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Capitolo Secondo. — La Tripolitania e la Francia.

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Indice

La Triplice Alleanza e gl'interessi italiani nel Nord-Africa. — La Francia sulla frontiera tripolo-tunisina sino al 1890. — Una memoria del generale Dal Verme sul confine storico tra la Tunisia e la Tripolitania. — L'accordo anglo-francese del 5 agosto 1890. — Rimostranze di Crispi presso il governo inglese. — Nota di Said pascià su l'hinterland tripolitano. — Come si potevano impedire le ulteriori usurpazioni della Francia. — Crispi e il governo francese; questo nega di aver delle mire sulla Tripolitania. — Una nuova carta francese dell'Africa. — Dichiarazioni del ministro Ribot alla Camera. — Protesta di Crispi. — Stato della questione al 1894. — La convenzione franco-germanica. — La Francia tenta avanzarsi nel Sudan egiziano. — Fascioda. — Nuovi accordi anglo-francesi a danno dell'hinterland tripolitano. — L'Italia rinunzia senza compensi ai suoi diritti in Tunisia. — L'accordo franco-italiano del 1902. — L'opera di Crispi nel Marocco. — L'occupazione italiana della Tripolitania e un cattivo presagio.

Dai documenti che precedono — i quali, per quanto si riferisce alle precise stipulazioni della alleanza dell'Italia con la Germania e con l'Austria, sono necessariamente reticenti, un dovere elementare vietandoci di rivelare segreti di Stato — si deduce tuttavia quali fossero, alla fine del 1890, gli obiettivi della politica estera di Crispi. Il trattato d'alleanza non era lontano a scadere; l'esperienza aveva dimostrato che se esso garentiva la pace, l'Italia era esposta per questo beneficio comune alle tre potenze, a sopportare da sola i danni della guerra accanita che la Francia le faceva nel campo economico e, fuori d'Europa, anche nel campo politico. La teoria che i rapporti economici e i rapporti politici non debbano influirsi scambievolmente, non poteva convenirci perchè era innegabile che a cagione dell'alleanza noi subivamo danni ingenti dalla ostilità francese, con la rottura delle relazioni commerciali e coi colpi incessanti al nostro credito internazionale. [pg!17]

Crispi aveva dimostrato al Cancelliere germanico che le grandi alleanze politiche non possono essere limitate a categorie d'interessi e che il trattato della Triplice per arrecare tutti i suoi benefici doveva comprendere, oltre la garenzia territoriale, la difesa d'ogni interesse essenziale di ciascuno degli alleati nelle complesse relazioni della vita internazionale. E il generale Caprivi aveva aderito a tali vedute e domandato che il ministro italiano concretasse le sue proposte.

Ma l'argomento sul quale Crispi richiamò più vivamente l'attenzione del suo collega, come quello che racchiudeva un pericolo imminente e grave per l'Italia, fu la condotta della Francia nel Nord-Africa.

Crispi aveva nei mesi precedenti denunciato ai gabinetti di Londra, Berlino e Vienna il progetto francese di convertire nell'annessione il protettorato sulla Tunisia, ed era riuscito a promuovere le rimostranze delle tre Potenze a Parigi contro quel progetto.3 Ma egli non s'illudeva sulla efficacia duratura di una pressione diplomatica e cercò di giovarsi senza indugio di questa per ottenere dalla Francia una maggiore considerazione degli interessi italiani. Posto che prima o poi la Francia si sarebbe resa padrona della Tunisia, Crispi pensò di trarre vantaggio da un evento ineluttabile, transigendo sui diritti garentiti dai trattati che l'Italia vantava nell'antica Reggenza. Il compenso non poteva essere che il dominio italiano sulla Tripolitania.

Le difficoltà però non erano lievi. I francesi aspiravano essi a estendersi ad oriente. Come avevano occupato la Tunisia col pretesto di assicurarsi il pacifico possesso dell'Algeria, l'occupazione della Tripolitania avrebbe dovuto assicurare il possesso della Tunisia, e l'impero francese nel Mediterraneo sarebbe stato un fatto compiuto. Le prove che queste aspirazioni imperialistiche erano entrate nel programma positivo del governo, non mancavano.

L'accordo anglo-francese, che porta la data del 5 agosto 1890, per la delimitazione delle sfere d'influenza della Francia e dell'Inghilterra in Africa, dimostrò chiaramente il piano della Francia d'insignorirsi dell'hinterland della Tripolitania. Quell'accordo [pg!18] rappresentò il corrispettivo che l'Inghilterra dava alla Francia pel riconoscimento che questa faceva del protettorato inglese sullo Zanzibar — e fu ventura che lord Salisbury resistesse alle pretese francesi di concessioni a Tunisi. Probabilmente il Primo ministro della Regina avrebbe ceduto se Crispi, appoggiato dalle Cancellerie di Berlino e di Vienna, non avesse fatto a Londra vive rimostranze. Egli fece dire al Salisbury

«che il governo del Re, nelle varie occasioni presentatesi per discorrere delle cose di Tunisi fra Roma e Londra, credeva essersi accorto che nel gabinetto inglese esistesse una tendenza a fare delle concessioni alla Francia a scapito d'interessi italiani che l'Italia riteneva comuni coll'Inghilterra e sui quali nè il governo italiano intendeva transigere, nè l'opinione pubblica lo avrebbe permesso; che, in conseguenza di ciò, era nell'interesse del mantenimento e sviluppo delle intime relazioni fra i due paesi, sul quale riposava principalmente la pace europea, che l'Italia doveva far conoscere al governo inglese che non sarebbe disposta a seguirlo in una via che conducesse a modificare politicamente o materialmente lo statu-quo nella Tunisia a favore della Francia.»

Allorquando la Francia occupò la Tunisia, nel 1881, la linea frontiera fra la Tripolitania e la Reggenza di Tunisi passava ad ovest della baia di El Biban, sul mare. Se ne ha facilmente la prova consultando le carte francesi più autorizzate, quella dei Signori Prax e Renou, e quella del «dépôt de la guerre» con le osservazioni del capitano di vascello Falbe. L'occupazione francese non era ancora un fatto compiuto che l'attenzione dell'esercito d'occupazione si volgeva verso la frontiera tripolitana.

