Читать книгу Anestesia - Francisco Garófalo - Страница 4
I
ОглавлениеEra seduto su una panchina a bere una tazza di tè. Viveva in una casa bianca, anche se non gli è mai piaciuto quel colore. Aveva lo sguardo perso, non puntava nessuna direzione. Era calmo, niente lo interrompeva, niente lo disturbava, niente lo tormentava, finché la sua mano non toccò un oggetto quadrato che percepì come un ostacolo nella sua giacca.
La curiosità lo assalì così decise di estrarlo dalla tasca; era un vecchio taccuino rugoso, con le paste sgualcite, sporco dai tanti anni di abbandono. La cosa curiosa per lui fu trovare il suo nome scritto sul quaderno, il titolo recitava Il diario di Lorenzo.
Lorenzo aprì il quaderno per dargli un'occhiata e dopo una breve revisione lo chiuse. Fu invaso da un profondo interesse e angoscia. L'ha aperto di nuovo. Erano parole che non ricordava, frasi senza senso, aneddoti o semplicemente memorie che tempo fa aveva pensato di scrivere? Non ne aveva idea, doveva indagare. Sentì un dolore al petto. Erano eventi che non ricordava più, un'esistenza già vissuta, un'infinità di pensieri che si accumulavano per momenti passati? Doveva scoprire di cosa si trattava. Si sistemò sulla panchina per leggere attentamente.
Io, Lorenzo, ho deciso di scrivere questo diario nel caso in cui un giorno mi dimentichi di ciò che ho vissuto. Non riporto il mio cognome perché non ce l'ho. Le circostanze che mi hanno spinto a compiere atti che non avrei mai dovuto compiere sono quelle che ora mi tormentano nel presente. Sono caduto in debiti in passato e non li ho saldati. Li sto pagando oggi. In realtà, tutti noi paghiamo quello che dobbiamo, anche se a volte un po' di più del dovuto. La cosa peggiore è che non ricordo tutto quello che ho fatto e che ho smesso di fare. Chi desidera ricordare la proprio miseria? Anche se nessuno può affermare che tutta la mia vita sia stata una miseria, forse era già scritto il mio destino. Non lo so.
Non ricordo dove è accaduto tutto questo, né le ore, né i luoghi, né i momenti in cui forse ero felice. Non ricordo molto. Per questo scrivo. Per questo ho scritto: per ricordare, per non dimenticare ciò che ho fatto, per non dimenticare i peccati, per non dimenticare ciò che ho già dimenticato.
Persi mia madre il giorno della mia nascita e non seppi mai dove fosse mio padre. Per questo andai a vivere a casa di mia zia Carlotta. All'epoca non sapevo perché mia zia si prendesse cura di me.
Siamo arrivati alla casa blu che si abbinava all'osso delle sue pareti interne, devo confessare che quei colori non mi piacevano. Non sono stato molto magnanimo con i colori e, devo dirlo, tanto meno ho seguito un ordine cronologico nella mia narrazione. Non credo che un colore faccia la differenza nella vita quotidiana, come sostengono alcuni psicologi narratori di teorie che potrebbero anche essere vere. Personalmente credo che sia pura fantascienza. Solo le nostre buone azioni o le nostre fallanze fanno la differenza.
Il nostro modo di agire e di procedere in questo maledetto mondo, e dico maledetto non perché in realtà lo sia, lo dico solo perché non ho avuto fortuna o perché mi hanno prestato troppo e non ho voluto pagare.
Sappiamo di essere bravi a chiedere, ma molto cattivi a pagare. Lo sappiamo e continuiamo a farlo lo stesso e ci giustifichiamo con il banale pretesto che “siamo umani”. Ma se siamo umani, dovremmo sapere che siamo gli animali più intelligenti al mondo. Forse è la nostra intelligenza che ci uccide. Non lo so e forse non lo saprò mai.