Читать книгу Il Consulente Veggente - Juan Moisés De La Serna, Dr. Juan Moisés De La Serna, Paul Valent - Страница 7
Capitolo 2. Niente ha senso
ОглавлениеSono passati molti anni da quando sono riuscito a potenziare le mie capacità, quelle che mi avevano portato tanti problemi, e con la pratica e l’allenamento ero riuscito ad addestrare.
All’inizio ho avuto come dei flash, che mi hanno persino fatto perdere conoscenza, è stato veramente imbarazzante e talvolta sono anche caduto, con le conseguenze che quando mi sono svegliato avevo dolore e talvolta anche lividi.
Sono passati molti anni da quando sono riuscito a potenziare le mie capacità, quelle che mi avevano portato tanti problemi, e con la pratica e l’allenamento ero riuscito ad addestrare.
All’inizio ho avuto come dei flash, che mi hanno persino fatto perdere conoscenza, è stato veramente imbarazzante e talvolta sono anche caduto, con le conseguenze che quando mi sono svegliato avevo dolore e talvolta anche lividi.
Inizialmente lo avevo attribuito all’impressione di partecipare ad un caso, a causa della quantità di sangue che avevo visto nelle immagini della vittima, o di quello che era stato trovato sul coltello, ma è successo qualcosa che non mi aspettavo.
Il giorno dopo mi sono recato presto alla stazione di polizia, e lì ho chiesto di parlare con quel poliziotto per raccontargli il mio incubo, il quale all’inizio aveva riso di me, dicendo che lo stavo imbrogliando, e lo stava cercando di dimostrare con quel caso, nel quale speravo fallisse.
“Buongiorno, sono venuto qui per raccontare un fatto”, dissi entrando nella stazione di polizia.
“Non mi dica che ha risolto il caso!” disse con tono scherzoso mntre si alzava dalla scrivania e con un cenno di mano mi invatava ad entrare nella stanza degli interrogatori.
Ebbene, avevo passato gli ultimi tre giorni in quella stanza dove mi avevano mostrato tutti i tipi di immagini, prove e congetture riguardo agli eventi, la vittima, i sospetti…un’infinità di dati e dettagli che pensavo…non so…mi travolgesse.
Il tutto con l’intenzione di darmi maggiori possibilità in modo da non avere “scuse” in caso di fallimento, o almeno così mi aveva detto più volte il capo della polizia
“Beh, non so se può significare qualcosa, ma sono diverse notti che dormo male”.
Che novità! Questo succede a tutti noi che siamo impegnati a risolvere crimini.” ha commentato entrando nella stanza e chiudendo la porta a vetri dietro di lui.
“Si, beh, immagino” sono riuscito a dire, “ma stasera è stato diverso”.
“In cosa?”, mi ha chiesto mentre con un gesto invitava a sedermi.
“Io non so come dirglielo, ma è com se tutte le informazioni fossero ordinate nella mia mente e io le avessi viste come un’intera sequenza.”
“Congratulazioni, questo è ciò che accade a tutti noi, in ogni caso facciamo la stessa esperienza, in cui i dati sconnessi vengono ordinati,e…eccoli lì, li vediamo”.
“L’ha visto anche lei?”ho chiesto, interrompendolo.
“Vedere? Certo, è la sequenza degli eventi.”
“No, intendo il killer”
“Il killer?Di cosa sta parlando?”
“Quello che le sto dicendo, stavo, non so come chiamarlo, ricordando…i dati in forma di scena…all’inizio era strano, perchè non riuscivo a vedere chiaramente, era come se fosse notte ed era tutto buio.”
“E’ normale, stava sognando di notte.”
“Non c’entra niente, mi riferisco alla scena, era tutto molto buio e mi sentivo, non so, un po stordito, credo di essermi fermato su una piccola panchina perché non potevo proseguire, poi ho vomitato, ma quello non mi ha fatto sentire meglio. All’improvviso, seduto lì nel parco, ho sentito un rumore dietro di me. Non so cosa fosse e nemmeno volevo scoprirlo. Ma ho avuto una strana sensazione e sono stato travolto dal panico.
