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VIII.

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In quel momento Ernani rientrava nel cortile tutto affannato. Quel gracile fanciullo di sedici anni, giuocando cogli altri contadinelli, si era fatto tutto rosso — le sue guancie diafane stillavano come il muro di una cantina.

— Diamine!... Mi vai tutto in sudore, figliuolo mio! Ci vuol altro... ci vuol altro! Con Garibaldi bisogna marciare! Venti... qualche volta trenta miglia al giorno... e a gamba levata!

— Oh! non dubitare, papà Gregorio! — rispose il fanciullo — io non ho paura delle marcie.

— E degli schioppi... avrai tu paura? chiese don Remondo accarezzando il fanciullo collo sguardo.

— Degli schioppi...! Ma ne avremo anche noi degli schioppi, non è vero, papà Gregorio?...

— Per noi due il governo non avrà da far spese... c'è tutto... Gli schioppi, le baionette, il sacco, le cartuccie... Questa volta ci siamo provveduti in tempo...

— Ma dunque? andremo proprio con Garibaldi? domandò il fanciullo saltando al collo del vecchio.

— Sicuro che ci andremo...

— Quando?

— Quando... quando!... Bisogna domandarlo a lui... a don Remondo... Ci capisco io qualche cosa di queste gazzette?... Là! fatemi il favore, don Remondo... tornate un po' a leggere il proclama di Garibaldi!

— Ma finora non ci sono proclami — rispose il prete — non sono che notizie da Caprera... dei si dice...

— Ma... dei si dice...! come nel cinquantanove! E mentre quegli altri si battevano, noi stavamo qui a masticare dei si dice!... Ernani: va a dormire!

— A dormire!... Così presto?... Ma io non ho sonno...

— Va a dormire, ti dico: domattina verrò a svegliarti di buon'ora... e andremo tutti e due... dove s'ha da andare...

— Da Garibaldi!... esclamò il fanciullo battendo le palme.

E di nuovo saltò al collo del vecchio; poi, senza dire parola, Ernani s'avviò alla cucina, salì per una scaletta di legno e disparve.

— Che vuol dire questa novità? — domandò il prete — se n'è andato senza salutarmi!

— Quel ragazzo aveva voglia di piangere... Io l'ho capito... Oh! non dormirà questa notte... il povero figliuolo!

— Ma dunque... anche lui... ha una gran voglia di andare alla guerra! A quell'età! E si può dire che egli non sa nemmeno cosa siano quei maledetti che a noi hanno fatto tanto male!

— Ditemi un po', don Remondo — prese a dire Gregorio col tono misterioso di chi sta per rivelare un grande segreto. Ditemi un poco: perchè ci siete andato... perchè ci tornerete anche voi alla guerra? cosa vi hanno fatto di male, a voi, quegli scomunicati di tedeschi?

— Io vado a battermi — rispose don Remondo con qualche imbarazzo — io vado a battermi per un principio... perchè ho veduto le atrocità che i tedeschi hanno commesso nella nostra povera valle... uccidendo tanti poveri innocenti...

— Dite la verità, don Remondo — fra questi poveri innocenti non c'era qualcheduno che vi apparteneva.... al quale eravate specialmente affezionato... qualche amico?...

— Ebbene... sì!... capisco... dove mira il tuo discorso... Tutti abbiamo le nostre debolezze... Noi preti si vive nell'isolamento... non abbiamo famiglia... Io amava il mio bracco come un amico... Alla fine non è un delitto portar un po' di affezione alle bestie che sono anch'esse creature di Dio! Cosa aveva fatto di male quel povero Fido?... Vedendo quelle monture bianche e quelle sciabole, s'era messo ad abbaiare... Ed essi — bel coraggio! bella forza!... pinf! panf! me l'hanno freddato con due palle nella testa!

— E voi non l'avete più perdonata a quei mostri! — proseguì Gregorio — si capisce! Ma a quel ragazzo... vedete!... a quel ragazzo i tedeschi hanno ucciso ben altro che un cane...! Hanno ucciso la persona che tutti al mondo si tengono più cara — la persona che egli ama, che egli adora senza averla conosciuta... una santa che prega per lui in paradiso... sua madre.

— Ma dunque... — esclamò il prete — questo ragazzo che da cinque o sei anni ti sei tirato in casa... che tutti credono tuo nipote...?

— Sotto voce... che nessuno ci senta! — sì!... è lui — badate che io vi parlo come se foste il mio confessore — è il figlio della mia povera Martina!

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