Читать книгу Il Consulente Veggente - Juan Moisés De La Serna, Dr. Juan Moisés De La Serna, Paul Valent - Страница 6

Capitolo 1. Sogni di libertà

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La vita inizia sempre

ogni mattina all’alba

e qualunque siano le tue circostanze

puoi sfruttare il suo calore

Giorno dopo giorno passa

e sembra senza senso

per alcuni la mattina

viene vista come una punizione

Tutto dipende dall’approccio

come alcuni chiamano

il senso della vita

come vuoi vivere questo.

Nessuno avrebbe potuto dirmelo, e se lo avessero fatto non gli avrei creduto, che sarei diventato uno scrittore, con quello che mi costava leggere da piccolo.

Nonostante ciò, le circostanze mi avevano costretto a questa professione. poiché, con tutto il tempo che avevo adesso, rinchiuso per tutta la vita, non avevo molto altro da fare.

E` vero che alcuni detenuti fanno esercizi nel cortile, o studiano anche in biblioteca, i più giovani frequentano corsi di formazione per imparare una professione, ma tutti hanno qualcosa che io non ho, un ideale per cui lottare ed andare avanti.

Con una condanna di pochi mesi o anni è facile pensare che la preparazione gli servirà per altro, e che sarà più facile guadagnarsi da vivere fuori da questo carcere. Ma nel mio caso, con la certezza che non sarò più libero di camminare per strada, che senso ha prepararsi? .

E’ stato scritto così tanto su di me, riversando ogni tipo di congetture sulla mia ideologia e le motivazioni politiche che mi hanno portato a questo, discutendo e dando opinioni anche sulla mia salute mentale; cosi ho deciso di dare la mia versione, forse non è la verità che alcuni si aspettavano, molto lontana dalle teorie cospiratorie che piacciono a tanti, ma è la mia verità, è proprio come l’ho vissuta ed è stato ciò che mi ha portato alla triste situazione in cui sono ora, condannato a vita, rinchiuso e lontano da tutto e da tutti, nient’altro che un piccolo abitacolo con pochi effetti personali.

Menomale che in questo Stato non c’è la pena di morte, quindi sono scampato da morte certa, visto che sarei stato condannato ad una morte dolorosa, magari per iniezione letale, ma a volte vorrei addirittura che finisse anziché continuare a vivere in prigione per tutta la vita.

La giuria popolare mi ha condannato all’ergastolo, come se questo potesse rimediare in qualche modo a quello che ho fatto, forse sperano che col tempo rifletta e rimpianga le mie azioni, ma queste non sono state commesse in un momento di sfogo, nè portate avanti da nessun tipo di ideologia o fanatismo.

Sebbene non abbia mai dubitato della mia salute mentale, dopo mesi passati a condurre la stessa vita, qui rinchiuso, e sapendo che il resto della mia vita sarà esattamente lo stesso, con lo stesso programma giorno dopo giorno, non sono più così sicuro della mia forza mentale, in quanto ciò avrebbe un impatto sulla salute di chiunque.

Inoltre, i miei vicini, se così si possono chiamare, non sono quello che viene chiamato un esempio di civiltà, quindi non posso instaurare nessun tipo di amicizia con questi detenuti, serial killer, stupratori o terroristi. Sono il peggio del peggio, condannati all’ergastolo in questo carcere di massima sicurezza dove non c’è alcuna privacy.

Se solo mi avessero mandato in un carcere normale, almeno lì avrei potuto avere un po di vita e privacy.

Qui tutto viene visto, le guardie non smettono mai di controllarci, sembrano decisi a sapere tutto di noi, come se non fossero bastati gli innumerevoli interrogatori a cui mi avevano sottoposto a suo tempo per dirgli tutto quello che sapevo.

Ora, con il tempo, ho alcuni dubbi su alcune date o eventi accaduti, per questo ho deciso di raccontare la mia storia dall’inizio.

Non che voglia giustificarmi o qualcosa del genere, so che quello che ho fatto è, quanto meno, imperdonabile, e sono sicuro che la mia condanna è giusta, solo ciò che mi è insopportabile è la routine di ogni giorno.

Non so come fanno gli altri, si è sentito parlare molto di chi cerca di scappare, o di chi finisce per rifugiarsi in una religione, ma nel mio caso non ho alcuna speranza di salvezza per la mia anima.

Quando si investe qualcuno mentre si è in stato di ebbrezza, o si ha un incidente quando si ribalta il veicolo con una ventina di passeggeri sopra, provocando la morte di alcuni di essi, si può arrivare a pentirsi e chiedere perdono alle vittime, si può persino giustificare sè stessi dicendo che non era stato intenzionale e che, se le circostanze fossero state diverse, niente di tutto ciò sarebbe successo, ma non è il mio caso, non lo è mai stato.