Durante i mesi di agosto e settembre 1881, tre spedizioni militari si diressero simultaneamente verso il sud-est tunisino. I generali Logerot, Philibert, Jamais comandavano i tre corpi di spedizione. Il primo aveva ai suoi ordini circa 13000 uomini. La sua marcia non fu scevra di difficoltà; fu ostacolata presso Fum-el-Bab dalla tribù degli Slass, ma dopo un combattimento vittorioso il generale Logerot arrivò a Gafsa e la occupò. Da [pg!19] Gafsa cotesto generale si diresse verso Gabes, dove ebbe luogo la riunione dei tre corpi di spedizione. Egli percorse tutto il sud della Tunisia, senza tuttavia — cosa importante a rilevarsi — oltrepassare lo Uadi-Fessi.

In seguito a questa spedizione, le tre grandi tribù tunisine degli Slass, Hamamma, Beni-Zid con altre dissidenti delle vicinanze di Sfax, complessivamente circa 260000 persone, passarono sul territorio tripolitano sotto il comando supremo di Ben Khalifa, il capo che aveva organizzato la difesa di Sfax. Cotesti ribelli costituivano, presso la frontiera tunisina, un focolare permanente di rivolte e di torbidi.

Il governo francese si preoccupò di questo pericolo e tutti i suoi sforzi furono da allora diretti a favorire la pacificazione dei ribelli e il loro ritorno in Tunisia. Il Console Generale di Francia a Tripoli, Féraud, e il generale Allegro, soprannominato Jusef Negro — che i francesi avevano fatto nominare dal Bey governatore della provincia di Arad in ricompensa dei servizi resi nel tempo dell'occupazione — si adoperarono a raggiungere tale risultato, e a poco a poco vi riuscirono.

Nel mese di aprile 1885, il Féraud era sostituito a Tripoli dal Destrées, il quale continuò a seguire la linea di condotta del suo predecessore e facilitò il ritorno in Tunisia degli ultimi dissidenti.

In grazia di questo felice risultato la Francia poteva oramai avanzare verso l'Est.

Nel mese di maggio del 1885 il Ministro residente di Francia a Tunisi, Cambon, visitò il sud della Tunisia. Oltrepassando la frontiera egli si avanzò sino all'Oglad Djemilia. Più tardi, nel mese di luglio del 1887, egli dichiarò al nostro ministro a Madrid, marchese Maffei, che quell'escursione gli aveva permesso di convincersi che la vera frontiera della Tunisia è l'Uadi-Mochta. Il nome del largo torrente al quale il Cambon dava il nome di Uadi-Mochta era stato sino allora quello di Uadi-Sigsao, mentre in arabo «mochta» significa «frontiera».

Nel mese di ottobre 1886 tre navi francesi si presentavano sulla costa tripolina fermandosi presso il capo Macbes, donde cominciarono a fare i rilievi delle coste vicine. Il governatore generale di Tripoli, avvertito, inviò sui luoghi una corvetta turca sotto gli ordini del comandante la stazione marittima di [pg!20] Tripoli. Cotesto ufficiale superiore chiese al comandante francese con qual diritto e con quali intenzioni procedesse ai rilievi di una costa appartenente alla Turchia. Il comandante francese eccepì la propria ignoranza: egli credeva di rilevare una costa tunisina, della quale doveva fare la carta idrografica. Il turco avendo insistito nell'affermazione che la costa era tripolitana, le navi francesi si ritirarono, lasciando tuttavia eretta, a Ras Tadjer o Adjir, una colonna in muratura. Il Console Generale di Francia, signor Destrées, poco dopo si presentò al Governatore Generale di Tripoli e gli chiese per quali motivi il Comandante turco avesse imposto al Comandante francese di allontanarsi dal capo Macbes. Il Governatore Generale dette le spiegazioni richiestegli, alle quali il Console di Francia oppose che la proprietà del punto del quale si trattava era dubbia.

Nel mese di dicembre 1887, il Bollettino della Società di Geografia di Parigi annunciava che un accordo era stato concluso tra la Turchia e la Francia per la delimitazione della frontiera tripolo-tunisina, e che la nuova frontiera era portata a Ras Tadjer, a 32 chilometri al di là dell'antica demarcazione. Il Governo del Re comunicò immediatamente questa notizia all'ambasciatore d'Italia a Costantinopoli, Blanc, il quale si recò tosto dal Gran Visir. Il Gran Visir smentì perentoriamente l'esistenza della pretesa convenzione e dichiarò inammissibile che la Turchia, la quale non riconosceva il protettorato francese sulla Tunisia, potesse entrare in pourparlers colla Francia circa una delimitazione della frontiera tunisina. L'indomani il Sultano faceva al barone Blanc una dichiarazione non meno categorica: Sua Maestà assicurava che non avrebbe tollerato nè lo spostamento della frontiera, di cui parlava il Bollettino della Società francese di Geografia, nè alcun accordo che potesse implicare il riconoscimento del protettorato francese a Tunisi. Secondo il Sultano, gl'intrighi e le informazioni francesi non avevano altro scopo che quello di spingere l'Italia a impegnarsi in una «questione tripolitana».

Le medesime notizie continuavano a stamparsi sui giornali e l'ambasciatore italiano a Costantinopoli insistè di nuovo presso la Sublime Porta e ottenne da Said pascià, allora Gran Visir, che l'ambasciatore del Sultano a Parigi, Essad pascià, fosse [pg!21] incaricato di chiedere al governo della repubblica il richiamo del generale Allegro e la smentita categorica di qualsiasi modificazione di frontiera.

Verso la stessa epoca il Governo ottomano aveva deciso di cacciare dalla Tripolitania la frazione degli Uargamma, che erasi stabilita nella regione situata tra le antiche frontiere della Tunisia, regione denominata Giufara el Garbia e che è tra le più fertili e le più ricche di pascoli della Tripolitania. La presenza di cotesti tunisini nel territorio tripolitano poteva fornire alla Francia un pretesto per pretendere che cotesto territorio appartenesse alla Reggenza di Tunisi, dacchè una tribù tunisina vi si era pacificamente stabilita e vi faceva atto di proprietà.

