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Prologo

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Un forte rumore echeggiò nella camera da letto di Lady Theodora Neverhartt. Il respiro le si mozzò in gola, mentre si drizzava a sedere sul letto. Una tempesta! Tuoni e fulmini le scatenavano sempre un forte mal di stomaco, e anche quella volta non fece eccezione. Li odiava da sempre, da quel che riusciva a ricordare. Quindici anni potevano sembrare molti, sotto certi aspetti, ma in realtà lei era ancora una ragazzina.

Fece scivolare le gambe oltre il bordo del letto e scalzò le lenzuola. Con quella tempesta non sarebbe riuscita a riaddormentarsi. Decide di andare a prendere un libro dalla biblioteca, per ingannare il tempo. Nella sua stanza non c’era nemmeno una candela, ma Teddy era abituata fin da piccola ad aggirarsi per casa al buio. Suo padre, il Conte di Siviglia, era un nobile squattrinato, e quindi si cercava di risparmiare un po’ su tutto. Le candele venivano usate quando ce n’era davvero bisogno. E non era quello il caso. Lei, almeno, poteva farne senza.

Il fragore di un tuono la colse di sorpresa e lei sussultò. Teddy deglutì a fatica. Posso farlo! si disse nella mente. Forse, recitandoselo di continuo, avrebbe finito per crederci.

Fece un profondo respiro e si avviò lentamente nel corridoio, in direzione del grande scalone che l’avrebbe condotta in biblioteca.

Notò una lucina nello studio di suo padre: era ancora sveglio o aveva lasciato distrattamente il lume acceso? Si sentì attorcigliare le viscere. Quella luce non le diceva nulla di buono. Si augurò che il padre non si fosse di nuovo ubriacato, per sfogare le sue frustrazioni nel brandy. Detestava vederlo in quello stato. Diventava molto difficile stargli dietro, e la cosa la metteva sempre a disagio. Sarebbe riuscita ad oltrepassare lo studio senza che lui se ne accorgesse?

Forse. Ma non ne era tanto sicura. Se suo padre l'avesse scoperta avrebbe dovuto trovare una giustificazione valida, per essere fuori della sua stanza, quindi era meglio non rischiare. Tuttavia era decisa a non tornare indietro: senza niente da leggere, la notte sarebbe stata troppo lunga da passare, con quella tempesta! Doveva assolutamente procurarsi quel libro.

Proseguì per il corridoio, questa volta in punta di piedi. Si appiattì il più possibile al muro, sperando di non farsi scorgere da suo padre. Cercava di respirare il più silenziosamente possibile, anche se il cuore le martellava nel petto. Lo studio era a solo un paio di passi. Trattenne il respiro e fece un passo esitante, poi un altro, finché non si trovò dall'altra parte. Emise un sospiro di sollievo…troppo fragoroso.

"Chi è là?" gridò suo padre, biascicando le parole.

Dannazione, l’aveva sentita! Piuttosto che fermarsi a rispondere, sgusciò velocemente verso la biblioteca. Quando la raggiunse, aprì velocemente la porta e si nascose là dentro. Un fulmine rischiarò la sala, illuminando a giorno i ripiani della libreria. Terrorizzata, Teddy si diresse verso gli scaffali, prese un libro qualunque e se lo strinse al petto: tanto a lei non importava di che si trattasse, voleva solo un libro per ingannare il tempo, in attesa che la tempesta scemasse.

Stava per andarsene, quando l’ombra di un uomo si stagliò sulla porta. Non le sembrava suo padre, ma era così buio…Non riusciva a distinguere molto.

"Bene, bene…- ghignò l'uomo con aria minacciosa - A quanto pare, il Conte aveva ragione. C’è uno dei suoi marmocchi, in giro per il palazzo! Che ci fai qui? Hai sentito qualcosa?” E si parò davanti a Teddy.

"Niente … - farfugliò la ragazza, iniziando a tremare da capo a piedi - Ero venuta a prendermi un libro…”

Ma chi era quell’uomo? E cosa voleva? Perché le aveva chiesto se aveva sentito qualcosa? "Vi assicuro che non ho sentito niente."

L’uomo sospirò. “E ora…cosa devo fare con te?” Avanzò verso di lei e l’afferrò per un braccio.

“Ahi, mi fate male!” piagnucolò Teddy.

