Читать книгу Da Firenze a Digione: Impressioni di un reduce Garibaldino - Ettore Socci - Страница 5
CAPITOLO II
ОглавлениеIl sole, avvolgendosi in un lenzuolo di porpora, si era coricato dietro le ultime linee del tranquillissimo mare; non la più piccola nube nel cielo, non il più leggiero maroso in quella superficie azzurra, e dolcemente increspata dal venticello della sera che ci carezzava la faccia: l'isola della Gorgona appariva modestamente su quel sereno Orizzonte, nel quale cominciava qua e là a apparir qualche stella, tutto ispirava una calma e una pace divina; il creato ti sembrava quasi un'arpa sterminata, da cui si elevasse un canto grandioso: il canto dell'accordo e dell'armonia delle sfere. Era insomma l'ora che la giovinetta, la quale non ha ancora fatto all'amore, prova desiderio di piangere, senza farsene una ragione e contempla malinconicamente il fiorellino che sboccia e la foglia che cade, e risponde con meno affetto agli amplessi materni, chè il cuore in quel momento vuole qualchecosa di più di quello che ha avuto fin qui; era l'ora in cui il perduto, l'irreconciliabile, quello che non ha niente da perdere, rianda tutte le opere buone che ha fatto, si sente superbo di trovare nella sua vita più pagine onorevoli che tristi, ripensa a coloro che languono, non invidia quelli che godono, e affissando gli sguardi alla nuvoletta diafana che va sfumandosi nell'azzurro padiglione dei cieli, finisce col dire a se stesso: sien pur gli uomini dappoco e malvagii, io ho in me un patrimonio d'affetto che mi rende contento; il borghese a quest'ora sorbisce sibariticamente una buona tazza di Moka per digerire il pranzo.
Esatto più di un'impiegato il giorno della riscossione della paga, lasciai la trattoria e mi avviai, pian pianino, in via Grande esaminando distrattamente il bello spettacolo che mi si offriva davanti e le nuvolette grigiastre che mi uscivano di bocca a causa del sigaro.
Arrivai alla Locanda della Luna, e dopo essermi fatto annunziare dal cameriere, passai in un salotto, dove, intorno ad un tavolino nel quale erano varie bottiglie stappate se ne stavano a chiacchiera tre o quattro individui che formavano una specie di stato Maggiore del Colonnello Perelli. Con mia gran meraviglia vidi tra loro una giovine donna.
Il Colonnello era più brusco del solito e, appena mi vide, si affrettò a parlarmi in tal modo: Anche lei vorrà sapere qualche cosa.. me lo immagino.. ma per ora, purtroppo, siamo sempre alle solite: vede, qui siamo in un piccolo consiglio di famiglia e cerchiamo….
—Se fossi un uomo io!.. Saltò a dire la giovine donna, la quale era la moglie di quel Gagliano, arrestato poco tempo avanti ed ora nascosto in casa, perché tenuto d'occhio dalla questura e deciso a partire, con noi.
—Se foste un uomo voi!—Borbottò il Colonnello,—quando non ci son mezzi…
—Garibaldi, quando ha voluto, è riuscito.
—Se si andasse avanti colle chiacchiere!….
—Eppoi tutti questi giovani che sono qua?
—Li ho fatti partire io… forse?
—Non dico questo: ma è un fatto che non hanno avuto che cinque lire: quattro e novantacinque ne hanno spese pel viaggio e cominciano a far chiasso, perché non si sono anche sdigiunati e qua non conoscon nessuno…
Quello che sentivo era Vangelo!… se certi comitati avessero agito un poco più sul serio, non si avrebbe avuto a deplorare tanti scangei, certa gente non avrebbe gongolato e nell'armata dei Vosgi avremmo avuto più soldati e più buoni.
—E dunque, cosa facciamo?—Ripeterono tutti guardandosi.
A tale interrogazione mi cascaron le braccia; anche qui dunque non si sapeva a qual gancio attaccarsi, anche qui si passava il tempo, cullandosi tra le illusioni e le ipotesi, come nel nostro modesto cerchio di amici.
Dopo essere stati un poco in silenzio, entrò quasi di corsa, nella stanza un tale che già si era accomodato a fare da ordinanza al Colonnello; proferì sommessamente alcune parole al padrone: questi ci parve soddisfatto ed infatti poco dopo con tuono brioso ci disse: Signori, domani arriva il Var, chi è buono di salirci, va in Francia.. Confido nella vostra accortezza e nel vostro coraggio… Io tento di salire pel primo… A domani!
Non dormimmo in tutta la notte e appena fu giorno, andammo al porto e prendemmo una barca. Un forte libeccio aveva cominciato a soffiare; il mare era agitatissimo ed i cavalloni sbalzavano di qua di là, di sotto di sopra la nostra barchetta, spruzzandoci più o meno impetuosamente il volto, e procurandoci quel malessere interno che è il primo principio del mal di mare..