Una spedizione partì da Tripoli sotto gli ordini del generale di brigata Mustafà pascià. Il corpo di spedizione si componeva di 1400 uomini, dei quali 800 di fanteria, 320 cavalieri, il resto di artiglieria. Ma si arrestò a Zuara e non andò oltre. Il generale, a mezzo d'intermediarii, fece intimare ai capi degli Uargamma l'abbandono del territorio abusivamente occupato, concedendo loro di stabilirsi, se lo volessero, nelle grandi Sirti. Gli Uargamma, poco curandosi della intimazione ricevuta, si stabilirono in parte a Gibel Nalut, in parte a Djemilia, restando così sul territorio tripolitano.

Il Console di Francia a Tripoli, avvertito ufficialmente della spedizione dal valì, si affrettò a informarne il Residente francese a Tunisi. Una commissione composta del segretario generale della Residenza e del segretario francese per gli affari indigeni, partì tosto su di una nave da guerra per raggiungere a Zarzis il generale Allegro che l'aveva preceduta. Costui, sulla fede di informazioni inesatte, ovvero con lo scopo di prevenire un fatto possibile, aveva avvertito il Destrées di una pretesa marcia di Mustafà pascià sopra Djemilia. Il Console si presentò al valì e non senza emozione, vera o finta, gli domandò se la notizia fosse esatta. Aggiunse che Djemilia apparteneva alla Tunisia e dichiarò che qualsiasi altro tentativo da parte della Turchia sarebbe stato considerato dalla Francia come un casus belli. Il valì, intimidito, si affrettò a rassicurare il signor Destrées circa la falsità della notizia, affermando tuttavia nuovamente i diritti incontestabili della Turchia su Djemilia, come appartenente alla tribù tripolitana degli Huail. [pg!22]

Il 31 dicembre 1887 l'ambasciatore d'Italia a Costantinopoli interrogò di nuovo il gran visir per conoscere con precisione le intenzioni della Turchia. In un promemoria mandato a Photiadès pascià, ambasciatore del Sultano a Roma, la Sublime Porta spiegò le sue vedute. L'ambasciatore italiano aveva fatto osservazioni su quattro punti:

1. La Porta, malgrado le macchinazioni francesi, non aveva occupato l'antica linea di confine della Tripolitania, nè aveva inviato colà degli ufficiali commissari;

2. La Porta non aveva domandato la sconfessione ufficiale e pubblica delle carte dello Stato maggiore francese;

3. La Porta non aveva dichiarato pubblicamente che il territorio ad est di El-Biban era e resterebbe tripolitano;

4. La Porta non aveva domandato l'allontanamento del generale Allegro, sebbene suggerito dal valì.

Il governo ottomano rispose che non sapeva spiegarsi la prima osservazione, giacchè le autorità imperiali della provincia non avevano giammai abbandonato un solo dei punti posti sotto la loro amministrazione, la qual cosa rendeva inutile l'invio sui luoghi di commissari speciali.

In secondo luogo il governo ottomano aveva creduto superfluo domandare la sconfessione ufficiale e pubblica della carta dello Stato maggiore francese, dopochè il Ministero degli Affari Esteri di Francia, precedentemente interpellato, aveva dichiarato di ignorarne l'esistenza (!) e aveva soggiunto che, se anche tale carta fosse esistita, essa non avrebbe avuto valore che dal momento in cui i due governi ne avessero approvato il tracciato, dichiarazione questa della quale la Porta aveva preso atto.

Sul terzo punto la Porta rispose di aver fatto smentire dai giornali di Costantinopoli l'esistenza della convenzione di delimitazione menzionata in uno dei bollettini della Società geografica di Parigi, e che i giornali francesi stessi avevano pubblicato un comunicato di smentita di tutte le voci lanciate circa negoziazioni che su quell'argomento avrebbero avuto luogo tra la Francia e la Sublime Porta. Vi era stata altresì una promessa che il bollettino successivo della Società avrebbe contenuto una rettifica.

Finalmente per l'allontanamento del generale Allegro, la [pg!23] Porta assicurava di averlo domandato, senza tuttavia dare un carattere ufficiale alle comunicazioni fatte a Parigi, non potendo riconoscere lo stato di cose creato in Tunisia dall'occupazione francese.

In conclusione, la Turchia rivendicava come tripolitano il territorio ad est di El Biban, ossia manteneva l'antico confine.

Nel 1888, dopo la spedizione turca, il resto dei rifugiati tunisini in Tripolitania ritornava in Tunisia.

La Francia si mise allora a fortificare il Sud della Tunisia, ossia Zarzis, Matamma, Tatauin, Duirat, dopo aver portato l'effettivo di Gabes a 2650 uomini e inscritto nel bilancio tunisino una somma di circa 900 000 franchi per le fortificazioni delle prime tre località suindicate.

Verso la fine del 1887 il giornale officioso della Residenza, La Tunisie, pubblicava un comunicato ufficiale circa le frontiere della Tunisia. In esso era detto che l'Italia «aveva sollevata una questione di rettificazione della frontiera tripolitana e parlato di negoziati aperti con la Porta, sotto pretesto di non lasciar distruggere l'equilibrio del Mediterraneo, ma in realtà perchè l'Italia, precocemente forse, considerava la Tripolitania come sua propria». Era necessario, dunque, descrivere esattamente la frontiera tripolitana; la quale, secondo La Tunisie, partendo dal mare, era nettamente stabilita col Mochta e lo Chareb Saonanda, sino all'Oglat-ben-Aisar, da una linea che parte da questo punto, passa per ben-Ali-Marghi e quindi al nord di Uessan, e in fine dall'Ued Djenain, che si perde nel Sahara.

Il comunicato continuava così:

«È noto quanto i turchi siano gelosi della difesa del territorio tripolitano; ora, i loro forti sono tutti al sud di questa linea che i soldati turchi non oltrepassano mai e sulla quale essi consegnano alle autorità tunisine i dissidenti che rientrano. Tale frontiera, del resto, conquistata or sono quattro secoli dagli Uargamma sugli Uled-Debbar, è stata consacrata verso il 1815 da un trattato intervenuto tra la Reggenza di Tunisi e la Porta. Salem Ben Odjila, capo degli Uderna, possiede altresì un atto recante i sigilli dei magistrati tunisini e tripolitani, nel quale è descritta dettagliatamente la frontiera da noi indicata. Quest'atto rimonta alla fine del secolo scorso. Il viaggiatore [pg!24] Barth nel 1849 dà ugualmente il Mochta come limite della Tunisia e della Tripolitania.

