano affatto nel 1951…ma qualche decennio prima.

"Povera cara - disse la duchessa, gentilmente - Vi farò portare subito un buon infuso per il mal di testa. O forse è meglio un cachet.” Fece segno a un valletto che, dopo poco, tornò con due piccole compresse di aspirina. Fortemente grata, Anya le ingollò in un sol colpo. Finalmente sorrise alla duchessa. “Molte grazie, sono sicura che a breve starò meglio!” esclamò.

Nel frattempo il duca, che era rimasto sempre zitto, finito il suo the aprì il giornale del mattino, che un valletto gli aveva messo sul bordo del tavolo. Anche se era seduta lontano, Anya intravide i titoli di prima pagina, e ciò che lesse la fece sussultare di paura: si parlava della Germania e della sua campagna di militarizzazione! Non riuscì a leggere la data dell’articolo, ma gli accenni alle leggi razziali erano ben chiari. Si parlava di…anti-semitismo? Ma in che anno erano? Per fortuna il duca, inconsapevolmente, le venne in aiuto.

“Ancora questo Hitler. - borbottò - Ha tutta l’aria di voler dichiarare guerra al mondo intero. Qualcuno dovrebbe fermarlo. E dire che siamo nel 1933, diamine!” esclamò. Il 1933? Ma lei non era ancora nata! O meglio: era nata, sì…ma avrebbe dovuto avere non più di tre anni! Come faceva invece a trovarsi nel corpo di una giovane donna? E di lei bambina…che ne era stato? Il cuore le si fermò nel petto, a questo pensiero.

"Non avete ancora mangiato nulla, ma forse è meglio così. A breve v’imbarcherete, e se soffriste di mal di mare…Ma sulla nave sarete servita di tutto punto. I vostri bagagli sono già pronti, Ida ha provveduto a tutto! Siete pronta per partire, mia cara?” disse la duchessa. Ida. Doveva essere l’arpia che aveva conosciuto. Dio, se non le facesse tanto male la testa…

"Credo di sì…vostra grazia." Aveva detto giusto? Se non ricordava male era così che bisognava rivolgersi ai Duchi…almeno a quelli di una volta. Nel 1951 le cose erano un po’ diverse…ma non di tanto. E quella donna? Forse era la madre di Vivian, per questo le somigliava. Come si chiamava? Brianne, le sembrava.

"Ida mi ha informato quando è venuta a svegliarmi. Partirò per la Germania…giusto?” Il posto più terribile del mondo! Se era davvero piombata nel 1933…la Germania era in piena epoca nazista e si stava preparando davvero per dichiarare guerra! Una tragedia orribile, con la deportazione e l’assassinio di milioni di Ebrei, zingari, disabili, gay…Oh Dio! E lei…ci si trovava giusto in mezzo!

"È una donna molto efficiente.” La duchessa sorrise. “È stato un piacere avervi nostra ospite. Abbiamo un debito di riconoscenza nei confronti di vostro padre, da quando siamo arrivati a New York due anni fa. Sapete che la mia famiglia è originaria della Carolina del Sud e ha una tenuta a New York.”

Certo che lo sapeva ... solo che se l’era dimenticato. La duchessa lanciò uno sguardo di rimprovero alla figlia. “Fu quando perdemmo nostra figlia. Senza l’aiuto del vostro caro padre non l’avremmo mai ritrovata a Central Park.”

Hmmm. Interessante. Un aspetto di Lady Vivian che non conosceva affatto. Quindi, da piccola il suo capo era un po’ ribelle. Un momento: ma era la Lady Vivian che conosceva, quella? E che ci faceva da piccola a Central Park…da sola?

“Mio padre è sempre molto gentile.” mormorò, tenendosi neutra. Sperò di non stare dicendo cretinate.

“Edward Wegner è un brav'uomo. Spero che gli piaccia il suo nuovo incarico di vice Ambasciatore in Germania.” esclamò a sorpresa il duca. Ripiegò il giornale e lo mise da parte. "Ma credo che non resisterà a lungo, laggiù. Presto l’atmosfera si farà calda, in Germania. Abbiamo già sofferto tanto per una guerra, ma temo che se ne scoppierà un’altra sarà anche peggio.”

Parole sante! Il duca non sapeva quanto avesse ragione. Anya deglutì a fatica e cercò di mangiare qualcosa. Fece un boccone delle sue uova strapazzate sperando che, se fosse stata impegnata a mangiare, nessuno le avrebbe fatto altre domande.

"Oh Julian, siete sempre il solito! - esclamò amabilmente la duchessa - Non la spaventate con le vostre farneticazioni. Il viaggio sarà già lungo di suo. Non mettiamole in testa altri pensieri! Siete stato in Germania e me lo avete descritto come un paese adorabile, molto ben organizzato e ricco. Perché dovrebbe covare un’altra guerra?”

C'era qualcosa che le sfuggiva, nel tono della duchessa. Era stata in Germania? Se Anya ricordava bene, il duca era stato una spia durante la prima guerra mondiale. Probabilmente era stato anche in Germania, ma la duchessa era Americana. Di sicuro lei se n’era rimasta tranquilla a casa. Cosa ne pensava del regime nazista?

Anya ingoiò il suo boccone, che le scese dolorosamente in gola come se raspasse sulla carta vetrata.

"Non credo di farle paura. In fondo, va a trovare il suo fidanzato.” disse il duca.

"Davvero?” pensò Anya. Non era una domanda, quella del duca, ma un’affermazione. Quindi doveva essere così, era fidanzata. Che ci faceva il suo fidanzato in Germania?

La duchessa sorrise. "Sempre che Anya non abbia ripensamenti. Vostro padre ha detto che è nell'esercito tedesco ... un ufficiale di alto rango. "

Un ufficiale…nazista? Ma che cosa aveva in testa il suo…presunto padre? “Non saprei…ma non credo.” mormorò. Decise di far credere che era una figlia obbediente e rispettosa. Magari amava davvero il suo fidanzato, chissà…

"Bene. - disse la duchessa, sempre con quello strano tono - In ogni caso, avete tutta la vita davanti a voi. Ci sono decisioni che richiedono tempo…e fidanzamenti che non possono essere spezzati tanto facilmente.”

Anya sorrise con cortesia. Non capiva ancora dove volesse arrivare la duchessa. Intendeva…dissuaderla da quel matrimonio? Si pulì la bocca con il tovagliolo e si alzò.

“Se Vostra Grazia vuole scusarmi, ho bisogno di preparare le ultime cose, prima di partire.” disse.

"Certamente, mia cara. - rispose la duchessa, senza alzarsi - Odio gli addii, quindi non verrò fuori a salutarvi. Ricordate comunque che in questa casa siete sempre ospite gradita. Fate buon viaggio.”

Avrebbe dovuto inchinarsi? Per tranquillità Anya optò per una graziosa riverenza ai duchi, poi uscì dalla sala. Aveva bisogno di calma per riflettere. Tutto quello che aveva scoperto non andava affatto bene…Anzi, da quel poco che aveva capito era proprio in un mare di guai.

Visione D'Amore

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