Forse era quel rumore, o il forte odore che veniva da dietro, ma appena ho potuto sono corso verso l’ingresso del parco, attraversando molti cespugli, e all’improvviso, non sapendo nè come nè perché, ho sentito qualcosa afferrarmi i capelli e tirarmi fiché non sono caduto sulla schiena.
Non so se sia stato per la caduta o altro, ma non tiuscivo a sollevare la testa da terra, come se qualcosa me la tenesse ferma, e improvvisamente l’ho visto chiaramente, era il postino, quello che era venuto a casa tante volte per portarmi qualche pacco, quello che faceva il turno delle 10 la mattina, e che era stato sempre così gentile, ma ora aveva un aspetto diverso, il suo volto era sfigurato, i suoi occhi sembravano uscirgli dalle orbite, e non ha fatto altro che dirmi di stare zitto, e quell’odore stava diventando così intenso e nauseabondo, finché…”
“Finché cosa?”, chiese il capo della polizia che si stava versando una tazza di caffé.
“Non ci crederà mai”
“Continui, continui, finora non ho creduto a niente, quindi continui.”
Quel commento lascivo non mi sorprese affatto, poiché avevo già superato l’incredulità di molti che si prendevano gioco di ciò che mi succedeva, senza cercare di aiutarmi a capirlo.
“Ebbene, io sono immobilizzato in quel momento, e non so come ma mi sono visto sopra al mio corpo, a circa un metro mezzo, e ho potuto contemplare la scena da lontano, senza sentire alcun dolore, nonostante quella persona si stesse accanendo sul mio corpo.”
“Aspetta, aspetta”disse, mentre il caffè che stava bevendo gli si rovesciava addosso, macchiando anche il tavolo. “Di cosa stai parlando?”
“Una volta finito, ha preso il mio cadavere e lo ha messo in una borsa , non so da dove l’avesse presa, ma era abbastanza grande, e mi ha caricato come un sacco di patate.
Poi mi ha portato all’uscita del parco, dietro l’angolo sud dove aveva un’auto argentata, o meglio grigia, non ne sono sicuro perché era notte e c’era solo la luce del lampione. Mi ha messo nel bagagliaio e ha guidato abbastanza lentamente per la città, e appena si è allontanato ha iniziato ad accelerare, ed è andato a quella velocità per circa tre ore, fino a raggiungere alcune banchine.
Una volta lì ha preso una deviazione che diceva “Pericolo alligatori”, e ha continuato a guidare per mezz’ora, o almeno credo. Tutto questo vicino alle paludi.”
Una volta in mezzo al nulla, poiché non si vedevano costruzioni vicine, ha fermato la macchina, ha tirato fuori il mio corpo, e mi ha lasciato li con la borsa e tutto il resto.
Sono rimasto li per, per…non so, qualche giorno, poi sono andato via da quel luogo, sono risalito.
“Di cosa sta parlando?”
“Di quello che ho visto, gliel’ho già detto, di quello che ho sognato.”
“Ma si è sentito?”
“Certo, perché?
“Ha solo accusato qualcuno con un nome e cognome, mi ha detto dove è avvenuto il crimine e come si è sbarazzato del corpo.”
“Si”.
“E senza una prova?”
“Beh, questo non è compito mio”.
Il commissario, senza dire una parola e con il caffè ancora rovesciato sul tavolo, è uscito dalla sala urlando.
.
Io sono rimasto lì, immobile, senza sapere cosa fare, credendo di aver fatto la cosa giusta raccontandogli quello che avevo visto, ma non capivo la sua reazione.
Dalla sedia l’ho visto iniziare a dar ordini a destra e a sinistra, mentre i poliziotti si muovevano da una parte all’altra del dipartimento, alcuni sono letteralmente corsi fuori, altri erano al telefono, e in tutto ciò io continuavo a restare lì immobile. Non riuscivo a capire cosa fosse successo, e se dovevo andarmene o aspettare li per continuare il colloquio. Feci per alzarmi e andarmene, ma il commissario mi vide e ritornando sulla porta mi disse con voce autoritaria:”Non si muova da lì”
Così feci, e beh, passarono molte ore guardandomi intorno mentre la polizia andava e veniva, in un clima di agitazione, con le grida del capo, finché ad un certo punto ho visto due dei poliziotti che erano corsi fuori, rientrare con un terzo uomo.
“E’ lui, è lui” ho urlato, non so perché.