—Oggi me li guadagno—Ci diceva il barcaiolo.—E vogliono girar molto tempo!
—Fino a che non arriva il vapore!
—E un casca un cencio… Se arriverà a mezzogiorno… O che anche loro vogliono andare in Francia?… A me lo possono dire.
—Ebbene.. sì.. vogliamo andare in Francia.
—Me l'avevano a dire!…. Guardino, due barche piene di guardie.
—È vero… e ora cosa si fa?
—Non si sgomentino… Figureranno di pescare… Prendano le lenze!
Noi prendemmo questi ordigni e, tramutati lì per lì in pescatori, cominciammo, con una serietà unica, un'operazione che dentro di noi ci faceva scompisciar dalle risa. Io credo che i pesci fossero i primi a canzonarci; e' si vedevano guizzare a fior d'acqua, proprio vicini ali'esca fatale, poi, facevan cilecca e ci lasciavano con un palmo di naso.
Non so quanto durasse questo divertimento; mi rammento però che ci venne un'appetito diabolico; il nostro Caronte, da uomo saggio, capì per aria l'antifona e ci condusse a dei vicini barconi, dove per lo più mangiano i marinari e i facchini del porto. Uno stoccafisso, rifatto colle cipolle, ci sembrò più gustoso di un manicaretto, apprestato da Tomson; ci bevemmo due fiaschi di vino, e ci sentimmo raddoppiati in coraggio e in costanza. Intanto il libeccio seguitava a infuriare; il mare era divenuto addirittura cattivo; si troncavano gli alberi delle piccole navi vicine, si vedeva volare dei cappelli, che appartenevano agli imprudenti che troppo si erano accostati all'infido elemento… la cosa cominciava ad essere non troppo graziosa; in quell'aspettativa i minuti ci sembravano ore; non avevamo alcuna notizia dei moltissimi nostri compagni e non il più piccolo indizio ci faceva sperare che si avvicinasse il tanto desiderato bastimento.
Ecco una striscia di fumo!… Un oggetto nero, che ingrandisce a vista d'occhi si approssima.. è il Var, si grida tutti con un urlo di contentezza che si sprigiona dalle più intime viscere, è il Var, il momento supremo è venuto, coraggio!
Il battello si accosta ad un brigantino, che ha bandiera Greca; in un fiat è circondato dalle guardie. Cominciano le difficoltà, noi siamo decisi a superarle.
—Se non li metto sù, che Santa Lucia benedetta mi faccia perder la vista degli occhi!—Grida il barcaiolo, diventato entusiasta dopo l'ultimo fiasco.
Si traversò arditamente la fila dei bastimenti, e, allorché, fummo vicini alle guardie, ci sdraiammo nel fondo del nostro piccolo schifo, l'uno sull'altro, proprio alla maniera dei fichi secchi; poi, scongiurato il pericolo, si girò dietro ad una tartana che combaciava perfettamente col brigantino: i questurini che non sono mai stati ritenuti per aquile d'intelligenza, non avevan posto attenzione alla manovra e si poteva cominciare a credere che la nostra intrapresa cominciasse ad avere molte probabilità di sicuro successo.
—Ed ora, come si sale?—Domandai io, molto imbarazzato nel non vedere alcuna fune.
—Si va per la catena dell'ancora—Aggiunse immediatamente e con tuono esaltato lo Stefani, il compagno più secco e più susurrone tra tutti coloro che erano venuti con noi da Firenze.
La proposizione fu accettata di subito ed io che non ho mai brillato per la mia sveltezza e molto meno per le mie movenze ginnastiche, mi aggrappai alla catena di ferro e a forza di urti e di spinte arrivai ad andar ruzzoloni e facendo un gran tonfo sul cassero della tartana: riavuto appena dal colpo mi avvidi che ero molto al disotto del livello dei miei amici, saliti dietro di me; infatti caduto sopra un monte d'avena, per quanti sforzi facessi, non giungevo a capo di trarmi d'impaccio, chè ogni sforzo ad altro non era valevole che a farmi affondare di più. Dopo essere stato ripescato alla meglio dagli altri, saltammo tutti insieme sul brigantino. Pochi passi di più ed i nostri voti erano esauditi: un maledetto cagnaccio comincia a abbaiare e finisce coll'attaccarsi alle polpe di mio fratello.
Si tenta l'ultimo colpo: il mio fratello lascia al famelico cane un straccio dei suoi pantaloni… E dire che sperava con questi di far tanta figura, quando sarebbe sceso a Marsiglia!