«Ricorderemo il viaggio fatto nel 1886 dal signor Cambon in compagnia del signor Fernand Faure, deputato, e del comandante Coyne. L'esercito stesso il quale, ingannato al momento dell'occupazione, si era arrestato all'Ued-Fessi, non tardò a sapere dagli stessi indigeni che la vera frontiera doveva essere riportata ad una trentina di chilometri più al sud.

«La Turchia non avendo giammai contestato cotesta frontiera alla Reggenza, ha fatto smentire l'accordo franco-turco del quale si è parlato alla Camera italiana. Non vi era materia a negoziati, nè ad accordo su di una questione che non è contestata e che soltanto gl'italiani han cercato di far nascere.

«E affinchè l'opinione pubblica non sia traviata terminiamo dicendo che si lavora all'organizzazione militare e amministrativa della suddetta regione-frontiera. Lo stabilimento di posti militari su cotesto territorio, garentendone la sicurezza, avrà altresì il vantaggio di porre i possedimenti francesi al riparo da ogni cupidigia nel caso in cui una potenza Europea si stabilisse in Tripolitania.»

È facile rilevare gli errori di questo comunicato. In esso è affermato che la Turchia non aveva mai contestato alla Reggenza la frontiera del Mochta, e qui sopra abbiamo riferito il linguaggio tenuto dal Sultano e dal suo Gran Visir all'ambasciatore d'Italia. Vi si parla di un trattato del 1815, che non è mai esistito e che non era neppur possibile, poichè la Porta non occupava allora la Tripolitania, dove regnò la dinastia dei Karamanli sino al 1835; e l'atto recante i sigilli degli Sceicchi degli Uderna non esiste, o se esiste non può essere che falso. Quanto al Mochta, che il viaggiatore Barth vide nel 1849, non può trattarsi dello chott al quale i francesi hanno attribuito quel nome, mentre esso è stato sempre precedentemente chiamato Uadi-Sigsao; era (e il Barth lo dice chiaramente) un pendìo leggero ch'egli vide a due ore dalle rovine di El Medeina, e quindi molto avanti l'Uadi-Sigsao. Dal punto dove arrivò gli sarebbe stato difficile scorgere lo chott ora chiamato Mochta dai francesi, poichè si tratta di un bassofondo situato a circa trentacinque chilometri dalle suddette rovine.

Al principio del 1887, dopo il ritiro di Mustafà pascià, la [pg!25] Turchia cominciò a ritirare le sue guarnigioni dalla frontiera ovest. Richiamò da Remada, punto importante incluso nella nuova demarcazione tunisina, i venticinque uomini che vi teneva. Fece lo stesso per la guarnigione di Kasr-Fazua, presso il capo Tadjer, la quale si ritirò nel forte di Bu-Kammech. Anche la guarnigione di Zuara fu diminuita di 400 uomini. Cosicchè la Turchia non solamente s'indebolì sulla frontiera minacciata, ma cedette volontariamente e di fatto i territori che poco prima rivendicava in diritto.

Il rimanente del 1887 e il 1888 passarono senza fatti notevoli; non vi furono che delle razzie fra tribù tripolitane e tunisine. Nulla faceva presagire altri cambiamenti, quando nel mese di febbraio del 1890 il Console italiano a Tripoli venne a sapere che alcune tribù del caimacanato di Nalut, dette Oglad Dahieba, avevano inviato dei commissari al valì per reclamare protezione contro nuove invasioni dei francesi. Alcuni spahis francesi erano comparsi sul loro territorio e l'avevano dichiarato appartenente alla Tunisia; quindi, avevano voluto obbligarli a pagare le decime al Bey, cessando di pagarle alla Turchia. Secondo le stesse informazioni il governatore generale aveva dichiarato ai capi di coteste tribù che si trattava di una questione da discutere tra Francia e Turchia e che essi non avevano a preoccuparsene. E aveva finito con l'invitarli a ritornare nel loro territorio senza comunicare ad alcuno il reclamo che avevano fatto.

Tali prime informazioni furono in parte confermate, in parte modificate in seguito. Realmente, nel mese di maggio di quell'anno il valì, alle interrogazioni del console generale d'Italia, aveva risposto che due o tre mesi prima nella parte del territorio tripolitano che era in contestazione (il valì ammetteva l'esistenza di una contestazione) i francesi avevano obbligato un arabo tripolino il quale aveva seminato un campo, a esibire il suo titolo di proprietà (hoget). Essi avevano affermato che, conformemente alle loro carte geografiche, quel territorio apparteneva alla Tunisia. L'arabo avendo ottemperato alla loro domanda e presentato il suo hoget, i francesi se n'erano impadroniti e non avevano voluto renderglielo. Venuto a conoscenza del fatto, il governatore, per evitare che si rinnovasse, aveva chiamato i capi della tribù cui apparteneva il coltivatore tripolino, [pg!26] e li aveva invitati a recargli i documenti attestanti i loro diritti di proprietà. Venuto in possesso di quei documenti, il valì ne aveva fatto fare delle copie che aveva rimesse ai proprietari, e aveva trattenuto gli originali. Il governatore dichiarò altresì che una tribù tripolitana, stabilita da circa 60 anni in Tunisia, l'aveva fatto pregare per il rilascio di una dichiarazione dalla quale apparisse che essa era originaria di Tripoli e, in conseguenza, non obbligata a pagare le decime al Bey. Aveva risposto di non poter consentire a tale domanda e invitato la tribù a ristabilirsi sul territorio tripolitano.

Contemporaneamente il valì aveva informato il console generale d'Italia che i francesi avevano anche tentato di guadagnare alla loro causa i Tuaregs, di averli incitati ad avvicinarsi a Gadames, e ad annettersi il territorio che, per effetto della nuova frontiera, si estende dall'Algeria da una parte, e la Tripolitania dall'altra, sino alla Tunisia. Nei loro intrighi i francesi erano aiutati dalla tribù algerina degli Sciamba.

Questi furono i fatti riferiti dal valì, dai quali si desume che la Turchia, o almeno il suo rappresentante a Tripoli, ammetteva che vi fosse contestazione su di un territorio dalla Sublime Porta e dal Sultano dichiarato appartenente alla Turchia, e che il valì riconosceva che potessero esistere dei diritti della Tunisia su territorii situati all'ovest dell'Uadi-Sigsao, che i francesi volevano chiamare Mochta.