“Portatelo fuori di qui” ha detto il commissario a uno dei suoi subordinati, indicandomi.
Così in un istante mi sono ritrovato espulso dalla stazione di polizia, se così si può dire, e senza smettere di sorvegliarmi, sono stato condotto gentilmente alla caffetteria dall’altra parte della strada, dove mi hanno fatto sedere e aspettare.
Nonostante l’avessi chiesto più volte, il poliziotto non ha voluto dirmi cosa ci facevo lì, ne per quanto tempo ci sarei rimasto, ma solo che dovevo stare seduto e in silenzio.
Non so nemmeno per quanto tempo sono rimasto lì, ma ne ho approfittato per pranzare, dato che ero uscito presto per andare al commissariato per raccontare del sogno al capo della polizia, e non avevo mangiato nulla, così ho pranzato e ho aspettato.
E’ stato tutto cosi strano, ma tanto non avevo nient altro di meglio da fare che aspettare, non so cosa, ma l’aveva ordinato il capo della polizia, ed è per questo che avevo una scorta, se così posso chiamarla. Gli ho chiesto per ben due volte se potevo andarmene da li ma non mi hanno lasciato andare da nessuna parte.
Stranamente persino il poliziotto che mi faceva da guardia si è offerto di pagarmi il pranzo, il che era strano. Ma ho capito che quello era un buon segno, poiché se fossi stato un comune prigioniero, se così si può dire, non mi avrebbe fatto mai quell’offerta.
Nonostante tutto l’ho ringraziato, ma ho capito che dovevo pagarmelo da solo, e così ho fatto.
Sono passate ore, e nonostante le mie continue domande al poliziotto, questo non sembrava preoccuparsi del tempo, stava semplicemente lì davanti a me, seduto e in silenzio.
Personalmente ritengo che avrebbe avuto cose più interessanti da fare, ma così gli era stato ordinato di fare e così aveva fatto.
Ad un certo punto è suonato il walkie-talkie che aveva in tasca, cosa che avevo a malapena notato, e l’ordine fu chiaro:
“Riportalo qui!”.
“Andiamo”disse, alzandosi e non dandomi nemmeno il tempo di finire il mio caffè.
Dopo tre tazze avrebbe potuto aspettare ancora un po, ma aveva ricevuto degli ordini precisi, e doveva eseguirli in fretta. Così siamo tornati alla stazione di polizia, e mi hanno riportato nella stanza di vetri adibita per gli interrogatori.
“Allora, mi dica”, ha commentato il capo della polizia entrando nella stanza dove ero rimasto in un angolo dove mi aveva accompagnato la guardia, se così si può definire, e non mi aveva tolto gli occhi di dosso.
“Come fa a saperlo?”
“A sapere cosa?”ho chiesto senza sapere cosa intendesse.
“Non faccia il tonto, come lo ha saputo?”ha chiesto di nuovo.
“Se non mi specifica cosa, io non credo di poterle rispondere.”
“Abbiamo trovato il corpo” ha detto, mentre metteva delle foto sul tavolo.
“Ah, è lei”. Ho detto mentre le osservavo.
Era la prima volta che vedevo quelle tipo di foto, sì, è vero che in televisione le mostrano sempre, sia al telegiornale che nelle serie poliziesche, ma è diverso quando le hai proprio davanti.
In quel momento mi è venuto come un nodo allo stomaco, mi sono sentito male…e non ho potuto fare a meno di vomitare.
“Tranquillo, tranquillo, capita a tutti la prima volta” ha detto il commissario mentre mi dava una scatola di fazzoletti.
“Mi scusi, è stata l’impressione”.
“Sì, ricordo ancora la mia prima volta, purtroppo per me non si trattava di foto, ma di uno scherzo, se così si può chiamare, da parte dei miei compagni di classe. Hanno pensato che sarebbe stato divertente andare al cimitero di notte per dimostrare quanto eravamo coraggiosi, e…ad un certo punto mi hanno buttato in una buca, poco profonda, ma dove c’era una bara scoperta. Di sicuro avevano preparato tutto per l’occasione, ma l’impressione di vedere un corpo da così vicino, nel cimitero, in piena notte, e illuminato solo dalle torce che avevamo con noi, vi assicuro che è proprio una bella esperienza.”