Il salto riesce, siamo a bordo del Var: i marinari ci accolgono tra le loro braccia, la gioia ci rende frenetici e tutti insieme confondiamo le nostre aspirazioni, le nostre speranze, i nostri voti più cari, al magico grido di viva la repubblica.
—Giù, giù—Ci gridarono quei bravi figli del mare, appena che fu terminato quello slancio di esultanza, e ci buttarono a viva forza nella carbonia.
S'immagini un po' il lettore la nostra situazione, in quell'atmosfera soffocante, e a quella polvere, che ci ridusse in pochi momenti in uno stato veramente deplorevole; di più si aggiunga lo spettacolo non troppo gradito che ci si presentava alla vista dall'unico finestrino, pel quale prendeva aria questa stamberga; un andare e venire di barche su cui facevano bella mostra di loro tutte le faccie più proibite della Cristianità, e pennacchi di carabinieri e monture di guardie di pubblica sicurezza… Fortuna che siamo protetti dalla bandiera francese—si diceva tra noi—e qui il Reale Governo Italiano non conta un bel corno.
Ogni poco veniva a noi qualcheduno dell'equipaggio e ci esortava a soffrire con pazienza. L'equipaggio, composto quasi tutto da originarii della Linguadoca, naturalmente parlava francese; di qui grande imbroglio nei nostri, i quali per farsi capire francesizzavano l'italiano, creando una lingua ibrida, bastarda, che ci faceva crepar dalle risa: lingua che si perfezionò in Francia e che ha fatto dire, bene a ragione, ultimamente al Bizzoni, che, se fosse continuata la campagna il mondo avrebbe annoverato un idioma di più; quello dei volontarii.
Da un paio d'ore si era in quei triboli, quando si vide arrivare il Perelli; che nell'ascensione aveva perduto il suo cappello a cilindro…
—Cosa fanno qui loro?—Ci disse.
—Lo vede: siamo nascosti.
—Vengano su nelle cabine… ci siamo tutti noi…
Contenti, come uno che abbia beccato un terno, salimmo. Quale non fu la nostra sorpresa, quando vedemmo quasi tutti i nostri amici!—O tutte le guardie cosa facevano lì intorno?… La. questura ci dava l'idea di quei mariti baggei che stanno in fazione, difaccia all'uscio di casa, mentre il cicisbeo della moglie passa dalla finestra.
Una gran risata echeggia da un capo all'altro del ponte… Che è, che non è?… È comparso un individuo: in perfetto costume di Adamo: per risparmiare la spesa del barchettaiolo, oppure per non esporsi al pericolo di perder qualche cosa, come noi tutti, aveva preferito buttarsi a noto nel mare; Era un bel giovinotto e ci riuscì subito simpatico per lo strano modo con cui a noi si presentava. Povero diavolo!… Io lo dovea rivedere, ma col cranio fracassato da una palla prussiana, sulla gran via di Parigi, sotto Talant, e mi rincresce di non sapere il suo nome, perché rammentandolo, forse a lui darebbe un pensiero pietoso qualche anima buona! Mi conforta però, la persuasione che chiunque lo abbia veduto in quel giorno, non potrà così facilmente obliarlo, e, leggendo queste modeste mie righe, capirà alla prima di chi voglio parlare.
—Signori mi rincresce—Venne adirci il capitano—ma per stasera è impossibile la partenza—Il libeccio è tremendo ed io non ho intenzione di mettermi in sicuro pericolo.
—Ma noi… saremo sicuri?—Domandò uno.
—Sulla mia parola d'uomo onesto, nessuno potrà farsi bello di avere insultato la bandiera francese, qui dove sono io… se non viene il console a bordo, e se egli pel primo non mi ordina di assistere ad una flagrante violazione del diritto delle genti, i questurini prima di toccare uno solo di loro, dovranno passare sul mio cadavere.
—Grazie, capitano—Gridammo noi tutti—Voi siete un vero Francese.
—E a che ora si mangia?—Chiese sbadigliando uno dei nostri, a cui le idee non facevano dimenticare di essere uomo.
—Alle cinque…. ci è il pranzo dei viaggiatori….
—Noi veniamo tutti a quello… non è vero compagni?
—Sì—Risposero gli altri all'unisono.