Un altro fatto non deve passarsi sotto silenzio. Nel mese di novembre del 1888, la Francia fece in modo che la tribù tunisina degli Akkara si stabilisse a Djemilia. Circa cento tende di cotesta tribù rimasero durante un mese in quella località. Evidentemente si voleva creare uno stato di fatto per potere, a momento favorevole, rivendicare la proprietà di quel territorio e occuparlo facilmente. La Turchia non protestò, nè sollevò obbiezioni.

Mentre la questione della frontiera tripolo-tunisina era allo stato acuto e l'Italia ne informava le potenze interessate, una rivoluzione scoppiò nel territorio di Ghat. Essa venne suscitata da un preteso sceriffo che si disse francese, non avendo punto il tipo arabo, e che il pascià di Tripoli ritenne per un emissario del governo della Repubblica. Lo sceriffo predicava la guerra contro i turchi e contro i francesi. I Tuaregs si ribellarono contro i [pg!27] turchi, occuparono Ghat, uccisero il caimacan, imprigionarono il cadì. Quaranta soldati della guarnigione perirono combattendo; gli altri furono passati per le armi. Il governo dei Tuaregs a Ghat si sostenne per poco, ossia sino a quando il governatore di Tripoli inviò in quella città, come governatore del Fezzan, un arabo di Tripoli che godeva di una grande influenza e che riuscì a ristabilire l'autorità della Turchia. È da notarsi che cotesta rivoluzione fu eccitata dalla fazione del capo Knuken, amico fedele della Francia, quello stesso che stabilì l'accordo tra i Tuaregs e il maresciallo Mac-Mahon nel 1870 col trattato che fu detto di Gadames. È evidente che la Francia, stabilita allora da sessant'anni in Algeria e da nove anni in Tunisia, possedeva mezzi d'azione i più diversi ed efficaci per esercitare sulla Tripolitania, sul Fezzan, sulle popolazioni del deserto l'influenza più funesta.

Nè vanno passati sotto silenzio altri fatti, come le frequenti incursioni dei francesi in Tripolitania. Nel 1886 il generale Allegro percorse le vie di Tripoli accompagnato da due sceicchi tunisini, senza far visita al valì, ma intrattenendosi lungamente col console di Francia. Fatti analoghi si ripeterono più volte sotto gli occhi delle autorità turche. Anche in luglio 1890, il valì informava il Console Generale d'Italia di nuovi intrighi francesi nella regione di Gadames. Testimonianze sicure non lasciavano dubbio circa l'esattezza delle informazioni ricevute. Agenti francesi, partiti dal sud dell'Algeria, si recarono a Tamassinin, capitale dei Tuaregs Ajasser, e trattarono coi capi per la cessione di quella città alla Francia, o quanto meno per la sua occupazione temporanea. Tamassinin è punto d'importanza capitale per le carovane che vanno da Gadames al Tuat e di là al Sokoto. I Tuaregs ricevettero il prezzo della cessione, ma, come accade di frequente con quella gente, disparvero senza mantenere la loro parola. Degli spahis furono inviati dal governo francese a Gadames alla ricerca dei Tuaregs fuggitivi. Essi portavano altresì lettere per i notabili di Gadames e tra gli altri per uno dei più ricchi commercianti di quel centro, il quale aveva pure domicilio a Tripoli, tal Toher Bassiri, antico agente segreto del console Féraud. Il caimacan di Gadames sorprese cotesta corrispondenza e la spedì al governatore generale. Bassiri fu arrestato e condotto a Tripoli, dove però fu [pg!28] rimesso in libertà. La sera stessa dell'arrivo di Bassiri a Tripoli, il valì si recava secondo l'abitudine dal console di Francia per passarvi la serata e vi restò sino a notte tarda. È noto, del resto, che i rapporti tra il valì e il signor Destrées erano intimi.

In conclusione alla metà del 1890 la situazione era questa: la frontiera tunisina si era, di fatto se non di diritto, estesa al sud-est di qualche migliaio di chilometri quadrati; e i punti principali del sud-est tunisino erano stati fortificati, mentre la Turchia aveva diminuito i suoi effettivi sulla frontiera. Tutto era pronto in Tunisia per una rapida concentrazione di truppe sulla frontiera tripolitana. Grazie alla ferrovia Bona-Guelma, aperta all'esercizio il 1.º maggio 1887, forti contingenti di truppe potevano essere trasportati dall'Algeria sino a Tebessa, e da qui una strada militare conduceva per Feriana e Gafsa a Gabes. Dinanzi ad un movimento offensivo in tal modo preparato, il valì di Tripoli non avrebbe potuto opporre una resistenza seria.

A meglio chiarire lo stato della questione quale si presentava al governo italiano alla fine del 1890 giova riferire la seguente memoria che per incarico di Crispi fu redatta dal compianto generale Luchino Dal Verme:

«I) prescindendo da qualsiasi argomentazione desunta da documenti diplomatici, il solo esame delle carte della regione dimostra che il confine storico fra la Tunisia e la Tripolitania non è quello preteso dalla Francia, ma un altro 30 chilometri all'incirca più a ponente; e così pure che la Tripolitania ha un deserto proprio a mezzodì del Suf algerino;

II) l'usurpazione del territorio interposto fra l'antica e la nuova frontiera danneggia la situazione strategica della potenza che sta in Tripolitania, sia pel fatto dell'avvenuta occupazione come per l'usurpazione ulteriore a cui quella ha additata ed aperta la via;

III) l'accordo anglo-francese del 5 agosto 1890, pur avendo l'apparenza del rispetto all'hinterland tripolino, lascia alla Francia, all'atto pratico, libertà d'azione verso levante, con grave danno della potenza che è padrona della Tripolitania.

[pg!29]

I.

Della contrada in contestazione si sono prese in esame nove diverse carte, la più parte francesi, tutte ufficiali meno una, due inglesi ed una tedesca, nessuna italiana. Di tutte si espongono qui, per ordine cronologico, le risultanze in ordine alla vertenza.

1.º Chart of the gulf of Kabes, 1838. È questa la carta idrografica dell'ammiragliato inglese (n. 249) sulla quale appare distinta la linea di confine di cui è questione, colla leggenda Boundary between Tunis and Tripoli. Il Mediterranean Pilot (official) la illustra colle seguenti parole: «Within ras el Zarzis is a fort of the same name. A short distance west of the fort is the boundary between the States of Tunis and Tripoli».

