Читать книгу Così parlò Zarathustra - FRIEDRICH NIETZSCHE, Friedrich Nietzsche - Страница 13
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ОглавлениеA lungo dormì Zarathustra, e non l'aurora soltanto, ma anche il mattino gli passò sul volto. Gli si apersero gli occhi alla fine: meravigliato guardò Zarathustra nella foresta e nel silenzio, meravigliato guardò entro di sè. Poi s'alzò svelto, come il marinaio che vede improvvisamente la terra, e mandò un grido di giubilo poichè egli vedeva una nuova verità.
E così parlò quindi al suo cuore:
«Una luce è sorta in me: ho bisogno di compagni e di compagni viventi – non compagni morti e cadaveri, che porto con me dove voglio.
Ho bisogno di compagni viventi, i quali mi seguano, perchè vogliono seguire sè stessi – e là dove io voglio.
Una luce è sorta in me: Zarathustra non parli al popolo ma ai compagni! Zarathustra non deve essere il pastore e il cane di una mandra!
A distogliere molti dalla mandra – a questo io venni. Il popolo e la mandra devono irritarsi con me: il pastore mi chiamerà ladro.
Io dico pastori, ma essi si dicono i buoni e i giusti. Io dico pastori: ma essi si dicono i credenti della vera fede.
Guarda i buoni e i giusti! Chi odiano essi di più? Colui che spezza le loro tavole dei valori, il distruttore, il corruttore: – ma questi è colui che crea.
Compagni cerca colui che crea e non cadaveri e neppur mandre e credenti. Creatori come lui cerca il creatore, i quali scrivano nuovi valori su nuove tavole.
Compagni cerca il creatore, e mietitori che mietano con lui: giacchè in lui tutto è maturo per la messe. Ma a lui mancano le cento falci: sì che egli strappa irato le spiche.
Compagni cerca il creatore, e tali che sappiano affilare le proprie falci. Saranno chiamati distruttori e spregiatori del bene e del male. Ma essi sono i mietitori e i festeggiatori.
Zarathustra cerca compagni che con lui creino, mietano e facciano festa: che cos'ha egli di comune con le mandre, i pastori e i cadaveri?
E tu, mio primo compagno, riposa in pace! Ti seppellii bene nella cavità dell'albero, e bene ti nascosi ai lupi.
Ma io mi separo da te. Il tempo passa. Fra aurora e aurora mi giunse una nuova verità.
Non pastore debbo essere, non becchino. Non voglio parlare nuovamente al popolo: per l'ultima volta parlai a un morto.
Voglio accompagnarmi a chi crea, a chi miete, a chi festeggia: voglio mostrar loro l'arcobaleno e tutte le scale del superuomo.
Canterò la mia canzone ai solitari e a quelli che sono due nella solitudine; a chi ha ancora orecchie per l'inaudito, a questi voglio opprimere il cuore con la mia felicità.
Io tendo alla mia mèta, seguo la mia strada; salterò oltre gli esitanti e i lenti. Sia così mio il cammino la loro distruzione!».