Io mi azzardai allora di salire: e rincattucciato dietro il parapetto del bastimento, diedi un'occhiata alla riva vicina: qualche facchino passeggiava distrattamente in su e in giu, nessuno osservava il nostro battello; tutto a un tratto uno scialle rosso e uno nero, compariscono sulla via; due donnine dalla taglia svelta e slanciata si appoggiano all'impalancato che circonda il porto ed affissano i loro occhi sul Var. Chi sieno queste due creature?—Pensai tra me e me e cominciai a figurarmele bellissime, e mi parvero gli angeli del buon'augurio che fossero venute li a darci il buon viaggio; ma poi un altro pensiero mi sopraggiunse: Povere donne!.. Devono essere di certo parenti, amiche di qualcuno che è insieme con noi, e sfidano questo vento e questa indiavolata stagione, purché loro sia dato vederlo, fosse anche per l'ultima volta: povere donne!… Per noi uomini la gloria, le improvvise e belle emozioni, lo stordimento che ci procurano e i nuovi piaceri e le nuove occupazioni, le gioie dell'orgoglio soddisfatto, per esse la solitudine, la lontananza delle care persone, la continua ansia di saperle in pericolo.
Tornai giù e dopo poco ci movemmo tutti per il pranzo: nel ripassare io vidi i due fantastici scialli.
Il trovarci tutti insieme a mangiare sul Var, dopo le belle cose che ci erano accadute, non poteva fare a meno di darci un brio, una parlantina, un ebbrezza, che, chiunque ha in zucca un pò di mitidio, comprenderà perfettamente alla prima. I nostri appetiti erano qualche cosa di classico ed il cameriere di bordo ci guardava con certi occhi stralunati, pensando certamente che, su ogni giorno gli fossero capitati di tali avventori, prudenza avrebbe voluto, che l'ordinario fosse a dir poco, raddoppiato.
Cominciarono i brindisi; i ricordi più cari s'intrecciavano coi più generosi propositi: ora uno parlava degli occhi celesti della graziosa biondina che aveva lasciato a Firenze, ora un altro giurava di non aver comprato un revolver perché era sicuro di prenderlo al primo ufficiale prussiano, che gli si fosse presentato davanti e che avrebbe ucciso dicerto.
—Evviva, Evviva.
Che c'è?
Entra nella stanza Gagliano! Un altro fiasco che hanno fatto le guardie!
—Ieri passò da Firenze Ricciotti; là—dice—troveremo lassù anche lui!
—Evviva Ricciotti—Gridano tutti.
—E Menotti, e Garibaldi e tutti i bravi Italiani che ci han preceduto!.
Dopo poco entra Tito Strocchi, giornalista repubblicano e valoroso soldato, che tanto onore si è fatto dappoi.
—Ma dunque ci siamo tutti!
—Tutti—Urlano entrando alla lor volta il Rossi e il Piccini.
—Anche tu!—Dicemmo a quest'ultimo—E come hai fatto stronco, come sei, ad arrampicarti?
—Eh! Le guardie di finanza son dalla nostra e ci hanno insegnato la strada: Figuratevi che noi siamo passati per la scaletta, proprio, come se si fosse viaggiatori!
—Ma le guardie ci son sempre?
—Se ci sono!.. E bisogna vederli quei poveri diavoli a questo brezzone… infilan le pispole, come se si fosse in pieno gennaio!
—Anche voi però…
—Non ve lo neghiamo, il freddo ci è entrato nell'ossa.
—Del cognac del cognac!…
—E il cameriere ci portò una bottiglia polverosa dì vecchio cognac, che avrebbe messo energia anche a un deputato del terzo partito. E qui bevi; bevi in un modo incredibile; in un momento il tavolo fu pieno di bottiglie e quando andai per distendermi nella mia cabina vedevo tre o quattro colonnelli, una ventina di lumi, e un centinaio di persone, tra le quali apparivano circondati da un'aureola i due scialli che mi avevano fatta tanta impressione, pochi momenti innanzi.
Tale era il mio sonno e, diciamolo pure, l'alterazione in me prodotta dal vino che quando mi destai, il sole era già alto. Salii a poppa della nave dove trovai il povero Rossi che contemplava astrattamente l'immensa superficie del mare, divenuto di nuovo tranquillissimo; tutto era celeste e l'onde venivano a baciare colla loro spuma bianchiccia, la carena del nostro battello: si sarebbe di momento in momento aspettato che qualche Nereide sbucasse a fior d'acqua per rammentare ai mortali le dolcezze del buon tempo antico.
Il colonello Perelli, da vero vecchio militare, sapendo quanto il tempo è prezioso non se ne stava con le mani in mano ma dava prova di una instancabile attività; già aveva costituito le squadre, nominandone i capi, già aveva pensato al modo di provvedere il vitto per tutta quella gente (chè nella nottata il numero dei volontarii era asceso fino a cento) ed aveva in serbo per tutti buone speranze e conforti. La salle à manger era stata trasformata in ufficio di stato maggiore ed io fui incaricato a compilare il primo ordine del giorno.
Cominciavo a scrivere, quando scesero nella stanza l'agente della compagnia accompagnato dal capitano; mi domandarono dove si trovasse il Colonnello ed io mi mossi per andarlo a chiamare.
