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II.
LA DAMA AL BALCONE
E LE SERENATE MASSACRATE

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Indice

Il 14 Giugno tutto è pronto. La nostra linea aspetta l’urto con sicurezza. Si parla di nuove batterie austriache non ancora individuate. I pessimisti insistono sulla pericolosa propaganda disfattista che Milano e Torino particolarmente inoculano colla posta ai soldati in linea. Io ho trattenuto tutta la posta delle batterie nella baracca del Gruppo. Credo preferibile distribuire un rancio accurato invece di troppi sentimentalismi postali alla vigilia di una battaglia decisiva. Tutto lo schieramento di batterie che dal forte Corbin lungo Val D’Astico gira la cima Ardé e seguendo la cresta di Sculazzon in Val D’Assa raggiunge gli Inglesi a Cesuna, con le sue 200 bombarde, e le mitragliatrici e i fucili della brigata Casale, è pronto all’urto che si prevede furibondo, decisivo.

Abbiamo bene pranzato nella baracca di legno e lamiera del Gruppo bombardieri, che appoggia le spalle a dei roccioni grigio ferro in forma di piccole torri. Fumiamo serenamente sull’orlo della Vallatella Silà verdissima bacinella quieta, colma di silenzio alpino, sospesa da un lato alle creste del Cengio e dall’altro alla strada che va al forte Corbin. Dolcezza languida, mansueta della sera madreperlacea che cede docilmente all’ombra salente delle valli profonde. Un frastuono ci scuote.

Allegria degli echi turbati da una singolare mandolinata. Sono i miei bombardamenti che vogliono invitare gli austriaci alla prossima danza. Eccoli sotto di noi. I due primi grattano disperatamente due mandolini, due altri li seguono battendo a gomitate e a calci delle latte di benzina. Dietro viene sculettando e sgambettando il violoncellista. Ha per violoncello un lungo attaccapanni di ferro. L’orchestra si ferma per fare agli ufficiali una serenata, sotto la gesticolazione frenetica del più fantastico direttore d’orchestra.

Porta in testa una gamella obliqua, sulle 33, a guisa di berretto inglese. Si è legato sul culo le falde rialzate del cappotto per imitare l’antica foggia militare italiana. Buffonescamente insulta i suonatori cadenzando la melopea con lazzi e pernacchi fragorosi. La tempesta di rumori e di grida sveglia gli accampamenti nella Vallatella Silà.

Applausi. Applausi e ironie volubili degli echi freschi ventilati da morbidi rombi lontani.

L’orchestra si ferma davanti al Comando del Gruppo. Il capitano mi prega di parlare. Si affollano bombardieri, artiglieri e suonatori.

—Cari bombardieri, cari artiglieri e fanti d’Italia, grazie di tutto cuore per la serenata a noi e per i meravigliosi pernacchi scagliati contro gli austriaci! La vostra fragorosa allegria dimostra al cielo, al sole che tramonta e alle stelle, che sapete spavaldamente infischiarvi di tutti i pericoli! Voi avrete appreso dalle molte informazioni che se non è certa è probabile la grande battaglia questa notte alle due e mezza. Io personalmente ci credo. Ad ogni modo ciò non vi preoccupa, come vedo, non può preoccupare nessuno poichè altre informazioni e queste certissime mi hanno convinto come hanno convinto tutti i capi che l’intera linea italiana dall’Astico al mare è pronta, assolutamente pronta non soltanto a resistere a qualsiasi offensiva austriaca, ma anche a rintuzzarla vittoriosamente. Ricordatevi: qualsiasi offensiva, anche strapotente, sarà massacrata. Cadorna non era un generale incapace. Ebbe soltanto il torto di non dimettersi, quando si sentì stanco e logorato. Fu lui che scelse la linea del Piave, ed è una linea forte. Ora è di acciaio. Resisterà. La lotta sarà aspra, e vi saranno momenti gravi, forse delle oscillazioni. In quei momenti, pensate che quella pianura veneta, laggiù, è il letto della nostra sposa unica e divina: l’Italia... il letto delle vostre spose che adorate... Voi, ritti in piedi, custodite la porta, e la scala che gli austriaci vorrebbero assalire! Pensate che cedendo il passo un solo istante voi permettereste vergognosamente a quelle canaglie di entrare in casa vostra, piombare nel vostro letto e possedere le vostre donne. Meglio morire! Sono certo che nessuno di voi vorrà essere un vile idiota e becco contento. Ed ora andate a dormire, sarete svegliati a tempo opportuno!

Giudicai opportuno di svestirmi per riposarmi meglio.

In branda a 6 centimetri dal tenente Bosca. Abbiamo fra di noi come orinali un bossolo da 75 ed una scatola da conserva. Ogni 5 minuti (verifico l’orologio alla mano) la notte silenziosa succhia una nostra granata da 149 uuuussss uuufff. Mi addormento.