“Immagino” sono riuscito a dire mentre mi asciugavo il viso e le mani e buttavo la carta sul pavimento per coprire dove avevo macchiato.
“Non si preoccupi, tra poco lo puliranno, e mi dica, come fa a saperlo?”
“Cosa?”ho chiesto nuovamente , capendo solo ora che si trattava del caso di cui ore fa aveva raccontato col mio sogno.
“Come fa a sapere dove l’ha gettata?”
“Non lo so, le ho solo raccontato quello che ho visto.”
“Ci sono volute diverse ore per noi e l’aiuto di vari esperti per restringere il campo, in base alla velocità, al modello e al peso del veicolo.”
“Cosa?”ho chiesto, stupito.
“Certo, come pensa che facciamo le cose?Qui non lasciamo nulla al caso. Individuare il sospettato è stato facile, ci ha dato il suo nome e la sua professione, praticamente ci ha condotti a lui. Poi abbiamo perquisito casa sua ma non abbiamo trovato nulla, mentre cercavamo la sua macchina, guarda caso lui l’aveva in officina, per non so quale problema agli ammortizzatori.”
“Siamo andati in officina con un’apposita ordinanza del tribunale, e lì ci siamo accorti che il veicolo non era lì per quello che ci aveva detto, ma aveva richiesto la rettifica del contachilometri.”
“Non so cosa si aspettasse con questo, ma ci ha facilitato il nostro lavoro, poiché l’officina aveva registrato il numero di chilometri prima di eseguire la manipolazione richiesta.”
“Abbiamo guardato attentamente nel baule, ma non c’era la minima traccia, nemmeno un capello, ma dovevamo provarci.”
“Quindi ci siamo concentrati sul luogo che ci ha indicato lei, per la velocità, la direzione, e la distanza, e abbiamo setacciato l’area nelle ultime ore, finché non abbiamo trovato il corpo.”
“Wow, siete proprio bravi.”ho commentato con stupore.
“Facciamo solo il nostro lavoro, ma ora abbiamo un problema”.
“Un problema?”ho chiesto sorpreso poiché mi avevano detto che avevano già catturato il colpevole e che avevano recuperato il corpo.
“Si, dobbiamo dimostrare che è stato lui e non qualcun altro a gettarlo nel lago”
“E il DNA, di cui si sente parlare tante volte in televisione?”
“Niente DNA, o perlomeno non ne abbiamo trovato. A casa sua non ce n’è traccia, e nemmeno nel veicolo, e le uniche cose che abbiamo sono il corpo e il coltello, che già sapevo quando le ho mostrato le prove del caso, ma non ci sono né impronte né DNA dell’aggressore.”
“E cosa vuole che faccia io?”chiesi perplesso.
“Abbiamo bisogno di qualcosa, qualsiasi cosa che ci aiuti ad incastrarlo, altrimenti, in meno di 24 ore dovremo rilasciarlo, nonostante abbiamo ritrovato il corpo.”
“Allora lei mi crede? Crede che sia stato lui?”
“Si, le credo. Non so come abbia fatto, ma le credo. La sua testimonianza non regge. Ci ha mentito da quando l’abbiamo arrestato, e nessuno è in grado di confermare il suo alibi, non ha un alibi, ma non possiamo nemmeno collocarlo li.”
“Forse si” dissi dopo aver ricordato brevemente il sogno.
“Come?”
“Ricorda che le ho raccontato che aveva portato il corpo attraverso il cancello di un parco?”
“Già, quindi?”
“Beh, la macchina era parcheggiata lì, qualcuno deve averla vista, e così può collocarlo nelle vicinanze.”
Il poliziotto, senza dire nulla, è uscito dalla stanza e ha cominciato a gridare, proprio come aveva fatto poche ore prima.
Dopo un’ora o giù di lì è tornato e ha detto con un gran sorriso:
“Ce l’abbiamo”
“Qualcuno ha visto il veicolo parcheggiato?”
“Meglio, c’è una gioielleria nelle vicinanze, e hanno una telecamera che riprende dalla vetrina, e la sa una cosa? Lo si può vedere rimuovere il corpo, o meglio la borsa, e depositarla nella sua auto.”
“Wow, che fortuna è stata quella videocamera”.