Non che mi consideri o mi paragoni a uno di quegli psicopatici, serial killer o terroristi, capaci di uccidere a sangue freddo, senza provare alcun tipo di rimorso, o a coloro che sembrano divertirsi a fare del male agli altri.

Sono soltanto un uomo normale che ha preso una decisione, non so come definirla, forse la parola giusta è “drastica”, ma sono sicuro che al mio posto chiunque altro avrebbe fatto lo stesso. Forse alcuni mi vedono come una sorta di giustiziere, come mi hanno descritto in alcuni giornali, o forse come un illuminato, come mi hanno descritto in altri, ma non mi sento nè l’uno, nè l’altro.

Se me lo chiedessero, direi che sono un uomo normale che ha fatto ciò che la mia coscienza mi ha dettato, è vero che non era la cosa migliore, nè la più appropriata, ma era l’unica cosa che potevo fare.

Ora con il tempo penso che avrei potuto avere altre opportunità, altri metodi e modi fare, che non avrebbero portato a questa conclusione, ma in quei momenti, forse a causa della pressione, guidato dalle circostanze, non ho visto nessn altra alternativa.

Molti media mi hanno giudicato e condannato ancor prima di conoscere la mia versione dei fatti, così durante il processo, in varie occasioni il giudice ha dovuto mettere a tacere chi voleva recriminare le mie azioni con insulti e persino minacce.

A dire il vero, questa prigione potrebbe non essere cosi male dopotutto, poiché mi protegge da una massa così agitata che vuole farsi giustizia da sè, cercando di porre fine alla mia vita, per un atto di pochi secondi..

Non cerco di giustificare quello che ho fatto, e nemmeno le conseguenze delle mie azioni, anche se a volte dubito che la mia condanna sia giusta, dato che ci sono persone peggiori che passano solo pochi mesi in carcere, poi vengono rilasciati, come se si fossero già riscattati dai loro peccati.

La certezza che quelli sono peggio di me viene dal fatto che in poco tempo tornano in prigione per un nuovo crimine.

D’altronde ho commesso un solo crimine nella mia vita, se così si può chiamare, un fatto che ha cambiato tutti i miei progetti per il futuro.

Anche se mi chiamano lupo solitario, una volta avevo una casa, una famiglia e degli amici, mentre ora non ho più niente.

L’unico ricordo del mio passato sono quei ritagli di giornale che mi definiscono un assassino freddo e calcolatore, uno dei peggiori della storia, comparato agli anarchici, che hanno cercato di cambiare la storia di un paese con pistole e bombe.

E, ovviamente, il mio numero, quello che porto sui vestiti, è quello con cui mi chiamano le guardie, come se non avessi un nome.

Per tutta la vita sono stato chiamato con il nome che mi diedero i miei genitori, ma da quando sono qui, non mi hanno mai più chiamato così.

Soltanto il mio avvocato mi ha chiamato per nome, beh dico il mio avvocato per non dire i miei avvocati, dato che ne ho avuti molti che non sono durati.

Avvocati d’ufficio, costretti dall’ordine degli avvocati a prestare assistena legale anche alle peggiori prsone, che, nel mio caso, proprio per quello che avevo fatto, nessuno voleva rappresentarmi e hanno trovato scuse per abbandonare il caso.

Nessuno voleva vedere la propria carriera professionale macchiata dal mio caso sul proprio curriculum, cosa che all’inizio mi ha molto infastidito, ma che col tempo ho imparato ad accettare.

Invece, e con mia sorpresa ci sono stati altri casi, altrettanto ignobili quanto il mio, che per la notorietà che hanno suscitato sull’opinione pubblica, si sono addirittura battuti per difenderla, siano essi serial killer o stupratori, tutto per un bel titolo.

Nel mio caso, non che il mio crimine sia uno dei peggiori, o forse lo è, ma quello che mi mancava era ciò che si chiama “buona pubblicità”, al conrario i media si erano accaniti su di me, avevano esaminato le mie intenzioni, la mia vita, le mie relazioni e persino la mia storia, e avevano presentato tutto ciò in maniera contorta, in modo da sembrare che fossi nato per compiere quell’atto.

Anche quano avevo rilasciato qualche intervista per spiegare le mie ragioni, avevano pronunciato soltanto quelle frasi o parole che sostenevano la mia colpa, non permettendo al grande pubblico di ascoltare la mia versione.

Quindi ho deciso di scrivere le mie memorie, per così dire, cioè la mia versione dei fatti, che mi hanno portato ad essere il centro mediatico del paese, nonchè l’uomo più odiato del momento, se cosi si può dire in qualche modo.