Alle 2 e mezza siamo svegliati dal bombardamento.

—Bosca, ci siamo.

Mentre ci vestiamo sentiamo crescere, addensarsi e centuplicarsi i sibili delle granate austriache che fanno, passando sui roccioni e sul tetto di lamiera, l’illusione d’un’enorme corrente d’acqua col loro rumore di seta lacerata. Passano a un metro o due dalla lamiera che vibra e vanno a scoppiare in val Silà.

Bombardamento feroce, pieno, continuo. Abbondanza di munizioni. Gli austriaci credono siano annidate molte batterie in Val Silà.

Siamo tutti in piedi col respiratore inglese bene saldato al viso. Fuori buio. Un vago sentore d’alba verso il Cimone. La vallatella è piena di fragori violenti, irritatissimi, fra le vendette gli squarciamenti e le minacce urlanti degli echi. Controllo tutto, chiamo gli uomini. Sul tetto di lamiera scorre dilatato il fiume dei sibili. Ho l’impressione di essere immerso in quel fiume che cresce. La baracca sembra abbracciata da un’inondazione di sibili. Verifico il respiratore di ogni bombardiere. I gas lagrimogeni cominciano ad agire sui nostri occhi. Bizzarrissima sensazione di piangere senza dolore. Albeggia.

Tutte le nostre batterie rispondono con un fuoco precipitato. Le vampe continue e fitte vestono il Cengio d’un convulso drappeggio di fuoco. Val Silà è piena di fumi bianchi, grigio-perla che si sfilacciano forati dalle vampe delle nostre batterie.

Ecco una sorpresa che ci lascia presto indifferenti: un nuovo tipo di granate austriache che scoppiando lanciano in alto lunghissimi vermi ondulosi e perpendicolari alti 50 e talvolta 100 metri.

Strani vermi di fumo anellato che talvolta non riescono a rizzarsi e allora si sviluppano orizzontalmente scrosciando e borbottando nella vegetazione. Sono granate segnali che servono ad indicare agli osservatori austriaci un punto di caduta invisibile nelle vallate profonde. Le batterie austriache di Campolongo, Luserna, Tonezza, sembrano avere una questione personale con Val Silà. Concentramento di fuoco contro di noi. I telefoni non rispondono più.

Il mio attendente Ghiandusso viene con una catinella piena d’acqua seguito dalla mia cagnetta Zazà. Ghiandusso le impone i soliti esercizi ed eccola seduta sul culo, schiena ritta con un giornale piegato in bocca.

Senza togliermi il respiratore, faccio la mia toilette a dorso nudo nell’acqua diaccia. Non posso lavarmi il viso, e parto col capitano per raggiungere i miei amici in batteria a Sculazzon. Il monte Priaforà fiata vampe. Fiati di fuoco tra le labbra nere, occhiate di fuoco sotto le palpebre nere, stilettate di fuoco dalla pancia nera del monte. BRAA bububu BRAA vuvuvu delle valli. La strada che ci conduce a Forte Corbin è tempestata dalle granate. Nel forte trovo il capitano Melodia, magro, onduloso, allegro e pronto alla beffa. Scendiamo con lui in un sotterraneo che dà al camminamento Cima Ardè.

Il mio capitano si è munito di due lampadine elettriche. Dopo avere seguito per 10 minuti un tortuoso camminamento sotto il cielo sibilante e lampeggiatissimo giungiamo ad un vero pozzo di miniera. Curvi ci inoculiamo in una galleria tutta stillante su un terreno sempre più sdrucciolevole. Il pozzo scende nella spina dorsale di un costone fortificato. Riconosco ormai il cammino che ci deve condurre alla famosa Dama al Balcone. Infatti dieci passi dopo sbocchiamo nel fulgore sfarzoso di centomila feste da ballo riunite. Sono i centomilioni di candele del massimo proiettore che sorveglia le posizioni Austriache in Val D’Astico. Pausa abbacinante. Poi sentiamo la danza furibonda e il ta-ta-ta-ta-tà capriccioso, spietato, ironico e femminile della mitragliatrice Saint-Etienne che, sei metri a destra, sputa come una Andalusa fuoco di passione e garofani rossi dal suo balcone mascherato di fogliami. E’ lei la leggendaria Dama al Balcone della brigata Casale.

Una Saint-Etienne prodigiosa. Si ricorre a lei per la difesa dei punti pericolosi. Non si inceppa mai se è servita e accarezzata dal suo amico mitragliere Buco, un pugliese magrolino, olivastro, dagli occhietti furbi tutti a lampi che si mescolano ai lampi d’una risata bianca continua. Meccanico provetto. Non ha mai bisogno di smontare la sua amante per pulirne il cuore. La domina impugnandone la groppa flessuosa, la pizzica, la solletica. E la Dama elegante in nero si curva giù sugli abissi dove fervono le serenate austriache e sputa, sputa i suoi innumerevoli fiori veementi che uccidono i romantici e audaci suoi serenatori.