2.º Carte de la Régence de Tripoli, dressée par M. M. Prax et Renou, Paris, 1850 (scala 1 a 2 000 000), la più antica ed una delle più attendibili, perchè redatta dietro osservazioni fatte ed informazioni raccolte sul luogo, e perchè costruita in un'epoca in cui non eravi alcun interesse a spostare sulle carte le frontiere naturali a scopo politico; reca il confine sud-orientale della reggenza di Tunisi dal forte El Biban sul mare direttamente al Gebel Nekerif. Da questo, continuando per poco nella stessa direzione, volge poi a nord-ovest, quindi a ovest e poscia a sud-ovest, lasciando a settentrione la contrada algerina del Suf. Viene così a comprendere nella Tripolitania un territorio che, per quanto deserto, si estende a nord-ovest verso il Suf per circa 180 chilometri da Ghadames, e va verso ponente ben oltre il 3.º meridiano orientale di Parigi.

3.º Carte de la régence de Tunis, dressée au dépôt de la guerre d'après les observations et les reconnaissances de M. Falbe, capitaine de vaisseau danois et de M. Pricot de St. Marie, chef d'escadron d'état major français, étant directeur le colonel Blondel — Paris, 1857 (scala da 1 a 400 000). Questa, che è la prima carta di fonte governativa francese della Tunisia, non porta nessun confine politico nè a sud nè ad est; ma termina a sud-est col uadi Fissi (altrove scritto Fessi), oltre il quale, a mezzodì del lago Biban, e precisamente in quella plaga che le carte odierne dello stesso [pg!30] stabilimento del governo comprendono nella reggenza di Tunisi, sta scritto a grandi caratteri Ouled Houeil, e fra parentesi, immediatamente sotto: Tribu de Tripoli.

4.º Côte septentrionale d'Afrique entre Zarzis et Tripoli; levée en 1871 par le capitaine de vaisseau E. Mouchez, membre de l'Institut; publiée au dépôt des cartes et plans de la marine en 1878; corrigée en novembre 1880. In questa, che è la carta ufficiale idrografica della marina francese, pubblicata un ventennio più tardi della precedente, si scorge l'identica ubicazione degli Ouled Houeil e la loro qualificazione di Tribu de Tripoli.

5.º Karte des Mittelländischen meeres, Dr. Petermann; edita da J. Perthes, Gotha nel 1880 e 1884 (scala da 1 a 3 000 000). Il confine in discorso vi si vede tracciato dalla estremità occidentale del lago Biban alla catena montana del Duirat, in un punto che dista da Nalut da 70 a 75 chilometri. Il uadi, che scorre a una trentina di chilometri più a levante dell'accennata frontiera, è denominato uadi Segsao in tutto il suo corso.

6.º Wyld's Map of Tunis, senza data, ma anteriore al 1886 (scala da 1 a 1 107 532). Porta il confine tra la Tunisia e la Tripolitania ben definito con una retta che dal forte El Biban attraversando il lago omonimo, va alla catena del Duirat ad un punto presso a poco alla stessa distanza da Nalut indicata sulla carta precedente. Pure come in questa (colla sola sostituzione della z alla s), è nella carta del Wyld detto Zegzao il uadi che scorre più a levante.

7.º Carte des itinéraires de la Tunisie, dressée et publiée par le service géographique de l'armée; due edizioni, 1885-87 (scala da 1 a 800 000). Sull'edizione del 1885 si ritrova per la prima volta la denominazione di Mokta data al uadi, che per lo addietro tutte le carte chiamavano Zegsao, Sigsao, Segzao. Makatà in arabo significa linea, trincea, fossato, ed implica il concetto della frontiera. Moktà, riferisce l'illustre Barth, vale grenzgebiete, ossia «paese di frontiera». Lungo cotesto uadi, altra volta Segsao, oggi Mokta, è tracciato il confine politico.

8.º Carte d'Afrique (F.lle n. 6) publiée par le service géographique de l'armée, 1887 (scala di 1 a 2 000 000). In questa sono naturalmente riportate tutte le novità introdotte nella precedente, uscita dal medesimo istituto governativo. Come però si estende maggiormente in ogni [pg!31] direzione, lascia scorgere tutto l'andamento del nuovo confine; il quale, passando in prossimità di Oezzan, rimasto alla Tripolitania, si dirige al deserto che contorna sino all'oasi di Ghadames, a nord della quale s'arresta, a 24 chilometri dalla città.

9.º Carte de la Tunisie, par le service géographique de l'armée; édition provisoire, 1890 (scala di 1 a 200 000). È questa la carta più recente della Tunisia edita dal Service géographique de l'armée. In essa è ben particolareggiato il nuovo confine partente dal mare a Ras Adjir, seguendo il uadi detto Mokta fino al confluente del Khaoai Smeida e che corre poi verso ponente e quindi verso sud-ovest in modo da lasciare Oezzan alla Turchia, sulla frontiera. Non si può vedere come sia definito il confine più al sud, non essendo ancora pubblicati i due fogli meridionali. In sostanza, conferma il confine dato dalle precedenti due carte pubblicate dallo stesso stabilimento governativo. Soltanto è da notarsi che la distanza lungo il littorale, fra l'antico confine al forte El Biban e il nuovo a Kas Adijr, appare in questa carta ridotta a 25 chilometri.

Riepilogando, dall'esame di tutte queste carte evidentemente risulta:

a) Che in nessuna di esse, nè francese (ufficiale o privata) nè tedesca nè inglese, anteriori al 1885, si trova segnato l'attuale confine e neppure altro che vi abbia qualche punto di contatto, dal mare alla catena del Duirat. Così pure in nessuna si trova il nome di Mokta applicato al uadi Segsao o Zegzao.

b) Che il territorio considerato nelle carte del service géographique de l'armée 1885-87 siccome appartenente alla Tunisia e perciò soggetto al protettorato francese, è l'identico che nel 1857 dallo stesso stabilimento governativo e nel 1878 dall'analogo istituto della marina, veniva esplicitamente dichiarato «territorio di Tripoli».

c) Che la denominazione di Mokta data dalla carta del service géographique de l'armée (1885-87) all'uadi Segsao, presumibilmente fu intesa a giustificare il tracciamento della frontiera lungo il medesimo. A tale proposito giova rammentare come l'esploratore Barth si sia servito del vocabolo arabo mokta per indicare il paese di frontiera (grenzgebiete) dove egli si trovava, a ponente del forte El Biban. Con ciò, anzichè designare la frontiera fra la [pg!32] Tunisia e la Tripolitania lungo l'attuale El Mokta, come si pretese in Francia, egli l'indicava là dove tutte le carte anteriori al 1885 la portavano, a El Biban.