“Si, e questo è sufficiente per incastrarlo, poiché ci sono prove per incriminarlo per il delitto.”
Questo è stato il mio primo contributo per la risoluzione di un caso, il primo di tanti di cui non ricordo più il numero.
Quello che non ho avuto l’opportunità di spiegare in questa occasione o in quelle successive in cui ho fatto quel tipo di sogno è quello che ho visto dopo. No so perché quella parte non interessasse, è come se la polizia volesse solo sapere cosa fosse successo al corpo, o dove fosse la persona rapita, ma niente del resto che ho visto.
Ma per me quella è stata la cosa più gratificante, se così si può dire, sapere che qualunque siano le circostanze dell’ultimo momento di vita, si continua a vivere, o almeno è quello che avevo sperimentato.
Una vita fuori dal corpo, ma non come quando sogniamo e pensiamo di volare, bensì qualcosa che alcuni chiamano scissione o fuoriuscita di una parte di noi.
Questa era un’altra cosa, è come se la persona fosse davvero viva, perché pensava e sentiva, vedeva e ascoltava, ma senza un corpo.
Non so perché, ma quello che ho capito essere la cosa più importante, nessuno mi ha prestato attenzione quando ho provato a raccontarla, sostenendo che la mia missione, se così si può chiamarla, o la mia collaborazione terminava nel momento in cui avevo dato risposta alla loro richiesta, e cioè di scoprire chi era stato, o dove si trovava la persona rapita o il corpo della vittima.
A dir la verità, dopo un po di tempo passato a collaborare con diverse autorità, non c’era più molto che mi sorprendesse, cambiavano solo nomi e cognomi delle persone coinvolte, e forse anche i metodi, ma la motivazione, per così dire, non cambiava.
Da lì ho imparato che non siamo poi così diversi dagli animali, nonostante quello che possiamo pensare, e che i nostri istinti regolano la maggior parte del nostro comportamento, soprattutto ciò che viene considerato deviante.
E soprattutto quel male invisibile di cui nessuno parla o di cui nessuno vuole parlare,la salute mentale e le sue malattie.
Non conosco i dati, né le percentuali, ma la maggior parte, se non tutti, di quelli che sono stati coinvolti in questi atti, non saprei come definirli, ma non stanno molto bene.
Non so cosa fosse avvenuto per prima, se quegli atti contro natura o il problema della salute mentale, ma quello che mi era chiaro è che non erano tanto normali, e questo era evidente dal fatto che, ad esempio, quando venivano catturati e cercavano di…non so come dirlo, giustificare le proprie azioni con scuse senza alcun senso. Come giustificheresti un rapimento o un omicidio?
Personalmente ritengo che atti come questo non abbiano giustificazioni, per quanto l’altra persona abbia fatto qualcosa o cercato di fare qualcosa prima.
Suppongo che non tutti vedano le norme della società allo stesso modo, ma esistono proprio per proteggerci gli uni dagli altri, per evitare problemi di convivenza, ed è qualcosa che tutti impariamo fin dall’infanzia.
Sarebbe inutile acquistare un veicolo se quando qualcuno vuole viene a prenderselo perché gli piace, o ad esempio, chi andrebbe a lavorare se poi il datore di lavoro può decidere di non pagare perché quel giorno ha deciso così?
Le leggi e i regolamenti servono a qualcosa e la polizia per farle rispettare.
A dire il vero, in più di un occasione ho avuto problemi con la polizia, non perché abbia fatto qualcosa di sbagliato, ma perché sapevo troppo e chiaramente, hanno pensato che potessi essere l’artefice, il complice o almeno la testa pensante di quell’atto di cui era stata avvisata la polizia, affinché, per quanto possibile, facessero il loro dovere per impedirlo, perché sì, potrei dire di aver avuto due tipi di esperienze, beh, erano le stesse e con lo stesso contenuto, solo che una accadde prima di quell’ atto e l’altra dopo.
Nella prima è stato difficile farmi ascoltare dalla polizia, non perché non volessero proteggere i cittadini, ma perché dicevano che fin quando l’atto non era stato compiuto , non rappresentava un crimine, quindi non era loro responsabilità.
Per me questi erano solo cavilli legali che non facevano altro che mettere in pericolo una persona, la cui sofferenza avrebbe potuto essere evitata.