Nei miei anni di prigione ho visto molti tipi di prigionieri, ma non credo che ci fosse nessuno come me che avesse la coscienza pulita, sapendo che quello che ho fatto era giusto e necessario, nonostante il sacrificio che implicava.

Ricordo giorno dopo giorno quel momento in cui la mia vita e quella di tanti altri sono cambiate. Per un atto qualificato come uno dei più orribili che si sia potuto commettere.

Sebbene di tanto in tanto venga qui un cappellano con la speranza che io mi penta, io gli dico sempre che ho la coscienza pulita e che sebbene i mezzi possano non essere stati appropriati, lo scopo lo giustificava.

In verità nessuno sa come ci si sente quando tutti ti guardano male, e non intendo quello che può provare un senzatetto che vive per strada e che difficilmente riceve qualche attenzione dagli altri, ma agli sguardi e ai sentimenti di disprezzo che non avevo mai provato prima d’ora.

Da quando la polizia mi ha arrestato, sono passato dall’essere una persona all’essere, non so come dirlo, ma quegli sguardi, quei gesti e anche il trattamento che ho ricevuto erano tutt’altro che cordiali.

Credo che nemmeno gli animali debbano essere trattati in questo modo, come se toccarmi comportasse una sorta di contagio per la polizia che mi aveva in custodia., evitavano di guardarmi, e se lo facevano era con sguardi di disprezzo.

E’ vero che il mio atto può essere ritenuto spregevole, ma non io, io sono ancora una persona, che ha commesso un atto sbagliato, ma pur sempre una persona.

Ma quello che più mi fa male è la questione della famiglia, è vero che non avevo un rapporto stretto con la mia famiglia, ma sono passati anni e non ho ricevuto una sola visita, nemmeno un biglietto o una lettera, e questo mi ha ferito molto.

Ricevo ancora qualche invito a qualche programma televisivo, per raccontare quello che è successo da un punto di vista della drammatizzazione dei miei atti, cioè, come mezzo per vendere libri o produrre documentari usando il mio nome e le mie azioni, usando attori che mettono in risalto una parte di me che in realtà non ho mai avuto.

L’invidia, le idee persecutorie o addirittura la follia sono le caratteristiche che di solito questi attori esibiscono cercando di spiegare attraverso di questi gli eventi che alcuni sostenevano avrebbero potuto cambiare il corso della storia.

Ed è proprio qui che sono d’accordo con i giornalisti, la mia intenzione ultima era proprio quella, nè più nè meno, di cambiare la storia, o meglio, la storia che verrà e di cui nessuno vuole sentir parlare.

Preferiscono ascoltare i criminali che affermano di sentire voci che gli suggeriscono di commettere atti spregevoli, e quelli che sembrano predisposti al crimine sin dalla giovane età, perchè hanno subito qualche trauma, ma la mia versione è quanto meno poco credibile, e per questo preferiscono ignorarla.

A volte mi hanno paragonato ad un fanatico religioso, a causa delle mie convinzioni e giustificazioni delle mie azioni, anche se ho sempre detto che non si tratta di una religione, o di seguire qualche precetto scritto, ma di una questione morale di base.

Ma quando ho cercato di spiegare come chiunque altro nella mia situazione avrebbe scelto di fare la stessa cosa, i giornalisti si sono addirittura alzati e hanno interrotto l’intervista, come se li avessi offesi con le mie parole.

Quindi, se hai un problema mentale, o se hai subito un trauma da piccolo, la società arriva a giustificare e persino a “capire” qualsiasi atrocità, ma se è una questione morale, nemmeno ti ascolta.

Avrei voluto che fosse stato realizzato una sorta di programma radiofonico o televisivo riguardo alla questione, basato sui miei precetti, per cercare di capire o almeno discutere se le mie azioni erano giustificate o meno, ma era stato considerato un fatto così grave che nessuno se lo sarebbe mai chiesto.

L’unica cosa che avevo ricevuto erano insulti, minacce e disprezzo da parte di tutti. Tanto che quando cercavo i membri della giuria che avrebbero dovuto giudicarmi, la cosa si era complicata poichè la maggior parte della popolazione era incline a condannarmi ancor prima che iniziasse il processo.

E per quanto riguarda la difesa, quella era un’altra cosa, nessuno voleva difendermi, anche se la costituzione mi garantiva un avvocato, ma non c’era nessuno che volesse vedere macchiato il proprio nome da questo caso, nemmeno quelli a cui piaceva fare causa contro gli interessi del governo, o che, a quanto si diceva, volevano cambiare le cose.

Doveva essere uno straniero, uno di quelli che ha studiato nel proprio paese di origine, e che a suo tempo chiese la convalida del suo titolo, per cui dovette riprendere le pratiche supervisionate, ripetendo il tirocinio, che accettò di difendermi, se così si può dire, dato che era anche sicuro della mia colpevolezza.