Salii immediatamente e trovai il Perelli a tu per tu con una vecchietta, tutta pepe e tutta piangente.
—Queste sono infamie e il governo dovrebbe mandarli in galera…. non si strappano così i figliuoli alle povere mamme che hanno fatto tanti sacrifizii per mantenerli.
—L'ho forse chiamato io il suo figliuolo? borbottava l'altro stizzito.
—Non lo so, ma lo voglio!
—Ebbene, se lo trova, che se lo riprenda!
—Loro me l'hanno nascosto, ho girato per tutto e non mi è stato possibile di trovarlo,
—E allora?
—E allora?! allora me l'hanno a rendere, e mi meraviglio di lei che non è più dell'erba d'oggi e che dovrebbe avere un po' di cuore e un po' di cervello.
—Ma, se il nome del suo figliolo non comparisce nel ruolo!….
—Quel birbone ne avrà dato uno falso…
—Colonnello, interruppi io, c'è il capitano e l'agente che lo desiderano.
—Vado…. mi sbrighi lei questa donna.
Cercai di persuadere e di consolare alla meglio quella povera madre che mi rispondeva con impertinenze da levare il pelo: feci guardare nei buchi più ascosi della nave, ma non potei rintracciare suo figlio. Allora la donnicciola impallidì e non potendo resistere alla pena e allo stringimento di cuore mi cadde fra le braccia svenuta. Un vecchio che l'aveva accompagnata in barchetta e che seppi dopo esser marito di lei, saltò infuriato sul ponte facendo un baccano indiavolato, minacciando tutti e bestemmiando peggio di un turco. La mia posizione, se era interessante era anche molto noiosa. I volontarii si erano affollati intorno all'energumeno e di momento in momento stava per nascere una pubblicità spaventevole. Riavutomi un pochino dalle stupore, fui preso da rabbia indicibile e mi venne voglia perfino di scaraventare in mare l'incomodo fardello che mi gravava le braccia.
—Oh! andremo in questura!…—Proferì il vecchio strascinandosi dietro la moglie che s'era riavuta e che urlava a squarciagola: birbanti, ladri, assassini, il giusto Dio verrà anche per voi!
Appena rimessi da quella brutta impressione, vedemmo capitare altre due donne. Capimmo, pur troppo, per aria quello che volevano anche loro. Io cominciai a credere di assistere ad una processione di streghe e mi persuasi che il nostro orizzonte cominciava a oscurarsi davvero.
Una dell'ultime venute vide il suo figliolo e noi glielo restituimmo. Ecco un'altro scandalo! Il figliolo non voleva andare a nessun costo e si mise a correre come uno spiritato offrendo un gradito spettacolo alle guardie che ci circondavano e che si erano tutte rizzate per goder meglio la scena, urlando ad ogni poco: piglialo piglialo.
Non si creda calunnia il contegno che io attribuisco alle guardie: chiunque è stato sul Var può fare ampia testimonianza che esse fino dal bel principio della mattina erano completamente ubriache.
A viva forza spingemmo il recalcitrante figliuolo, giù dal battello; appena però egli si assise nella barchetta che aveva accompagnato sua madre, fu circondato dai carabinieri i quali non curando i pianti, i lamenti, le disperazioni delle disgraziatissima donna, lo condussero verso le carceri.
—Si nascondano si nascondano per carità, l'ha raccomandato anche il signor Colonnello.—Venne a gridarci con voce angosciosa il cameriere di bordo.
—Che c'è dunque?
—C'è che la polizia vuole acchiapparli…
—È una storiella!…
—È la verità, se lo assicurino.
—Ma il Colonnello?
—È nascosto.
—E tutti gli altri?
—Hanno seguito l'esempio del Capo… si nascondano anche loro… o che vorrebbero comprometterci tutti col rimanere in così pochi sul ponte?
Ci guardammo difatti e con nostra sorpresa il brulichìo che ci eravamo abituati a vedere, era scomparso e tutti i nostri compagni, come per incanto, si erano dileguati.
Anche noi ci buttammo gattoni verso la carbonaia e poco dopo i miei amici vi erano già scesi: ero per seguitarli, quando sentii bussare dietro la porta della vicina cabina e la voce del Colonnello mi disse: Noi siamo qui, venga anche lei. La porta si schiuse ed io entrai.
Eravamo in sette in una stanzuccia dove a mala pena ci si poteva rigirare in tre! la grotta di Monsummanno era al paragone una cantina in tempo d'estate! mai bagno a vapore ha ottenuto l'efficacia diretta che produceva in noi quell'ambiente! i nostri abiti e le nostre camice sembravano inzuppate nell'acqua: se le autorità costituite avessero saputo i nostri tormenti, benevole come sono verso noi scavezzacolli, scommetto che invece di arrestarci ci avrebbero lasciato diverse ore in quel bagno; se non altro per avere il gusto di aprire la porta a trovarci in uno stato di liquefazione completa.