Ma dopo aver insistito tanto e, quanto avevo predetto era accaduto in più occasioni, il commissario ha organizzato una piccola trappola, beh se cosi si può chiamare, ma era una soluzione intermedia tra il darmi ascolto e il non far nulla.
Legalmente, fino a quando il crimine non è stato commesso non possono intervenire, ma quello che hanno fatto è stato aprire una specie di file con tutte le informazioni che fornivo, l’hanno studiato a fondo per conoscere le persone coinvolte e i luoghi degli eventi, e, una volta controllato tutto hanno attuato poi una sorta di sorveglianza preventiva sia della vittima che dell’aggressore, o meglio la futura vittima e il futuro aggressore, e ovviamente ha funzionato, in più di un’occasione hanno arrestato il… futuro criminale quando stava per commettere il crimine, o anche nel momento stesso in cui l’ha commesso, quando ad esempio si trattava di un rapimento.
Bene, poi toccava al capo della polizia giustificare in tribunale quello che stavano facendo in quella zona proprio nel momento in cui c’era bisogno di loro. E in quella situazione se l’è sempre cavata sostenendo di aver ricevuto una chiamata anonima che li avvisava.
In realtà non c’era stata nessuna telefonata, tanto meno anonima, ma capisco che questo serviva ad evitare di dover dare maggiori spiegazioni a riguardo.
Ebbene, ho detto di aver avuto due tipi di esperienze con la polizia, prima e dopo.
La differenza tra le due è che la prima è venuta a me senza cercarla, per così dire, cioè non so esattamente come funzioni, ma è come se la vittima avesse gridato e io fossi riuscito a sentirla, ma questo prima che succedesse davvero.
Nonostante mi sia rivolto a molti “specialisti”, ognuno mi ha dato una versione differente, sostenendo che in qualche modo avevo una connessione con quelle persone o che il grido mi era arrivato da una parte inconscia connessa con non so quale piano…beh, comunque sia, sembra che questa persona mi stesse cercando per aiutarla dal futuro e con il mio intervento sono riuscito ad evitare quella sofferenza.
L’altro tipo è quando la polizia mi contattava chiedendomi di partecipare ad una determinata indagine.
Così mi mostravano tutte le prove che avevano, mi raccontavano di tutte le congetture e le linee di indagine che avevano seguito e io, senza sapere come, quella stessa notte o nelle notti successive, sognavo il caso.
All’inizio pensavo fossi stato suggestionato da tutti quei dati, ma non so perché ha funzionato, cioè quello che stavo vivendo allora era correlato al caso, quindi potevo andare il giorno dopo a fornire nuove informazioni che erano così preziose che riuscivano a chiuderlo catturando il colpevole.
A dire il vero non facevo altro che sognare, a volte ad occhi aperti altre volte a letto.
Anche se personalmente preferivo la seconda, poiché la prima ha comportato in alcune occasioni ad espormi a cadute e infortuni.
Ovviamente, da quando mi è stata diagnosticata l’epilessia non ho più guidato, perché non so cosa potrebbe succedere se mi mettessi al volante e avessi una di quelle crisi di assenza, come la chiamano, o peggio, un attacco.
Per evitare di danneggiare qualcuno, ho dovuto rassegnarmi a utilizzare i mezzi pubblici per i miei spostamenti, una situazione che non poteva arrecarmi peggior disagio di quello di partire circa mezz’ora prima per poter prendere l’autobus in orario.
Ma c’è da dire che la polizia è stata sempre, non so, sospettosa riguardo alle mie capacità, se cosi si può dire, in effetti, in più di un’occasione ho dovuto dare dimostrazioni quando è arrivata una visita da un’altra stazione di polizia che chiedevano la cooperazione nelle indagini per risolvere un caso che non erano riusciti a chiudere.
Comunque sia, ho sempre cercato di collaborare in tutto ciò che mi è stato richiesto, poiché ritengo che ciò che possiedo non è qualcosa per me, ma se può portare beneficio agli altri ben venga.
Lo so perché all’inizio me ne accusavano quelli che si dedicano a vivere il dolore degli altri, dicendo che erano capaci di connettersi con le vittime per ricevere questo o quel messaggio per i loro parenti, e quasi sempre erano parole di consolazione, dicendo che erano in pace e che la sofferenza era finita.