Buco mi saluta offrendo la sua risata allegra allo splendore elettrico bianco azzurrino del proiettore. Siamo glorificati, divinizzati dalla versicolore splendida pazzia delle farfalle che si slanciano ebbre d’oro nel gran fascio di luce, cozzano ruzzolano, piroettano contro il grande occhio vetrato divenuto ormai accecante.

La rabbia delle cannonate in rissa con tutti gli echi mugolanti accresce la fantasia e il mistero di questa notte ultra-romantica innamorata di morte e d’ilarità crudele. Tragicamente come uno spettro dalla tonda pancia di metallo in fusione, il proiettore che funziona a distanza esce dalla sua caverna e s’avanza sul binario Decauville fin sull’orlo della roccia a picco, poi retrocede senza rumore e si cela nel buio.

Dal fondo della caverna i foto-elettrici regolano, sulla sfera girevole di un apparecchio i movimenti di spostamento e di accensione. Ma le rotaie sotto il proiettore brillano e si torcono come serpenti fosforescenti e il mio sogno ultra acceso vede realmente camminare un formidabile spettro dalla pancia vetrata tutto convulso nello sforzo di liberarsi dalle farfalle in foia. Si avvicina austero e minaccioso alla troppo civetta Dama mitragliatrice che schiamazza, sbraita sempre più contro i suoi corteggiatori della valle.

La bella Dama d’acciaio respira golosamente l’eccitante miscela degli odori notturni: vaniglia, violette, acacie e menta selvaggia, tutti pepati dall’odore aspro dominatore della balistite.

Sembra ballare pazza di gioia la sua strana danza a schiena curva. Fumano i suoi capelli sciolti. Il mitragliere le stringe i fianchi e l’ombra ingigantita della coppia bizzarra danza proiettata a cento metri davanti a noi sul tondo, enorme cerchio di luce che il fascio luminoso del proiettore stampa sulla nebbia. Vicino, sotto, sopra, intorno, altre ombre strabilianti: le nostre. Labirintica prospettiva fra gli specchi irreali numerosissimi di questa festa da ballo.

Buco mi dice: «Come è bella la mia dama! Elegantissima! Come balla bene! E’ un po’ capricciosa e suscettibile, ma non con me. Con me è buona! Mi è stata sempre fedele, mi preferisce a tutti! Mi dà tutto il suo spirito e il suo ingegno... Gode, veramente gode quando io la olio di baci... ha un odio speciale per quella stupida, pettegola che vorrebbe tenerle testa là davanti a noi!».

Sentiamo infatti le numerose pallottole della mitragliatrice austriaca frugare brutalmente a 2 metri sopra le nostre teste nella vegetazione buia.

La Dama al Balcone la deride, la insulta a perdifiato: «Idiooota ta-ta-ta-ta-ta-ta- Idiooota ta-ta-ta-ta-ta.»

Rispondono tutti gli echi del muraglione di faccia, ma una gran nebbia ci vieta di vedere malgrado gli sforzi insolenti del proiettore la strada austriaca da dove scendono gli assalitori. Gli echi irritati o sedotti ridono essi pure, conquistati dalla festa da ballo, moltiplicando i loro lunghi

gia-a-a-a-a-a gia-a-a-a-a-a gia-a-a-a-a-a

Sembrano frane di ghiaia o meglio grida di popolo sfamato sotto l’opulenza esplodente di questi palazzi rocciosi. Le stelle altissime palpitano come segnali luminosi di una lontanissima battaglia di pianeti.

No! no! sono le sonagliere di molleggianti equipaggi invitati celesti! Mille, mille bocche ridenti di dame lontanissime affacciate allo Zenit. Si sbracciano, si sbracciano per gettare nella grande festa da ballo perle, perle ossessionanti e tali da mutare presto la danza in una rissa di folgori avvinghiate, che si contendano delle campane montane. Ma le stelle purtroppo sono già ridiventate ciò che sono in realtà: i rubini che ornano i volanti dinamici delle gonne alle divine ballerine che non balleranno purtroppo mai con noi! Saluto Buco, e passo sotto una vôlta fronzuta. Urto nelle spalle di un enorme bombardiere.

Siamo in una delle piazzole della batteria di Melodia. Fooc! srrrrrrrrrrrr. Seguiamo in alto l’ascensione di una bomba da 58. Eccola già in discesa mugolando giù giù nella vallata SCRABRAAANG. Si riprende il camminamento.

L'alcòva d'acciaio: Romanzo vissuto

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