—Ma cos'è accaduto, di nuovo? Domandai a bassa voce.
—È accaduto che la questura lasciava liberamente partire noi sette o otto, purché prima le avessimo, consegnato tutti questi bravi ragazzi…. Io ho sdegnosamente rifiutato questa proposta.
—Bravissimo!—E ora?
—Ora credo che sieno andati a riportare la mia risposta al questore.
—O guardiamo, se Bolis è tanto birro da violare anche la bandiera francese.
—Prima di farlo vorrà pensarci due volte.
—E perché?.. I ciuchi hanno sempre dato pedate ai leoni morenti… ma per qual causa stiamo nascosti?
—Il capitano è sceso a terra; se gli rilasciano le patenti, in meno di un'ora si prenderà il largo.
—Speriamolo… perché qui non siamo di certo in un letto di rose.
Passa mezz'ora, un'ora e nessuna notizia: si comincia a udir qualche rumore; poi di sotto la fortezza ci giunge all'orecchio un sussurro inusitato; poniamo, l'occhio al finestrino della cabina: il mare è popolato di barche, e le barche, son popolate d'angioli custodi in lucerna; affollatìssima è tutta la spiaggia: sul cassero un calpestìo concitato e in senso diverso, poi reclamazioni a cui si risponde dalla parte del popolo con fischiate non interrotte; un battere di sciabole, uno sbatacchiare di porte…. pur troppo non vi era più dubbio alcuno, il grande atto si era consumato, e gli eroici campioni del Regio Governo Italiano potevano annoverate una gloria di più tra tutte le altre che li ha resi famosi.
Sprangammo la porta; ci rannicchiammo nelle cucciette e, rattenendo il respiro, facendoci piccini piccini coll'ansia e la trepidazione nell'anima, collo sconforto nel cuore, incerti di ciò che ci sarebbe accaduto tra pochi minuti, ma decisi a giocare di tutto, attendevamo di momento in momento di veder saltare la porta.
Trascorre un altra mezz'ora; si ascolta il rumore dei disgraziati che sono stati avvinghiati pei primi dai falchi del Bolis: si compiangono, ma quale fortuna, se noi potessimo uscir loro dalle unghie!.. Il vapore è in movimento… Che si parta davvero? Non si osa credere a noi stessi, ma alle fine ci si persuade che si va… Si va, ripetiamo tutti tra noi, e sentiamo tra ciglio e ciglio l'umor di una lacrima—Ci si ferma di nuovo!…—Esclama un nostro compagno, e pur troppo, ci si convinse di subito della triste verità. Una testa comparisce al nostro finestrino; era la testa di un questurino, che da abile esploratore, si era arrampicato al difuori del bastimento, ed aveva scoperto il nostro nascondiglio.
—Signori, non resistano—Ci disse con voce rauca. —Nessuno rispose; egli se ne andò… Oh! avessimo avuto un revolver!
—Lei deve aprirci la porta—Ripeteva intanto sul cassero una vocina melliflua, a cui rispondeva l'accento ben cognito del capitano: Mi rincresce, ma fu perduta la chiave… l'assicuro però che quello è il mio spogliatoio…
—Io ho l'ordine di perquisire ogni cosa.. si mandi pel magnano del porto. Intanto una tempesta di colpi si sprigionava su quel povero uscio.
—È impossibile trovare il magnano—Diceva poco dopo un'altra voce.
—Signori—Gridava allora al buco della nostra serratura quello che poco fa parlava col capitano.—Signori, io li prego a non commettere imprudenze, si arrendano colle buone; partire è impossibile, non facciano perdere un tempo prezioso al capitano.
Che fare? Qualunque resistenza sarebbe stata inutile e non ci poteva riuscir che dannosa; ci guardammo in faccia (che facce! il condannato che vien trascinato al patibolo ne può dare un'idea!) e con mano tremante il più vicino alla porta tirò la stanghetta.
Un'ooh prolungato e di soddisfazione ci accolse, appena che comparimmo.