A dire il vero, a volte anch’io lo ero, almeno sapevo cosa avevo fatto, come e perché, e sebbene non fossi preparato per l’ergastolo, sapevo che le mie azioni erano socialmente riprovevoli e che quindi dovevo pagare per questo.

Sebbene non mi sia mai considerato una persona religiosa, credo di avere valori morali solidi, adeguati alla società in cui ho vissuto, essendo riaspettoso delle norme e delle regole di convivenza.

Quindi, nonostante quanto abbiano indagato sul mio passato, non hanno trovato quei sintomi che sono tipici dei criminali, come piccoli furti, crimini minori o trasgressioni morali durante l’infanzia, che aumentano poi gradualmente di frequenza e intensità durante l’adolescenza, fino a raggiungere la massima espressione nell’età adulta.

Nel mio caso non hanno scoperto nulla di simile, per questo hanno sempre pensato che avessi un complice, cioè che ci fosse una testa pensante, e che io fossi solo il braccio esecutore.

Hanno anche sostenuto che mi fosse stato fatto il lavaggio del cervello o qualcosa di simile, ma i test antidroga e psicologici che ho fatto, hanno dato tutti risultato negativo, non avevo subito alcun tipo di influenza esterna che avrebbe sottomesso la mia volontà o qualcosa del genere.

So che non mi capivano del tutto, e che probabilmente in altre circostanze non avrei fatto lo stesso, ma quello che ho fatto è stato cosciente e meditato.

Pur riconoscendo la mia colpa, mi resta difficile svegliarmi ogni giorno sapendo che sarà esattamente come ieri e l’altro ieri, e che poi si ripeterà domani e dopodomani, per il resto della mia vita.

Alcuni prigionieri, i più fortunati, sono ansiosi che passino i giorni per poter ricevere una visita da qualche familiare o persona cara, ma a me nessuno fa visita da molto tempo.

Da quando è stata emessa la condanna, nemmeno il mio avvocato difensore è venuto a vedere come sto.

Solo quando c’è da svolgere una revisione del caso, e poiché è obbligatoria per legge, si presenta un avvocato penitenziario per informarmi che una commissione deve decidere se mantenere o meno le condizioni della mia pena, una procedura che deve essere eseguita poichè il mio crimine è imperdonabile e che non dimenticheranno per molti anni a venire.

Forse non mi è andata cosi male alla fine, poichè se fossi stato processato e condannato al settore militare, dicono che sono le peggiori strutture, perchè quelli che vanno lì hanno una formazione specifica nell’arte della guerra, il che li rende pericolosi per la loro stessa gente, ma nonosante alcuni giornalisti avessero tentato di farmi condannare all’ambito militare, il giudice non lo ha ritenuto necessario.

Meno male, non riesco nemmeno a immaginarmi di seguire un programma militare per il resto della mia vita, in compagnia di carcerati che sono vere macchine per uccidere, e che qualsiasi sguardo cattivo può essere considerato come un attacco.

Non che io sia uno di quelli che è in cerca di rìssa, o qualcosa del genere, ma in un centro così piccolo sono frequenti attriti e incomprensioni.

In più di un’occasione è bastato una semplice battuta uscendo nel patio, per iniziare una rissa, che nello stesso giorno o più tardi si è trasformata in un’aggressione e addirittura nell’uccisione di uno dei coinvolti.

Una situazione che mi ha portato a pensare che sto meglio da solo che con uno di quei piccoli gruppi di detenuti, dove un leader comanda una parte del cortile e chi passa da quella zona deve obbedire ai suoi ordini e anche ai suoi capricci.

Almeno così vive la maggioranza dei detenuti, quelli che hanno commesso reati minori, o che ben poco gli importa di uscir di prigione.

Nel mio caso, rinchiuso a vita in un carcere di massima sicurezza, non ci sono quasi tumulti, poiché le guardie cercano di garantire che non ci siano più di due o tre persone contemporaneamente nel cortile, evitando cosi scontri o, quel che è peggio, che organizzino qualche piano, dato che questi prigionieri sono davvero pericolosi.

All’inizio non sapevo nulla di quel mondo, e mi sentivo al sicuro rispettando le regole stabilite e approfittando del tempo libero per fare qualche attività o stare in biblioteca.

Ma in un’occasione ho potuto assistere all’esecuzione di uno dei prigionieri, apparentemente senza motivo, e da quel giorno ho preferito la mia cella per trascorrere il tempo libero.

Questo mi ha portato a diventare un grande lettore, dato che non avevo molto altro da fare tra quelle tre mura, visto che il cancello sulla porta non conta.

E col tempo ho pensato e deciso di iniziare a scrivere, qualcosa che mi ha portato a realizzare questo libro.

Il Consulente Veggente

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