Come se tutto ciò non bastasse, si può ancora aggiungere l'avviso del più autorevole geografo vivente, Eliseo Réclus, il quale nel suo volume XI pubblicato alla fine del 1886, quando cioè da un anno era apparsa la carte des itinéraires de la Tunisie, anzichè riconoscere la nuova frontiera del Mokta, scriveva a pag. 174: «L'îlot du cordon litoral situé entre les deux passages est occupé par le fortin des Biban ou des portes, ainsi nommé des ouvertures marines qu'il defend; en outre il est aussi la porte de la Tunisie, sur la frontière tripolitaine».

Che più? Lo stesso governo della repubblica, quando si sollevarono obiezioni in Italia e a Costantinopoli contro il nuovo confine segnato sulla carta del service géographique de l'armée ebbe a sconfessare quella carta e quel confine4 affermando che non aveva carattere ufficiale. Una tale sconfessione era del resto assurda, perchè non si saprebbe davvero immaginare quale altra carta possa avere quel carattere, se non lo si riconosce in una «dressée, gravée et publiée par le service géographique de l'armée, étant chef du service géographique le général Perrier».5


La Turchia, com'è facile immaginare, non ha riconosciuta la nuova frontiera. Se ne ha una prova nella dichiarazione fatta il 27 novembre 1890 dal governatore generale di Tripoli al reggente il consolato d'Italia. «La Francia — così egli si espresse — oggi tratta per conoscere la nostra linea di confine verso la Tunisia. Ma noi non possiamo aderire a simili trattative, perchè sarebbe riconoscere il governo del protettorato. Anzi ho già protestato contro una carta di confine tracciata dal genio francese e che mi fu presentata per la debita ratificazione». [pg!33]

II.

Da quanto si è precedentemente esposto, si avrebbero elementi per provare come il confine storico fra la Tunisia e la Tripolitania fosse, sul mare, in vicinanza al forte Zarzis, e nell'interno seguisse, in parte almeno, il corso dell'uadi Fessi. In ogni modo volendo considerare come antico confine quello dato dalla carta francese di Prax e Renou e confermato dal Wyld, dal Petermann e dal Réclus, il confine cioè che dal forte El Biban va alla catena del Duirat ad un punto distante da 70 a 75 chilometri da Nalut, la superficie usurpata misurerebbe all'incirca 3000 chilometri quadrati; senza tener conto, si noti bene, di quanto è avvenuto a libeccio della catena stessa, di cui si dirà in seguito.

Ma questo non è il peggior male, poichè si potrebbe dire che una tale distesa di territorio è improduttiva e pressochè deserta. Il danno che sotto il punto di vista strategico deriva alla potenza che è padrona della Tripolitania sta in ciò, che anzitutto il confine tunisino, s'accosta alla capitale di 30 chilometri circa, cioè una tappa; inoltre, che il confine attuale si trova dove è maggiore la distanza dall'altipiano al mare, in modo che la difesa ne riesce più difficile. Fra le altre difficoltà poi a cui l'andamento della nuova frontiera dà luogo, vi è questa principalissima, che la piazza di Oezzan sulla catena di Nafusa, anzichè difendere la frontiera stessa, siccome sarebbe suo ufficio, viene col trasporto della medesima a ritrovarsi in posizione eccentrica rispetto a Tripoli, cosicchè riuscirebbe agevole a truppe francesi stabilite sin dal tempo di pace sul Mokta, d'impossessarsi appena rotte le ostilità di Nalut o d'altre posizioni sul ciglio dell'altipiano, in quella plaga, tagliando fuori per tal modo Oezzan e tutta la frontiera che si stende a ponente sino al deserto.

Senonchè, per quanto sotto il rispetto militare gli accennati inconvenienti sieno gravi, perchè non è cosa di poco momento l'accostare alla frontiera la capitale di uno Stato di un milione di chilometri quadrati che si trova già tanto spostata da quella parte, ed altresì [pg!34] perchè padrone di Nalut e del ciglio dell'altipiano, il nemico può agevolmente piombare su Tripoli, pure v'ha un altro inconveniente ancora più grave.

L'oasi di Ghadames per effetto della nuova frontiera, che contornando il margine orientale del deserto fu condotta a passare appena a 24 chilometri dalla città, si trova ora all'estremo angolo sud-ovest del possedimento turco, mentre altra volta questo si estendeva, come già s'è veduto, a mezzodì del Suf algerino fin oltre il 3.º meridiano orientale di Parigi. Ora, per questa sua posizione e per effetto dell'accordo anglo-francese (come si vedrà in appresso) l'oasi di Ghadames è divenuta un'appendice della Tripolitania, unita alla stessa soltanto a nord-est e ad est.

Il trasporto della frontiera verso levante, che lascia esposte le posizioni militari di Oezzan e l'altre sul ciglio dell'altipiano, minaccia pure nella sua esistenza Ghadames. Difatti, quando il nemico sia padrone di Nalut, le comunicazioni della capitale con Ghadames sono in mano sua, e riesce pertanto senza colpo ferire in suo potere Ghadames stesso, accerchiato da ogni altra parte com'è dal deserto francese. Ora, come il possesso di quella importantissima oasi, l'antica Cydamus dei Romani che vi dominarono per 250 anni, punto di partenza necessario delle carovane provenienti da Gabes e da Tripoli e dirette al lago Tciad, al Bornu e al Niger, e quindi centro ed emporio commerciale, è da tempo vivamente ambito dai francesi, si deve scorgere in quell'avanzata di frontiera verso levante, il fine ultimo, essenziale, di disgregare l'unità del possedimento, accostarsi alla capitale, minacciarne le comunicazioni colla sua più importante oasi e ridurla a tale isolamento che un dì abbia a finire per cadere nelle loro mani. La sospensione del tracciato della frontiera6 a 24 chilometri a nord di Ghadames, quale si vede sulla carta del service géographique de l'armée (1887), è un evidente indizio che dai Francesi non si vuol riconoscere il dominio turco appena ad ovest e neppure appena a sud dell'oasi. Gli è questa, nel concetto francese, come una sentinella turca perduta nel deserto, che si molesta, si accerchia, [pg!35] si minaccia, tanto da giungere ad obbligarla a ritirarsi per lasciare ad altri il suo posto.