Dalla scena che si presentò allora ai nostri occhi, un pittore avrebbe potuto prendere argomento per un bellissimo quadro ed un letterato per una magnifica descrizione. Una lunga fila di carabinieri e di questurini occupava tutto il lato del bastimento che era dicontro alla nostra cabina; più avanti il giudice d'istruzione colla ciarpa turchina, Bolis raggiante di contentezza, e un nuvolo di delegati e d'applicati di Pubblica Sicurezza che si davano un moto, un daffare indicibile, e si pavoneggiavano, esponendo al rispettabile pubblico ed all'inclita guarnigione le fasce tricolori che avevano a tracolla, come segno indiscutibile della loro autorità. Il capitano serio serio rivolgeva delle parole concitatissime al console, che appoggiato ad un tavolino, con una fisonomia di tramontana guardava distrattamente il cancelliere che redigeva il processo verbale. Tra le squarciate nuvole si era fatta strada la luna; e, pareva, che ci mandasse un compassionevole sguardo; sulla spiaggia uno scintillio di baionette, sulle quali si ripercoteva il malinconico raggio della poetica face dei cuori sensibili e degli innamorati, ci abbarbagliava la vista e ci rendeva sicuri che molta truppa era sotto l'armi è che la questura di Livorno non aveva trascurato verun provvedimento perché i pesciolini non le scappassero di rete. Una lunga processione di barche solcava le onde tranquille del mare sulla cui superfice una miriade di atomi luminosi, frequenti più delle stelle del cielo, avrebbe fatto nascer la voglia di intonare un bel canto alla natura, se natura ed uomini non si fossero mostrati, così accanitamente contrarii ad una impresa che tanto avevamo sospirato e che, purtroppo, così miseramente finiva. Le trombe che suonavano la ritirata sui bastioni della vicina fortezza ci suonavano in cuore meste, come il pensiero che manda in queill'ora il coscritto alla madre, alla casetta paterna, alle occupazioni di un tempo: meste come quella luna, come quei visi lunghi dei nostri compagni che ci passavano davanti colla respettiva accompagnatura, come i popolani che vedendo la loro impotenza a salvarci ci guardavano da riva con occhi stralunati e pregni di lacrime.
—Ma Gagliano… Gagliano dove è?… Noi credevamo che fosse tra loro?… Esclamò Bolis, dopo averci ben bene sbirciati;
—E perché han fatto resistenza? Ci domandò con un sorrisetto volpino il giudice d'Istruzione.
—Perché!…—Rispondemmo noi tutti a una voce e in tuono di meraviglia..
—Sì… quando sapranno tutto, chi sa, che non sieno i primi a ringraziarci…
—Ringraziarlo di averci arrestati?
—Sissignori… Oggi è venuta la notizia della capitolazione di Metz.
Quest'ultima sassata che, così benignamente ci si scagliava nel nostro infortunio, ci fece nascere lì per lì una tal rabbia contro quegli arnesacci di una bottega fallita, che loro volgemmo disdegnosamente le spalle. Già… è egli possibile che le idee di sacrifizio, di abnegazione, di generosità, possano esser comprese anche alla lontana, da un birro?
—L'ho, l'ho preso!..—Saltando come un burattino, e fregandosi le mani, strillò con la sua vocina da pettegola il Fassio, avvicinandosi a noi. Questo Fassio e uno dei più famigerati ispettori di Pubblica Sicurezza che si abbia in Italia; Garibaldino nel 1860, come succede di tutti gli apostati, ora è diventato la più gran colonna della sbirraglia italiana.
—Che qualcuno di noi avesse in tasca una mitragliatrice?—Pensai tra me e me—O che tra i nostri compagni si sia mescolato sotto mentite spoglie qualche gran malfattore?! Difatti l'aria del Fassio me lo faceva sperare; Cristoforo Colombo che dal ponte del suo bastimento vede baluginare qualche cosa, che ha sembianza di terra; Moltke a Sadowa che riceve l'annunzio dell'arrivo del corpo d'armata del bon Fritz, ci possono dare a malapena un'immagine della beatitudine che provava in quel momento il rinnegato democratico.
Dietro di lui si vide arrivare lemme lemme il Gagliano in uno stato tale, che, se ne avessimo avuta la voglia ci avrebbe fatto crepar dalle risa. Nero, per lo meno come uno spazzacamino, stizzito come un giocator di Mako che fa l'ultima cista, senza azzardarsi nemmeno di farci un saluto, il povero uomo passò a capo basso davanti alle autorità e fu fatto immediatamente scendere in una barchetta, dietro la quale in un'altra fummo messi io, mio fratello, il Colonello ed un giovinetto, che ancora non conoscevo.
—Viva la libertà d'Italia!—Si gridava tutti come pazzi per via, ed i carabinieri non ardivano di dirci una sillaba; anzi dalle loro fisonomie si vedeva chiaramente che avrebbero lasciato quell'incarico alle guardie di questura, che, tutte impettite, boriose si tenevano dell'arresto di giovani inermi nello stesso modo che avrebbero fatto, se avessero vinto la battaglia, più aspra che si sia combattuta, dacché mondo è mondo.
Giunti vicini alla Sanità, dove vedevamo sbarcare tutti gli altri, un carabiniere mi toccò dolcemente nel braccio e mi accennò un vaporino, la cui camminiera faceva fumo.