Lui scoppiò in una risata cattiva, continuando a scuoterla. “Ti sbagli! Non ho ancora cominciato a farti male!”

Il libro che lei teneva in mano scivolò sul pavimento. Lui l’attirò a sé e le artigliò un seno. “Sei una femmina in boccio, non è vero? Ancora…innocente…”

Una lacrima le scivolò lungo la guancia. Lui le agguantò il petto. Teddy cercò di divincolarsi, ma l’uomo la teneva stretta in una morsa.

"Lasciatemi andare…" lo implorò lei. Perché le stava facendo del male? Sperò nel profondo del suo cuore che lui non la costringesse a fare qualcosa…di immorale! Sapeva che talvolta gli uomini forzavano le donne a soddisfare le proprie voglie. Una volta aveva sentito una cameriera piangere perché qualcuno l’aveva obbligata a…una di queste cose. Teddy aveva provato un tale terrore, quel giorno, che da allora era sempre stata attenta. Ma adesso…

"Quando avrò finito con te dovrò assicurarmi che terrai la bocca chiusa!" ghignò l’uomo.

Lei gli mollò uno schiaffo in faccia. "Ho detto che non ho sentito niente."

"Non ti credo - disse l’uomo, massaggiandosi la guancia - Sei coraggiosa, ragazzina. Mi piacciono le femmine che combattono. Ma non otterrai altro che farmi eccitare ancora di più. Ti prenderò con più gusto.”

Un lampo illuminò la faccia dell’uomo per un attimo. Teddy poté vedere un luccichio malvagio nei suoi occhi: quel mostro non si sarebbe fermato davanti a niente! Nulla gli avrebbe impedito di fare quello che aveva in mente.

Fu scossa da un tremito irrefrenabile. Era così grosso e forte… Che possibilità aveva, lei, di difendersi? L’avrebbe violentata e rovinata per sempre. Come avrebbe potuto vivere, dopo?

"Lasciate andare mia figlia!" esclamò qualcuno. Teddy si voltò e riconobbe suo padre accanto alla porta. Impazzì dalla felicità al vederlo: era un po’ traballante, ma la sua voce risuonava forte e chiara.

Teddy avrebbe voluto scoppiare in lacrime, ma si trattenne. Ci sarebbe stato tempo, per piangere. Suo padre era venuto a salvarla dalle grinfie di quell’uomo!

"Non posso. - rispose l’uomo - Credo che ci abbia sentiti.”

“Teddy è una brava ragazza. Non origlia le conversazioni e, anche se lo avesse fatto, terrebbe a freno la lingua. Lasciatela andare."

"Bene. - si arrese l’uomo, mollando la presa sulla ragazza - Ma se si azzarda a dire qualcosa… giuro che la ucciderò!"

La lasciò andare e Teddy cadde a terra. Strisciò sulle mani e sulle ginocchia per allontanarsi, poi si afferrò al bordo del tavolo e si mise in piedi.

"Tornate a letto. - le intimò suo padre, senza il coraggio di guardarla - E rimaneteci fino a domattina!”

Teddy non se lo fece ripetere due volte. Sgusciò via senza più pensare al suo libro. Era in preda allo shock e tremava violentemente. Si sarebbe svegliata piena di lividi il mattino dopo…se mai fosse riuscita a prendere sonno. Corse come una pazza fino in camera sua, e si chiuse dentro a chiave. Poi si buttò sul letto e scoppiò in singhiozzi. Gli occhi le bruciavano dall’ansia e dalla paura. Continuò a piangere finché non cadde addormentata.

Quella era una notte che non avrebbe mai dimenticato, nemmeno se ci avesse provato. Aveva capito che non bisognava mai avere fiducia nei maschi. Il loro unico pensiero era quello di approfittarsi delle fanciulle indifese e di far loro del male. Decise che non avrebbe mai amato nessuno, e che non si sarebbe mai legata ad un uomo. Altrimenti i maschi avrebbero preso il dominio su di lei, e le avrebbero rovinato la vita. Meglio vivere da zitella. Aveva la sua famiglia, le sue sorelle e il fratello che le avrebbero sempre voluto bene, e le sarebbero stati vicini: non aveva bisogno d’altro. E si sarebbe mantenuta da sola.

Attenti Alle Timide Bamboline

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