Capisco che fossero parole di grande valore per i membri delle famiglie angosciate, ma erano di scarsa utilità per la polizia quando si trattava di determinare dove fosse il corpo.
Ma non sarò io a giudicare quello che fanno gli altri e perché lo fanno. So solo che ho cercato di esser molto trasparente con le autorità, quello che ho ricevuto ho riferito loro, che gli piacesse o no, naturalmente sempre con l’intenzione di aiutare in qualunque modo possibile, anche se non sempre la vedevano così.
Ricordo una volta quando ho affermato che non c’era nessun crimine, si trattava di un adolescente che aveva chiamato i suoi genitori chiedendo un riscatto e mi hanno chiesto di rintracciarla prima che pagassero, perché a volte dopo il pagamento cerca di cancellare le tracce del suo crimine, e a volte addirittura di uccidere la persona per la quale aveva appena chiesto il riscatto.
Questo era uno di quei sogni richiesti, per cui mi avevano dato quante più informazioni possibili sul caso, numeri di telefono nomi e persino le verifiche che avevano fatto negli immediati dintorni per vedere se qualcuno fosse coinvolto.
Nonostante ciò, non riuscivo a captare nulla, ed era la prima volta che mi capitava, e cosi passò una settimana, e ogni giorno mi recavo alla stazione per informarli della mia mancata connessione, e mi chiedevano se c’era qualcosa di nuovo o no, dopodiché ho passato ore a rivedere quella documentazione alla ricerca di una connessione con la vittima, ma niente, i giorni passavano e io non avevo niente, così un giorno sono andato al commissariato e con tono deciso ho detto al commissario:
“Non c’è nessun rapimento.”
“Cosa dice?”
“Si, non ho visto niente, non vedo la vittima, ed è la prima volta che mi succede. Non credo che sia stata rapita.
“Ma di cosa sta parlando? Ha perso la testa?”
“No, sono sicurissimo di quello che sto dicendo. Se il rapimento fosse avvenuto avrei captato qualcosa, una connessione.
“Lei e le sue cose…è sicuro che quello che dice di avere funzioni ancora?”
“Ho riflettuto per un momento, chiedendomi se potesse esserci qualcosa di sbagliato in me che mi avrebbe impedito di continuare ad usare i miei poteri, ma non ricordavo di aver fatto qualcosa di diverso da quello che facevo di solito, non un cibo strano o altro, e non avevo avuto alcun sintomo ad indicarmi che potevo essere malato, il quale avrebbe giustificato la mancata connessione. Quindi dopo averci pensato ho affermato:
“Non sono io, è la vittima, non comunica, quindi non credo sia un rapimento.”
Quel giorno è stato uno dei tanti in cui il capo della polizia mi ha buttato fuori con dichiarazioni sconvenienti, sembrava aver dimenticato tutte le volte che avevo collaborato e che le mie informazioni erano state utili, ma ora sembrava turbato perché non riusciva a risolvere un singolo caso.
Beh, con la coscienza a posto sono andato a casa mia e vi sono rimasto qualche giorno, finché il capo della polizia non ha bussato alla mia porta.
Questo mi ha sorpreso, perché normalmente mi chiamava alla stazione di polizia quando voleva dirmi qualcosa, ma beh, era lì, e non conoscevo il motivo della sua visita.
“Buongiorno capo, vuole entrare?”
“No, è una visita veloce, aveva ragione.”
“Riguardo a cosa?”ho chiesto, senza sapere a cosa si riferiva.
“La ragazza, l’adolescente che avevano rapita, quella che non comunicava con lei, aveva simulato il suo rapimento, beh, non c’è mai stato un rapimento, è fuggita con il suo ragazzo a Las Vegas e quando i soldi sono finiti hanno pensato di far credere che era stata rapita, in modo che i genitori avessero potuto inviare denaro con cui continuare a giocare. E no, non mi dica che me l’aveva già detto.”
“Niente affatto, sono contento che il caso sia stato risolto.”
“Si, giusto.”disse mentre andava via salutandomi con la mano.
Non so quante volte sia stato d’accordo con me e abbia ammesso che le mie capacità erano buone, ma quella è stata la prima, ed è per questo che non lo dimenticherò.