È superfluo il dire che la perdita di Ghadames sarebbe per la potenza che sta a Tripoli un gravissimo colpo, oltrechè sotto il punto di vista commerciale anche sotto quello strategico; innanzitutto perchè è nodo di comunicazioni allaccianti nientemeno che due mari, il Mediterraneo e il golfo di Guinea, e il bacino interno del Tciad; e poi perchè la sua perdita trarrebbe seco quella di tutto il territorio fino alle oasi di Dergi e di Sinaun, alle quali sarebbe in progresso di tempo riservata la stessa sorte. Al quale proposito giova ricordare come nelle sterminate regioni dei deserti africani, le oasi ritraggono dall'acqua che le creò una capitale importanza, giacchè fuori di esse non vi è vita; di guisa che a buon dritto possono dirsi i punti strategici del deserto.

III.

Fu accennato or ora come l'accordo anglo-francese del 5 agosto sia una minaccia per l'oasi di Ghadames. E difatti quell'accordo riconosce la zona d'influenza francese a sud dei possedimenti mediterranei fino ad una linea determinata da Say sul Niger a Borruva sul lago Tciad, senza che vi sia in nessuna guisa indicato il limite orientale di questa immensa contrada. Soltanto si può dedurlo col riunire il punto estremo orientale del confine dei possedimenti mediterranei con Borruva, sul lago Tciad, avendo cura di lasciare intatti a levante i diritti spettanti alla Porta in forza della dichiarazione di Waddington in risposta alla richiesta (5 agosto) di lord Salisbury.

E così la linea verrebbe a riuscire il prolungamento di quella che rasenta l'oasi di Ghadames e che passando a ponente di quella di Ghat o Rath, anche appartenente alla Tripolitania, dovrebbe andare direttamente a Borruva.

Or quando si consideri che siamo in pieno Sahara, con distanze enormi, rarissime vie di comunicazione, ancor più radi centri abitati, cioè le oasi; che quindi le notizie dell'interno impiegano mesi a giungere alla costa, quando [pg!36] giungono; che i francesi hanno il diritto, in forza dell'accordo, di stabilirsi sulla sponda occidentale del lago Tciad; che essi hanno proclamato il confine sud-orientale dei loro possessi mediterranei scorrente a soli 24 chilometri dalla città di Ghadames; che la Turchia non ha trovato la vigoria di contestarlo, la Turchia che ne riceve il danno immediato e che si prepara a sottostare alla perdita di Ghadames od almeno, quasi preludio alla perdita, alla deviazione dei commerci tendenti a Tripoli, ai porti francesi; che infine l'oasi di Rhat così lontana ha una dipendenza non certo diretta dal valì di Tripoli; quando si sia considerato tutto ciò, si può chiedere: che v'ha di più facile pei francesi di divenire di fatto poco a poco gli arbitri, se non i diretti padroni e di Ghadames e di Rhat e quindi di tutto l'hinterland tripolitano? Poichè occorre rammentare che in regioni di deserto come queste di cui è questione, il padrone effettivo è chi si trova sul luogo in forze e con denari in modo da disporre dei commerci e delle vie di comunicazione; ed inoltre che la dichiarazione supplementare all'accordo del 5 agosto, non garantisce che i diritti del Sultano, e riesce assai dubbio lo stabilire se siasi voluto comprendere fra questi anche i diritti sorti dalla recentissima teoria dell'hinterland. V'ha anzi molta ragione per ritenere che si sia inteso di salvaguardare soltanto i diritti sui territori riconosciuti parte integrante della Tripolitania, di guisa che pur volendo ammettere il rispetto di quelli per parte della Francia, cioè di Ghadames e di Rhat, nessuna esplicita garanzia si ritrova nè nell'accordo, nè nella dichiarazione supplementare, che valga ad arrestare i francesi nella loro lenta, pacifica ma costante marcia verso levante, dove oggi possono procedere a sud della Tripolitania, senza incontrare nessuna linea di delimitazione.

Conclusione.

Si è veduto che la Francia ha addirittura abolito l'antica frontiera fra l'Algeria e la Tripolitania (v. Carta di Prax e Renou) dichiarando francese tutto il deserto che si stende a ponente di Ghadames, a mezzodì del Suf algerino, assai prima ancora che intervenisse l'accordo del 5 agosto 1890. Si è pure veduto che ha arbitrariamente [pg!37] avanzato la frontiera della reggenza di Tunisi verso levante ai danni della Tripolitania, col fine di avvicinarsi alla capitale, girare le difese verso nord-ovest sull'altipiano e tagliar fuori Ghadames.

Quest'opera di lenta demolizione la Francia l'ha iniziata non appena posto il piede in Tunisia, e la continua. Oggi è la volta di Ghadames. Per ora semplicemente attratto nell'orbita del commercio francese, cadrà necessariamente di poi nelle mani della Francia, e con esso cadranno le dipendenti oasi di Dergi (Derdj) e Sinnaun e la lontana di Rhat. E quando la Francia sarà l'arbitra di tutto l'hinterland tripolino e padrona delle vie carovaniere dal Tciad a Tripoli, e quindi del commercio di tutto quel vasto bacino centrale africano, che ne sarà dell'equilibrio del Mediterraneo?

Il potere ottomano ridotto alla regione costiera, diverrà poco a poco una larva di potere anche in Tripoli stesso, finchè, alla prima circostanza propizia, non cadrà definitivamente in mano alla potenza che, stringendola da ponente e da sud, ne avrà già l'effettivo dominio. E allora la Francia estenderà il suo non interrotto dominio dall'Atlantico e dal Mediterraneo al lago Tciad su di una sterminata distesa di territorio, quasi un terzo del continente africano. Padrona del littorale dal Marocco all'Egitto, avrà rotto l'equilibrio del Mediterraneo; arbitra del vastissimo paese fra i due mari e il bacino interno del Tciad, giungerà al Uadai, al Darfur, alla valle del Nilo.

Roma, 2 dicembre 1890

Generale L. Dal Verme.»

Questioni internazionali

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