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VII.
LA 74

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Non conoscete la mia nuova amante? Ve la presenterò. Intendiamoci, quella preferita, che escluderà tutte le altre e sarà forse definitiva.

Non ha un nome, ha un numero e ciò mi piace poichè ogni Rosina è sempre tradita dal ricordo di un’altra Rosina, ogni Maria dal ricordo di un’altra Maria. La mia nuova amante si chiama 74, 7 e 4 fanno 11, il mio numero augurale che mi segue dovunque e mi è più o meno sempre favorevole.

La mia 74 ha una salute di ferro, anzi d’acciaio, una meravigliosa sensibilità, ma blindata. E’ capace d’offendere e d’uccidere. Mentre è assai difficile ferirla mortalmente. La conobbi ieri nel cortile della caserma di S. Benigno. Mi aspettava in riga con le sue sette compagne che le rassomigliano come sorelle. Con delle differenze però importanti. Sono tutte donne autoblindate color verdone scurissimo, tutte armate.

Ma la mia è la più agile di tutte, ha un cuore-motore più forte, e il fuoco delle sue ironie mitragliate non ha debolezze nè distrazioni. Fu la sorte a designarmi come compagno della bella 74. Subito le baciai i fianchi d’acciaio, la grande palpebra metallica e lei mi ringraziò con un mezzo giro della sua cupola ornata d’un fascione tricolore. Volli, allora, penetrare nella sua anima. Tutta affettuosa, la mia 74 mi aprì sportello destro e sportello di sinistra cosicchè occupando il seggiolino della sua volontà e impugnando il volante dei suoi segreti pensieri la slanciai fuori a bella velocità giù per la strada tortuosa che scende al porto di Genova. Sento la gioia gonfiare le arterie della mia 74 che mi porta cantando. Non ha una voce sola, ma un’orchestra di voci bene intonate. Ora godo il languido canto lamentoso del suo cuore-motore che fa da freno in discesa. La sua gioia cresce ed ecco flauti, clariiini, violiiini accompagnano il ritmo delle ruote.

La mia 74 ha forse un difetto; i suoi fianchi sono troppo vasti per poter anguillare e correre senza urtare nelle strade ingombre di Genova. Debbo preoccuparmi anche del suo culo di acciaio veramente poderoso armato di una mitragliatrice a guisa di pungiglione. Con mano molle, ma pronta al volante consiglio i suoi fianchi di non agganciare a destra e a sinistra tram e carrozze.

—Su presto! le grido, ti conduco a Rapallo, a salutare i miei cari e poveri amici mutilati. Vi sarà danza questa sera, belle donne e canti al chiaro di luna sul mare.

Il cuore-motore della mia 74 precipita i suoi battiti e mi risponde come un cavallo con nitriiiti, nitriiiti, nitriiiti.

La sua allegria si manifesta nel mostrarmi tutte le sue virtù. Ecco il ci-ci-cigolio di mille passeri giulivi nelle sue giunture-costole d’acciaio. Sarà bello amarla e stringerla con passione, o meglio viverle nel cuore quando si batte.

Ma sono stanco di goderla dall’interno, voglio vedere le sue forme potenti correre fra le raggere tropicali di questo pomeriggio sulla strada di Varazze.

Lascio il volante al mio volantista Menghini, che avrà pieni poteri in mia assenza sul cuore-motore della mia 74. Ho aperto lo sportello di sinistra. Seduto di fianco sul seggiolino colla schiena presa nella cinghia-spalliera ho le gambe penzoloni fuori a picco sul mare di schiaffi pugni bava e smeraldi vendicatori.

Gioia disinvolta sfrenata di darmi così alla molleggiante velocità com’è una saltatrice sul cavallo nel circo dopo il bel cerchio di carta sfondato. Mi sento preso così a mezzo corpo dall’immensa rabbia amorosa dell’orizzonte marino. La mia gamba destra allungata verso l’invisibile acceleratore della velocità spirituale; la mia gamba sinistra piegata sul predellino fuori.

Sotto di me, le volanti docce di schiume bianchissime e gazose ggggggg. Microscopico stabilimento di bagni che magnetizza i miei muscoli polverosi. Al sole obliquo una cuffia rosso carminio di bagnante. La vedo guizzare nel molle cristallo verde col roseo lampo dei polpacci. Snella agilissima, ma meno snella, meno agile della mia 74. La strada curva è girata, o meglio presa in giro dalla nostra fusione veloce tlantlantrintrrrrr trrrr. Polverone sferico, blocchi di caldo roteanti. Trombe d’aria sbatacchiate fra le facciate delle case sovraccariche di biancherie roventi alate. Ondeggiare frenetico della mia 74 fra le resistenze dei metalli. Anguillare sulle anguille affettuose delle rotaie.

Incrociamo delle automobili festive, veri salami-proiettili. A Varazze, urrah! la mia 74 incontra le sue 7 sorelle e torniamo in squadriglia sferzati dai lunghi raggi del tramonto, in una gara pazza di velocità verso Genova e Rapallo.

Ognuno dei miei 7 compagni auto-mitraglieri pretende che la sua amante blindata sia più veloce della mia. Le 8 donne d’acciaio lanciate gareggiano, gareggiano, gareggiano, precipitando il ritmo dei loro cuori-motori fra i mille ostacoli ganci ombre insidiose, riflessi lunghi e corti, rosse occhiate languide delle bettole e maledette lanterne dei passaggi a livello. Il mare si precipita contro le scogliere sotto la strada, infrangendo con fracasso ogni barriera. Folla urlante di onde-faccie schiumose di sudore rosso per vedere, per vedere la corsa delle blindate impazzite. Entrando in Genova la mia 74 è in testa. Ritmo perfetto, dominatore del cuore-motore obbedientissimo a me. Rallentiamo sotto la curiosità affannosa e ronzante delle lune elettriche. Ma fuori verso Nervi dove il mare sventaglia dolorosamente sulla ghiaia la tosse dei suoi risucchi malati, la gara riprende, le agili donne d’acciaio corrono cantando felici d’essere possedute da maschi e di possedere il lunghissimo tortuoso corpo della strada con lesbica virilità.

La luna piena succosa che si sbuccia dalle nuvole sull’orizzonte marino è il nostro traguardo magnetico.

Le sette blindate che mi seguono tentano ad ogni curva di sorpassarmi. I miei amici ignorano il segreto della mia superiorità. Ognuno maneggia sapientemente la propria amante, ma non ha raggiunto il grado di fusione perfetta che mi lega alla mia 74. Tutti i calcoli meccanici sono cancellati da questo slancio impetuoso che io imprimo ora con la mia volontà al cuore-motore. Correre, correre, correre, accelerando cento altri acceleratori sconosciuti e misteriosi che mi sono nati sotto i piedi, sotto le dita, sul volante e nella mia fronte. Non sento più la pressione invidiosa delle altre sette macchine dietro di me. Sono distanziate. Ecco gli esuberanti volumi di vegetazione di Camogli e in mezzo a loro in fondo alla strada che strapiomba sul mare la luna, la bella luna di carne tiepida e profumata da infilzare. Stop. Ho vinto la gara.

L'alcòva d'acciaio: Romanzo vissuto

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