—Vede quello là?—Mi disse—Era preparato per loro, qualora avessero preso il largo.
Guardai e quello spauracchio mi fece sorridere; il grande edifizio navale non aveva che due cannoni, uno per parte e di un calibro così modesto, che sembravano, piuttosto giocattoli da bimbi che utensili da guerra. Oh!… se si fosse usciti dal posto, se si avesse cominciato a filare… se erano buoni a acchiapparci con quel trabiccolo, sarei stato contento di perder la testa!..
La barca si fermò: noi scendemmo. Diedi un'ultimo sguardo al porto, vidi il cammino del Var che fumava, e il battello che era in movimento! Oh come in quell'istante il mio pensiero ricorse alle cabine, dove ci eravamo sdraiati la sera avanti alla medesima ora: oh! come desiderai che il tempo ritornasse indietro di poche ore soltanto per non essere sicuro della barbara realtà, che ci opprimeva in quel mentre.
Moltissima gente si era affollata a due lati della porta che conduceva all'uffizio della delegazione del porto. Tra questa gente io vidi di nuovo i due scialli… Ma dunque, non ci abbonderanno più queste donne?
I volontari erano stati ammassati, pigiati in una stanzuccia; una guardia, con un coraggio da eroe, distribuiva ogni tanto qualche pedata a chi più susurrone e più curioso degli altri si azzardava a rivolgere qualche interrogazione. È un fatto: la polizia degli antichi sovranucci, che i monarchici d'oggi gabellano per tiranni e per despoti, non hanno mai usato dei modi schifosi che usano i questurini del nostro beatissimo regno: quando uno capita per caso tra le loro mani, può attaccare un voto, se per lo meno non ci lascia una costola, chè questa gente è molto feroce… quando l'individuo è in ceppi e puzza un tantino di repubblicano!… Chiuder gli occhi sui gallinai, fare il manutengolo ai ladri è permesso, ma lasciare in santa pace un soggetto pericoloso, un uomo che sbraita sempre perchè vuole esser riconosciuto per uomo… oh! questo è troppo! E il paterno governo, simile al giusto Dio che fa cader la grandine e i fulmini sul campo dei peccatori, deve aggravar la mano su coloro che hanno le sfacciataggine di urlare quando tutti dormono: i galantuomini non devono essere svegliati… lo impedisce anche il regolamento di Pulizia! Coroniamoci adunque di elleboro, sorbiamo il papavero che giorno per giorno ci ammanniscono i giornali governativi e, dacchè non abbiamo il coraggio di fare, abbiamo almeno il buon senso di darci ad un sonno profondo.
Un vecchietto, con li occhiali d'oro più giù che a metà del naso, rincantucciato in uno sgabbiolo di legno che faceva le veci di scrittoio, via via che si passava ci chiedeva il nostro nome, quello dei nostri parenti, il nostro domicilio e la nostra, professione.
—Possono partire—Gridò poco dopo con voce tonante il Bolis, Giove Tonante di quell'Olimpo di birracchioli e di guardie di tutte le qualità e di tutte le dimensioni.
Un applauso prolungato fece eco a queste parole; i giovinotti credavano di essere liberi… Poveri grulli!… Quale storia ci ha mai fatto sapere che il gatto si lasci scappare il sorcio dalle unghie?
—Avanti!…—Urlarono con mala grazia a loro volta le guardie…
—O dove si va?—Cercò qualcheduno.
—Loro non lo devono sapere.
A noi, come presi insieme col colonnello, fu fatto il favore di farci passare nella caserma dei carabinieri; ci si disse, in attesa di ordini superiori…
Intanto gli altri traversavano via Grande, tutta gremita di popolo che li accompagnava con applausi frenetici; ci volle del buono e del bello per sconsigliare i popolani a non far qualche pazzia, ed essi allora non potendo fare altro, si mostrarono generosissimi con quei poveri diavoli che venivano trasferiti alle carceri; e fu una pioggia continua di sigari, di pezzi di pane, d'involti di companatico, e persino di foglietti da mezzo franco e da un franco. Oh!… il popolo è generoso, il popolo ha la magnanimità per istinto, e, se si lascia abbindolare dai farabutti, al momento buono, quasi per miracolo, sente spingersi avanti dalla voce del dovere, del progresso, della libertà; rinnegando le massime false, che gli son volute inoculare nelle scuole governative e nei così detti giornali popolari che vivono sulle spese segrete del ministero, egli al primo indizio di lotta vicina, come un uomo solo corre al suo posto. Oggi protesta con gli urli alle guardie e colle picchiate di mano ai prigionieri, domani muore, santificando il principio democratico, sulle barricate. Perdendo lo vedrete marcire nelle, carceri, e soffrire per le vie, vincendo voi lo vedrete al lavoro!